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quell'ora di religione cattolica
- Subject: quell'ora di religione cattolica
- From: "Associazione Partenia" <partenia at libero.it>
- Date: Mon, 21 Apr 2003 11:47:38 +0200
DARE SOSTANZA ALLA
PAROLA P A C E PER
ESSERE CREDIBILI.
ASSOCIAZIONE PARTENIA
http://utenti.tripod.it/partenia
QUELL'ORA DI RELIGIONE
Da un concordato all'altro una
realtà che divide invece di unire
di UMBERTO GALIMBERTI
A proposito di un mio breve articolo
apparso su La Repubblica in occasione dell'anniversario del Nuovo
Concordato firmato da Bettino Craxi nel 1984, un lettore, che si firma lager at interfree.it, mi scrive: "Non mi
capacito a ritenere -come fa lei- che per forza o comunque con alta probabilità
la religione debba "diventare principio di divisione, quando addirittura di
disprezzo e odio". Mi chiedo: è ineluttabile il fatto che se un uomo riconosce
di appartenere debba per forza diventare ostile altri altri? Possedere
un'identità è uno stato di necessitante violenza? Nessuna corrente di psicologia
sottoscriverebbe che l'appartenenza è una minaccia ma all'opposto è un principio
di realtà e di sanità. Anche la religione se vissuta per quello che è, è una
dimensione umana, fa bene a tutti e alla scuola!."
In linea di principio nulla da
obiettare alla posizione del mio lettore. Ogni cultura, infatti, come ricordavo
nel mio precedente articolo, ha il suo sfondo religioso di provenienza, dove è
facilmente riconoscibile la simbolica sottesa a un popolo, a una nazione, a un
modo di fare civiltà. Ma che significa la traduzione di questo principio
generale, in sè valido e giustificato, nella pratica dell'insegnamento della
religione nella scuola? E ancora: che significa oggi quando la nostra
società sta diventando sempre più multiculturale e la religione, che non diventa
"conoscenza delle religioni" può diventare principio di divisione, di reciproca
diffidenza, quando non addirittura di disprezzo e di odio?
Se è vero infatti, come dicevamo
poc'anzi, che nella religione è custodita la simbolica di un popolo, lo scenario
della sua appartenenza, quando non il luogo di riconoscimento della propria
identità, il tutto radicato in quella dimensione pre-razionale tipica dei
simboli che, in quanto pre-razionali, non facilita la dialogicità, non è
difficile rendersi conto che legiferare sul "religioso" significa
legiferare su una materia delicatissima dove in gioco non c'è solo l' "ora di
religione", ma i temi profondi dell'identità e dell'appartenenza, attraverso cui
ciascun individuo giunge al riconoscimento di sè.
La legislazione del Concordato
firmato da Mussolini nel 1929 consentiva a chi non si riconosceva nella
religione cattolica di chiedere l'esonero dall'ora di religione. Una forma
umiliante di emarginazione per i pochi
coraggiosi che se ne avvalevano e che, avvalendosene, dovevano già da piccoli
imparare che cosa vuol dire essere un "diverso" in un gruppo, e dover sempre
giustificare la propria posizione che il gruppo aveva già investito di
proiezioni negative.
Fu per ovviare a questo inconveniente
che nei primi anni Ottanta un gruppo di pedagogisti, di uomini di scuola e
uomini di cultura iniziarono a predisporre i "nuovi programmi" della scuola
elementare. E, nonostante il loro diverso orientamento, trovarono un accordo che
prevedeva la sostituzione dell'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole di ogni ordine e grado con una materia che avrebbe dovuto chiamarsi
"conoscenza dei fatti religiosi".
Con questa sostituzione essi
ritenevano che fosse opportunoi sottrarre la religione al vincolo della
"fede" (luogo di identità e di appartenenza forte, perchè
pre-razionale) per inserirla nell'ambito del "sapere" e della
"conoscenza" che non sono mai luoghi di divisione, ma di dialogo, perchè
oltrepassano la soglia del regime simbolico dove la dialogicità è
impossibile.
Il loro generoso tentativo fu
bruscamente interrotto dall'emanazione del Nuovo Concordato firmato da Craxi nel
1984 che prevedeva che l'insegnamento della religione cattolica (e qui vorrei
che l'aggettivo "cattolica", per correttezza e per evitare subdoli equivoci,
accompagnasse sempre l'impropria dizione: "Ora di religione") fosse opzionale e,
come dice il testo, i "non avvalentesi" potessero chiedere materie alternative o
allontanarsi dalla scuola.
A questa soluzione non furono
estranee le pressioni della Chiesa, preoccupata da un lato di
non privare decine di migliaia di insegnanti di religione cattolica ( il 20% dei
quali sacerdoti), nominati direttamente dai vescovi, che avrebbero visto ridursi
drasticamente le loro possibilità di lavoro remunerato dalla Stato, e dall'altro
di non perdere attenti ascoltatori in quella fascia di età in cui si
formano e, inutile nasconderselo, si condizionano le
coscienze.
I risultati furono quelli che oggi
ancora constatiamo: il 93% degli studenti, con un minimo in Toscana (84%) e un
massimo in Puglia (98%), segue bene o male, volenti o nolenti l'ora di religione
(cattolica), E per gli ebrei, per i musulmani, per i protestanti, per i
Testimoni di Geova, per i mormoni, per i seguaci delle credenze new age, per gli
agnostici, per gli atei? Reclameranno sempre di più la possibilità di seguire i
corsi della loro religione? Probabilmente sì. Basta leggere la circolare del
ministro Moratti che baratta la presenza del crocefisso in classe con l'invito
alle scuole di offrire luoghi di culto (non di conoscenza) per le altre
religioni, naturalmente, come precisa la circolare, in orario
extrascolastico.
Arriveremo a fare come in Olanda dove
i genitori hanno il diritto di richiedere scuole cattoliche per i cattolici,
scuole protestanti per i protestanti, scuole del proprio cuulto per gli altri, e
infine scuole senza religione per i non credenti che sono il 40% della
popolazione? Spero di no. Perchè una simile situazione, lungi dall'essere
rispettosa della "libertà", come i più rozzi credono, tutela l' "appartenenza" a
un gruppo religioso piuttosto che a un altro, inculcando nei bambini, fino
dall'asilo, il principio della divisione secondo categorie di appartenenza
religiosa.
E sapete che bel servizio facciamo a
questi bambini, insegnando loro a dividersi e a differenziarsi per credo
religioso, quando poi saranno costretti a vivere in una società multiculturale,
quale va prospettandosi per effetto dei flussi migratori, senza uno straccio di
conoscenza per capire l'altro? Non è forse merito della scuola
"pubblica", a differenza di quella confessionale (che in Italia vuol
dire "cattolica"), offrire fin dall'infanzia un luogo privilegiato di incontro,
di integrazione, di scambio, di
tolleranza, di conoscenza reciproca? Non sono
questi valori più importanti e più idonei per vivere in società
multietniche quali sempre più saranno le nostre, di quanto non sia il valore
dell'appartenenza che comunque si assorbe da ogni parte e non certo nell' "ora
di religione"?
E se la scuola non
fa questo lavoro di incontro e reciproca conoscenza a partire dall'infanzia,
dove le idee si radicano più profondamente, non viene meno a uno dei suoi
compiti che è poi quello di dare a ciascun individuo strumenti psichici
e culturali per potersi muovere meglio in società dove convivono molte fedi?
La storia infatti non è irrimediabilmente consegnata alle lotte tra
integralismi. quindi alle guerre, agli olocausti, ai razzismi, alle reciproche
diffidenze, solo se la scuola non viene meno al suo compito, che non è quello di
insegnare a uno "chi è", ma "come fa" e di quali strumenti dispone per
"incontrare l'altro". Dal momento che l'altro è qui con noi, a fianco di
noi, in mezzo a noi. E noi per lui siamo "altri" con cui è possibile "fare la
guerra" o "mettersi a parlare" per meglio intendersi.
Per guadagnare questi valori
di convivenza, non occasionalmente ma strutturalmente, è necessario insegnarli
fin da bambini. E quale occasione migliore dell' "ora di religione"
declinata in un' "ora di conoscenza delle religioni" dove alla "fede", che di
solito aiuta a radicarsi nella propria identità, si sostituisce il "sapere" che,
oltre ad avere, rispetto alla fede, una maggior parentela con la cultura, apre
al dialogo e alla comprensione.
Oggi il Papa parla con forza
di pace e con lui la Chiesa nel suo complesso. Ma siccome sappiamo
tutti che la pace non basta predicarla alla vigilia delle guerre, ma
occorre costruirla pazientemente come disposizione dell'animo di ognuno,
perchè il Vaticano non rinuncia unilateralmente al capitolo del Nuovo
Concordato che riguarda l'insegnamento dell'ora di religione (cattolica) e
non sollecita la sua sostituzione con un'ora di "conoscenza delle religioni", in
modo che già da bambini si sappia che le differenze di religione sono la base
delle differenze delle culture con cui, se non vogliamo essere
sempre in guerra, bisognerà pure intendersi. Ben sapendo che non
c'è possibilità di intesa se non c'è conoscenza.
Parlo di un gesto unilaterale del
Vaticano perchè la composizione del nostro attuale governo non consente a
nessuna delle sue componenti di operare una simile scelta. La Lega infatti è
così radicata nel suo localismo da non tollerare contaminazioni etniche.
Alleanza Nazionale ha sempre vissuto la cristianità come un fondamentale della
sua identità. All'Udc non par vero di appartenere ad una coalizione di governo
che favorisce le scuole "private" che in Italia vogliono soprattutto dire
"confessionali" e "cattoliche". Forza Italia si riconosce in un leader
che, pur di cementare la sua amicizia con Bush, non esita a seguirlo
acriticamente in ogni avventura.
E allora sia il Vaticano, che
nelle parole del Papa e dei suoi vescovi non c'è giorno che non ribadisca la
necessità della pace, a farsi promotore di una iniziativa unilaterale che dia
sostanza a questa parola. E dica: nell'ora di religione insegnamo fin da bambini
il senso e il significato di tutte le religioni, in modo da costruire "uomini di
pace" inceve che "uomini di appartenenza" di cui la religione è la prima
radice. Allora, e solo allora, anche le parole di pace della
Chiesa saranno credibili. Davvero credibili.
(da La Repubblica del
15.4.2003)
(chi desidera essere depennato da
questa ML abbia la cortesia di comunicarlo firmandosi. grazie
Associazione Partenia http://utenti.tripod.it/partenia)
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