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L'olocausto del Mediterraneo
- Subject: L'olocausto del Mediterraneo
- From: lanfranco caminiti <lanfranco at apolis.com> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Mon, 11 Mar 2002 19:35:57 +0100
L'olocausto del Mediterraneo di lanfranco caminiti [lanfranco at apolis.com] Presidente Ciampi, La prego, inviti al Quirinale i marinai dell'Elide, la piccola imbarcazione che ha sfidato il mare nero per salvare un pugno di uomini e donne nella notte terribile attorno Lampedusa, mentre una bagnarola zeppa di immigrati affondava veloce. Inviti al Quirinale il comandante Vito Diodato, "capitan Vito", e u' zu Ciccio, "una specie di nostromo", e Enzo Othomane - madre di Mazara e padre tunisino - che in quella notte nera ha passato la linea d'ombra dei suoi diciott'anni, e tutti gli altri, quei nove uomini d'oro. Era il ragazzo, il mozzo, a sporgersi dalle paratie della piccola imbarcazione mentre i più vecchi lo tenevano per i piedi e lui cercava di afferrare le mani disperate: nessun altro si sarebbe battuto come lui contro la furia del mare, era un fatto di sangue, un fatto personale: i vecchi lo capivano. Il mare rispetta chi ha un fatto personale. Li inviti al Quirinale e stringa loro le mani come segno di rispetto di tutti noi verso di loro: non c'è bisogno di medaglie e commende, è gente semplice la gente di mare, piange ancora per tutti quei morti come fossero gente loro, parenti. Basterà stringere loro le mani. Hanno le mani grosse gli uomini di mare, il lavoro è duro e si fa ancora a forza di braccia: hanno riflessi d'argento le mani dei pescatori, per le piccole scaglie dei pesci che si conficcano dentro e non vanno mai via. Stringa quelle mani come se tutti noi le stringessimo. E mostriamoli al mondo questi nove uomini, mostriamo al mondo "capitan Vito", e u' zu Ciccio, e Enzo Othomane - madre di Mazara e padre tunisino -, e tutti gli altri. Convochi una grande conferenza stampa con tutti i giornali e le televisioni straniere: loro saranno un po' imbarazzati - è gente semplice la gente di mare, piange ancora per tutti quei morti come fossero gente loro, parenti. Servirà all'Italia per mostrare una faccia migliore, una faccia degna. Che cuore hanno questi politici che vogliono mandare la Marina a pattugliare o sparare sugli immigrati che arrivano dal mare? Che testa hanno questi politici? Che comandi danno? Gli uomini della Cassiopea, la nave della Marina che poteva fare qualcosa e è rimasta lì, incapace, paralizzata, incosciente, non saranno fieri di sé. Ma la vergogna maggiore non dovrebbe essere la loro. Non si possono trattare gli uomini della Marina come fossero sbirri e kapò che devono controllare delle gabbie e dei reticolati: il mare è il mondo, presidente. Non si possono indurre comportamenti vigliacchi - perché è codardia, presidente, non aiutare in mare chi chiede aiuto. Quelle linee di confine, l'Adriatico, il mar Jonio, il mar di Sicilia - il Mediterraneo tutto -, stanno diventano la linea d'ombra del nostro Paese, il segno della sua maturità, della sua generosità, della sua responsabilità, della sua civiltà. Sa, presidente, è sottile il confine: di qua il rispetto delle genti, di là l'infamia. Questo mare nostro si sta riempiendo di corpi annegati e carcasse di navi: un giorno - quando non ne potrà più di questo tormento [un mare non è fatto per diventare tomba senza riposo di popoli interi] - li sputerà con la risacca e verranno su tutti insieme, a Otranto e Santa Maria di Leuca, a Crotone e Bovalino, a Licata e Eraclea, gonfi e senz'occhi, smangiucchiati dai pesci, blu, tutti blu, con le alghe nei capelli e le gambe piene di molluschi, di crostacei, di piccoli coralli, a trovare finalmente la terra, un po' di pace: non si può restare in eterno in fondo al mare. Verranno a chiedere conto. Nessuna sacra scrittura prevede che gli uomini dal mare vadano al cielo: dalla terra, pure dallo sprofondo, ma non dal mare. Io non ho paura di quel giorno, quando verranno con la risacca, quando verranno a chiedere conto, ma non riesco più a bagnarmi nel mio mare, mi fa impressione sapere che là sotto si agitano uomini e donne e bambini senza riposo: si può morire lottando con le tempeste sul mare o in battaglia o cercando qualcosa nel suo ventre, si può morire per strappargli il pane, questo sì, lo capisco, ma non si può essere sistematicamente sterminati per cercare "fortuna". Tra qualche anno non ci saranno più curdi, liberiani, tunisini, senegalesi, tutti affogati lì, nel nostro mare nero. Tra le povere cose che aggallano nel mar di Sicilia, povere cose di immigrati che venivano a cercare lavoro e fortuna, ci saranno piccoli viatici dati loro da madri, mogli, fratelli, mariti, amici, una foto, un ramo, un sacchetto di terra, perché aiutino a trovare il "miracolo", la terra promessa, un luogo dove mettere casa, chiamare gli altri rimasti laggiù e languire tutti assieme qui di nostalgia, cantando canzoni che non comprendiamo e raccontando storie che non capiamo. Si dovrebbero raccogliere tutte queste piccole cose preziose, catalogarle, trattarle con cura, esporle in un Museo e portarci i bambini delle scuole. E' l'Olocausto del Mediterraneo questa ondata migratoria che arriva da posti impensabili, difficili persino a pronunciare. Ha una storia nobile il Mediterraneo e sta soffrendo come mai ha dovuto: il suo nome viene evocato in tutto il mondo. Sa, presidente, è sottile il confine, la linea d'ombra: di qua il rispetto delle genti, di là l'infamia. Presidente Ciampi, La prego, inviti al Quirinale i marinai dell'Elide. Servirà all'Italia per mostrare al mondo una faccia migliore, una faccia degna. "Fermate le macchine!" ordinò Lannec attraverso il portavoce. Era impossibile occuparsi di tutte quelle forme nere che le onde avvicinavano e allontanavano alternativamente. Sul cargo non c'erano abbastanza salvagente né uomini a sufficienza. "Dritta, sempre a dritta, tutta a dritta, fulmini del cielo!". "La nave non risponde più…". Non c'era spazio di manovra e per averne bisognava avanzare, allontanandosi dai naufraghi. "E uno!" esultò un marinaio che aveva tirato a bordo un corpo. I Pitard, Georges SimenonRoma, 9 marzo 2002
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