La morte di Ion Cazacu pesa come un macigno...



Nella bacheca esposta davanti alla sede della Camera del Lavoro di
Bologna, ho letto di prima mattina, in prima pagina sul giornale
Liberazione, della morte di Ion Cazacu, ingegnere rumeno, immigrato in
Italia, a cui il padrone per il quale Ion faceva il muratore in nero a
Gallarate, gli aveva dato fuoco, Ion lascia moglie e due figlie e tanti
compagni di sventura.
Non mi trovavo lì per caso, ero con Roberto Morgantini, fratello che amo
e di cui vado orgogliosa che lavora da più di 12 anni al Centro diritti
della CGIL. Volevo stare con lui quel mattino, vedere i casi che si
presentavano, salutare alcuni degli immigrati che conosco (prestano
servizio attivo al centro per aiutare la comunicazione di chi non parla
italiano, ma anche per avere un ruolo attivo da parte degli immigrati
stessi nella gestione delle loro condizioni di vita) e discutere con loro
come parlamentare europea per contribuire all'accoglienza e al diritto di
cittadinanza degli "stranieri", cercando di almeno porre argine al razzismo
che, invece di essere combattuto, viene dispiegato e alimentato, con la
certezza dell'impunità, da parte di forze politiche e sociali sempre più
ampie.
La notizia sulla prima pagina di Liberazione, ci ha lasciati senza parole,
ci siamo scambiati sguardi di angoscia, di dolore, di sgomento e di rabbia.
Eppure Roberto è abituato a convivere con le angosce e le sofferenze dei
nuovi dannati della terra, perché si confronta quotidianamente con le
singole storie di sfruttamento e discriminazioni, di fame, di atti
razzisti commessi contro immigrati da "cittadini perbene", con le
istituzioni sorde (anche quando danno assistenza) al problema della
relazione con la persona in carne ed ossa e non
solo con le categorie di immigrato, clandestino, extracomunitario. E'
abituato a confrontarsi con le violenze tra immigrati, quelle domestiche
e non, con il degrado di vite vissute in scantinati o a decine in casolari
abbandonati, con le liti tra imam islamici fondamentalisti e non, con i
rapporti tribali, gerarchici e patriarcali ancora manifesti nella diverse
nazionalità delle comunità dei migranti. Purtroppo la povertà, la
precarietà, la solitudine non rendono spontaneamente la gente solidale e
buona.


Questo assassinio che ricorda gli orrori della schiavitù ha sconvolto
tutti.

Ne abbiamo parlato con alcuni degli immigrati che quel mattino sono venuti
al centro. Bisognava dare risposte collettive, ma è così difficile, quando
ogni momento del giorno devi passarlo pensando a come trovare qualcosa per
sopravvivere. E Ion è morto perché si è ribellato per questo la sua morte è
ancora più pesante. Mentre noi discutevamo una giovane avvocata, volontaria
rispondeva alle richieste degli immigrati. Sono arrivati anche i nonni dei
due bambini bruciati vivi nella roulotte del campo nomadi di Bologna
qualche settimana fa. Il nonno doveva ripresentare la richiesta del
permesso di soggiorno, era a Sarajevo quando i due piccoli sono bruciati
vivi, adesso oltre al permesso di soggiorno chiedeva come poteva pagare una
bolletta della luce che gli era arrivata con l'importo di 950.000 lire.
Ho proposto al gruppo di immigrati di lavorare insieme per la raccolta di
fatti concreti, di azioni razziste e di discriminazioni, compiuti da
cittadini o da istituzioni e di pensare ad una manifestazione europea. Lo
proporrò a tutte le reti antirazziste, alle associazioni di immigrati, di
rifugiati, di profughi, vorrei trovare su questa strada anche le sezioni di
Rifondazione Comunista e non solo
i giovani comunisti.
Il fine non è solo quello della denuncia all'Unione e alla Corte Europea di
fatti per i quali le convenzioni internazionali per la difesa dei diritti
umani pongono sanzioni e condanne precise, ma anche di responsabilizzare
ciascuno di noi di fronte ad ogni atto di razzismo o discriminazione al
quale si assiste e condurre una campagna affinchè l'Europa riconosca il
diritto di cittadinanza e di accoglienza agli immigrati.
Ma intanto Ion è morto, la responsabilità non è solo dell'imprenditore
disumano e schiavista, ma anche di tutti quelli che invece di educare la
società e le individue/i alla solidarietà e alla convivenza incitano gli
atteggiamenti più negativi e xenofobi. Al governo bisogna chiedere
(naturalmente oltre a una diversa politica dell'emigrazione) di farsi
carico non solo del funerale, ma della vita della famiglia di Ion.
Ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte: la solidarietà alla famiglia
non può essere esprimersi solo a parole o con la partecipazione alla
manifestazione organizzata per Mercoledì, chiedo anche a tutti noi di
aprire una sottoscrizione per la famiglia e di adottare a distanza le
figlie di Ion perché possano continuare a studiare, come lui desiderava.
Glielo dobbiamo, come lo dobbiamo a tutti quelli che dalla nostra
solidarietà potranno trovare la forza di ribellarsi senza trovare la morte
con Ion ma insieme a tutti noi esercitare il diritto alla vita, al lavoro
e alla convivenza.

LUISA MORGANTINI