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Un brutto sogno



Ad alcuni amici e ad alcuni mezzi d'informazione

UN BRUTTO SOGNO DI GIUSEPPE CA

Ecco il sogno che ho fatto, mi dice Giuseppe Ca.
Che ero nella Germania nazista, ed ero una persona tranquilla e perbene,
sensibile e gentile.
Detestavo che delle persone venissero aggredite, sapevo che certi venivano
portati a forza in luoghi innominabili, capivo che qualcosa di brutto
accadeva. E nel mio cuore me ne sdegnavo.
Ma avevo il mio lavoro, le mie cose, i miei interessi, e la politica non era
affar mio.
Questo il sogno, e nel sogno un'angoscia opprimente, che persiste anche ora.
Che mai vorra' dire, mi chiede Giuseppe Ca.

Conosco da tanto Giuseppe Ca, so che e' una persona buona e mite.
Il sogno, presumo, significa questo:
- che nel paese in cui Giuseppe Ca vive, da due anni sono stati aperti e
statuiti campi di concentramento in cui uomini innocenti hanno gia' trovato
la morte, e taluni tra il fumo e le fiamme;
- in quel  paese una legge il regime ha imposto, per cui il fuggiasco che
li' trovi scampo viene riconsegnato agli aguzzini cui era sfuggito;
- e in quel paese allo straniero non e' fatto luogo vicino al focolare, ma i
mazzieri perlustrano le strade e lo riducono schiavo, lo riducono cencio,
gli tolgono tutto e infine la vita.

Dunque Giuseppe Ca sente, e nella lingua dei sogni soltanto riesce a dirlo a
se stesso, che nella sua vita diurna e cosciente anche lui persona mite e
buona e' stato ridotto a complice di questo orrore, in quanto lo accetti
come un dato di fatto e non vi si ribelli mane e sera.
Avverte, Giuseppe Ca, la tragica degradazione in cui tutti siamo
precipitati, qui, in Italia, oggi.

Gli storici futuri si chiederanno come era possibile che in Italia, sul
finire del secolo di Auschwitz e di Hiroshima, si accettava fossero legge i
campi di concentramento, si catturavano le vittime sfuggite ai carnefici per
riconsegnarle ai carnefici, si costringevano uomini e donne e bambini in
schiavitu', di viva carne umana si facesse bassa macelleria.
E scriveranno, gli storici futuri, di noi, proprio di noi Giuseppe Ca, cio'
che noi mille volte abbiamo pensato della giuliva popolazione del Reich
millenario: che complici fummo dell'orrore.
Cosi' ho sentito, cosi' ridico.

Peppe Sini
responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo
tel. e fax: 0761/353532; e-mail: nbawac@tin.it

Viterbo, 6 novembre 2000