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Lettera aperta al Ministro della Solidarietà Sociale del 9 agosto 2000



Invio Lettera aperta al Ministro della Solidarietà Sociale del 9 agosto 2000.

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Alla Ministra della Solidarietà Sociale, on. Livia Turco

Dopo la nuova tragedia delle due donne decedute sulle coste pugliesi:
E se l'attuale politica dello Stato italiano fosse colpevole di omissione di
soccorso, e di favoreggiamento verso i poteri criminali?
Una alternativa giusta e ragionevole è possibile ed è necessaria: un
servizio di trasporto pubblico e gratuito gestito dallo Stato italiano per
chi cerca di venire in Italia spintovi dalla necessità e nell'esercizio del
diritto di legittima difesa, per poter continuare a vivere.

Le nuove morti sulle coste pugliesi:
- in primo luogo denunciano il fallimento di una politica insensata e disumana;
- in secondo luogo ripropongono drammaticamente l'urgenza di un intervento
dello Stato per consentire a quanti vogliono entrare nel nostro paese spinti
da condizioni di necessità (ovvero dall'esercizio del diritto di legittima
difesa che le porta ad abbandonare, costretti, i paesi di origine) di
poterlo fare usando un servizio di trasporto pubblico e gratuito promosso e
gestito dallo Stato italiano;
- in terzo luogo richiedono di far cessare lo scellerato "appalto di fatto"
dallo Stato concesso ai poteri criminali che gestiscono monopolisticamente,
e lucrandovi ingenti ricchezze, il trasporto di esseri umani privi di
alternative;
- in quarto luogo dimostrano la necessità di denunciare e rinegoziare gli
accordi comunitari in quanto essi stanno producendo una vera e propria ecatombe;
- in quinto luogo mettono sotto accusa le nostre istituzioni per non essere
state capaci di salvare delle vite umane ed inverare i princìpi stabiliti
dalla Costituzione, fondativi di uno stato di diritto e di un ordinamento
democratico. 

Egregia Ministra,
mi perdoni se mi permetto ancora una volta di richiamare la sua attenzione e
di richiedere il suo intervento.

Anche lei avrà avuto notizia dai mass-media di nuove morti di persone che
tentavano di raggiungere il nostro paese, in fuga da condizioni di vita tali
che per esse l'Italia e l'Europa rappresentavano l'ultima speranza di una
vita dignitosa, la vita cui ogni essere umano ha diritto.

Queste morti ci interpellano tutti: esse denunciano ancora una volta il
fallimento operativo, l'iniquità sostanziale e l'immoralità profonda
dell'attuale concreta politica europea ed italiana rispetto ai profughi.

Aver delegato in toto ai poteri criminali il trasporto delle persone che dai
paesi e dai continenti della fame, delle dittature, dello sfruttamento più
feroce, cercano di venire da noi per trovare accoglienza e solidarietà, è
stata una scelta scellerata e nefasta:
- così le mafie hanno trasformato in un ricchissimo business criminale il
trasporto di esseri umani;
- così lo Stato si è arreso all'economia illegale ed ai poteri criminali,
delegandoli di fatto a gestire loro un fenomeno di dimensioni mondiali ed
epocali che ha profonde ragioni strutturali e che non è fronteggiabile con
logiche di altri secoli che negano di fatto la dignità di ogni essere umano;
- così si sta provocando la morte di tanti innocenti, la morte di vittime di
miseria e violenza, la morte di persone che la nostra ignavia costringe
nelle grinfie dei poteri criminali.

Da alcune settimane abbiamo proposto al Presidente del Consiglio dei
Ministri ed al Ministro dei Trasporti di riconsiderare la politica italiana
in questo ambito, e di valutare l'opportunità di una profonda modifica
dell'attuale quadro legislativo, normativo, amministrativo al riguardo.

In particolare abbiamo proposto:
1. che lo Stato istituisca un servizio di trasporto pubblico delle persone
che dal Mediterraneo orientale o dalle coste balcaniche cercano di venire in
Italia;
2. che si denuncino e rinegozino gli accordi europei che hanno avuto come
sciagurato effetto di arricchire e potenziare le mafie e provocare tante
morti e tanto dolore;
3. di contrastare i poteri criminali in questo ambito nell'unico modo
efficace, sottraendo loro il controllo e la gestione del trasporto delle
persone in stato di necessità (oltre, naturalmente, a continuare a
contrastarli con l'opera tradizionale di repressione e di prevenzione: ma se
non si sottrae ai poteri criminali questa fonte di illecito arricchimento
l'opera di repressione sarà sempre insufficiente).

Egregia Ministra,
Non mi dica che è utopia, anche lei ricorderà quando decenni fa ci si diceva
che era utopia voler abolire i manicomi ed altre ripugnanti e disumane
istituzioni totali: ora, e da decenni, quelle aspirazioni che venivano
tacciate di utopia sono leggi dello Stato e convincimenti condivisi fin
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Forse verrà un tempo in cui gli uomini sorrideranno, come di cosa di un
remoto passato, della follia di aver voluto precludere ad altri esseri umani
il diritto di spostarsi sul nostro pianeta, il diritto -che è diritto di
legittima difesa- ad allontanarsi dai luoghi i cui vengono perseguitati e
torturati da poteri dittatoriali e razzisti, dalla miseria e dalla fame, ed
a cercare di raggiungere luoghi in cui la convivenza è possibile, vi sono
diritti riconosciuti, stato di diritto e democrazia proteggono ogni persona
con criteri universalistici.
Affrettiamo quel tempo: svincoliamoci da un passato sanguinario che tuttora
tristamente surdetermina e abbrutisce la politica italiana e giorno dopo
giorni aggiunge altre vittime al martirologio presente.

Ma rifletta con me anche su questi dolorosi quesiti:
a) non si configura forse da parte dello Stato italiano dinanzi a questa
catena di morti che si prolunga da anni la fattispecie di reato
dell'omissione di soccorso (593 C.P.), o dell'omissione di atti d'ufficio
(328 C.P.)? Non si sta venendo meno al dovere primario e costitutivo di ogni
ordinamento giuridico: di salvare delle vite umane?
b) aver abbandonato masse di disperati nelle mani dei  poteri criminali
transnazionali non integra effettualmente il reato di favoreggiamento di
quei poteri criminali (379 C.P), se non addirittura di concorso (110 C.P.)?
c) non abbiamo forse il dovere di contrastare gli schiavisti e di abolire la
schiavitù, reato previsto e punito dal Codice (artt. 600-602 C.P.)?
d) non è forse necessario che la concreta azione delle istituzioni
repubblicane rispetti e realizzi quanto proclamato e disposto dalla
Costituzione della Repubblica Italiana agli articoli 2 ("La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo": a tutti, non solo
ai titolari di cittadinanza) e 10 (comma terzo: "Lo straniero, al quale sia
impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio
della Repubblica")?
Ed altri analoghi quesiti potrebbero aggiungersi.

Egregia Ministra,
In un nostro precedente scambio epistolare lei metteva in rilievo la
positiva novità di alcune parti della legge 40/98, laddove io evidenziavo
l'assoluta gravità di altre sue parti (quelle concernenti il respingimento,
l'espulsione, la clandestinizzazione coatta, fino alla follia dei campi di
concentramento; parti tutte da cassare perché confliggenti con il
programmatico comma 1 dell'art. 2 della legge citata e del conseguente T. U.
D. Lgs. 286/98, olte che con la legalità costituzionale); ebbene, è proprio
in nome delle parti positive ed umanitarie della legge 40/98, oltre che
della fonte stessa del nostro ordinamento, la Costituzione repubblicana, che
le chiedo di intervenire a sostegno di questa proposta in seno al Consiglio
dei Ministri per addivenire al più presto ad un provvedimento che salvi
delle vite umane, che colpisca i poteri criminali, che inveri i diritti
umani, che realizzi una politica dell'accoglienza e della giuridicità.

Egregia Ministra,
perdoni l'andamento ed il tono certo non compassato di queste righe, scritte
currenti calamo e col cuore in tumulto.
Non voglia essere indifferente: è possibile salvare delle vite umane,
accogliere persone che ne hanno diritto, sconfiggere il racket, organizzare
un necessario ed urgente servizio pubblico e promuovere una politica
umanitaria adeguata all'epoca presente che collocherebbe l'Italia in una
posizione di positivo modello in materia di protezione e promozione dei
diritti umani. Perché non farlo? E' una scelta di civiltà, una scelta di
giustizia.

Confidando in una sua tempestiva riflessione e conseguente iniziativa in
merito, ed in un suo cenno di riscontro alla presente,
voglia gradire distinti saluti,

Peppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

Viterbo, 9 agosto 2000

Mittente: Centro di ricerca per la pace di Viterbo
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. e fax 0761/353532; recapito e-mail: nbawac@tin.it