Re: Il lavoro e il consumo critico





Lavoro: ottimo tema, ed in verità non solo per una lista di Consumo Critico bensì per l'intera tematica progressista.

Ed il messaggio di Nicoletta esprime perfettamente i termini paradossali di una situazione dimenticata dal tradizionale approccio progressista.


Il progressista tipo infatti ha molto da ridire sulle multinazionali, sulle grandi imprese delle bollicine, delle acque minerali, delle auto, delle armi, etc. e se la prende attaccando il marchio ed i vertici di tali aziende, ma dimentica che tali vertici rappresentano tutt'al più il venti per cento di un intero che comprende un ottanta per cento di persone comuni che ne costituiscono l'ossatura pesante.

Quello di attaccare i capi, i ricchi, i potenti, i vertici insomma, dimenticando le basi popolari, che sole rendono capi i capi, ricchi i ricchi, potenti i potenti è proprio uno dei classici taboo del tradizionale approccio progressista. Al punto che si fanno perfino campagne contro il clero, vedi NOVAT, ma si continua a dimenticare quella base di persone comuni che, rimanendo assoggettata alle superstizioni, dà potere al VAT. Eppure solo masse di superstiziosi possono rendere potente il VAT, il quale altrimenti nemmeno esisterebbe più, se non come museo.


Vi pare un approccio corretto questo?


Il rapporto del venti/ottanta per cento sembra dare proprio la misura del livello di accuratezza e precisione del tradizionale mondo progressista. Si accusa, come ulteriore esempio, il venti per cento della popolazione mondiale di consumare troppo, dimenticando quell'ottanta per cento della popolazione che non vede l'ora di iniziare a consumare come il venti per cento.

Oppure si accusano i reali d'Inghilterra per l'uso dell'aereo e si dimenticano del tutto quei centomila che ogni volta fanno la stessa cosa per andare ai Social Forum o per fare un ir-responsabile turismo di massa.


Questo è essere giusti? Questo è essere corretti?


E' chiaro che una persona comune, come del resto è chi qui scrive, vive un numero ben più grande di difficoltà di un suo corrispettivo ai vertici. E questo sicuramente la rende meno antipatica di un ricco. Ma questo può giustificare un progressista, una persona che desidera, che dovrebbe voler cambiare il corso degli eventi per trasformare questa società ancora primordiale in una più evoluta, ad essere così parziale nella propria analisi? La mia risposta è NO! Perché masse di persone comuni, che per le loro difficoltà fanno cattive scelte, vanno poi a determinare il corso degli eventi con lo stesso peso, se non nettamente superiore, che le persone privilegiate dal destino.


Vedete: quando il sottoscritto ha avuto a disposizione Internet, come ogni altra persona comune del nostro Paese, e s'è subito messo a studiare la questione demografica giungendo alla conclusione che effettivamente avevano ragione certi studiosi nel dire che ne eravamo troppi tanto in Italia quanto sulla Terra, lo ha fatto anche perché istintivamente, inconsapevolmente, lasciando spazio ad oneste sensazioni, sentiva che proprio lì, nel tema demografico, c'era la chiave di volta per risolvere la stragrande maggioranza dei problemi del mondo. Anche quello del lavoro.

Perché è chiaro che se continuano a nascere nuovi esseri, uno dietro l'altro, vi sarà sempre un surplus di personale in esubero rispetto al lavoro già disponibile, vi sarà sempre un mercato del lavoro fortemente squilibrato a danno delle persone più deboli. Impiparsene della questione demografica, scaricando tutto il suo impegno nella lotta per il diritto al lavoro, per altri versi giustissima, manco a dirlo, è per un progressista una responsabilità criminale. Perché nascite indiscriminate conducono caterve di esseri umani alla miseria, ad una vita di stenti, perfino alla delinquenza, a grandi sofferenze e morte prematura.

Ecco perché va fatto un netto passo avanti: http://nova-reproductio.hyperlinker.org


E che dire poi del fatto che tipicamente il progressista tipo si scaglia contro il venti per cento dello Stato formato da politici, per il loro malgoverno, e si dimentica quell'ottanta per cento e più di pubblici dipendenti a vita che a quei politici danno ogni genere di supporto?

Al contrario cosa fa il sottoscritto da tanti anni? Scagliandosi contro il pubblico impiego a vita, perché fonte primaria di ogni disparità e corruzione, lo fa anche perché percepisce che proprio lì c'è la chiave di volta per cambiare non solo la nostra Repubblica bensì l'intero mondo. Ed è solo così che, lasciando spazio alle mie oneste percezioni, posso oggi farmi promotore e portavoce della necessità di stabilire un equilibrio tra attività pubbliche ed attività private:

http://la-metamorfosi.hyperlinker.org

Solo invocando un pubblico impiego a rotazione posso disporre infatti della forza logica, razionale, perfino di un supporto filosofico, per chiedere che la metà delle attività dell'intero Paese passi alla sfera pubblica, in questo modo potendosi gettare le basi perché ogni persona, invece che essere preda totale del libero mercato del lavoro come avviene oggi, possa disporre di un lavoro molto più retto e sicuro.

Ma senza prima chiedere la rotazione dei pubblici dipendenti mai avrei potuto chiedere un tale riequilibrio economico, in quanto il pubblico impiego a vita è una forma organizzativa talmente deleteria che più persone vi lavorano più le cose vanno male. Invece facendole ruotare in un modo ben studiato le cose possono cominciare a funzionare nettamente per il meglio.


E che dire della pubblicità a pagamento, contro cui mi sono avventato digrignando? E del turismo, sempre irresponsabile quando è di massa, contro cui non perdo occasione di esprimermi? Etc. etc. Faccio questo, a costo di apparire antipatico al mondo intero, perché solo dapprima qualificando le cose nel giusto modo, per quello che realmente sono, si può pensare di concepire poi nuove forme, ben più evolute, dei vari nostri modi di essere, lavorare e comportarci.



>Infine, non condivido la richiesta finale in coda al tuo manifesto.  
>Personalmente potrebbe essere un punto per cui quel manifesto proprio  
>non lo firmerei.

Nicoletta: così mi scrivesti tempo fa in merito alla mia richiesta di denaro in cambio del progetto chiamato THE SWITCH. Ebbene oggi posso dirti che sbagli. Se son giunto ad invocare un mercato delle innovazioni sociali, che premi il lavoro dei singoli, visto che il noto cinquepermille alimenta solo i gruppi, è perché credo nel lavoro dei singoli cittadini. Apprezzo il forte e capace impegno che vien fuori dal gruppo. Ma l'apporto dei singoli, di chi sa isolarsi e concentrarsi cancellando qualsiasi condizionamento esterno, è parimenti importante, e per questo va ricompensato.

E' proprio per l'assenza di un premio ai singoli che tutti si aggregano e tutti poi vanno ad agire in modo tanto convenzionale quanto così tante volte inutile.

E' anche per questo motivo che tu stai facendo un lavoro che non ti piace. Pensa se tu concepissi un progetto d'innovazione sociale tutto tuo: senza il relativo mercato avresti possibilità di farcela decrescenti quanto più originale, innovativa e risolutiva sarebbe la tua visione. Perché i gruppi son meno sensibili e spontanei degli individui. Il gruppo mira soprattutto a conservarsi. L'individuo fa invece nascere nuove realtà. Ed altri individui sono parimenti più lesti che non i gruppi ad apprezzare nuove idee.


Un caro saluto, e, sì, parliamone di queste cose, non limitandoci a rimanere alla superficie ma scavando in profondità.


danilo






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On 12/04/07 at 20.20 Nicoletta Landi wrote:

>Ciao Patrizio
>oltre a farvi in bocca al lupo per l'incontro di Domenica prossima,  
>ti chiedo se puoi inoltrare inlista a caldo qualche commento la  
>prossima settimana, senza aspettare il verbale "ufficiale" perche'  
>tengo molto a questo tema e vorrei discuterne un po'.
>
>Personalmente, mi ritrovo sempre in un modo o nell'altro a lavorare  
>come consulente informatico per supermercati che poi nella vita  
>quotidiana boicotto come consumatore.
>Nonostante provi e riprovi ad ottenere un part-time, sembra un  
>impresa disperata e comunque me lo potro' permettere unicamente  
>perche' il mio compagno guadagna saporitamente un anno lavorando come  
>informatico per un colosso petrolifero e l'anno dopo per un colosso  
>finanziario (e non so cosa sia peggio).
>
>Ricordo stampata nella mia mente una conversazione che ebbi qualche  
>anno fa con una delle fondatrici di una nota associazione di consumo  
>critico proprio di Firenze. A quel tempo ero senza lavoro permanente,  
>provando a lavorare senza successo nell'economia sostenibile. E lei  
>mi disse: "Non condivido la tua scelta: il mio lavoro non lo lascio,  
>dobbiamo sfruttare tutto cio' che questo sistema ci puo' dare,  
>soprattutto gli stipendi che possiamo poi riutilizzare per scelte di  
>consumo responsabile..."
>
>Ancora a distanza di tempo non mi sono fatta un'idea se ero  
>completamente in disaccordo o in parte d'accordo con lei, fatto sta  
>che ora compro il mio cotone biologico e la mia carne free range  
>grazie al salario che guadagno come consulente per Tesco (il colosso  
>supermercato inglese)...
>Non sono una purista e cerco di barcamenarmi nelle contraddizioni  
>della vita quotidiana. Ma per me i bilanci di giustizia sono una  
>specie di faro nella notte.
>Tienimi illuminata :)
>
>Ciao
>Nicoletta
>
>On 28 Mar 2007, at 08:45, patsuppa@@inwind..it wrote:
>
>> ciao a tutti
>> anche quest'anno il gruppo fiorentino dei bilanci di giustizia  
>> organizza l'incontro regionale, aperto a tutti.
>> Il tema di cui vogliamo parlare è il lavoro, perché questa  
>> "occupazione" (o la sua ricerca) impegna gran parte della nostra  
>> vita e influisce, nel bene e nel male, nei nostri stili di vita.
>>
>> di seguito il programma.
>> ciao
>> patrizio
>>