rassegna stampa - VANDANA SHIVA: NON LASCIAMO BREVETTARE LA VITA .



a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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tratto da "Green Planet" - 27 marzo 2007
VANDANA SHIVA: NON LASCIAMO BREVETTARE LA VITA .
L'ingegneria genetica ha espanso il dominio di ciò che può essere sottoposto
a «brevetto». L'economista e scienziata indiana mette in guardia contro
l'assalto della «biopirateria»
Se i brevetti hanno avuto diversi significati e diverse funzioni nel corso
della storia, durante il secolo scorso sono stati associati all'invenzione
di nuove macchine e di nuove molecole, che sono chiaramente prodotti
artificiali dell'uomo. I brevetti sulle macchine e sulle molecole hanno
accompagnato le due rivoluzioni industriali, quelle legate rispettivamente
all'ingegneria meccanica è all'ingegneria chimica. Tuttavia è in corso una
nuova rivoluzione industriale che si svolge lungo il percorso
dell'ingegneria genetica, della manipolazione e della progettazione di forme
di vita a livello genetico. Vi è perciò un tentativo di espandere il dominio
di ciò che può essere brevettato, fino ad includervi anche le forme di vita
o la biodiversità.

Il primo passo che venne compiuto nel brevettare la vita fu nel caso di un
microrganismo progettato geneticamente. Nel 1980, la General Electric e uno
dei suoi ricercatori, Anada Mohan Chakravarty, fecero domanda agli Stati
Uniti di brevettare un batterio Pseudomonas progettato geneticamente.
Prendendo i plasmidi da tre diverse specie, Chakravarty li trapiantò in una
quarta. Spiegò poi: «Ho semplicemente spostato i geni, modificando batteri
che già esistevano». Chakravarty non affermava di aver "creato" la vita e la
Corte Suprema interpretò il lavoro di ingegneria genetica sul microrganismo
come "manifattura".

Se qualcuno spostasse le sedie o i mobili da una casa a un'altra, non
permetteremmo che si dicesse che questi ha costruito la casa né, per giunta,
accetteremmo che egli ne diventasse il proprietario. Nonostante questo,
quando si arriva a parlare di forme di vita, ossia la più basilare
espressione di auto-organizzazione e di auto-costruzione, insomma, del
tessuto della nostra esistenza e del supporto alla vita, coloro che
semplicemente cambiano d'ordine ai geni hanno cominciato a pretendere di
aver "inventato" o "creato" gli organismi viventi nei quali essi hanno
semplicemente introdotto un gene, reclamandone così la proprietà brevettata
e riservandosi il diritto di escludere gli altri dal riprodurli, usarli e
venderli, a meno di non pagare le royalty ai tenutari del brevetto.

Chakravarty ottenne il suo brevetto argomentando che il microrganismo non
era un prodotto della natura, ma una sua stessa invenzione e perciò
brevettabile. Come racconta Andrei Kimbrell, un autorevole avvocato
statunitense: «La Corte sembrava inconsapevole del fatto che lo stesso
inventore aveva definito la "creazione" del suo microbo semplicemente come
un processo di "spostamento di geni e non la creazione di vita"». Il primo
brevetto sulla vita venne garantito in questo contesto così incerto e,
nonostante le restrizioni su piante e animali vigenti nella Legge sui
brevetti, da allora gli Stati Uniti si cominciarono rapidamente a concedere
brevetti su tutti i tipi di forme di vita.

Allo stato attuale, diverse centinaia di animali geneticamente modificati,
compresi pesci, vacche, topi e maiali, stanno virtualmente attendendo di
essere brevettati da una varietà di aziende e ricercatori. La biodiversità è
stata ridefinita come "invenzione biotecnologica" e "costruzione genetica"
per far apparire meno controversa l'operazione di brevettare le forme di
vita. Questi brevetti sono validi vent'anni e quindi coprono le future
generazioni di piante ed animali. Tuttavia, anche quando gli scienziati
nelle università o nelle aziende spostano geni, essi non "creano"
l'organismo che brevettano. Riferendosi al caso emblematico di Chakravarty
negli Stati Uniti, la Corte Suprema trovò che lo scienziato aveva «prodotto
un nuovo batterio con caratteristiche marcatamente diverse che in qualsiasi
altro batterio presente in natura».

I brevetti sulla vita hanno profondissime implicazioni etiche, economiche ed
ecologiche. La posizione dell'uomo come inventore di altri esseri è colma di
problemi etici. Le forme di vita "si fanno" da sole - crescono, si
riproducono, si rigenerano e si moltiplicano attraverso le loro complesse e
dinamiche strutture intrinseche. Manipolare le forme di vita non è la stessa
cosa che "creare" la vita. Introdurre geni nelle forme di vita non è la
stessa cosa che "creare" la vita. I brevetti sulla vita aspirano a
rivendicare il ruolo divino della Creazione. Una volta possibile brevettare
la biodiversità, i suoi geni, i suoi processi, i suoi prodotti, diventa un
passo facile estendere i brevetti su organismi geneticamente modificati e
cominciare a reclamarli su neem (Azadirachta Indica), haldi (la curcuma),
kareka (Momordica charantia, una varietà di zucca ampalya), baigan (la
melanzana), ed altre, che sono invece basate sugli usi e la conoscenza
evoluta collettivamente e cumulativamente in millenni della nostra società.
Questi fenomeni di biopirateria hanno ora preso la forma di un'epidemia e
hanno grandi implicazioni per le opzioni di sopravvivenza del Terzo Mondo.

I brevetti legati alle risorse biologiche hanno anche grandi implicazioni
per la conservazione della biodiversità e del suo uso sostenibile. Creando
la "proprietà" sulla vita attraverso i brevetti, le aziende economicamente
potenti possono diventare i nuovi "signori della vita", così come una volta
esistevano gli Zamindar, i signori della terra. Essi possono pretendere
affitti per ogni seme seminato, per ogni medicina fatta dai doni della
biodiversità presente nella natura, che sono liberamente accessibili a
chiunque. Concedere il potere di raccogliere "affitti dalla vita" attraverso
i brevetti è un modo garantito di spingere milioni di persone verso i limiti
della sopravvivenza. (L'Avvenire, 27 marzo 2007)
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