Agricoltura: illegalità, responsabilità sociale, manodopera immigrata
e necessità di diffondere comportamenti etici e responsabili. Sono i temi
affrontati oggi a Roma nel seminario "Il lavoro in agricoltura.
Dall'illegalità alla responsabilità sociale", organizzato da RespEt
(Centro per l'Impresa Etica e Responsabile) e dal Comune di Roma presso la
Casa del Municipio - Urban Center Roma XI.
RESPONSABILITÀ SOCIALE.
"L'agricoltura è oggi di fronte a un cambiamento epocale che ne
modificherà profondamente i tratti strutturali e la funzione economica e
sociale - ha detto Gaetano Paparella di RespEt/ICEA - La globalizzazione e la
liberalizzazione sempre più spinta dei mercati stanno ridisegnando la
distribuzione internazionale della produzione agricolta ed agro-industriale.
A questo si aggiungono le nuove emergenze ambientali come quelle
rappresentate dall'introduzione degli OGM e le sfide che vengono al settore
agricolo all'aumentato interesse internazionale per le energie da fonti
rinnovabili". Il seminario rientra in un ciclo di tre incontri dedicati
all'agricoltura: il primo, lo scorso ottobre, si è occupato di territorio, il
prossimo sarà dedicato all'energia. "Con questo percorso così articolato
- ha detto Paparella - intendiamo quindi dare consistenza e valore ad una
nuova definizione di Agricoltura Etica, di cui l'agricoltura biologica
rappresenta una premessa indispensabile e necessaria (soprattutto sotto
l'aspetto della responsabilità ambientale) ma non sufficiente, perché non
affronta, né tantomeno risolve, alcune contraddizioni sempre più evidenti tra
metodi di produzione "puliti" sotto l'aspetto ambientale e passiva
accettazione di forme e condizioni di vita e di lavoro spesso incoerenti con
gli stessi principi fondativi dell'agricoltura biologica". Da decenni si
assiste alla riduzione della forza lavoro disponibile e questo ha determinato
la crescita del mercato del lavoro nero. "Oggi il fenomeno della
manodopera "irregolare", che riguarda lavoratori agricoli
extracomunitari ma anche locali, interessa l'intero sistema - ha detto
Paparella - e costituisce una componente strutturale dell'occupazione e del
mercato del lavoro in questo settore".
INFORTUNI. Secondo i dati dell'INAIL, gli
infortuni in agricoltura sono passati da 80.532 nel 2001 a 66.400 nel 2005.
"Sono diminuiti dell'8,7% rispetto al 2001 - ha detto Elena Battaglini
dell'Università "La Sapienza" - ma solo del 4,1% nell'ultimo
anno". Le malattie professionali fanno registrare una crescita sostanziale
in valori assoluti: si è passati da 969 casi nel 2001 a 1303 nel 2005. Si
tratta in particolare di ipoacusia e sordità (42,5%), asma bronchiale (31,5%)
e malattie osteoarticolari (12,6%). I fattori principali degli infortuni sono
cadute dall'alto, aggressioni di animali, asfissia, danni ricevuti da cadute
da oggetti. In numero di infortuni denunciati l'Italia è al secondo posto
nelle denunce dell'Unione Europea. Ma con 6341 infortuni ogni 100.000
lavoratori, si pone sopra alla media dell'UE a 15. Secondo Elena Battaglini
un concetto alternativo alla filiera agricola può essere rappresentato dalla
"catena alimentare" che vedrebbe come "portatori attivi di
interessi" nella governance della qualità alimentare Ue, Stato, Enti
locali, imprenditori e lavoratori come anche rappresentanti imprenditoriali e
sindacali nonché associazioni dei consumatori.
LEGALITÀ. Don Luigi Ciotti, di Libera
Terra, ha ricordato l'impegno nella confisca e nell'uso dei beni confiscati
alle mafie: "Libera si fa promotrice per realizzare cooperative con
concorso pubblico per utilizzare i beni confiscati alla mafia. La prima
cooperativa è stata intitolata a Placido Rizzotto. I giovani coinvolti sono
del posto perché questo rappresenta un forte schiaffo alla mafia". Allo
stesso tempo non mancano i dati allarmanti. È ritornato - ha detto Luigi
Ciotti - il furto organizzato di animali e di capi di bestiame. Le
organizzazioni mafiose "oggi acquistano all'estero terreni
agricoli" e "c'è la conquista di interi territori per riprodurre
forme di sfruttamento in agricoltura". Le mafie sono riuscite a mettere
le mani sulla distribuzione commerciale e sul turismo e hanno cercato di
distruggere le cooperative messe in piedi. "Dobbiamo liberare questi
territori e liberare molti agricoltori che sono ricattati. È un problema di
libertà perché il racket non rende liberi, l'usura non rende liberi, il
lavoro nero non rende liberi". Particolare attenzione va riservata ai
tentativi di infiltrazione mafiosa.
IMMIGRATI. A fronte della riduzione
costante degli occupati in agricoltura, da anni si registra una carenza di
manodopera specialmente stagionale che rende necessario il ricorso agli
immigrati. La tendenza, in aumento, riguarda non solo l'Italia ma anche il
resto d'Europa dove su 4.600.000 occupati stagionali gli extracomunitari,
prima dell'ingresso della Polonia nell'Unione Europea, superavano il mezzo
milione. Sono i dati resi noti nel corso del seminario da Franco Pittau della
Caritas Italiana. Gli ultimi dati disponibili, al 2004, sul movimento delle
assunzioni dei lavoratori nati in paesi extracomunitari registrava circa
80.000 lavoratori agricoli a tempo determinato e circa 23.000 stagionali con
una incidenza del 10% sul totale di un milione di assunti, mentre altri
18.000 immigrati sono stati assunti come lavoratori agricoli a tempo
indeterminato (su un totale di 120.000) pari al 15%. In agricoltura dunque
ogni 8 assunti 1 è immigrato, con una incidenza più alta rispetto alla media
dell'Unione Europea, dove ogni 10 lavoratori agricoli assunti solo 1 è
immigrato. E poi ci sono il lavoro nero e lo sfruttamento. Una recente
indagine condotta da "Medici Senza Frontiere" - ha ricordato Pittau
- ha analizzato le condizioni di vita e di salute degli immigrati stagionali
impiegati nel Mezzogiorno, contattando 770 stagionali in Campania, Puglia,
Basilicata, Sicilia e Calabria. Sono soprattutto persone sprovviste di
permesso di lavoro di stagionali: il 36% vive in spazi sovraffollati, più del
50% non dispone di acqua corrente, il 30% non ha elettricità, il 43,2% non
dispone di toilette. La maggioranza riesce a mangiare solo una volta al
giorno, per lo più la sera. Non sempre si lavora tutti i giorni della
settimana. Per il 30% delle persone contattate il caporale e il trasporto
fino al luogo di lavoro costano 5 euro al giorno. In queste condizioni ci si
ammala: uno su dieci ha bisogno di assistenza medica già dopo un mese
dall'arrivo in Italia ma non beneficia dell'assistenza sanitaria. Chi sono?
Donne dell'Est Europa che sbucciano 100 chili di arance al giorno per 15
euro. Immigrati che in Puglia raccolgono per uno o due mesi i pomodori
vivendo accanto ai campi in fabbriche abbandonate. Lavoratori che vivono
nelle campagne senza acqua corrente, gas e luce elettrica.
2007 -
redattore: BS
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