rassegna stampa: CHIARE, FRESCHE E DOLCI ACQUE. DAVVERO?



a cura di AltrAgricoltura Nord est
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Tratto da "Green Planet" - 6/6/05
IL SALVAGENTE: LA VERITÀ SULL'ACQUA MINERALE
Più bollicine che pasta: spendiamo 3 miliardi di euro all'anno per 11
miliardi di litri. Ma dal test del settimanale dei consumatori meno di una
bottiglia su due sarebbe adatta a tutti, grandi e piccini, tutti i giorni.
Sodio a go-gò, metalli pesanti, nitrati fuori controllo...

Un'anticipazione dal numero de "Il salvagente" n. 22 (in edicola dal 3 al 9
giugno, 50 pagine - 1,70 euro).
CHIARE, FRESCHE E DOLCI ACQUE. DAVVERO?
Forse non la portiamo in borsetta, come ci fanno notare gli osservatori di
tendenza (in una singolare coincidenza di intenti con il marketing delle
ditte che vogliono lanciare nuovi prodotti) che ci bacchettano per non aver
ancora accolto a braccia aperte l’ultima moda Usa di non farsi mancare mai
la bottiglietta, magari personalizzata e studiata dai designer.

Forse non gli riconosciamo il giusto valore di status symbol, simbolo di
eleganza e salute – come ci hanno spiegato la scorsa settimana in un
articolo del Wall strett journal – che porta a ostentare le
microbottigliette di minerale a Central Park mentre a piazza San Pietro o a
piazza del Duomo, invece, ancora si gira con il mezzo litro un po’ cafone.

Forse saremo ancora “tristemente” condizionati dall’anomalia tutta italiana
di trovare fontanelle e “nasoni” come vengono chiamati a Roma a ogni angolo
di strada e dunque poco propensi a spendere per un bene che possiamo avere
gratis.

Più bollicine che pasta
Insomma, forse saremo anche poco attenti alle mode e molto ai prezzi e
magari poco propensi a pagare una fortuna per una microbottiglietta, dato
che già per quelle da mezzo litro ci vengono chieste in genere cifre folli.
Ma di certo nonostante la drammatica crisi economica rimaniamo il Bengodi
delle minerali, dato che continuano a spendere 3 miliardi di euro per gli 11
miliardi di litri che consumiano ogni anno.
Cifre da capogiro - pensate che superano di quasi un miliardo di euro quanto
spendiamo ogni anno per il nostro prodotto simbolo, la pasta - che ci
spingono a riflettere sulla qualità di ciò che ci viene proposto dai 265
marchi che da noi trovano il mercato più ricco del mondo piuttosto che sull’
eleganza del contenitore.
Ed è probabile  che tante perplessità trovino un qualche fondamento concreto
nei ricorrenti allarmi che turbano i consumatori.

Ultimo, in ordine di tempo, quello che ha portato all’inizio di quest’anno
alla sospensione temporanea dell’autorizzazione al commercio per 125 marchi
di minerali.
Logico, dunque, chiederci cosa beviamo tutti i giorni e per cosa spendiamo
così tanti soldi, convinti come siamo di acquistare una maggior sicurezza e
una migliore qualità rispetto a quanto ci viene elargito quasi gratis dai
nostri acquedotti.

Domande che Il Salvagente si fa da anni e alle quali dà una risposta - non
sempre tranquillizzante - attraverso serie analisi di laboratori.
Esattamente quello che abbiamo fatto anche quest’anno realizzando un
complesso e lungo test in collaborazione con la sezione di Cuneo del
Movimento consumatori.

A finire sotto la lente dei laboratori francesi dell’Eurofins di Nantes,
sono stati ben 38 marchi di minerali e un’acqua da tavola (la Vallestura,
venduta nei supermercati allo stesso prezzo e negli scaffali delle minerali,
senza che il consumatore possa differenziarla dalle altre, né sia informato
delle differenze, anche di legge, che riguardano questa categoria di acque).

Dunque, cos’è che beviamo nel nostro Paese?
Di tutto, senza troppe distinzioni, a condizione che sia imbottigliato.
Dopo questa lunghissima tornata di analisi che ci hanno impegnati per sei
mesi, è difficile non concludere che a condizionare il consumatore è più la
pubblicità che le minuscole e spesso incomplete etichette informative delle
bottiglie.
Complice l’abitudine a considerare l’acqua come “tutta uguale” scegliamo le
tanto amate bollicine senza considerare che le loro caratteristiche
potrebbero non renderle adatte al consumo di tutti i giorni. In comune,
almeno a giudicare dal nostro test, le minerali italiane hanno una sola
cosa: essere impeccabili dal punto di vista igienico, esattamente come la
legge impone tanto a loro che alle colleghe “minori” dei nostri acquedotti.
Per il resto le differenze non mancano.

Acque a forte contenuto di sali minerali, sconsigliate per l’alimentazione
quotidiana (così per lo meno suggeriscono i medici).
Bottiglie che, per il contenuto di nitrati dovrebbero (ma non lo fanno mai)
indicare che non debbono essere utilizzate per preparare latte o per
dissetare i bambini più piccoli.
Minerali con pochissimo sodio (questo sì che alcuni lo specificano) accanto
ad altre che di sodio sono piene.
Senza contare il contenuto di sostanze che non siamo in grado di verificare
dalle etichette ma sono fondamentali per comprendere se siamo di fronte a un
liquido puro e salubre, come recitano tutte le pubblicità, o se, invece, ci
troviamo davanti un liquido che bisognerebbe “assumere con cautela” per non
correre rischi sanitari.

È la storia dell’arsenico e di altri metalli che sono finiti più volte al
centro delle cronache dopo la decisione del ministero della Salute di
adeguarsi ai livelli massimi ammissibili stabiliti dalle autorità sanitarie
internazionali (Organizzazione mondiale della sanità in testa) per evitare
ai consumatori avvelenamenti e malattie degenerative.
Su questi silenziosi ospiti le nostre analisi sono state particolarmente
accurate, scoprendo situazioni ai limiti della legalità.

Certo, rispetto al test che questo giornale ha condotto nel marzo del 2004,
quando ancora non erano in vigore i nuovi limiti per questi metalli, la
situazione è migliorata, con alcuni marchi che hanno corretto drasticamente
il livello di sostanze pericolose.

Ma a non essere mutata è la tendenza a non dichiarare gli ospiti
indesiderabili, siano essi i nitrati quando il loro contenuto è elevato o l’
arsenico o il manganese.
E a non mettere il consumatore più fedele del mondo nelle condizioni di una
scelta davvero cosciente.
Forse più urgente di qualche disegno su nuovi modelli di bottigliette.

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MENO DI UNA BOTTIGLIA SU DUE È ADATTA ALL'USO QUOTIDIANO

Diciotto su trentanove.
Se si dovesse scegliere nel nostro test una minerale adatta a tutti, per
grandi e piccini, per tutti i giorni, meno di una bottiglia su due
risponderebbe ai requisiti giusti.
Tante sono quelle che non superano i 10 mg/l di nitrati, sono oligominerali
e non sfondano le soglie di legge per il temibile arsenico.
Se poi, per cautela, si dovesse prendere come riferimento anche un contenuto
limitato di metalli pericolosi (cromo, nichel, piombo, manganese e cadmio)
le bottiglie promosse scenderebbero drasticamente.
Per la precisione ne uscirebbero senza alcuna critica 11, meno di una su
tre.
I risultati delle analisi che Il Salvagente e il Movimento consumatori di
Cuneo hanno realizzato sono tutti in queste cifre.
Pochi numeri interessanti per orientarsi in un settore nato per assicurare
acque particolari a chi ne aveva bisogno e oramai trasformato in un’
alternativa alla ben più diffusa acqua potabile.

Un pieno di minerali
Cosa bere tutti i giorni?
Medici e alimentaristi, da sempre, non hanno dubbi: se non si hanno esigenze
particolari va bene un’oligominerale, ossia un’acqua con residuo fisso tra
50 e 500 milligrammi al litro.
Bottiglie con sopra i 500 mg/l, infatti, porterebbero troppi sali nella
dieta.
Al contrario le minimamente mineralizzate (con residuo fisso sotto i 50
mg/l) andrebbero preferite solo da chi ha qualche problema sanitario (come
la calcolosi o l’ipertensione).
La scelta dunque andrebbe fatta nella fascia intermedia di bottiglie,
neppure troppo numerosa come potete vedere nel grafico di queste pagine.

Nitrati fuori controllo
Composti azotati la cui presenza indica inquinamento delle falde, i nitrati
per legge devono fermarsi sotto i 45 mg/l.
Un tetto mai superato dai 39 campioni del test.
Esiste però un altro valore, quello di 10 mg/l oltre il quale l’acqua non
dovrebbe essere assunta nell’infanzia né usata per allungare il latte in
polvere.
Il rischio è serio: la metaemoglobinemia, malattia che riduce l’ossigeno nei
globuli rossi e può portare alla morte del bambino.
Di fronte al pericolo le norme fissano un obbligo al contrario: chi non
supera il limite può specificare adatta all’infanzia, mentre nessuna
indicazione è imposta alle minerali con più di 10 mg/l di nitrati.
E, ulteriore assurdità, non c’è neppure l’obbligo della menzione dei nitrati
in etichetta.
Un consumatore, dunque, si potrebbe trovare di fronte a una bottiglia “muta”
a giudicare solo dall’assenza della scritta “adatta ai neonati”.
Nel nostro test a risultare vietate all’infanzia sono tre acque: l’Egeria
con 30 mg/l di nitrati (tanti anche per un adulto), la Fabia con 18 mg/l e
la Fior di spesa.
Quest’ultima, commercializzata da Standa, è anche l’unica bottiglia in cui
le nostre analisi hanno trovato una netta differenza tra quanto dichiarato
in etichetta (2,6 mg/l) e quanto rintracciato dall’Eurofins (11
milligrammi).

Pericolo metalli
Siamo andati a caccia di arsenico, cromo, cadmio, piombo, manganese e
nichel, metalli presenti per la particolare conformazione idrogeologica o
per inquinamento delle falde ma sicuramente pericolosi per l’uomo se assunti
in quantità critiche.
Per ogni sostanze abbiamo preso in considerazione i limiti normativi,
superati per l’arsenico solo lievemente in due casi, ma abbiamo anche
considerato le quantità che si avvicinavano pericolosamente alla soglia di
legge.
Partiamo proprio dai casi più gravi, quelli dell’acqua Blues venduta da
Eurospin e dalla Santagata.
Entrambe oltrepassano il tetto di pochi milionesimi di grammo percui è
possibile che le analisi interne delle aziende li abbiano trovati ancora
nelle soglie di legge.
La questione interessante, però, a nostro giudizio non è tanto il rispetto
per pochi micron della legge ma la quantità di arsenico che sarebbe il caso
di correggere con interventi in sorgente.
Esattamente come sembra abbia fatto, per esempio, la Nepi che nel marzo 2004
appariva troppo ricca tanto di arsenico che di manganese e oggi, invece,
risulta completamente “pulita”.
Non sappiamo come questo sia avvenuto: la mancanza delle obbligatorie
menzioni all’ozonizzazione sembra escludere queste tecniche, dunque
dovrebbero essere stati adottati altri trattamenti.
Molte, invece, le acque che seppure in piena legalità, consideriamo troppo
vicine ai limiti.
È il caso della Levissima con 0,0079 mg/l di arsenico (il tetto è 0,0100),
della Ferrarelle (0,0077 mg/l) e, più distanti, anche della Sant’Anna
(0,0054 mg/l) e della Vivia (0,0052 mg/l).
Ma anche della Claudia per il manganese (0,369 mg/l contro 0,500 permessi) e
per il piombo (0,006 mg/l contro 0,01) o della Cime bianche per il cadmio
(0,002 mg/l contro 0,003 permessi).
Situazioni che andrebbero controllate e che ci hanno spinto a segnalare i
metalli nelle tabelle.
[....] Le tabelle & tutto il resto nel numero del settimanale in edicola
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N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a
altragricoltura at italytrading.com



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