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rassegna stampa: CHIARE, FRESCHE E DOLCI ACQUE. DAVVERO?
- Subject: rassegna stampa: CHIARE, FRESCHE E DOLCI ACQUE. DAVVERO?
- From: "Altragricoltura" <altragrico at italytrading.com>
- Date: Tue, 7 Jun 2005 18:21:55 +0200
a cura di AltrAgricoltura Nord est -------------------------------- Tratto da "Green Planet" - 6/6/05 IL SALVAGENTE: LA VERITÀ SULL'ACQUA MINERALE Più bollicine che pasta: spendiamo 3 miliardi di euro all'anno per 11 miliardi di litri. Ma dal test del settimanale dei consumatori meno di una bottiglia su due sarebbe adatta a tutti, grandi e piccini, tutti i giorni. Sodio a go-gò, metalli pesanti, nitrati fuori controllo... Un'anticipazione dal numero de "Il salvagente" n. 22 (in edicola dal 3 al 9 giugno, 50 pagine - 1,70 euro). CHIARE, FRESCHE E DOLCI ACQUE. DAVVERO? Forse non la portiamo in borsetta, come ci fanno notare gli osservatori di tendenza (in una singolare coincidenza di intenti con il marketing delle ditte che vogliono lanciare nuovi prodotti) che ci bacchettano per non aver ancora accolto a braccia aperte l’ultima moda Usa di non farsi mancare mai la bottiglietta, magari personalizzata e studiata dai designer. Forse non gli riconosciamo il giusto valore di status symbol, simbolo di eleganza e salute – come ci hanno spiegato la scorsa settimana in un articolo del Wall strett journal – che porta a ostentare le microbottigliette di minerale a Central Park mentre a piazza San Pietro o a piazza del Duomo, invece, ancora si gira con il mezzo litro un po’ cafone. Forse saremo ancora “tristemente” condizionati dall’anomalia tutta italiana di trovare fontanelle e “nasoni” come vengono chiamati a Roma a ogni angolo di strada e dunque poco propensi a spendere per un bene che possiamo avere gratis. Più bollicine che pasta Insomma, forse saremo anche poco attenti alle mode e molto ai prezzi e magari poco propensi a pagare una fortuna per una microbottiglietta, dato che già per quelle da mezzo litro ci vengono chieste in genere cifre folli. Ma di certo nonostante la drammatica crisi economica rimaniamo il Bengodi delle minerali, dato che continuano a spendere 3 miliardi di euro per gli 11 miliardi di litri che consumiano ogni anno. Cifre da capogiro - pensate che superano di quasi un miliardo di euro quanto spendiamo ogni anno per il nostro prodotto simbolo, la pasta - che ci spingono a riflettere sulla qualità di ciò che ci viene proposto dai 265 marchi che da noi trovano il mercato più ricco del mondo piuttosto che sull’ eleganza del contenitore. Ed è probabile che tante perplessità trovino un qualche fondamento concreto nei ricorrenti allarmi che turbano i consumatori. Ultimo, in ordine di tempo, quello che ha portato all’inizio di quest’anno alla sospensione temporanea dell’autorizzazione al commercio per 125 marchi di minerali. Logico, dunque, chiederci cosa beviamo tutti i giorni e per cosa spendiamo così tanti soldi, convinti come siamo di acquistare una maggior sicurezza e una migliore qualità rispetto a quanto ci viene elargito quasi gratis dai nostri acquedotti. Domande che Il Salvagente si fa da anni e alle quali dà una risposta - non sempre tranquillizzante - attraverso serie analisi di laboratori. Esattamente quello che abbiamo fatto anche quest’anno realizzando un complesso e lungo test in collaborazione con la sezione di Cuneo del Movimento consumatori. A finire sotto la lente dei laboratori francesi dell’Eurofins di Nantes, sono stati ben 38 marchi di minerali e un’acqua da tavola (la Vallestura, venduta nei supermercati allo stesso prezzo e negli scaffali delle minerali, senza che il consumatore possa differenziarla dalle altre, né sia informato delle differenze, anche di legge, che riguardano questa categoria di acque). Dunque, cos’è che beviamo nel nostro Paese? Di tutto, senza troppe distinzioni, a condizione che sia imbottigliato. Dopo questa lunghissima tornata di analisi che ci hanno impegnati per sei mesi, è difficile non concludere che a condizionare il consumatore è più la pubblicità che le minuscole e spesso incomplete etichette informative delle bottiglie. Complice l’abitudine a considerare l’acqua come “tutta uguale” scegliamo le tanto amate bollicine senza considerare che le loro caratteristiche potrebbero non renderle adatte al consumo di tutti i giorni. In comune, almeno a giudicare dal nostro test, le minerali italiane hanno una sola cosa: essere impeccabili dal punto di vista igienico, esattamente come la legge impone tanto a loro che alle colleghe “minori” dei nostri acquedotti. Per il resto le differenze non mancano. Acque a forte contenuto di sali minerali, sconsigliate per l’alimentazione quotidiana (così per lo meno suggeriscono i medici). Bottiglie che, per il contenuto di nitrati dovrebbero (ma non lo fanno mai) indicare che non debbono essere utilizzate per preparare latte o per dissetare i bambini più piccoli. Minerali con pochissimo sodio (questo sì che alcuni lo specificano) accanto ad altre che di sodio sono piene. Senza contare il contenuto di sostanze che non siamo in grado di verificare dalle etichette ma sono fondamentali per comprendere se siamo di fronte a un liquido puro e salubre, come recitano tutte le pubblicità, o se, invece, ci troviamo davanti un liquido che bisognerebbe “assumere con cautela” per non correre rischi sanitari. È la storia dell’arsenico e di altri metalli che sono finiti più volte al centro delle cronache dopo la decisione del ministero della Salute di adeguarsi ai livelli massimi ammissibili stabiliti dalle autorità sanitarie internazionali (Organizzazione mondiale della sanità in testa) per evitare ai consumatori avvelenamenti e malattie degenerative. Su questi silenziosi ospiti le nostre analisi sono state particolarmente accurate, scoprendo situazioni ai limiti della legalità. Certo, rispetto al test che questo giornale ha condotto nel marzo del 2004, quando ancora non erano in vigore i nuovi limiti per questi metalli, la situazione è migliorata, con alcuni marchi che hanno corretto drasticamente il livello di sostanze pericolose. Ma a non essere mutata è la tendenza a non dichiarare gli ospiti indesiderabili, siano essi i nitrati quando il loro contenuto è elevato o l’ arsenico o il manganese. E a non mettere il consumatore più fedele del mondo nelle condizioni di una scelta davvero cosciente. Forse più urgente di qualche disegno su nuovi modelli di bottigliette. ------------ MENO DI UNA BOTTIGLIA SU DUE È ADATTA ALL'USO QUOTIDIANO Diciotto su trentanove. Se si dovesse scegliere nel nostro test una minerale adatta a tutti, per grandi e piccini, per tutti i giorni, meno di una bottiglia su due risponderebbe ai requisiti giusti. Tante sono quelle che non superano i 10 mg/l di nitrati, sono oligominerali e non sfondano le soglie di legge per il temibile arsenico. Se poi, per cautela, si dovesse prendere come riferimento anche un contenuto limitato di metalli pericolosi (cromo, nichel, piombo, manganese e cadmio) le bottiglie promosse scenderebbero drasticamente. Per la precisione ne uscirebbero senza alcuna critica 11, meno di una su tre. I risultati delle analisi che Il Salvagente e il Movimento consumatori di Cuneo hanno realizzato sono tutti in queste cifre. Pochi numeri interessanti per orientarsi in un settore nato per assicurare acque particolari a chi ne aveva bisogno e oramai trasformato in un’ alternativa alla ben più diffusa acqua potabile. Un pieno di minerali Cosa bere tutti i giorni? Medici e alimentaristi, da sempre, non hanno dubbi: se non si hanno esigenze particolari va bene un’oligominerale, ossia un’acqua con residuo fisso tra 50 e 500 milligrammi al litro. Bottiglie con sopra i 500 mg/l, infatti, porterebbero troppi sali nella dieta. Al contrario le minimamente mineralizzate (con residuo fisso sotto i 50 mg/l) andrebbero preferite solo da chi ha qualche problema sanitario (come la calcolosi o l’ipertensione). La scelta dunque andrebbe fatta nella fascia intermedia di bottiglie, neppure troppo numerosa come potete vedere nel grafico di queste pagine. Nitrati fuori controllo Composti azotati la cui presenza indica inquinamento delle falde, i nitrati per legge devono fermarsi sotto i 45 mg/l. Un tetto mai superato dai 39 campioni del test. Esiste però un altro valore, quello di 10 mg/l oltre il quale l’acqua non dovrebbe essere assunta nell’infanzia né usata per allungare il latte in polvere. Il rischio è serio: la metaemoglobinemia, malattia che riduce l’ossigeno nei globuli rossi e può portare alla morte del bambino. Di fronte al pericolo le norme fissano un obbligo al contrario: chi non supera il limite può specificare adatta all’infanzia, mentre nessuna indicazione è imposta alle minerali con più di 10 mg/l di nitrati. E, ulteriore assurdità, non c’è neppure l’obbligo della menzione dei nitrati in etichetta. Un consumatore, dunque, si potrebbe trovare di fronte a una bottiglia “muta” a giudicare solo dall’assenza della scritta “adatta ai neonati”. Nel nostro test a risultare vietate all’infanzia sono tre acque: l’Egeria con 30 mg/l di nitrati (tanti anche per un adulto), la Fabia con 18 mg/l e la Fior di spesa. Quest’ultima, commercializzata da Standa, è anche l’unica bottiglia in cui le nostre analisi hanno trovato una netta differenza tra quanto dichiarato in etichetta (2,6 mg/l) e quanto rintracciato dall’Eurofins (11 milligrammi). Pericolo metalli Siamo andati a caccia di arsenico, cromo, cadmio, piombo, manganese e nichel, metalli presenti per la particolare conformazione idrogeologica o per inquinamento delle falde ma sicuramente pericolosi per l’uomo se assunti in quantità critiche. Per ogni sostanze abbiamo preso in considerazione i limiti normativi, superati per l’arsenico solo lievemente in due casi, ma abbiamo anche considerato le quantità che si avvicinavano pericolosamente alla soglia di legge. Partiamo proprio dai casi più gravi, quelli dell’acqua Blues venduta da Eurospin e dalla Santagata. Entrambe oltrepassano il tetto di pochi milionesimi di grammo percui è possibile che le analisi interne delle aziende li abbiano trovati ancora nelle soglie di legge. La questione interessante, però, a nostro giudizio non è tanto il rispetto per pochi micron della legge ma la quantità di arsenico che sarebbe il caso di correggere con interventi in sorgente. Esattamente come sembra abbia fatto, per esempio, la Nepi che nel marzo 2004 appariva troppo ricca tanto di arsenico che di manganese e oggi, invece, risulta completamente “pulita”. Non sappiamo come questo sia avvenuto: la mancanza delle obbligatorie menzioni all’ozonizzazione sembra escludere queste tecniche, dunque dovrebbero essere stati adottati altri trattamenti. Molte, invece, le acque che seppure in piena legalità, consideriamo troppo vicine ai limiti. È il caso della Levissima con 0,0079 mg/l di arsenico (il tetto è 0,0100), della Ferrarelle (0,0077 mg/l) e, più distanti, anche della Sant’Anna (0,0054 mg/l) e della Vivia (0,0052 mg/l). Ma anche della Claudia per il manganese (0,369 mg/l contro 0,500 permessi) e per il piombo (0,006 mg/l contro 0,01) o della Cime bianche per il cadmio (0,002 mg/l contro 0,003 permessi). Situazioni che andrebbero controllate e che ci hanno spinto a segnalare i metalli nelle tabelle. [....] Le tabelle & tutto il resto nel numero del settimanale in edicola ----------------------- N.B. se volete essere cancellati da questa lista scrivete a altragricoltura at italytrading.com -- No virus found in this outgoing message. Checked by AVG Anti-Virus. Version: 7.0.323 / Virus Database: 267.6.4 - Release Date: 06/06/05
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