Oooops ! Chiedo venia, dato che la lettera di
risposta non era firmata non potevo saperlo !
Comunque restano valide le mie osservazioni
!
Giorgio
----- Original Message -----
Sent: Monday, March 07, 2005 5:55
PM
Subject: Re: L'insostenibile umiliazione
della precarietà
Non era una "mia risposta"...
Ho solo riportato un'articolo tratto dall'Unità
nel quale il prof. Luigi Cancrini risponde alla lettera di un
ragazzo...
Ne condivido toni e contenuti, ma, tengo a
precisare, al contempo, che non si tratta "della risposta di Gagliardi
Angelica" come il signor Giorgio ha scritto all'inizio della sua
mail.
Angelica
----- Original Message -----
Sent: Monday, March 07, 2005 5:11
PM
Subject: Re: L'insostenibile
umiliazione della precarietà
Premetto che sono di sinistra. Della risposta da parte di
Gagliardi Angelica non condivido i tomi accusatori a questo governo e alla
riforma del lavoro da questo governo attuato. Eppure ho in forte antipatia
questo governo, tanto che mi piacerebbe poter affermare che è in effetti
colpa di Berlusconi e della sua cricca ma......ma il precariato è stato
introdotto dal governo d'Alema. E' lui e chi ha votato con lui al parlamento
che ha avviato la spirale micidiale di un lavoro super-precario,
sotto-pagato, non assicurato contro malattie, senza tredicesime, ferie,
maternità. Il governo attuale, in mezzo alle innumerevoli boiate
compiute, ha semplicemente proseguito una scelta fatta anni fa e che non ha
trovato il contrasto della piazza. E non credo si possa tornare indietro con
l'abolizione di queste leggi, il precariato è ormai entrato nel midollo del
mondo del lavoro. Da una parte, se ben impugnato dal lavoratore, potrebbe
anche non essere così negativo: occorre rifiutare con forza lavori
sottopagati, occorre una riforma di questa legge che garantisca mutua, ferie
e maternità anche ai precari, occorre scegliere datori di lavoro seri e
lasciare senza manodopera gli aguzzini. Per fare questo occorrerebbe molta
più informazione, soprattutto occorrerebbe meno acqua alla gola dei tanti
precari che non sanno come arrivare a fine mese. Mala tempora
currunt...
Giorgio
Gagliardii Angelica wrote:
L'Unità
07 Marzo
2005
L’insostenibile umiliazione della
precarietà
LUIGI
CANCRINI
Caro
Professore, ho 26 anni e sono disoccupato. Da due mesi. O due anni.
Dipende dai punti di vista. Vorrei partire dall'inizio: dopo la maturità
scientifica ho preferito il lavoro all'università, per vari motivi
(economici e caratteriali innanzitutto). Premetto che la mia famiglia non
mi ha mai precluso l'opportunità di studiare, ma un po' la mia timidezza,
un po' una realtà economica che non potevo ignorare mi hanno concesso solo
una fugace apparizione (6 mesi) alla facoltà di Lettere di Cassino. Dal
Gennaio '99 sono entrato nel mondo del lavoro: fornaio, operatore
alimentare presso una cornetteria, nel 2001 operaio in fabbrica in
condizioni quasi disumane dove ho resistito fino al novembre 2002 (unico
periodo in cui ho ricevuto buste paga regolari), quando ho lavorato come
benzinaio per un anno esatto, per poi intraprendere la carriera di
imbianchino per un altro anno e poi trovare (finalmente!) un impiego
presso un negozio di mangimi (regolare!). Dopo aver tinteggiato,
spolverato e pulito tutto il negozio, nel giorno di Natale mi è stato
riferito che non ero adatto a quel tipo di lavoro e quindi il contratto di
15 (!!!!!!!!!) giorni non poteva essere rinnovato. Tutte le esperienze
elencate sono state estremamente sottopagate. Sì, sì, ho preso l'ECDL, il
PET, prenderò il FIRST CERTIFICATE, sto studiando per prendere attestati
per la lingua francese, ho fatto un corso di giornalismo e scrittura
narrativa, breve, ma molto interessante. Ho sempre messo in discussione la
mia coscienza e molte volte l' ho presa a schiaffi, ma ora mi sento
davvero umiliato. Fortunatamente ho sempre trovato nei libri, nella musica
e nella scrittura un focolare dove poter continuare a sognare, nonostante
tutte le delusioni prese (e, mi creda, sono tante) e i tentativi andati a
vuoto (tanti anche quelli). Ma perché le scrivo tutto questo?…Perché da un
po' di tempo mi risuona in mente un ritornello di una canzone di De Andrè:
Com'è che non riesci più a volare… com'è che non riesci più a
volare… …e questo mi preoccupa molto. Lei che ne pensa? Ho
tralasciato il fatto che abbiamo un mutuo da pagare, un solo stipendio, i
miei nonni con la minima in affitto, mia madre operata due volte, mio
padre anche; ho mille cose in testa (volontariato, sport, viaggi), ma
senza soldi vengo additato come un sognatore senza speranza di un futuro
credibile. Ma la vedo bene la linea che separa la realtà dai sogni: è
netta e ben marcata. Marco
La realtà che tu proponi con la tua
lettera, caro Marco, è una realtà insieme comune e incredibile.
Incredibile perché viviamo in una repubblica "fondata sul lavoro" e perché
credevamo tutti di aver costruito, dopo la caduta del fascismo, un sistema
sociale in cui l'asservimento, l'umiliazione e lo sfruttamento della
persona che lavora non erano più possibili. Comune perché la deriva
innescata dalla Casa delle Libertà con le sue leggi sul lavoro e con i
suoi discorsi sulla flessibilità sta travolgendo un numero sempre più
grande di persone giovani che vivono il dramma che stai vivendo tu. Nel
silenzio assordante dei giornali, delle televisioni e di troppa
politica. Ragioniamo un attimo insieme. Ho avuto modo di parlare, nel
giorno stesso in cui ricevevo questa tua lettera, con una giovane laureata
assunta per due volte con un contratto di sei mesi da una società che si
occupa di leasing e che aveva saputo, quella stessa mattina, che il suo
contratto non sarebbe stato rinnovato. Che il suo lavoro finiva lì, che
doveva prendere la sua roba e andarsene. Dei suoi colleghi, una metà,
avrebbe continuato a lavorare, l'altra metà no. Senza spiegazioni, perché
una comunicazione era stata data solo a quelli che restavano e perché il
responsabile, cercato per telefono, se l'era cavata dicendo che la
decisione era stata presa ai piani alti dell'azienda, che lui non ne
conosceva i motivi. Mentre avevo parlato il giorno prima con un'altra
laureata, assunta a progetto per 10 mesi, licenziata per due mesi d'estate
(le ferie non pagate) e riassunta, dopo molte incertezze, a ottobre con un
altro contratto a progetto. Di progetti che durano pochi giorni (come
quello fatto a te) era morto del resto, alcuni mesi fa, un giovane
immigrato regolare, avviato senza formazione di sorta, ad un lavoro
pericoloso. Senza che il sindacato o i giudici potessero far nulla perché
le leggi attuali (quelle cui vigliaccamente hanno dato il nome di Marco
Biagi) consentono anche questo tipo di sopruso. Maroni l'aveva detto,
viene da dire, e l'ha ottenuto. L'articolo 18, quello che chiedeva la
giusta causa per i licenziamenti, è stato aggirato, reso del tutto inutile
da una legge che permette all'imprenditore di non assumere nessun tipo di
impegno e di responsabilità nei confronti del lavoratore. Le lettere di
licenziamento non possono più essere impugnate di fronte ad un giudice,
infatti, nel momento in cui di tali lettere non c'è bisogno. Mentre quello
che si realizza anche nei confronti dei lavoratori italiani è il sogno già
realizzato dai leghisti e dai neofascisti con i lavoratori immigrati: un
sistema "usa e getta" in cui chi presta il suo lavoro alle dipendenze di
un terzo può essere licenziato appena non serve più e tenuto costantemente
sotto il ricatto, se serve ancora, del licenziamento di domani. È su
orrori di questo tipo oltre che sullo scoraggiamento dei lavoratori che
non credono più negli uffici di collocamento che Berlusconi costruisce le
sue statistiche sulla disoccupazione. Offrendole senza pudore al cinismo
dei Vespa e dei Pionati di turno. Vale la pena di riflettere sino in
fondo su una lettera come questa e sulla denuncia che essa propone
all'attenzione di tutti dall'interno di una città che ho visitato di
recente ed in cui non c'è un metro di muro che sia rimasto libero dalla
pubblicità elettorale di quelli che questa situazione hanno costruito:
arricchendo sé stessi, i loro amici e le loro famiglie; dando un colpo
mortale alla speranza di un'intera generazione di giovani. Vale la pena
forse di riflettere, in particolare, sul modo in cui esso può risultare
illuminante su punti chiave del dibattito economico e politico di questi
anni. In tema di prospettive, prima di tutto, perché la tua lettera è
estremamente chiara nel documentare il dramma di chi, pur avendo studiato
seriamente, pur dandosi seriamente da fare non vede nessuno sbocco davanti
a sé. Di chi non può contare su uno stipendio regolare e non può, per
questo motivo, chiedere un prestito in banca, immaginare la costruzione di
una famiglia, programmare una vita autonoma da quella dei suoi genitori.
Di chi, per tutti questi motivi, ha difficoltà, probabilmente, a
permettersi una storia d'amore e i sogni che alla storia d'amore
normalmente si collegano. Di chi, guardandosi allo specchio, non può dirsi
chi è e che cosa fa. Di chi, riflettendo sulla sua esperienza di vita e su
quello che l'aspetta prende, magari, delle decisioni sbagliate. In tema
di futuro lontano, in secondo luogo, perché quello che si verifica in
questo modo, in tanto parlare di problemi dell'INPS, è che sempre minori e
sempre più incerti sono, insieme agli stipendi, anche i contributi
previdenziali. Il che avrà una ricaduta pesante in termini di futuro
pensionistico di chi come te, corre con sempre meno fiducia da un lavoro
all'altro. Il che avrà una ricaduta pesante, tuttavia, anche sui bilanci
degli enti previdenziali. Dando un colpo mortale, negli anni a venire, a
quello che dovrebbe essere considerato uno dei pilastri di uno stato
sociale costruito, con la fatica e il sacrificio dei lavoratori, nella
repubblica fondata sul lavoro di cui dicevamo all'inizio. Stanno
distruggendo il nostro paese, questa è la verità. quello che io vorrei
dirti e farti arrivare, però, con tutto l'affetto e il rispetto che una
storia come la tua suscita in chi crede ancora nella forza della
democrazia è che siamo ancora in tempo per fermarli. Che le elezioni di
oggi per le regionali e quelle di domani per le politiche possono essere
un passaggio decisivo per ricostruire quello che ignoranza, corruzione e
malgoverno berlusconiano non possono togliere a nessuno di noi: la
speranza e la volontà di cambiare. Abolendo una legge sbagliata e
restituendo tutta la sua dignità di economista e di politico ad un uomo
come Marco Biagi. Affrontando sul serio i problemi di un paese che è
debole, oggi, soprattutto perché è governato male e che ha bisogno, per
volare di nuovo, della voglia di volare di tutti. Anche della
tua.
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