R: quali princìpi?



Ok ok non mi sono disiscritto e anzi, ringrazio chi, in privato mi ha
esortato a non farlo. 

Mettiamo un pochino di puntini sulle "i", senza entrare in disqusizioni
tecnico/scientifiche, c'e' sicuramente chi è più qualificato di noi a farlo.

Mi si dice che è più facile discutere con chi la pensa come noi piuttosto
che il contrario, nulla di più vero. 

Ed è proprio questa banale affermazione la cusa della mia amarezza, io qui
pensavo di trovare alleati, magari su posizioni differenti, ma non nemici!

Carne o non carne? 

Cominciamo a dare una definizione precisa a questa cosa: "la carne". 

"Una mucca o una pecora morte che giacciono in un pascolo sono considerate
carogne. La stessa carcassa, trattata e appesa a un chiodo in macelleria,
passa per cibo! - J.H. Kellogg"

Carne, insieme di elementi organici? 
Carne, contenitore di vita? 
Carne, corpo ospitante esseri più o meno senzienti? 

Se la carne è considerata al pari di una cosa, il senso relativo a
qualsivoglia discussione el il senso relativo a "quella cosa".

Se la stessa è considerato un "contenitore di vita, capace di sensazioni
emozioni, gioie e dolori" il senso relativo a qualsivoglia discussione
cambia.

Proviamo a considerare la carne secondo la prima ipotesi. 

Per l'uomo, quell'insieme di elementi organici diventa carne solo dopo
opportune manipolazioni atte a renderla commestibile e quindi digeribile:
dissanguamento e conseguente uccisione del legittimo proprietario (e non il
contrario),  frollatura, cottura.

Prima di queste operazioni non può essere considerata cibo. 

Diversamente per gli animali carnivori, e per questo predatori, l'animale
proprietario di carne è cibo così come si trova, il predatore carnivoro
comincia a mangiare le carni della propria preda a cuore pulsante, cioè
mentre la stessa è viva, o quantomeno non fa differenza che lo sia o meno.
Anche i mangiatori di carogne non hanno bisogno di frollare e cuocere la
carne, per loro è già cibo cosi' come si trova.

Al pari di una cosa quindi, la carne viene "prodotta (...), stoccata,
distribuita e commercializzata" creando un indotto notevole se consideriamo
anche tutti i sottoprodotti ed i derivati destinati all'industria (compresa
quella farmaceutica).

Il costo in termini di "impatto sull'ambiente" di questo tipo di attività
produttiva è tra i più alti, l'industria della carne "pesa sul pianeta" più
dell'industria del petrolio e della siderurgia messe assieme, tanto da
essere la prima causa di effetto serra. Il costo sociale delle malattide
"della civilizzazione" e della malnutrizione sono tra i più alti che tutte
le società debbono affrontare. 

(Non cito fonti o dati, l'ho gia fatto e comunque ci sono e sono disponibili
per tutti). 

E solo considerando questi aspetti nella sua globalità, il consumatore
critico (e responsabile) dovrebbe soffermarsi a ragionare su quanto sia il
caso di rivedere i suoi consumi in termini di prodotti di derivazione
animale.

( In termini prettamente animalisti, su 10 persone, far ridurre il consumo
di carne a 5 di queste salva più animali di quanti se ne salvino facendo
diventare uno di loro vegetariano/vegano ). 

Ma proviamo per un'attimo a considerare la carne secondo la seconda ipotesi.


Con quale diritto, sapendo che abbiamo altre possibilità, che possiamo non
farlo, ci arroghiamo la decisione di decidere della vita o della morte di
altri esseri senzienti?

La vita che il "contenitore carneo" contiene non può essere considerata al
pari di "una cosa", non può essere considerata un prodotto fabbricabile,
vendibile e commercializzabile. 

Gli allevamenti, grandi o piccoli, producono esseri senzienti, non producono
solo ammassi di elementi organici, producono "vite", milioni di vite,
miliardi di vite che vengono utilizzate, sfruttate e poi uccise da una
specie che si arroga il diritto di poterlo fare. 

Nulla a che vedere con gli Inuit, o con i nativi americani o con altre
popolazioni, che non si arrogano affatto questo diritto.

Per queste popolazioni il gioco della vita e della morte è ad armi pari,
prede e cacciatori, per la sopravvivenza, come da sempre succede in natura.

Il fatto che alcuni uomini vivano "imitando" la natura non può mai essere
citato a giustificazione di quanto sta succedendo nei lager degli
allevamenti di tutto il resto dell'umanità.

In situazioni limite l'uomo si nutre "anche di carne", ed è ben diverso dal
sostenere che l'uomo sia carnivoro, (non è nemmeno onnivoro ma bensi
frugivoro proprio come i bonobo di qualche post fa). 

Come ad esempio succede(va) nel tibet: il popolo tibetano non è vegetariano,
data la breve durata della stagione calda e quindi il raccolto minore, ma si
cibano(bavano) di animali grossi, come gli yak, piuttosto che di polli,
questo per ridurre il numero di animali uccisi e quindi di "vite" spezzate.

Poi sono arrivati i cinesi... 

Anche i nativi americani avevano un grande rispetto per i bisonti, e non
erano gli stessi la fonte principale di proteine, poi sono arrivati i
bianchi, che fregandosene altamente "dello spirito del bisonte" li hanno
semplicemente portati all'estinzione, cosa che i pellerossa non avevano
fatto nel corso di tutta la loro storia...

Noi non siamo né tibetani né pellerossa né tantomeno inuit, noi siamo i
popoli dello spreco e del consumismo sfrenato, pensiamoci su.

Noi possiamo decidere se "utilizzare o meno altre vite, altri esseri
senzienti", noi possiamo guardarli negli occhi e, proprio in virtù della
nostra superiorità, della nostra cultura di umani del XXI secolo decidere se
interrompere o meno quella vita.

Non ci serve per sopravvivere, possiamo farne a meno, se guardando negli
occhi quella vita la uccidiamo lo facciamo per soddisfare il nostro palato,
il nostro gusto, le nostre abitudini, il nostro vizio.

Violentare una donna che non ci sta (come faceva notare Antonella, frase su
cui avete tutti glissato) non lo si fa per spirito della conservazione della
specie ma per soddisfare una voglia, un vizio, per dar ragione a quel pezzo
di carne che ci si ingrossa tra le gambe. Personalmente io guardo negli
occhi la donna che sto amando, come guardo negli occhi, con altrettanto
amore una mucca o un coniglio, e guardandoli negli occhi ne amo la vita che
c'e' in loro.

Uno stupratore non so se guardi negli occhi la propria vittima, cosi' come
tutti noi (voi) non andate al macello a scegliere l'animale di cui nutrirvi,
ma lo comperate gia fatto a pezzi e confezionato in un supermercato.

Una donna che subisce violenza grida, un animale al macello anche, ed
entrambe le cose avvengono di nascosto, lontano da occhi indiscreti, un
caso?

Concludo rispondendo a questa affermazione: 

> E' il solito concetto delle volpi e delle lepri: 
> 
> - le lepri aumentano perchè la stagione è favorevole. 
> - le volpi mangiano le lepri, e aumentano a loro volta di numero. 
> - cominciano a diminuire le lepri a causa delle volpi troppo numerose. 
> - le volpi diminuiscono per mancanza di cibo...... 
> 
> e così via. 

Questo si chiama equilibrio, l'ecosistema è un insieme di equlibri, di
armonie. 

Cosa ci trovi di equilibrato nello sfacelo che atiamo producendo sul
pianeta? Cosa ci trovi di equlibrato negli allevamenti intensivi?

Noi alleviamo specie animali che in natura non sarebbero mai esistite se non
le avessimo selezionate noi: pecore mucche maiali polli, tutti "prodotti
umani", cosa ci trovi di equlibrato?

Seguendo lo stesso concetto di lepre/volpe: Quando riuscirai a prendere una
lepre cosi come fa una volpe, la azzannerai ancora viva ed a cuore ancora
pulsante comincerai a mangiarla, allora ti potrò considerare al pari di un
carnivoro predatore, non prima.


Saluti 


Gianluca 

  
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