LETTERA RICEVUTA: Una delle questioni dalle
quali dipende la stabilità internazionale è senza dubbio quella dei
rapporti politici tra Islam e Occidente. Ben venga dunque l’intervento «Se
i musulmani democratici sono estremisti » di Magdi Allam (Corriere del 20
gennaio). Criticando il nostro workshop «Dare voce all’Islam democratico»,
che avrà luogo il 23 febbraio a Napoli (www.meiad.org), Allam riprende gli
argomenti di una certa corrente, i cui maîtres à pensée sono neo-con come
Daniel Pipes e Bernard Lewis, che vede nel tentativo di dialogare con
l’Islam politico un pericoloso cedimento dell’Occidente o, peggio,
un’iniziativa che legittimerebbe gli islamofascisti. Sfortunatamente le
tesi dell’articolo di Allam sono indebolite da una serie di inesattezze
fattuali, rispetto alle quali rimandiamo alle repliche pubblicate sul
Corriere del Mezzogiorno. Qui basti precisare che le affermazioni di Allam
secondo cui Tariq Ramadan nega «il diritto di Israele all’esistenza», ha
fatto «l’apologia del terrorismo suicida», e «predicato il Califfato
Islamico» semplicemente non corrispondono al vero (cf. interviste di
Ramadan a Foreign Policy, nov/04 e a Repubblica , 28/9/04). Anzi in un
recente appello, Ramadan si rivolge ai musulmani europei invitandoli «a
prendere posizione contro l’abuso della loro religione per giustificare il
terrorismo, la violenza domestica e i matrimoni forzati» (Manifesto for a
new «WE»). Al di là delle inesattezze, la tesi di Allam necessita una
risposta nel merito. Il nostro punto di partenza è che esiste in Europa un
deficit di conoscenza sempre più pericoloso delle correnti politiche
islamiche a vocazione democratica in un momento in cui tali forze
guadagnano influenza in Turchia, Libano, Palestina, Egitto eMarocco,
partecipando alla vita politica da posizioni istituzionali. Da qui
l’urgenza di comprendere le posizioni di intellettuali come Ahmet
Davetoglu, Nadia Yassine e Heba Ezzat (si noti due sono donne) impegnati
nel ridefinire un impegno politico dall’interno della tradizione islamica,
partendo dal bisogno di democrazia, giustizia e rispetto dei diritti che
chiedono i loro concittadini. Parlare di tutto ciò avanzando lo spettro
della rete dei Fratelli Musulmani è politicamente infruttuoso e occulta il
fatto che è proprio l’autoritarismo dei regimi arabi laici la fonte prima
di instabilità politica nel Mediterraneo. Certo, sono possibili
atteggiamenti più omeno simpatetici e ottimistici verso questo travaglio
politico all’interno del mondo islamico. Ma ciò che si dovrebbe evitare è
dis-informazione e islamofobia che alimentano un possibile «scontro delle
civiltà». Forse l’Italia, un Paese dove la via della democrazia è stata
frutto di un lungo travaglio e di una sintesi originale (ma non immediata
e senza problemi!) tra religione emodernità, cattolicesimo e democrazia,
può essere il luogo dove queste nuove tendenze islamodemocratiche possono
trovare ascolto. Ne vale del futuro della convivenza pacifica nel
Mediterraneo e in Europa.
John L. Esposito
direttore del Acmcu,
Georgetown University
Fabio Petito
docente alla Soas di Londra e
«L’Orientale» di Napoli
RISPOSTA
DI MAGDI ALLAM:
Illustri professori Esposito e Petito, mi si accappona
la pelle leggendo che per voi i Fratelli Musulmani, Hamas, Hezbollah e
«Giustizia e Carità», apparterrebbero alle «correnti politiche islamiche a
vocazione democratica», quando è noto che predicano e all’occorrenza
praticano il terrorismo con l’obiettivo di distruggere Israele e imporre
la dittatura dello Stato islamico. Personalmente sono vittima delle
minacce e delle aggressioni verbali di questi fascisti islamici attivi in
Italia e all’estero, al pari di milioni di musulmani nei Paesi dove sono
riusciti a conquistare del potere. Spianando la strada al terrorismo
islamico, così come è avvenuto in Egitto negli anni ’70, in Iran e Libano
negli anni ’80, in Algeria e nei territori palestinesi negli anni ’90. Per
quanto concerne Tariq Ramadan, vi pregherei di indicarmi una sola
dichiarazione in cui lui affermi «io riconosco il diritto all’esistenza di
Israele» e «io condanno i terroristi suicidi palestinesi che massacrano
gli israeliani». E guarda caso proprio voi riproponete la tesi di Ramadan
secondo cui io non farei altro che ripetere le tesi di Pipes e Lewis.
Immagino che voi, illustri professori, conosciate il pensiero di Mona
Abousenna, Saad Eddine Ibrahim, Sayyid al-Qimni, Adel Guindy, Abdelnour
Bidar, Elham Manea, Raja Benslama, Lafif Lakhdar, Shaker Al-Nabulsi,
Irshad Manji, Monjiya Saouihi, Omran Salman, Mohamed Charfi, Abou Khawla,
Mohammad Said Eshmawi, Iqbal al-Gharbi, Mona el Tahawy. Sono solo alcuni
tra gli intellettuali musulmani liberali e democratici. Forse che anche
loro sono dei pappagalli dei neo-con visto che condividono il mio pensiero
sui Fratelli Musulmani? Se veramente siete interessati a scongiurare lo
«scontro di civiltà», individuate degli interlocutori musulmani che
rispettino il valore fondamentale della sacralità della vita di tutti, a
cominciare da quello di Israele, che condannino senza se e senza ma il
terrorismo e che mirino non a imporre la sharia bensì a condividere una
comune civiltà dell’uomo.