A coloro che immaginano che il velo islamico sia una libera
scelta della donna o addirittura il suggello di una società multiculturale
dove saremmo tutti felicemente realizzati, consiglio di seguire questa
sera alle 22,35 la puntata dal titolo «Un velo fra noi», della
trasmissione Controcorrente condotta da Corrado Formigli su SkyTg24.
Scopriremo che nelle nostre moschee il niqab, il velo integrale, viene
imposto come un precetto divino e che simboleggia la penetrazione della
sharia, la legge coranica, in vista dell’islamizzazione dell’Italia. Due
coraggiosi giornalisti, una somala e un iracheno, camuffati da coppia
«islamicamente corretta» (lei con il niqab, lui con la barba incolta), si
sono avventurati in seno alle «moschee calde» di Centocelle a Roma, di
Varese e di viale Jenner a Milano, muniti di una telecamera nascosta. Ed è
proprio l’imam di quest’ultima moschea, Abu Imad, a rivelare con maggiore
franchezza la strategia di conquista islamica del nostro Paese: «A noi la
loro democrazia fa comodo, ci è utile come comunità e come individui. In
verità, nella terra dei musulmani, se siamo musulmani, dobbiamofarci
governare dalla sharia. Mettiamo che il mezzo per raggiungere la sharia di
Allah siano elezioni libere o l’esercizio del potere. Mettiamo che i
musulmani in Italia siano d’accordo ad istituire la sharia di Allah. E
allora...».
Abu Imad si ferma un attimo prima di concludere: «E allora
l’Italia diventerà uno Stato islamico». Ma il senso è chiaro. L’imam della
moschea più inquisita per i suoi legami con il terrorismo islamico
internazionale, svela una decisa preferenza politica per la sinistra:
«Vedi dove la sinistra è forte, come in Liguria e in Emilia, noi stiamo
meglio. Ma purtroppo la sinistra in Lombardia è meno forte». Potrà
sorprendere ma per Abu Imad l’arma vincente degli estremisti islamici è la
Costituzione italiana: «Il compromesso tra le nostre convinzioni religiose
e la democrazia è possibile. La Costituzione è al di sopra di qualunque
legge e la Costituzione di questo Paese garantisce la libertà di culto.
Perciò una legge che impedisce a una donna musulmana di portare il niqab,
il velo integrale, è una legge anticostituzionale. Non venga qualcuno nel
nome della libertà a togliermi la mia libertà. Sarebbe contro la
Costituzione e i diritti dell’uomo. La poligamia poi, vedi, è un problema
risolvibile. Intanto i poligami sono pochi e se qualcuno vuole avere due
mogli si può trovare la scappatoia. Per esempio ne sposi una ufficialmente
in Comune e l’altra la sposi solo secondo la sharia. Non è un problema ».
Anche Haji Ibrahim, imam della moschea di Varese, indossa come Abu Imad la
divisa dei radicali salafiti, la jellaba, una tunica bianca, barba incolta
e sulla testa la taqiya, uno zucchetto bianco. «Il vero responsabile è in
carcere.
La moschea qui non è estremista, abbiamo questa fama perché
hanno arrestato alcuni fratelli», premette l’imam, «il niqab è un volere
di Allah e basta. Il profeta durante la sua vita l’ha fatto mettere alle
sue mogli e alle sue figlie. Alcuni ulema dicono che la donna può lasciare
scoperto l’ovale del volto e le mani,ma ci sono altri ulema che sostengono
che la donna è tutta una awra, una vergogna, da coprire. Io sono convinto
che una donna deve portare il niqab in questa società immorale». Il
rapporto conflittuale con il nostro stato di diritto è così delineato da
Haji Ibrahim: «La sharia deve essere applicata nei nostri paesi di
origine. Noi qui siamo ospiti e rispettiamo le loro leggi, ma vogliamo
applicare i nostri principi di fede. Con il nostro lavoro contribuiamo al
progresso del Paese, però non abbiamo avuto niente in cambio. Gli italiani
sono gente pacifica e noi gli vogliamo bene. Soprattutto con questo
governo che è meglio di quell’altro di destra». Ma congedando il
giornalista precisa: «Stiamo combattendo una guerra, qui siamo in
trincea». Lo stesso concetto viene riformulato dall’imam della moschea di
Centocelle a Roma: «Noi caro fratello non siamo nella terra dell’islam.
Proprio per questo dobbiamo mostrare un volto adeguato dell’islam, specie
ora che sul velo c’è grande polemica. La gente qui non è abituata al
hijab, figuriamoci al niqab. Noi dobbiamo rispettare le regole
dell’islammaanche fare proselitismo, dobbiamo attrarre la gente verso la
nostra fede e il niqab è controproducente». L’inchiesta di Controcorrente
evidenzia il disagio degli italiani: «Siamo in Italia e io adesso non vedo
più l’Italia», sentenzia amareggiata un’anziana milanese, «mi sembra di
essere all’estero. Secondo me loro dovrebbero prendere le nostre usanze,
se no tra un po’ saremo noi a prendere le loro. E non va bene!».
Magdi Allam