Berlino. Dice alle musulmane di togliersi il velo e si ritrova sotto scorta



Berlino. Dice alle musulmane di togliersi il velo e si ritrova sotto scorta
EKIN DELIGOZ, DEPUTATA VERDE D’ORIGINE TURCA

Il dibattito sull’obbligo del velo è un dilemma
anche per i rappresentanti dei
musulmani tedeschi, soprattutto se finisce
per scontrarsi con la libertà d’opinione. Almeno
questo è quanto si evince dal vertice
organizzato due giorni fa dai Verdi a Berlino
con le cinque comunità islamiche più
importanti del paese. L’incontro era stato
indetto a seguito dei violenti attacchi nei
confronti della deputata verde di origine
turca Ekin Deligöz. La stessa in un’intervista
di una decina di giorni fa alla Bild Zeitung
aveva definito il velo “una forma di discriminazione
dei sessi e di patriarcato”
sollecitando poi le donne musulmane “a
prendere atto che siamo nel XXI secolo e a
togliersi il velo”.
Se l’equiparazione tra il velo e la stella
gialla imposta dai nazisti agli ebrei fatta
quest’estate dalla femminista Alice Schwarzer
è passata in sordina, Deligöz è stata sommersa
da insulti e minacce di morte, tanto
da spingere le forze dell’ordine ad assegnarle
una scorta. Già durante l’incontro
sull’islam, organizzato all’inizio di settembre
dal ministro dell’Interno Wolfgang
Schäuble, il velo aveva rappresentato un tema
scottante, e così è stato martedì. I cinque
rappresentanti hanno sì espresso la loro solidarietà
alla deputata, difendendo il suo diritto,
e in generale il diritto di tutti, a esprimere
liberamente la propria opinione, ma
soltanto il segretario generale degli aleviti
(una corrente turca degli sciiti), Ali Toprak,
ha precisato che “anche tra i musulmani la
questione dell’obbligo del velo è dibattuta”.
Kenan Kolat, dell’Associazione turca di
Berlino, ha invece ribadito allo Spiegel online:
“Senz’ombra di dubbio Ekin Deligöz
deve poter parlare liberamente e le minacce
di morte che ha ricevuto sono da condannare
duramente. Deve però stare attenta
a quello che dice”. Secondo Kolat, infatti,
l’opinione pubblica non è in grado di distinguere
tra fondamentalismo e velo islamico:
“Con le sue dichiarazioni Deligöz mette
dunque a repentaglio la pace sociale”.
Per questo l’invito della deputata alle donne
musulmane è a suo avviso “populista e
insensato”. Sulla stessa lunghezza d’onda è
Ali Kizilkaya del Consiglio centrale islamico:
per lui portare il velo è un precetto del
Corano e “integrazione non può voler dire
andare contro questo comandamento”. Poi
però aggiunge: “Libertà di opinione vuole
anche dire poter criticare i musulmani”.
Deligöz ha respinto le accuse di populismo
sottolineando che proprio “le violenti
reazioni alle mie parole mostrano che c’è
un urgente bisogno di confronto”, di un dibattito
da condurre però su un piano “prettamente
oggettivo”. Sbagliato sarebbe, a suo
avviso, contrapporre libertà d’opinione a libertà
religiosa. Se il dibattito sul velo in
Germania è stato riacceso dalle recenti dichiarazioni
del premier britannico Tony
Blair, nei fatti è un argomento che torna a
occupare ciclicamente il dibattito pubblico.
Nel 1998 un’insegnante di origine afghana si
era rifiutata di togliere il velo in classe e il
provveditorato agli studi di Stoccarda non
l’assunse. La Corte costituzionale diede allora
ragione all’insegnante, non essendovi
disposizioni giuridiche in merito. Nel frattempo
diversi Länder hanno varato norme
che vietano agli insegnanti di portare il copricapo
in classe, ma proprio il Baden-
Württemberg che per primo, nel 2004, ha introdotto
questo divieto si trova ora coinvolto
in una nuova querelle sul velo. Una sua
insegnante musulmana si è, infatti, rivolta
al Tar denunciando la discriminazione tra
lei e le insegnanti-suore di una scuola religiosa,
le quali possono insegnare indossando
la tonaca.
Andrea Affaticati