Troppe armi (non solo siriane) stanno dirigendosi verso il Libano



COSI' DAMASCO STA PREPARANDO UNA NUOVA GUERRA CIVILE
Troppe armi (non solo siriane) stanno dirigendosi verso il Libano
dal FOGLIO

E'per ora caduta nel vuoto mediatico, anche
se sul caso sono pronte interrogazioni
parlamentari, l'indiscrezione
lanciata dal sito israeliano Debka e ripresa
ieri da Libero, secondo
la quale dall'Italia viaggerebbero armi
verso il Libano, e non destinate al nostro
contingente. Si tratta di missili: gli Aster
15, che montano una testata di 3,2 chilogrammi
di esplosivo, possono essere lanciati
da piattaforme marittime o terrestri,
hanno un raggio d'azione di 30 chilometri
e la possibilità, unica, di correzioni nella
rotta anche all'ultimo momento, in volo. A
produrli, un consorzio ragnatela, dove sono
presenti la francese Aerospaziale, la
britannica Thompson e la Alenia Finmeccanica.
Secondo il sito israeliano sarebbe
stato lo stesso ministro della Difesa Parisi
a negoziare l'affare con Fouad Siniora, ma
un portavoce del governo italiano ha debolmente
smentito. Da un certo punto di
vista non ci sarebbe di che scandalizzarsi:
è un buon affare per l'industria italiana ed
europea, e non è un male che l'esercito libanese
conti su un armamento serio. Il fatto
è che gli israeliani temono che i missili
finiscano in mano ad Hezbollah, e siano
usati contro Israele. E dunque la vera domanda
è: che stabilità ha l'esercito libanese,
e dunque il governo di Fouad Siniora?
Il traffico di armi destinato a rimpinguare
gli arsenali di Hezbollah, rischieratasi
al confine con Israele, esattamente
nelle stesse posizioni da cui era stata sloggiata
fino al cessate il fuoco del 14 agosto,
non è l'unico traffico in corso. I siriani
stanno armando anche altre sei fazioni minori,
tutte prosiriane, in vista di una possibile
resa dei conti a Beirut, nel caso
Fouad Siniora si dimostrasse recalcitrante
ed eccessivamente autonomo, o che la
presa di controllo politico sul potere centrale
di Hezbollah non si rivelasse sufficiente.
La più forte delle fazioni è quella,
clandestina, del SSNP, il partito siriano socialnazionale
composto in gran parte da
cristiani greco-ortodossi, da sempre longa
manus dei servizi di intelligence siriani.
Altri destinatari del flusso di armi sono le
milizie sunnite e cristiane dell'area di Tripoli,
i drusi di Majid Arslan, rivale di Jumblatt,
e i cristiani maroniti di Michael
Aoun, il generale che ritornò dalla Francia
come candidato ideale di Parigi e Washington
alla presidenza e che, lasciato cadere,
è diventato il principale alleato di
Hezbollah e di Damasco. E ancora: a ricevere
armi sono gli sciiti di Amal, che controbilanciano
lo strapotere di Hezbollah,
e clan sunniti e cristiani di Sidone.
In una parola: armi a tutto il composito
fronte che si oppone al governo filoccidentale
di Fouad Siniora, e una sorta di censimento
degli atteggiamenti e delle munizioni,
destinato, più di ogni sondaggio, a
orientare le mosse forzate di Siniora, e la
marcia di Nasrallah e Aoun verso il controllo
totale del governo centrale, verso
una resa dei conti con la parentesi libera,
e antisiriana, di Hariri prima e di Siniora
dopo. Ovvio che armare l'esercito libanese,
e istruire, come dovrebbero fare i militari
italiani, all'uso delle armi acquistate è un
azzardo, una scommessa confidente e arrischiata.
Lo scorso 13 ottobre il generale libanese
Michel Suleiman ha autorizzato le
truppe regolari stazionate nella fascia di
confine a operare congiuntamente, nel caso
di scontri alla frontiera. Evidente il tentativo
di ingraziarsi Hezbollah, o, nella più
modesta delle letture, di non cercare rogne.
Ed è a questo esercito che i Caschi blu
dovrebbero fare capo per aiutarlo non diciamo
nel disarmo, ma almeno nel controllo
di Hezbollah, e nel trasferimento dell'autorità
e magari anche degli arsenali
nelle mani dell'esercito regolare.
In Afghanistan le cose non vanno bene,
e in Iraq la manifestazione pubblica dei
jihadisti a Ramadi, per celebrare il califfato
unico e totale, mica tre Iraq regionali,
testimonia lo stato delle cose. Ma la nuova
frontiera libanese, stretta tra il conflitto
con Israele preparato a puntino e una
guerra civile sempre sullo sfondo, non è
consolante. Le alternative sembrano l'impotenza
spettatrice o il ritiro frettoloso. Gli
auguri alla Pozzuolo del Friuli, che questo
pomeriggio saluta Gorizia e si prepara a
partire, sono tutt'altro che rituali.
Toni Capuozzo Chiacchiera con i tuoi amici in tempo reale! http://it.yahoo.com/mail_it/foot/*http://it.messenger.yahoo.com