Si costruiscono campi di concentramento in USA



Giovedì 9 marzo 2006

«Ultime notizie: il dipartimento Sicurezza del Patrio Suolo ha dato ordine di allestire campi di lavoro per civili e campi di concentramento sotto controllo dell'Armata. Ciò in caso di emergenza nazionale, che renda necessario internare i traditori che simpatizzano col nemico».
No, non è l'esordio di un romanzo fantapolitico orwelliano.

È la realtà in corso in USA.

Il dipartimento è quello della Homeland Security.
Che a gennaio ha affidato la costruzione di un numero imprecisato di campi d'internamento, con un contratto da 385 milioni di dollari, alla Kellogg Brown & Root (KBR), la sussidiaria della Halliburton che specificamente si occupa della sicurezza e arruola mercenari (1).
I campi devono essere pronti per affrontare - secondo un laconico comunicato della ditta appaltatrice - «l'emergenza di un'ondata di immigrati in USA o come ausilio all'applicazione rapida di nuovi programmi» del governo.
Nuovi programmi?
Qualche giorno dopo, il 6 febbraio, il capo del dipartimento di Sicurezza della Patria (Homeland Security), l'israeliano-americano Michael Chertoff, ha stanziato sul bilancio statale del 2007 altri 400 milioni di dollari alla costruzione di «ulteriori 6.700 posti letto in detenzione».
Lo stanziamento è il quadruplo di quello dell'anno precedente.
Esso serve a dare attuazione a un piano chiamato «Endgame» e autorizzato nel 2003.
«Endgame», si legge in un rapporto di 49 pagine del dipartimento, non è che l'espansione delle «leggi sugli stranieri e la sedizione» (Alien and Sedition Acts) risalenti al 1798: interpretazione estensiva di tali leggi che consentono di concentrare «tutti gli elementi alieni da rimuovere», fra cui «immigranti economici clandestini, elementi alieni che hanno commesso atti criminali, richiedenti asilo di cui la legge esige la detenzione, o potenziali terroristi».
Tali campi cominceranno a funzionare in casi d'emergenza nazionale come «disastri naturali» e dopo il prossimo «grave» attentato terroristico in USA (2).
Nella pratica, si tratta di luoghi dove la democrazia americana si prepara a chiudere in massa detenuti contro cui non è stata elevata accusa formale; cittadini americani di origine musulmana (dopo l'auspicato «grave attentato») ed altri «sovversivi interni».
Che tra costoro siano compresi cittadini americani di pelle bianca, ma oppositori delle politiche del governo, lo ha detto esplicitamente il parlamentare Lindsey Graham: «l'amministrazione non ha solo il diritto, ma il dovere di perseguire quinte colonne; e non ha bisogno di un mandato per farlo».
Quinte colonne sono chiamati i gruppi sovversivi che, clandestinamente, affiancano il nemico all'interno del Paese.
Daniel Ellsberg, già assistente speciale alla Difesa, ha detto che si tratta dei «preparativi per una retata da condurre, dopo il nuovo 11 settembre, contro mediorientali, musulmani, e probabilmente dissidenti politici».
È qualcosa che l'amministrazione USA sta già facendo su piccola scala: i maschi islamici che immigrano sono soggetti ad una «registrazione speciale» che contempla un periodo di detenzione.
Per applicare su vasta scala le metodiche extralegali già applicate a Guantanamo e a Abu Ghraib, manca solo un particolare: la dichiarazione di legge marziale.
Essa verrà dichiarata dopo l'immancabile «nuovo 11 settembre», grazie a cui l'Amministrazione assumerà i pieni poteri in nome dell'emergenza nazionale.
Tra l'altro, quel giorno andrà in vigore il «Pentagon's civilian Inmate Labor Program»: un vecchio programma oggi rinfrescato e revisionato per servire «da modello ad accordi tra l'esercito e gli apparati correzionali per l'uso del lavoro dei prigionieri civili nelle installazioni militari»: insomma il lavoro forzato sotto il controllo delle forze armate.
Le quali gestiranno di fatto i lager.
Infatti, sono già approntati gli strumenti legali che annullano i principi di diritto americani (i cosiddetti Posse Comitatus Acts) i quali vietano l'uso dell'esercito all'interno del Paese, contro i cittadini.
Così, i modi d'azione dell'Amministrazione dopo e a causa dell'11 settembre si configurano per quello che sono: un colpo di Stato, completo di legge marziale e lager.
Sono presenti tutti i caratteri di un potere criminale che la «più grande democrazia dell'Occidente» ha condannato nel Terzo Reich: il potere dell'esecutivo senza controllo in nome della difesa del Suolo Patrio («Homeland» corrisponde precisamente al tedesco Heimat), i campi d'internamento per nemici interni a lavoro forzato, l'uso ammesso della tortura, il controllo della popolazione attraverso la propaganda e il terrore (dei «terroristi islamici») e l'aggressiva pulsione unilaterale all'espansione militare. E inoltre lo sfondo razzista: chi ha la faccia da arabo è soggetto ad autorizzazioni speciali che non distano molto dalla nota stella gialla obbligatoria, e passibile di detenzione senza capo d'accusa.
Con qualche cosa di peggiore: che questo stato sinistro in via di perfezionamento viene applaudito non solo dagli americani, ma anche da cattolici italiani come necessaria difesa contro l'aggressione islamica.
Tanti lettori cattolici continuano a rimproverarmi di condonare le uccisioni di «cristiani» nei Paesi islamici.
Un giorno spero di avere il tempo per riferire delle persecuzioni anti-cristiane in corso nella «mistica» India indù e nei paesi buddhisti: per ora, faccio notare che su questi fatti non c'è allarme, perché non ci sono notizie ingigantite a scopi di propaganda.
Nel napoletano, la camorra e la microcriminalità ammazzano annualmente molti più italiani di quanti ne abbiano mai ucciso i terroristi islamici: ma l'allarme manca su questa emergenza nazionale vergognosa, mentre è acutissimo per un'emergenza in qualche modo immaginaria.
Vorrei che questi lettori esaminassero in sé il cambiamento avvenuto, nelle loro coscienze.
Solo cinque anni fa, ogni obiezione contro l'immigrazione clandestina mussulmana veniva bollata, negli ambienti cattolici, come «egoismo» e «mancanza di solidarietà».
Oggi, nei cuori spaventati delle buone pecorelle, l'immigrazione islamica già si fonde nel vago e indefinito pericolo del «terrorismo islamico».
L'immigrazione è un problema reale (un problema di integrazione difficile); il terrorismo è tutt'altro problema: sarebbe necessario tenerli distinti, con mente lucida: invece, si fondono nelle coscienze allarmate.
Cinque anni fa era vietato deridere le minoranze etniche e insultare la loro fede: ora è permesso e molti, finalmente, obbediscono all'impulso di odiare i diversi; molti cattolici plaudono alla Fallaci, che dà voce al loro odio, che non si può chiamare se non in un modo: razziale.
Giorno dopo giorno, si accetta la sospensione di garanzie che sono i principii della nostra civiltà, si dubita che gli USA torturino e mantengano carceri segrete (o segretamente li si approva). Credete sia un fenomeno nuovo?
E'precisamente ciò che giorno dopo giorno accettarono i civilissimi cittadini tedeschi, perché la patria era messa in pericolo da nemici interni ed esterni.
Anche Hitler era impegnato in uno scontro di civiltà.
Ora, tutto ciò ritorna.
La stessa complicità delle coscienze col male; anzi peggiore, perché chi si lascia sedurre una seconda volta non ha scuse.
Propaganda e allarme diffuso preparano tutto di nuovo.
Fino a quando?
Lancio un'ipotesi: i campi di concentramento americani cominceranno ad essere riempiti in seguito a un evento spettacolare e traumatico, il cui scopo sarà di prorogare il mandato presidenziale di Bush: non più elezioni, perché la patria è sotto attacco e il Comandante in Capo non si cambia. Allora si comincerà a capire?
Qualcuno forse, troppo tardi.

I più applaudiranno ancora di più.
 
Maurizio Blondet