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Africanews dicembre 2000 - Kenya: Una piccola rete benefica



AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.32  - DICEMBRE  2000

Kenya

Una piccola rete benefica
Di Thomas Japanni

Mentre l'epidemia di Aids continua ad imperversare nella societa', le
piccole comunita' cristiane si adoperano efficacemente per contrastare
gli effetti devastanti del morbo. Molti musulmani fra i loro
assistiti.


L'associazione cattolica Wahuduma wa Afya  (Volontari della Salute)
accoglie gente di ogni tipo e la sua peculiarita' sta nel fatto che
opera a livello comunitario ed i suoi servizi sono gratuiti .I suoi
membri provengono dal gruppo dalle Piccole Comunita' Cristiane
(S.C.C.). Al momento  piu' di cento suoi membri visitano i malati, a
coppie, in tre parrocchie suburbane di Mombasa West. Il direttore del
programma e' Fratel John Mullen, un missionario di Mary Knoll,
assistito da diverse suore di San Giuseppe e da Elizabeth Mugo,
pionere dell'associazione , assistente sociale da anni, che si occupa
della formazione dei nuovi volontari.

La Wahuduma visita i malati a casa loro, offrendo medicine, assistenza
e ricovero nei casi piu' gravi. La consulenza e' parte integrante del
programma, mentre il cibo viene distribuito nei casi di maggiore
indigenza. Non vengono offerte cure mediche, bensi' assistenza ai
malati sul piano materiale e spirituale. Il programma e' andato molto
bene in tutte le parrocchie dove e' stato introdotto, fin dal suo
avvio nel 1996. Dopo essersi avviato inizialmente con 25 volontari che
si prendevano cura di altrettanti pazienti, il programma e' cresciuto
ora fino a comprendere cinque infermiere professionali, due assistenti
sociali e piu' di 100 volontari che hanno ricevuto formazione in
sanita' pubblica di base e  assistentato sociale. Questi volontari
visitano circa un migliaio di malati in vari stadi dell'AIDS o affetti
da altre malattie.

Quest'anno la Wahuduma ha organizzato un seminario di un giorno per
tutti i suoi membri al Residence Star of the Sea di Mombasa.
L'argomento all'ordine del giorno e' stato l'AIDS: come gli operatori
sanitari possono contrastarne la diffusione e il miglior tipo di
assistenza da offrire ai malati. Le animatrici erano tre suore di San
Giuseppe, mentre Rose Mwakio, madre di tre bambini, ha letteralmente
catturato l'attenzione dei partecipanti con il suo commovente racconto
di quando e' stata diagnosticata sieropositiva. Raccontando di come
rifiutava la realta' e delle  volte in cui si e' vista la morte in
faccia, ha sollecitato i partecipanti e la societa' in generale ad
essere piu' attenta e sensibile  nei confronti di coloro che soffrono.

L'Arcivescovo John Njenga, chiudendo il seminario, ha sottolineato
l'importanza del progetto, definendolo "un lavoro per amore",
perfettamente in linea con l'insegnamento di Cristo stesso sulla terra
e facendo anche riferimento alla lettera pastorale dei vescovi per il
2000 che pone l'accento sul ruolo della chiesa cattolica nella lotta
contro l'AIDS, definito come una vera e propria calamita'. Si stima
che 200.000 persone siano destinate a morire di AIDS, solo in Kenya,
quest'anno.  Milioni di altre sono sieropositive e trasmettono il
virus ogni giorno. Cio', ha detto l'Arcivescovo, richiede che si
intervenga istruendo i giovani riguardo alle relazioni e la dignita'
umana.

Suor Augustina, un'infermiera professionale e membro fondatore della
Wahuduma wa Afya, si e' stabilita tempo fa fra le catapecchie di
Nairobi  per un'esperienza di un mese sul terreno portando avanti il
progetto dell'associazione. Precedentemente aveva lavorato solo negli
ospedali e dopo l'esperienza di Nairobi si e' trasferita a Mombasa
dove ha partecipato all'avvio del programma a Bomu con Fratel John e
la signora Mugo.

Suor Augustina afferma che siamo fatti ad immagine e somiglianza di
Dio e che cio' si esprime nell'attenzione che diamo al rapporto col
prossimo e con Lui. Prosegue assicurando che se i malati non conoscono
Dio i volontari si offrono di aiutarli ad avvicinarsi a Lui . La
maggior parte dei malati visitati, specialmente i sieropositivi, sono
spesso molto gravi e in punto di morte, molti di loro in stato
confusionale, incattiviti e assai irritabili. Cionondimeno,
migliorandone l'assistenza medica e con una buona assistenza
spirituale essi accettano la propria situazione e spesso si
riconciliano con Dio e con se stessi.

Giacche' la Wahuduma opera fra gente di diverse religioni, ma
soprattutto islamici,  ci si puo' domandare come operi o si muova e
che problemi incontri. Suor Genoveva ha fornito una risposta spiegando
che ci sono stati dei casi in cui il loro intervento e' stato visto
con sospetto e perfino con ostilita', ma in generale, nella
maggioranza dei casi, sono stati accolti molto bene. L'associazione si
e' sempre dimostrata sensibile al credo e alla religione dei pazienti
ed ha perfino richiesto l'intervento di Sheikhs  (capi della comunita'
musulmana)  in casi in cui si e' ritenuta utile la loro assistenza
spirituale.

Suor Genoveva ha lavorato inizialmente a Bomu e sta ora mettendo in
piedi lo stesso schema di intervento a Voi, una citta' fra Mombasa e
Nairobi, dove sta lavorando a gomito a gomito con suor Clotilde
Kulola, un'infermiera professionale. Il programma della Wahuduma wa
Afya e' finanziato dai missionari di Mary Knoll e dalla Caritas
tedesca ed il suo intervento riconferma la bonta' della decisione dei
Vescovi  dell'AMECEA di dare la massima importanza allo sviluppo delle
Piccole Comunita' Cristiane poiche' sono poi proprio i loro membri a
fare volontariato nell'Associazione.

Due suore missionarie della Nostra Signora d'Africa, suor Domenica
Ciliberti e suor Dolores Fortier, sono impegnate nel lavoro sull'AIDS
in una parrocchia vicina, la prima, con il suo gruppo, visita i malati
e si prende cura delle famiglie, mentre la seconda gestisce un
programma per gli orfani dell'AIDS. Quanto detto finora evidenzia e ci
spiega con chiarezza quanto la creazione e la gestione di una buona
rete organizzativa siano essenziali e la base per la buona riuscita di
questi progetti che combattono i devastanti effetti dell'epidemia di
AIDS.

Il presente articolo e' stato tratto da  "White Fathers - White
Sisters", numero di otttobre/novembre 2000.

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