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NIGRIZIA 12/ 2000 - MATATU
Matatu
AL DI LA' DELLE SEMPLIFICAZIONI
di Renato Kizito Sesana
IL "GIUBILEO DEGLI OPPRESSI", L'INCONTRO DELLA RETE DI LILLIPUT, LA PROTESTA
DI PRAGA PROVOCANO DISAGIO IN CERTI SETTORI DELLA CHIESA ITALIANA (CHE NON
HANNO MAI PRESO SUL SERIO LA POVERTA' NEL MONDO E CHE SONO TROPPO IMPEGNATI
A DISCUTERE DI POLITICA, O DI PILLOLA. PERCHE'?
Eppure non mancavano aspetti decisamente positivi. La protesta di Praga,
ultimo episodio di un processo iniziato a Seattle un anno fa, ha fatto
capire a molti in Occidente che il problema etico, politico ed economico
piu' importante del mondo di oggi, e per il futuro di tutti, e' quello della
poverta' del cosiddetto "terzo mondo" e del crescente divario fra ricchi e
poveri. Perfino un recente editoriale dell'Economist - espressione del
capitalismo inglese - lo riconosceva. La globalizzazione e' molto di piu'
che solo economia e non deve essere gestita dalle multinazionali che si
muovono solo secondo la logica del profitto.
Altra nota positiva: un gran numero di italiani ha scoperto l'Africa. Non il
popolo dei Centri missionari diocesani, di Nigrizia, dell'Aifo, di Mani
Tese - tanto per citare le prime realta' che mi vengono in mente - che
conoscono l'Africa e i suoi problemi da anni, ma un mondo piu' ampio e
variegato.
Perche' quindi le reazioni scomposte di una certa parte di chiesa?
Probabilmente perche' certa chiesa - che pure si proclama fedelissima al
Magistero - non ha mai preso sul serio la realta' della poverta' nel mondo,
e adesso si sente fuori gioco. Per anni ha pensato che i grandi problemi del
mondo fossero le diatribe interne della politica italiana; per sostenere che
non e' rimasta indietro cita documenti pontifici, la Conferenza episcopale
italiane, oppure cita la campagna ancora in corso per la remissione del
debito estero. Ma la vita e' un'altra cosa.
CHIESA IN TRINCEA
Nella vita della chiesa italiana la missione, la poverta' del "terzo mondo"
sono sempre venute dopo i problemi della Democrazia cristiana, dei rapporti
fra Andreotti, Buttiglione, Craxi e D'Alema; dopo l'aborto, il divorzio, la
pillola, la scuola cattolica e l'insegnamento della religione nella scuola
pubblica. Problemi veri - almeno alcuni di essi -, ma questa certa chiesa
italiana ha creduto di poter risolvere dei problemi parziali senza occuparsi
del contesto globale.
Educare alla giustizia internazionale, pace, sobrieta', uso corretto dei
beni, solidarieta'... che parte ha avuto nella vita di questa chiesa?
Adesso che altri affrontano con decisione questi temi, invece di ammettere
di non avere risposto per anni a una richiesta carica di significato
religioso che veniva dalla base, questa chiesa si mette su una posizione
difensiva, rifiutandosi ancora una volta di vedere il nuovo che sta
crescendo, e di cogliere in quel nuovo i valori e la radice cristiana.
Spiace che Avvenire, tradizionalmente sensibile al "terzo mondo", si sia
prestato a questo gioco, come quando ha raccontato con pesanti ironie il
raduno della Rete di Lilliput.
Mi pare invece che la denuncia di un'economia che produce il massimo
profitto per pochi eletti e quella dell'iniquo rapporto di forza fra ricchi
e poveri che rende ogni discorso di libero mercato un inganno, non possa non
essere condivisa da chi concorda anche l'interpretazione piu' conservatrice
della dottrina sociale della chiesa.
Non che i manifestanti di Praga o i partecipanti al Giubileo degli oppressi
siano al di sopra di ogni critica. In quello che dicono c'e' spesso una
fastidiosa presenza di slogan e frasi fatte, mentre l'analisi seria dovrebbe
prevalere.
Per esempio ho letto su Nigrizia di ottobre l'intelligente, sintetica
analisi del capitalismo globale di Susan George. Mi ha deluso la
conclusione, che mi e' parsa forzata: "Dio non ha mai detto a Mose' sul
Sinai: "Tu globalizzerai, tu sarai neoliberale"". Eppure si legge che a
questo punto si e' scatenata un'ovazione. Per l'analisi o per la frase a
effetto? Preferisco restare nel dubbio.
I mass media ragionano in bianco e nero, ma questo e' proprio uno di quegli
aspetti della globalizzazione a cui non dobbiamo arrenderci. Le super
semplificazioni, "l'impero del denaro" - che evoca "l'impero del male" di
segno opposto immaginato da Reagan - "l'inferno africano", i "sotterranei
della storia" non aiutano a capire, anche se magari colpiscono la fantasia e
stimolano la ricerca. Per di piu' finiscono per rinforzare gli stereotipi
negativi sull'Africa.
Resto convinto che i sotterranei della storia, l'inferno del mondo, siano un
po' piu' a nord; magari a Roma, Washington, Parigi o Londra. Li' c'e' lo
sporco vero. Lo sporco delle baraccopoli di Nairobi e' solo biologico.
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