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NIGRIZIA 12/ 2000 - FATTI E PROBLEMI - Montanelli



FATTI E PROBLEMI


Montanelli-Nigrizia / Il dialogo interrotto
DIRETTORE, ECCO LE NOSTRE PROPOSTE
Gino Barsella


NELLA SUA "STANZA" SUL CORRIERE DELLA SERA, IL 26 SETTEMBRE INDRO MONTANELLI
AVEVA RISPOSTO A UNA LETTERA DEL DIRETTORE DI NIGRIZIA CON UNA SFIDA: "AVETE
DENUNCIATO, E AVETE FATTO BENE. ORA PROPONETE". MA LE PROPOSTE, INVIATEGLI
DEVONO ESSERE FINITE NEL CESTINO.

Tutto era cominciato con la risposta a un lettore nella "Stanza di
Montanelli" dell'11 settembre: "L'Africa, da sola, non ce la fa", era l'
espressione del Direttore che piu' condividevamo. Il quale, poi, ci
coinvolgeva - "i missionari lo sanno bene" - e concludeva: "In pratica,
dobbiamo riprendere in mano la situazione. Tornare a fare i colonialisti,
magari cambiando nome".

Ma l'analisi che noi esponevamo in una nostra lettera (pubblicata il 26
settembre) era diametralmente opposta. È vero che la categoria dei
missionari è cosi' vasta da ospitare una buona varieta' di opinioni, ma per
noi "la ricolonizzazione dell'Africa è inaccettabile per principio e
inapplicabile all'atto pratico". Primo, perche' "non ci sara' rinascita dell
'Africa al di fuori di relazioni che considerino l'altro come un essere di
pari dignita' e con pieno diritto alla sovranita'". Poi, "buona parte dei
mali dell'Africa (non tutti, certo) sono appunto il risultato del
colonialismo, del primo... e di quello attuale, piu' sottile e di natura
economico-finanziaria... È in questo ambiente economico-imperiale che "i
dittatorelli e i soliti satrapi" trovano proteine in abbondanza". "E'
proprio per questo - concludevamo - che denunciamo anche la scorciatoia di
"tornare a fare i colonialisti, magari cambiando nome". Come non lo stessimo
facendo gia' abbastanza".

"PROPONETE"

È a questo punto che Montanelli, nella sua risposta al nostro intervento, ha
"recitato il mea culpa dell'Occidente": "Vede, non mi illudo. Non credo che
l'Occidente sia buono e debba educare gli africani cattivi". E lanciava la
sua sfida: "Ma da voi, che siete competenti, onesti e appassionati, mi
aspetto di piu'. Avete denunciato, e avete fatto bene. Ora proponete".

Ma la nostra missiva, partita a stretto giro di posta (elettronica), il
Direttore (o il suo staff di collaboratori) non l'ha ancora considerata
degna di pubblicazione. Eppure proprio lui aveva chiesto il dibattito. La
giriamo allora, integralmente, ai nostri lettori.


Caro Montanelli,

grazie per lo spazio che ci ha concesso e per la sua risposta "aperta", che
conclude con un "ora proponete". Non è sfida da poco e le diciamo subito
che, ovviamente, di ricette non ne abbiamo per "salvare l'Africa con l'
Africa". Questo non significa di certo che deve arrangiarsi da sola, ma che
solo gli africani potranno trovare soluzioni per l'Africa. Soluzioni che
pero', nell'odierno contesto della globalizzazione, non possono prescindere
dall'interdipendenza Nord/Sud.

E qui occorrerebbe entrare nel merito. I mali dell'Africa sono di diverso
ordine (fame - ma ci sono la carestia e c'è la sottoalimentazione; conflitti
locali; guerre vere e proprie; urbanizzazione galoppante...) tra loro spesso
concatenati ma per i quali andrebbero formulate "proposte" specifiche. Uno
di questi è il cosiddetto sottosviluppo. "Allora chiediamoci: che cos'è lo
sviluppo?", provoca uno come Jean-Marc Ela, prete, teologo e sociologo che a
Nigrizia consideriamo uno degli africani piu' capaci di fare analisi e
fornire piste di risposta (le segnalo il suo ultimo libro: Innovations
sociales et renaissance de l'Afrique noire, L'Harmattan, Paris, 1998. Non
avra' tempo di leggerlo ma le garantisco che li' troverebbe molti buoni
spunti). "Bisogna partire da qui - continua Ela -, altrimenti ogni strategia
di sviluppo sara' votata al fallimento. E purtroppo è cio' che è accaduto in
Africa. Non si è tenuto conto di cio' che il contadino e il cittadino pensa
quando parla di sviluppo".

È in questo contesto che anche noi (Italia, Europa, Nord del mondo) abbiamo
la nostra parte da fare e, perche' no, delle proposte, in vista di
restituire ossigeno a un continente e di rendergli la chance di farsi il suo
cammino.

La prima sfida ci sembra, quindi, di carattere culturale: dobbiamo imparare
a rileggere la storia dalla parte dei vinti. Potremmo allora capire che
siamo noi ad aver accumulato un debito, ben concreto, verso l'Africa, in
cinquecento anni di schiavismo, colonialismo e neocolonialismo, che in
qualche modo dovremo pur risarcire.

È fondamentale poi governare la globalizzazione economica: quanto danno
faccia all'Africa lo possiamo intuire anche solo dalla constatazione di
quante nuove afriche il "libero mercato" stia creando anche all'interno del
Nord ricco. Il neoliberismo economico va desacralizzato, partendo da
rapporti piu' equi, trasparenti e solidali. Sono solo parole? Eppure non
mancano, oggigiorno, esempi di possibili alternative - piu' che laboratori -
che passano per finanza etica, commercio equo e solidale, stili di vita piu'
sobri e consapevoli, campagne con obiettivi precisi (mine, debito, "banche
armate")... E anche nel Sud del mondo, nella stessa "desolata" Africa, dove
sta nascendo una societa' civile capace di tenere testa a tiranni mai
abbastanza deprecati. Qualche esempio? Il coordinamento degli abitanti delle
bidonville uscito allo scoperto il 1° luglio scorso a Nairobi; i coraggiosi
gruppi per la pace e la difesa dei diritti umani nel Kivu e nel resto del
Congo (ex Zaire); l'Unione generale delle cooperative in Mozambico,
sostanzialmente formata di donne e oggi una delle piu' importanti realta'
economiche del paese; i movimenti per la pace in Sudan... Questa è una
proposta: sostenerli, moralmente, economicamente, "politicamente".

La politica, appunto. Riacquisti il suo primato, qui da noi innanzitutto,
sull'economia. "Tocca alla politica reinventare la politica e reinventare
anche lo stato, perche' l'economia ritorni a servire la polis", ha scritto
padre Zanotelli nella sua recente lettera a Veltroni (l'ha letta? Gliela
allego. Vi trovera' vari altri esempi di proposta).

Una politica rinnovata deve essere capace di impostare nuovi rapporti di
cooperazione con l'Africa, non condizionata agli interessi della nostra
economia e politica estera. Fra qualche giorno la nostra redazione riunira'
un gruppo di esperti - tecnici, politici, giornalisti - proprio per
discuterne (.anche questa è una proposta, che per una minuscola redazione
come la nostra significa un sacco di lavoro supplementare), perche' la legge
di riforma della cooperazione allo sviluppo che sta passando in parlamento
non ci piace (Nigrizia, 11/00, 13). "Nasce gia' strozzata dalle logiche che
hanno fatto fallire le precedenti esperienze" (ancora Zanotelli).

Infine è necessario uno sforzo comune verso la democrazia mondiale su una
via giuridica per la pace e lo sviluppo globale. Una globalizzazione, questa
si', dei diritti e del diritto. Momento obbligato è la democratizzazione
dell'Onu, per una vera partecipazione di tutti i popoli (popoli, si', e non
solo stati), che le dia anche una maggiore autorita' per la difesa dei
diritti umani e la risoluzione dei conflitti.

Forse, caro Montanelli, trovera' tutto cio' molto romantico ma poco pratico.
"Altri morti, altre sofferenze, altra fame e altri esodi aspettano quei
popoli", ha scritto. Lo temo anch'io. Ma, gliel'abbiamo gia' detto, non
crediamo, anzi temiamo le "scorciatoie" del genere "ricolonizziamo", anche
se a fin di bene. Ci ostiniamo a credere - e qui ho la certezza di trovarmi
d'accordo con un gran numero di missionari, a prescindere dalla varieta' di
opinioni che possono avere - nelle straordinarie risorse delle genti
africane, che hanno meno bisogno di essere istruite su come manovrare la
zappa (o il mouse) che di vedere valorizzato il frutto della loro fatica.
Cordialmente.

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