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NIGRIZIA 12/ 2000 - L' EDITORIALE



L' Editoriale

BUONI SEGNALI

Segnali dall'Africa. Persone, spezzoni di realta' urbana, che si organizzano
in una situazione di guerra sia per far funzionare i servizi essenziali sia
per suscitare sentimenti di riconciliazione e di dialogo tra le parti in
lotta: succede nella citta' di Bukavu, nella Repubblica democratica del
Congo, e insieme a queste persone c'e' anche la chiesa.

Migliaia di cittadini sfidano le forze di sicurezza e mettono a rischio la
loro vita per sostenere un risultato elettorale democratico che una giunta
militare vuole mettere in discussione: succede ad Abidjan, in Costa d'
Avorio, e i militari lasciano libero il campo.
Operai, dipendenti di una grande impresa agroalimentare, rivendicano
consapevolmente, in accordo con il loro sindacato, un salario equo e un
ambiente di lavoro salubre: succede a Thika, non lontano da Nairobi, in
Kenya.

Famiglie di contadini non si lasciano smuovere dalle loro terre, portando
cosi' in evidenza il problema dell'accaparramento dei terreni fertili da
parte dei grandi proprietari e costringendo il governo a rivedere la legge
agraria: succede in Mozambico, la Commissione diocesana della terra di
Nampula e' in prima fila.

Nel contesto di un conflitto che ha causato due milioni di morti e quattro
milioni di profughi interni, ci sono coalizioni di professionisti e docenti
universitari, gruppi di donne, associazioni ecclesiali, attivisti per i
diritti umani che non rinunciano ad agire per costruire dal basso un'ipotesi
di pace: succede in Sudan.

Questi segnali, a volerli ascoltare, a volerli interpretare con un'
attenzione fiduciosa e non occasionale, non sono solo di oggi e nemmeno di
ieri. Tutto il decennio che si sta concludendo ha visto moltiplicarsi il
protagonismo di quella che si puo' definire la societa' civile africana.
Societa' civile - cioe' cittadini attivi che si sentono portatori di
diritti, si battono per conquistarli e lo fanno pacificamente - che non e'
una formula magica buona per tutti gli usi. E non e' nemmeno una scappatoia
per salvare qualcosa di un continente in grande difficolta'. E' piuttosto l'
ancoraggio di una possibile rinascita, il punto d'appoggio di una leva
capace di rivitalizzare la partecipazione politica e la qualita' della
politica, di ridare fiato alle istituzioni democratiche, di assorbire
contrapposizioni, di promuovere forme di crescita economica.

Certo questi segnali sono troppo flebili per gli afropessimisti di turno -
quelli che per il futuro propongono ricette ("ricolonizziamo") che hanno
gia' fallito in passato - e possono risultare incomprensibili anche per quei
missionari pił abituati a progettare una "loro" Africa che a leggere in
profondita' le dinamiche sociali.

Al contrario, per il vasto arcipelago della societa' civile italiana, i
segnali in questione dovrebbero sollecitare - all'inizio di un millennio
inaugurato dall'Anno del dialogo tra le civilta' (cosi' l'Onu ha definito il
2001) - una maggiore vicinanza e una maggiore voglia di collaborazione con
la societa' civile africana.


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