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NIGRIZIA 12/ 2000 - PAROLA DI DONNA
PAROLA DI DONNA
Voci da ascoltare / Parola di donna: nera, teologa, mamma
BIOGRAFIA DEL DIALOGO
Silvia Regina da Lima
IL DIALOGO E' UNA LINEA PORTANTE DA SEGUIRE ANCHE NEI CONFRONTI DI RELIGIONI
"MINORI" COME QUELLE AFRO. NON E' STRATEGIA NE' ROBA DA INTELLETTUALI, MA
UNA DIMENSIONE SUGGERITA DALLA VITA STESSA E PRATICATA IN PRIMO LUOGO DAI
PICCOLI. PRESENTANDO LA SUA PERSONALE ESPERIENZA "MACROECUMENICA", SÍLVIA SI
ACCOMIATA DA NIGRIZIA, SULLA QUALE HA TENUTO PER DUE ANNI UNA RUBRICA.
Sono nata in una famiglia "cattolica praticante". I miei genitori si
conobbero in chiesa, a una festa di Sant'Antonio. Da allora la nostra
famiglia ha vissuto al ritmo della vita ecclesiale. All'epoca papa' e mamma
partecipavano a gruppi denominati Figlie di Maria e Congregados Marianos.
Piu' tardi frequentarono i Cursillos de cristandade; oggi sono membri attivi
di una comunita' di base.
All'eta' di 13 anni cominciai a collaborare con la mamma che insegnava il
catechismo. Ho poi fatto parte del movimento giovanile e sono entrata anche
in contatto con una congregazione religiosa. Nel mio cuore e' sempre stato
vivo il desiderio profondo e sincero di servire il Regno di Dio.
La partecipazione ai gruppi di lettura popolare della Bibbia mi apri' agli
spazi dell'ecumenismo. Presi a conoscere sorelle e fratelli di altre chiese
cristiane, felice di avviare nuove relazioni con loro. In quella stessa
epoca della gioventu' iniziai a ricercare le mie radici etnico-razziali.
Entrai a far parte del gruppo degli Agenti di pastorale neri.
Scoprire e assumere le mie radici nere fu come nascere di nuovo. Si apriva
cosi' una nuova fase della mia vita. Mi sentivo piu' completa, piu' libera,
con piu' forza per affrontare i venti avversi del razzismo, e piu' felice e
disposta a mettere in campo la mia identita' dimenticata per tanti anni.
Nuovi amici e amiche, nuove conversazioni, un modo nuovo di essere chiesa.
Con questo gruppo lottavamo per una liturgia piu' inculturata, per una
teologia "annerita" e per una pastorale piu' impegnata nella giustizia
sociale per la gente nera.
Abbiamo cosi' dato vita a un gruppo di teologia nera, che cercava di
riflettere sull'esperienza di Dio che si produceva a partire dalla
negritudine. Non ho dubbi che e' stato questo stesso Dio a condurmi
all'incontro con le religioni afrobrasiliane. Un incontro senza tante
pretese, mosso dalla voglia di conoscere le mie radici. Era come ritrovarmi
con qualcosa che il mio cuore aveva desiderato ardentemente senza avere
coscienza di averlo gia' conosciuto prima.
AXE'!
Che cosa ho trovato nelle religioni afrobrasiliane? Una madre che mi
attendeva, che mi raccontava le storie dei miei antenati e antenate, ma
senza mai parlarmi di conversione, dirmi che dovevo tornare a casa o che
quella era la vera religione nera.
Io e i miei fratelli e sorelle di cammino ci siamo cosi' incontrati con
persone oneste, lavoratrici, povere, disprezzate dalla societa' e malviste
dalla chiesa, considerate feticiste, streghe e sincretiste. Notavo che
dovevamo ritrovarci in luoghi lontani dalla citta', nei suburbi, e che per
partecipare al culto dovevamo aspettare fino a notte fonda, quando la citta'
addormentata e i templi con le loro porte ormai chiuse non potevano
impedirci di celebrare.
Li' abbiamo trovato donne in cerca di salute, lavoro, felicita' nell'amore e
pace in famiglia. Abbiamo trovato una comunita' solidale, con conflitti come
esistono in ogni comunita' ma che continuava a cercare Dio e a praticare
l'aiuto reciproco. Qui gli anziani hanno un posto importante, la loro
saggezza e' fonte di conoscenza che nutre la comunita' e le impedisce di
morire. Non c'e' comunita' senza antenati. Sono loro l'axe', la forza vitale
che non lascia morire la tradizione.
La natura viene rispettata e prende parte alla vita comunitaria. Non si
stacca una foglia senza chiedere permesso alla pianta e senza compiere il
rito necessario. Le piante custodiscono l'axe', trasmettono energia e vita,
fanno recuperare la salute.
Il corpo e' luogo di incontro con Dio. Dio lo si celebra cantando, danzando
e mangiando. Cibo per il Santo e cibo per la gente. Una comunita' che mangia
unita rimane unita. Cibo per tutti e tutte, senza discriminazione. Pare
proprio di vedere il Regno gia' venuto. Queste comunita' nutrono un grande
rispetto per la chiesa, in particolare la chiesa cattolica. Alcune di esse
prevedono, come parte del rituale di iniziazione, la visita a sette chiese
in segno di rispetto verso quanti praticano una fede diversa.
E' questa la risposta che riservano a una chiesa che le ha perseguitate in
modo violento nel passato ricorrendo alle forze di polizia per distruggerne
gli spazi religiosi; una chiesa che ancora le umilia con affermazioni che le
pongono, riguardo alla salvezza, "in una situazione gravemente deficitaria"
(Dominus Iesus, 22).
"IL SUO VOLTO BRILLAVA COME IL SOLE"
L'amore per il Regno e per le cose di Dio mi ha acceso l'interesse per lo
studio della Bibbia e della teologia. Negli studi e nell'esperienza di vita
vado scoprendo che Dio non si lascia imprigionare, ci sorprende ad ogni
istante, si nasconde agli angoli delle strade, nei vicoli, la' dove non ci
aspettavamo di trovarlo. Non esiterei a dire che, a livello di esperienza di
fede, non c'e' contraddizione tra il vivere cristiano e il rapporto con gli
antenati.
A livello di riflessione biblico-teologica riconosciamo che, dal lato del
cristianesimo, c'e' ancora molto da studiare, da conoscere, ma sempre in un
atteggiamento di rispetto e dialogo. Mi azzardo a dire che diffido di quanti
si dicono signori della verita' e si arrogano il potere di stabilire dove
Dio e' o non e', di quanti parlano della vera chiesa per determinare chi vi
sta dentro e chi fuori.
Continuo a professarmi cattolica, insieme con molti neri e indigeni del
continente latinoamericano. E' per me una gioia professare la fede in Gesu'
Cristo e con lui annunciare il Regno che viene rivelato ai bambini, ai
poveri e agli oppressi, e celato ai sapienti e agli esperti (Matteo 11,25).
E sapere che tra i piu' piccoli il suo volto continua a sfolgorare come il
sole e nessuno puo' osare fissarlo frontalmente (Matteo 17,2). ci rende
felici di seguire i suoi passi.
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