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Africanews Novembre 2000 - Africa: Il dilemma dei giovani africani
AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.31 - NOVEMBRE 2000
Africa
Il dilemma dei giovani africani
Di Padre Kizito
Afropessimismo o Rinascimento africano? L'Africa e' un caso senza
speranza, come dicono gli afropessimisti, oppure, come invece
ritengono i sostenitori del Rinascimento africano, si sta
risollevando? La frustrazione dei giovani per la mancanza di
democrazia e di prospettive e' pero' in aumento.
Temo che il numero dei kenyoti afropessimisti stia rapidamente
aumentando. Senza dubbio le serate e le notti senza luce di queste
ultime settimane hanno contribuito a far crescere un senso di
disperazione. La scarsita' d'acqua ha aumentato a sua volta la
sensazione di estremo disagio. Insieme, la mancanza di energia
elettrica ed acqua, hanno demoralizzato la gente ancor piu' della
lunga lista di scandali e corruzione del recente passato. Dopo tutto
quando leggi sul giornale che il tale e' stato accusato di aver rubato
milioni di scellini puoi sempre ritenerti non direttamente colpito
dall'evento, ma quando a casa tua non puoi ascoltare la radio, vedere
la televisione o farti un bagno, ti senti toccato personalmente.
Nessuna meraviglia quindi se questi nuovi scontenti fanno soprattutto
parte della classe media cittadina.
Il commento piu' comune che capita di sentir fare dai kenyoti di
classe media e' che si sta andando di male in peggio. Il pessimismo
sul futuro del Paese si trasforma sul piano pratico in preparativi per
lasciarlo. Non so se la gente se ne rende conto, ma ho l'impressione
che stiamo per essere testimoni di un esodo di grandi proporzioni, di
gente preparata, di professionisti; una fuga di cervelli che il Kenya
non ha mai visto. Si tratta di un fenomeno gia' in corso di cui
nessuno vuole parlare ad alta voce, ma fra i giovani professionisti
l'argomento piu' interessante di conversazione riguarda il quando e il
come di una imminente partenza.
Non stiamo parlando di stranieri, bensi' di kenyoti delle etnie Luo,
Kikuyu, Luhya, Kamba ecc, di gente nata qui la cui preparazione e'
costata denaro al Paese e che rappresenta un importante investimento
per l'economia nazionale. Giusto l'altro giorno un giovane giornalista
di alto livello professionale mi ha parlato dei suoi preparativi di
partenza. Con le sue qualifiche non gli dovrebbe essere difficile
trovare un lavoro da qualche parte, nel mondo anglofono. Quando gli ho
domandato perche' volesse lasciare ora, avendo di fronte una brillante
carriera in Kenya ed essendo in grado, a breve, dopo aver risparmiato,
di comprarsi una casa per la famiglia, mi ha risposto che avrebbe
sempre potuto affittare la casa o darla agli anziani genitori e
tenerla per il futuro. Aggiungendo che non se la sentiva piu' di
vivere in una situazione da incubo come questa e chiedendomi se sapevo
una serie di cose, del genere che trascrivo di seguito.
L'Africa Sub-Sahariana e' la regione piu' povera del mondo, dove meta'
della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno ed il cui
reddito pro capite attuale e' piu' basso che nel lontano 1970. La
distribuzione del reddito e' la piu' iniqua del mondo, l'educazione e
la sanita' sono a pezzi e l' AIDS e' alle stelle. Un africano su
cinque vive in una situazione di guerra civile o di guerra, l'Africa
sta per essere tagliata fuori dalla rivoluzione informatica, mentre il
resto del mondo non si occupa minimamente di lei ed il condono del
debito non avverra' mai. Ad una recente riunione dei G-8 in Giappone i
leaders dei tre paesi africani piu' importanti sono stati trattati da
scolaretti ignoranti e scortesi, che il mondo ha ignorato e perfino
ridicolizzato. Il giornalista ha concluso questo terrificante elenco
affermando che l'Africa non e' un continente, ma una barca che
affonda, con la quale non vuole affondarci sopra insieme alla sua
famiglia e che abbandonera' quanto prima possibile!
Ho cercato di convincerlo che in Africa ci sono anche sviluppi
positivi e che e' proprio in un momento come questo che l'Africa ed il
Kenya hanno bisogno della presenza dei suoi figli piu' competenti ed
onesti, ricevendo la risposta piu' ovvia:" Perche' dovrei sacrificare
la mia vita quando i politici continuano senza vergogna a saccheggiare
il paese senza che io possa avere alcun controllo su di essi? In ogni
democrazia moderna le accuse che sono state fatte ad alcuni nostri
ministri avrebbero causato le loro dimissioni o la loro rimozione. Non
qui. Questa e' una societa' malata. Lei crede veramente che la ripresa
degli aiuti internazionali fara' alcuna differenza? Non la fara'. Io
ho il dovere di pensare al mio futuro e a quello dei miei figli.
Voglio che frequentino una buona scuola e possano godere di una buona
assistenza medica. Voglio che essi siano dei cittadini responsabili
del mondo di questo nuovo secolo e non degli eterni sconfitti e dei
poveri derelitti".
Con ogni probabilita' niente fara' cambiare opinione al mio amico in
quanto la sua profonda frustrazione, che scaturisce dal fatto di
sentirsi tradito dai suoi stessi leaders, non puo' essere modificata
da nessuna buona argomentazione. Questa ondata di malcontento potrebbe
diventare una tempesta, con una reazione a catena stimolante la
pulsione ad andarsene in coloro che vedono gli altri che se ne vanno.
Questo stato di cose rinforza anche, pericolosamente, la percezione,
nell'inconscio della gente, che la soluzione di ogni problema possa
essere trovata all'estero, facendo aumentare la dipendenza psicologica
dall'estero stesso. Facendo pensare che sono sempre e solo gli altri
che possono cancellare i nostri debiti, finanziare il nostro sviluppo,
decidere se le medicine che curano l'AIDS saranno disponibili ad un
prezzo piu' abbordabile, gli altri che ci possono offrire una vita
migliore.
Sto esagerando? Per capirlo ho chiesto ad un gruppo di giovani: "Se
domani vi fosse data l'opportunita' di emigrare in Europa o negli
Stati Uniti, lo fareste?" C'erano 19 persone presenti, e 17 di loro
immediatamente hanno alzato la mano per manifestare la volonta' di
andarsene. I 2 rimanenti hanno esitato nel dare una risposta solo
perche' preoccupati per il futuro della loro famiglia. Questi giovani
pronti a lasciare il Kenya sui due piedi manifestano un terribile
atto d'accusa della classe dirigente, il segnale piu' evidente del
suo fallimento.
In fin dei conti, sono un afropessimista o un fautore del Rinascimento
africano? Come cristiano non posso essere afropessimista, dal momento
che noi crediamo nella potenzialita' positiva di ciascun essere umano
e siamo percio' la gente della resurrezione, che spera, contro ogni
speranza. D'altra parte credere che sia in corso un Rinascimento
africano potrebbe voler dire essere un ingenuo senza speranza, dal
momento che i relativi segnali, che devono essere di natura culturale,
sociale ed economica, semplicemente non esistono. Possiamo perdonare
Nelson Mandela per il fatto di credere che il Rinascimento africano e'
gia' un dato di fatto, dal momento che egli e' un sognatore e come
tale puo' confondere il futuro con il presente!
La speranza deve essere basata su qualcosa di solido, altrimenti si
puo' confondere con uno vacuo sogno ad occhi aperti. Io credo invece
che una solida base di speranza per l'Africa esista e risieda
nell'enorme potenziale umano che osservo ogni giorno nella gente che
mi sta attorno, gente che non molla mai, che tira avanti, ridendo e
facendo festa per le cose positive dell'esistenza. Francis Bebey, un
musicista e scrittore del Camerun, ha sintetizzato bene la sua fede in
questo potenziale umano, scrivendo: " Noi africani daremo il nostro
contributo al resto del mondo, saremo i fedeli del futuro, quando gli
altri non crederanno piu'. Certamente porteremo la vita con noi,
perche' noi africani crediamo in una vita che non ha fine. E' questa
fede nella vita che aiuta a sopravvivere dopo secoli di schiavitu' e
dolorose vicissitudini."
La sopravvivenza dell'Africa sara' assicurata da coloro che credono
nella vita, che non fuggono, che vivono dei propri principi, senza
lasciarsi andare ad imitare servilmente gli altri.
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