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NIGRIZIA 11/2000 - FATTI E PROBLEMI - Cooperazione



FATTI E PROBLEMI

Cooperazione, 1 / Che riforma si prepara
L'AGENZIA TUTTI I MALI PORTA VIA?

Raffaello Zordan

RITRATTO DELLA COOPERAZIONE IN UN'EPOCA DI ASPETTATIVE DEBOLI SULLO
SVILUPPO, SULLE RELAZIONI NORD-SUD, SULLA SOLIDARIETA'. ALEX ZANOTELLI
INVOCA SVOLTE RADICALI; LE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE FANNO PROFESSIONE
DI REALISMO, PUR NON RINUNCIANDO AL TRADIZIONALE RUOLO DI STIMOLO E DI
CRITICA; LA POLITICA, CHIAMATA CAMBIARE LA LEGGE 49 IN VIGORE DAL 1987,
DIFENDE IL PERCORSO DELLA RIFORMA E FA UN PUNTIGLIOSO ELENCO DELLE
DIFFICOLTA' INCONTRATE.

Mentre il testo, approvato al senato nel settembre dello scorso anno, e' all
'esame della commissione esteri della camera (l'ipotesi e': chiudere i
lavori in commissione entro ottobre; passaggio per un parere ad altre
commissioni; in aula alla camera ai primi di dicembre; ritorno al senato che
potrebbe approvarlo a fine gennaio 2001), Nigrizia ha cercato di capire -
attraverso un forum di redazione - a che punto siamo con la nuova legge di
cooperazione attesa dall'inizio di questa legislatura.

Non e' un facile interlocutore il missionario che quindici anni fa
contribui' a scoperchiare lo scandalo della Malacooperazione, che conosce i
bisogni del sud del mondo, sciorina cifre - il 20% dell'umanita' consuma l'
83% delle risorse -, e' reduce da due audizioni parlamentari ("ho avuto una
buona impressione, deputati e senatori mi sono sembrati sinceramente
interessati ai miei argomenti") e dice: "Quella in gestazione e' una legge,
vecchia anche nel vocabolario, che pretende di trasferire tra i popoli
impoveriti il nostro modello di sviluppo. Bisogna cambiare strada: togliere
la gestione della cooperazione al ministero degli esteri e, vista la
ricchezza dell'associazionismo in Italia, puntare ad un ministero della
solidarieta' che sappia effettivamente mettere in contatto la nostra
societa' civile con quelle dei paesi del Sud".

Ma Stefano Boco (Verdi), relatore al senato, non ha esitazioni nel
rispondere a Zanotelli: "Va bene non accontentarsi mai e criticare, ma ci
vuole anche un po' di memoria. Quattro anni fa avevamo 11 progetti di legge
sulla cooperazione e lo stesso disegno di legge del mio governo era poca
cosa. Al senato e' stata dura, ma siamo riusciti ad approvare un buon testo,
comunque il massimo possibile, anche se c'e' chi si e' opposto ad ogni
progetto di riforma, mi riferisco in particolare a Confindustria e al
ministero degli esteri. Ho detto no alla Fiat che chiedeva insistentemente
di mantenere il prodotto italiano legato alla cooperazione.  E poi negli
ultimi anni l'opinione pubblica non e' stata affatto sensibile sulla
cooperazione. Quindi prima di parlare di ministero della cooperazione e'
bene riflettere sul contesto culturale, economico e politico in cui ci
troviamo".

Anche Mario Gay, presidente del Cocis, che raggruppa ong di sviluppo di area
laica, e' del parere che questa riforma vada accolta, cercando di
migliorarla finche' si puo': "Del resto la legge in vigore non funziona piu'
non solo sul piano tecnico, ma anche su quello culturale. E poi l'Agenzia
prevista dalla riforma, l'organismo che dovra' gestire e coordinare i nostri
interventi di cooperazione, risponde gia' all'idea di staccare la
cooperazione dal ministero degli esteri". Giuseppe Crippa, presidente dell'
ong Movimondo, e' per il varo della riforma e si spinge oltre: "Non possiamo
aspettarci che la cooperazione, che ha a disposizione risorse molto
limitate, sia decisiva per risolvere i grandi problemi dei divari Nord-Sud.
Pero' qualcosa si puo' fare e, a proposito di modello italiano, sono
favorevole ad esportarne alcuni segmenti,  penso al Terzo settore e alla
formazione di piccoli e medi imprenditori".

Piu' critico, Rosario Lembo, presidente del Cipsi, al quale fanno
riferimento una trentina di ong: "E' in atto il tentativo di trasformare le
ong in semplici gestori di servizi a basso costo. Mentre le ong hanno una
loro soggettivita' politica, che ha saputo interpretare e in parte
rispondere ai bisogni dei paesi impoveriti, e possono essere interlocutori
di primo piano, se si vuole inaugurare una nuova fase della cooperazione
allo sviluppo. Una cooperazione che per il momento non possiede una chiara
identita'". Sergio Marelli, direttore della Focsiv, la centrale di
cooperazione che raccoglie gran parte delle ong cattoliche, pone l'accento
sulle risorse disponibili: "Oggi siamo allo 0,15-0,20% del prodotto interno
lordo, l'obiettivo dello 0,70% appare lontanissimo e la legge prevede un
incremento annuo di fondi troppo modesto". Va ricordato che dei circa 4mila
miliardi a disposizione annualmente della cooperazione allo sviluppo i due
terzi sono assegnati alle agenzie Onu e all'Unione europea e cio' che resta
e' impiegato nel bilaterale.

Il pallino e' ora nelle mani di Marco Pezzoni (Ds), relatore alla camera,
che deve tener conto delle critiche e che subito puntualizza: "Con questa
legge abbiamo rotto il monopolio del ministero degli esteri. Da un'idea
gerarchica siamo passati a un'idea policentrica. Ci sono piu' soggetti
titolari della cooperazione: il ministero, le ong di sviluppo, le
amministrazioni locali (comuni, province, regioni) che, e questa e' una
novita', possono mettere quote del loro bilancio nella cooperazione:
significa nuovo protagonismo della societa' italiana ed e' bene anche per le
ong, che non sono piu' costrette a essere filogovernative perche' possono
trovare interlocutori e partner nelle amministrazioni locali. Questa novita'
si sposa con un'altra idea presente nella legge: i soggetti della
cooperazione siamo noi societa' civile, associazioni ed enti locali, qui in
raccordo con la societa' civile e le municipalita' nel Sud del mondo. Siamo
dunque fuori da una logica ministerialistica: logica in parte gia'
indebolita dalla presenza dell'Agenzia".

Ma la commissione esteri della camera sta ritoccando la legge? Pezzoni
indica due punti: "Abbiamo ulteriormente rafforzato l'autonomia dell'
Agenzia. E abbiamo ridato forza al ruolo del parlamento. Mi spiego meglio.
Nel testo uscito dal senato era il ministero degli esteri che progettava la
programmazione triennale, l'Agenzia faceva e il parlamento controllava. Ora
invece si e' deciso che la programmazione, triennale e annuale, delle linee
strategiche deve andare in aula, essere discussa alla camera e al senato, e
sul documento che ne esce si fissano anche gli aspetti finanziari. Cosi' i
contenuti e gli indirizzi della cooperazione restano al centro del dibattito
e vengono esaminati a fondo: cio' da' potere al parlamento.  Non e' cosa da
poco perche' prima il governo decideva tutto e il parere delle commissioni
parlamentari non era vincolante".

Il forum si chiude con una considerazione di mons. Giuseppe Andreozzi,
responsabile dell'ufficio della Conferenza episcopale per la cooperazione
tra le chiese: "Dobbiamo interrogarci, come chiesa e come societa' civile,
perche' sul debito estero siamo riusciti a mobilitare l'opinione pubblica e
sulla cooperazione no". In effetti Nigrizia ci sta provando da tre lustri e
la Conferenza degli istituti missionari ha tentato di farsi sentire tre anni
fa. Probabilmente non abbiamo trovato sufficienti interlocutori, dentro e
fuori la chiesa.


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