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NIGRIZIA 11/2000 - L'AVVENIMENTO - Secam
L'AVVENIMENTO
Secam, 1 / Col sigillo di Kataliko
"TROPPO TENERI COI MASCALZONI"
Gino Barsella
I CARDINALI AFRICANI E I VESCOVI DELEGATI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
NAZIONALI E REGIONALI SI SONO TROVATI A ROMA PER DIBATTERE SUL TEMA "CRISTO
NOSTRA PACE - LA CHIESA-FAMIGLIA DI DIO LUOGO E STRUMENTO DI PERDONO,
RICONCILIAZIONE E PACE IN AFRICA". UN APPROFONDIMENTO DELLE SFIDE DEL SINODO
PER L'AFRICA (1994), GUARDANDO PERO' CON OCCHI NUOVI ALLA SITUAZIONE DEL
CONTINENTE.
Il clima della XII Assemblea plenaria del Secam (Simposio delle conferenze
episcopali di Africa e Madagascar) - celebrata a Rocca di Papa (Roma) dal 30
settembre al 9 ottobre - e' deciso. "Ci sono troppi mascalzoni in giro -
tuona l'arcivescovo di Kisangani (Rd Congo) Laurent Monsengwo Pasinya,
riconfermato presidente del Secam - e noi siamo stati troppo teneri". Nel
pieno della discussione, decisivo e' stato il contributo dell'arcivescovo di
Bukavu Emmanuel Kataliko - per sette mesi costretto all'esilio lontano dalla
sua diocesi dall'Rcd (Coalizione congolese per la democrazia, il gruppo
sostenuto dal Rwanda che combatte contro Kabila, Nigrizia, 3/00, 64; 7-8/00,
63; 10/00, 66) -: "I vescovi dell'Africa devono parlare. Noi dobbiamo
parlare, perche' la gente guarda al Secam e aspetta. Noi dobbiamo parlare
perche' il popolo soffre. Dobbiamo parlare ai capi di stato e ai dirigenti.
Dobbiamo inviare all'Africa un messaggio di riconciliazione e di pace".
Quella sera stessa Kataliko stava male e moriva durante la notte (4
ottobre), lasciando come eredita' spirituale la testimonianza di una vita
interamente dedicata al servizio della sua gente.
"Ci raduniamo a Roma in occasione del giubileo - ha sottolineato Monsengwo
nel discorso d'apertura - per confermare la nostra fede, manifestare e
rinforzare la comunione e la solidarieta' con la chiesa universale". La
quale non ha mancato di far sentire la sua voce. "Cosa fa il Secam per i
cristiani d'Africa, per gli africani, per la chiesa tutta? Cosa avete fatto
per il Sudan, i Grandi Laghi, la Sierra Leone, l'Angola? - ha domandato il
cardinale Jozef Tomko, prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione
dei popoli, che nel suo intervento ha reso un tributo speciale a Kataliko e
al vescovo di Gikongoro (Rwanda) Augustin Misago, imprigionato con l'accusa
di genocidio e poi assolto (Nigrizia, 7-8/00, 62) -. Non dovete stancarvi di
gridare, di difendere i diritti umani, la giustizia e la pace. Coloro che
hanno saccheggiato l'Africa, e che continuano a farlo, hanno un grosso
debito verso questo continente". "E' la seconda tappa dell'applicazione del
sinodo per l'Africa - continua Monsengwo - "impostaci" dall'attualita'
socio-politica africana e dalle sue implicazioni per la missione della
chiesa". E' un approfondimento dell'idea sinodale di chiesa-famiglia di Dio,
come luogo e strumento di perdono, riconciliazione e pace - concordano i
vari interventi -, da coordinare con gli impegni per il dialogo
interreligioso, l'inculturazione, la formazione, l'autosufficienza
economica.
UN SECAM PIU' FORTE
Molte allora le sottolineature. Dialogo con l'islam, ma nella verita',
giustizia e reciprocita'. "Bisogna distinguere - ha affermato l'arcivescovo
di Abuja (Nigeria) John Onaiyekan, vicepresidente del Secam - i musulmani,
coi quali dobbiamo parlarci, da coloro che usano l'islam per fini politici".
Annullamento del debito estero dei paesi impoveriti e impiego delle risorse
recuperate per progetti di sviluppo; ma anche il dovere di riparazione per i
danni della schiavitu' e della colonizzazione - le nazioni ricche non
possono sottrarsi alle loro responsabilita'. Sostegno alle campagne contro
le armi leggere; ma anche i vescovi del Nord del mondo devono impegnarsi per
questo. Attenzione ai fenomeni del reclutamento di africane da parte di
congregazioni religiose in estinzione e dei preti africani che si fermano in
Europa troppo a lungo. Azioni congiunte per la promozione del ruolo della
donna e per affrontare la piaga dell'aids. Importanza della societa' civile
e della formazione dei giovani nella lotta contro la poverta' e nella
prevenzione dei conflitti.
"Ma per la pace e lo sviluppo - ha commentato il vescovo mozambicano Jaime
Gonçalves - bisogna cominciare a parlare di unita' africana. E su questo i
politici sono avanti a noi". Allora ci vuole un Secam piu' attivo e
autonomo, "quasi un sinodo permanente del continente" (Nigrizia, 12/98, 3);
"che abbia il coraggio di parlare - sostiene l'arcivescovo di Juba (Sudan),
il comboniano Paolino Lukudu Loro -, aiuti le conferenze episcopali nel
rapporto con i propri governi, stimoli le conferenze del Nord ad amplificare
questa voce che viene dall'Africa". "Ma dobbiamo anche dare prospettive -
incalza il vescovo di M'baïki (Centrafrica) Guerrino Perin, l'altro
comboniano presente -, fare proposte che diventino operative nelle
conferenze episcopali, diocesi e parrocchie, ed essere uniti tra noi e
consapevoli del peso che possiamo avere gridando per la giustizia e
costruendo la pace".
La prossima assemblea plenaria sara' dedicata proprio alla ristrutturazione
del "simposio" stesso, "perche' in trent'anni l'Africa e' cambiata, e anche
il Secam deve cambiare e meglio definire le sue priorita'", conclude
Onaiyekan. "Il Secam e' importante soprattutto perche' incarna l'unita' dei
paesi poveri dell'Africa e del Madagascar spesso dimenticati, e intende far
conoscere le loro realta' e speranze - ha dichiarato il vescovo di Antsirabe
(Madagascar) Felix Ramananarivo -. Come vescovi, vogliamo parlare
soprattutto della volonta' positiva dei nostri popoli che costituisce in
questa fase della nostra storia la base del nostro sviluppo". Edem Kodjo, ex
segretario generale dell'Oua e presente all'Assemblea in qualita' di
esperto - suo l'importante contributo di analisi della situazione africana
nell'Instrumentum laboris, sul quale si e' basata la discussione dalla quale
uscira' tra sei mesi "un documento forte e vigoroso per aiutare le chiese a
essere luogo di riconciliazione e pace in Africa" (Monsengwo) - ha detto:
"Il Secam ha un ruolo morale in Africa e deve esprimerlo con forza. E' un
organismo poco conosciuto. Ha bisogno di parlare il linguaggio della verita'
per essere incisivo. Il suo messaggio deve essere un messaggio di fermezza
per richiamare ciascuno alle proprie responsabilita'".
E certamente il messaggio finale e' stato all'altezza. Ha interpellato tutti
gli attori della vita politica, economica, sociale e religiosa, al Nord come
al Sud, affinche' - al di la' degli egoismi e delle pratiche contrarie al
bene comune e al benessere delle popolazioni, al rispetto della vita umana e
ad uno stato di diritto, alla democrazia e alle liberta' individuali e
collettive - aprano allo sviluppo armonioso e all'unita' del continente,
altrimenti sommerso da conflitti fratricidi e inutili.
INSTRUMENTUM LABORIS: CRISTO E' LA NOSTRA PACE
Il documento ribadisce la ferma volonta' di "partecipare allo sforzo di
edificazione nazionale in ogni paese, e di consacrare tutti gli sforzi nella
promozione della giustizia e della pace impegnandosi a valorizzare e a
difendere i diritti umani spesso violati e banalizzati"; nonche' di "alzare
la voce con autorevolezza ogni volta che le situazioni dovessero richiederlo
nel nome del Vangelo e della chiesa per illuminare la coscienza dei
credenti".
La prima parte, analitica, focalizza le "situazioni di conflitto in Africa"
sullo sfondo di un secolo segnato da violenze razziali, migrazioni massicce,
totalitarismi, guerre e squilibri socio-economici. "Corriamo il pericolo di
perdere la nostra identita' e la violenza rappresenta, ora, il principio
fondante delle nostre azioni"; una "violenza privatizzata" attraverso la
costituzione di gruppi armati che rappresentano una "profonda violazione dei
diritti umani e della dignita' della persona".
Quali le risposte allora? Innanzitutto un cessate il fuoco sotto l'egida
dell'Oua accompagnato da una concreta strategia di prevenzione dei
conflitti; lo sforzo di identificare attraverso il metodo del do ut des un
compromesso minimo accettabile da tutti; una reale democratizzazione che dia
la priorita' alla soddisfazione dei bisogni umani fondamentali.
Ma la vera pace e' quella donata dal "Principe della Pace"(cfr Is 9,5-6) in
risposta alle legittime aspirazioni e al grido angosciato dei popoli
africani. Tutto il continente e' chiamato alla "conversione dei cuori", al
"perdono" e alla "riconciliazione" per diventare "chiesa-famiglia di Dio,
pacificata e unita dall'amore misericordioso di Cristo".
Allora "il ventunesimo secolo vedra' l'emergere di un'Africa che vive per
se' stessa, in collaborazione con altri continenti, in un partenariato
fondato non tanto sulle materie prime grezze sfruttate in modo selvaggio e
violento quanto piuttosto sulle risorse umane degli africani capaci di
trasformare, con intelligenza e moderazione, le risorse della terra per uno
sviluppo integrale a beneficio dell'Africa e del mondo intero. E quando
giungeranno questi tempi, la globalizzazione rivestira' un significato
diverso per l'Africa".
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