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NIGRIZIA 11/2000 - L'EDITORIALE
L'Editoriale
IL CONFLITTO NELLA RETE
Dopo le belle, positive e propositive giornate del primo incontro nazionale
(Marina di Massa, 6-8 ottobre), la Rete di Lilliput, da brava rete, dovrebbe
evitare di attorcigliarsi, come spesso succede ai movimenti allo stato
nascente che continuano ad autodefinirsi fino a sfinirsi.
Sappiamo benissimo chi siamo (cittadini attivi - credenti e non, ma tutti
laici: la laicita' e' un metodo - poco o niente soddisfatti di come gira il
mondo a Nord come a Sud, tra i ricchi come tra gli impoveriti); da dove
veniamo (da associazioni e gruppi impegnati nel volontariato e attivi nel
sociale, che si occupano di finanza e di commercio etici, di cooperazione
allo sviluppo piuttosto che di ambiente.); dove andiamo (a costruire un
mondo piu' giusto, piu' in pace, piu' accogliente). E sappiamo altrettanto
bene che si tratta di confrontarsi, giorno dopo giorno, con problemi
complessi (globalizzazione, immigrazione, diritti, consumi, competizione,
informazione. ), mettendo in campo idee, tenacia, pazienza, capacita' di
aggregazione.
Si puo' avere l'impressione che la Rete, cosi' tratteggiata, sia composta di
"bravi ragazzi" che rifuggono il conflitto e, in fondo, sono rispettosi
delle regole di un gioco (il capitalismo-liberismo predatorio) che pure
affermano di non condividere nei presupposti e nei fini. Ma non e' cosi'.
Essere in conflitto con un sistema che consideriamo sbagliato e violento non
significa prendere a spallate fantomatici "palazzi d'inverno" o crogiolarsi,
imbronciati, in minoritarismi politici. Essere in conflitto significa invece
portare in superficie e rendere evidenti ai piu' (l'inerzia sociale e' uno
degli scogli con cui fare i conti) l'inadeguatezza e lo squallore del
sistema. E per farlo, per alimentare questo conflitto, per renderlo visibile
e presente ogni giorno, possiamo e dobbiamo percorrere la via della
nonviolenza. Beninteso: non e' una strada che si sceglie perche' imposta dai
rapporti di forza o in mancanza di meglio; la si sceglie perche' siamo
consapevoli che non c'e' nessun nemico da eliminare, ma piuttosto delle
persone da mettere di fronte alle loro (e alle nostre) responsabilita' per
cambiare insieme.
Se siamo convinti che la Rete e' anche un laboratorio dove i lillipuziani
maneggiano vari ingredienti, sarebbe bene non dimenticare questi tre:
nonviolenza, critica dell'informazione, fare comunita'. Dunque, nella sua
dimensione effettiva, che e' quella locale, la Rete potrebbe mettere a fuoco
al piu' presto delle strategie nonviolente, avvalendosi anche del patrimonio
di riflessione e di pratica che di certo l'arcipelago nonviolento possiede;
potrebbe monitorare cio' che la stampa racconta su argomenti rilevanti per
il territorio ed esercitare una critica serrata (chi indirizza l'opinione
pubblica? di certo anche i mass media; e allora muoviamoci); potrebbe
cominciare a chiedersi se un lillipuziano puo' accontentarsi di essere
riconosciuto come soggetto politico o non debba invece cominciare a
costruire delle comunita' fondate su relazioni interpersonali e
comportamenti economici innovativi.
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