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l'incubo americano




Altro interessante servizio di Report di Rai3.
Saluti
Joe


E-CONOMY
di: Paolo Barnard dpbarnard@tin.it




Il futuro delle umane attività produttive oggi è svelato, e si chiama New
Economy. Ce ne parlano i giornali ogni giorno, e il computer ce la porterà
in casa a passi da gigante. Un click, la connessione a Internet e siamo in
rete, con l'intera New Economy al nostro servizio. Tutto chiaro? Forse no, e
allora riprendiamo il filo del discorso dicendo che sostanzialmente il
pilastro portante della New Economy non è altro che il trasferimento in
Internet delle normali attività commerciali che abbiamo sempre svolto:
l'acquisto e la vendita di beni e servizi.

Spiego meglio: di nuovo click, tuffo in Internet, e senza spostarci di un
millimetro dal computer acquisteremo un'auto, dialogando elettronicamente
col rivenditore; faremo la spesa, specificando quanti etti di manzo o quanti
pacchetti di biscotti desideriamo senza mai dover entrare in un supermarket;
sfoglieremo e ordineremo libri di librerie all'altro capo del pianeta; ma
potremo anche iscrivere i nostri figli a scuola cliccando in qua e in là,
oppure investire in borsa, e soprattutto badare ai nostri conti stando in
salotto e dimenticandoci come è fatto uno sportello bancario... eccetera
eccetera.

Ma l'economia di Internet necessita di nuove strutture, di aziende pronte a
fornire i siti necessari e con essi tutti i nuovi servizi. E le strutture,
le aziende e i servizi stanno proliferando alla velocità della luce. Tutto
questo crea innumerevoli nuovi mestieri, grandi ricchezze; tutto questo,
infine, forma la New Economy, che sembra stia portando in America un boom
economico senza precedenti, al punto che oggi, negli Stati Uniti, si parla
di piena occupazione. E allora, siccome da sempre negli States si
sperimentano le tendenze economiche europee, non mi è sembrata una cattiva
idea saltare su un aereo... e andare a leggere il nostro futuro. Il mio
viaggio inizia nello scintillio della New Economy californiana, ma quella
luce, come vedrete più avanti, si spegnerà assai presto.

La prima opinione di questa inchiesta e' del professor Harley Shaiken, che
insegna tecnologia applicata al lavoro all'università di Berkeley in
California: "Esistono pochi dubbi sul fatto che l'economia americana stia
fiorendo, come non ho dubbi sul ruolo decisivo che la New Economy ha giocato
in questa prosperità, come dimostrano le esperienze di Seattle e della
Silicon Valley. Qui non possiamo esprimere critiche in bianco e nero:
Internet ha in sé un potere innovativo senza precedenti, e arrivo anche a
dirvi che io sono fiero dell'intraprendenza dei cervelli americani alla
guida delle varie Punto Com."

Punto Com è il nomignolo che qui viene dato alle giovani aziende della New
Economy, e deriva dal loro indirizzo Internet: Yahoo.com, Excite.com,
Travel.com e via dicendo. Sono dinamiche, innovative persino spregiudicate,
nascono e muoiono come funghi, ma vale la pena vederle più da vicino. Arrivo
dunque nella Silicon Valley, sempre in California, che è il mito della
tecnologia del futuro: non è una valle, e non ha aspetti fantascientifici,
anzi è piuttosto bruttina. E' grande come la Romagna ed è a circa due ore di
macchina da San Francisco, direzione sud. Lì visito un'azienda che veramente
riassume lo spirito e il potere della New Economy: si chiama Elance, tanto
che oggi negli Usa si parla addirittura di Elance Economy. Eric Roach,
amministratore delegato di Elance, spiega: "La storia di questa azienda
Internet parte da un singolo computer di casa nel New Jersey, con cui due
giovani lanciarono un sito Internet per offrire e vendere servizi sul
mercato del lavoro. Nel giro di poche settimane lavoravano già in venti in
una camera, e alcuni Venture Capitalists della Silicon Valley l'hanno
finanziata e trasportata in blocco qui. Elance è dunque un sito che permette
a chiunque al mondo di richiedere un servizio, e a chiunque al mondo di
fornirlo, e questa è la vera rivoluzione: lavorare senza limiti di spazio e
senza dover dipendere dalle singole economie locali." Roach proietta su un
muro del suo ufficio una schermata Internet, e continua: "Guardate questo
esempio: il sito si chiama Pyke.com, e il tizio che lo voleva mettere in
piedi aveva ricevuto un preventivo dai tecnici, qui nella Silicon Valley, di
100.000 dollari. Si è rivolto a Elance, ed ecco la meraviglia di questo
sistema al lavoro: il sito viene creato da una collaborazione fra giovani
professionisti in Yugoslavia, India, Italia, e Ucraina. Il costo finale è di
12.000 dollari, ma soprattutto sono stati messi assieme alcuni fra i
migliori talenti sulla piazza. Poi, visto che siete italiani, eccovi un caso
di Elance usato da lavoratori in Italia. Qui ci sono i preventivi in lire
per delle gare d'appalto indette da aziende di tutto il mondo, cui hanno
risposto dei suoi connazionali, che come si vede trovano persino la perfetta
conversione delle somme nella vostra valuta. Un altro caso per capire
meglio. Una ditta italiana necessita di una nuova pubblicità per suo sito
Internet: alla gara partecipano 29 diversi attori, e vince un americano.
Tutto si è svolto nel giro di 4 giorni, con la spesa di qualche breve
connessione alla rete."

Roach appare soddisfatto e anche molto fiero del suo lavoro, e a me viene
una domanda quasi d'obbligo: "Il lato oscuro di Elance potrebbe essere che
mettendo in competizione i lavoratori di tutto il mondo si finisce per
obbligarli a una gigantesca gara al ribasso del prezzo del loro lavoro. E
chi ci guadagna è sempre il committente." Il giovane manager annuisce
sorridendo e poi replica: "Lei ha fatto una domanda importante. La corsa al
ribasso è già un fenomeno della globalizzazione dei mercati tradizionali,
quelli della vecchia economia, dove le industrie si spostano nel Terzo Mondo
alla ricerca di mano d'opera a bassi costi. Noi invece abbiamo osservato che
nella New Economy, e in particolare in Elance, vincono spesso i progetti
migliori, e non quelli più economici."

Mi sposto 50 miglia più a nord, e in downtown San Francisco scovo una delle
idee più strampalate che la New Economy potesse produrre. Ma nella nuova
economia, come si è già visto, le idee possono diventare oro puro in pochi
mesi. Me ne parla una giovane donna seduta davanti al computer del suo
ufficio: " Oggi voglio cambiare shampoo, e pensate che io scenda in strada a
perdere il mio tempo in una profumeria per il solito prodotto di massa? Per
uno shampoo che non conosce i miei gusti? Che non rispecchia le sfumature
della mia filosofia di vita così come si riflettono sulla vita dei miei
capelli? No cari! Oggi io clicco su Reflect.com, e cioé la mia personale
industria di cosmetici, tutta e solo per me." Reflect.com è un'altra
lanciatissima azienda Internet la cui filosofia è succintamente spiegata dal
suo direttore delle vendite, Richard Gerstein, che sta seduto accanto a me e
alla bella giovane col problema dei capelli spersonalizzati: "Siamo convinti
che la cosmesi femminile tradizionale finisce per annientare il tesoro che
sta nella bellezza di ogni donna! Oggi noi, grazie alla New Economy di
Internet, abbiamo avverato il sogno di personalizzazione estetica di ognuna
di loro. Internet e il nostro sito permettono alle donne, primo, di
dialogare intimamente con la nostra azienda su base strettamente
individuale."

Torno alla giovane che, col sito di Reflect.com aperto davanti a sé, mi
spiega: "Per avere il mio shampoo, devo rispondere a domande sui miei
capelli, sulla frequenza delle mie docce, su che tipo d'acqua ho in casa,
quanto tempo sto al sole o all'ombra, se sono metereopatica, oppure se mi
piacciono più le fragole o le more, e così via, finché il sito mi rilancerà
la formula su misura per me."

Gerstein incalza: "Secondo, vi permettiamo di sentirvi talmente importanti
che Internet si adatterà a voi."

"Man mano che gli parlo" conferma lei, "il sito di Reflect.com muta per
adattarsi alla mia personalità. Gli racconto di me, dei miei gusti, delle
mie abitudini ed ecco che lui cambia!"

Di nuovo Gerstein: "Terzo, avrete fra le mani il prodotto giusto, voluto da
voi, nella vostra confezione personale, ed etichettato col vostro nome.
Favoloso, non è vero? Per il pagamento basta la carta di credito.
Naturalmente Reflect.com è in grado di produrre con lo stesso metodo tutta
la gamma cosmetica femminile, per non farvi mancare nulla."

Lo fermo e gli chiedo notizie sulla loro storia commerciale e lui non si fa
pregare: "Siamo la classica giovane azienda Internet che nasce nel settembre
del '99 con una partecipazione per il 65% del gigante Procter and Gamble,
mentre il rimanente pacchetto azionario viene diviso fra una Venture Capital
e alcuni dipendenti; abbiamo lanciato il nostro sito nel dicembre
successivo, e nei nove mesi che ci separano da oggi siamo cresciuti
immensamente, anche se non posso rivelarle il valore odierno di Reflect.com.
Sa cosa ha reso possibile tutto questo? E' stata la forza della nostra idea,
che ha attratto i giovani talenti della Internet Economy."

Come si è visto fin qui, i nuovi servizi, i contratti, il denaro, transitano
sulla rete alla velocità della luce, ma qui c'è un problema: come garantire
al cittadino della Internet Economy l'autenticità delle transazioni? In
parole povere, come si autorizza un pagamento su Internet? Come si firma un
contratto? Insomma, come si fa quando per firmare invece della penna si deve
usare un mouse? La risposta la cerco nel quartier generale di Verisign,
nella Silicon Valley, e cioé nel cuore dell'azienda che certifica le firme
Internet degli americani; questo, si può dire, è il grande notaio
elettronico d'America.

A parlare è Bob Pratt, esperto informatico di Verisign: "Mettiamo che il
signor Smith debba pagare il proprio avvocato per una serie di servizi;
Smith sceglie di farlo con un pagamento via Internet. In questo caso è
essenziale che il legale o la banca siano certi che la sua firma è
autentica. Il signor Smith prepara e firma l'ordine di pagamento, ma prima
di spedirlo dal computer di casa lo marchia con una chiave elettronica
privata e segreta, e quella marchiatura è di fatto la sua firma Internet.
L'ordine di pagamento, così marchiato, parte via e-mail. La banca che lo
riceve possiede una controchiave elettronica del signor Smith, che è l'unica
cosa al mondo che può permettere al cassiere di leggere il pagamento in
arrivo. Questa controchiave elettronica fu data alla banca dal signor Smith
in persona, ed è garantita da noi di Verisign. Dunque se il cassiere
riuscirà a leggere l'ordine di pagamento con la controchiave di Smith, egli
saprà con certezza che fu proprio Smith a firmarlo elettronicamente dal suo
computer di casa. " "La chiave elettronica personale, quella che Smith tiene
sul computer di casa, può essere resa anche portatile trasferendola su una
card, che rappresenta sia una comodità in viaggio, che un elemento di
sicurezza, poiché quando si è lontani dal proprio computer si vuole evitare
che qualcuno lo possa accendere e rubare la chiave personale."

Mi sposto in un altro sacrario americano della New Economy, Seattle. Questa
città ospita, fra le tante Punto Com, due aziende che a buona ragione
possono essere considerate le regine mondiali dell'economia Internet: la
Microsoft di Bill Gates e Amazon.com di Jeff Bezos.

A Seattle incontro Scott Johnston, il classico lavoratore di successo della
New Economy, uno di quelli che fanno invidia all'Europa della
disoccupazione, perché guadagna 120 milioni all'anno standosene a casa
propria con un computer, un modem, Internet e il telefono. Ma come fa?

"Innanzi tutto ho una mia pagina web che descrive cosa so fare e quanto
costo" spiega Johnston, che continua: "Un cliente può persino vedere il mio
curriculum visualizzato in immagini. Io scrivo testi per gli inserti
pubblicitari delle aziende Internet, standomene a casa, collegato alla rete
14 ore al giorno, e le aziende mi contattano attraverso la posta
elettronica. Ecco un esempio: questa è la pagina pubblicitaria di una
azienda che mi ha chiesto di riscrivere i suoi slogan. Io l'ho fatto, e li
ho mandati via Internet al cliente. Qualche correzione, e poi voilà, io ho
fatto i miei soldi, lui ha avuto il suo prodotto, e avanti con un altro
lavoro. Dovete capire che nella New Economy di Seattle c'è molto più lavoro
che personale disponibile, e posso chiedere praticamente il salario che mi
pare. Naturalmente si parla di stipendi senza tutele sociali, come pensione
e sanità, che io dovrò acquistare dai privati. Le tasse, che incidono circa
per il 28%, me le paga un'agenzia di lavoro in affitto, che incassa quello
che mi devono i clienti e poi paga me."

Sulla strada che mi riporta in albergo scorgo un giovane muratore che ha
appena finito un turno di lavoro. Lo fermo e gli chiedo che cosa ha fatto
per lui la New Economy: "Cosa ha fatto per me la New Economy?" mi risponde
togliendosi la polvere di cemento dagli occhi, "E' fantastica, qui tutti
stanno costruendo come pazzi, l'economia sta andando come un missile, e per
noi muratori è una pacchia! Seattle sta esplodendo nei suoi confini
tradizionali e infatti proprio queste sono le fondamenta di un palazzo che
ospiterà una Punto Com. Guardi, io non ho mai avuto così tanto da lavorare
in vita mia."

Incontro un altro giovane miracolato dalla nuova economia, si chiama Ed
Campodonico, ha 25 anni, ed esordisce così: "Talvolta io devo lavorare dalle
70 alle 80 ore alla settimana senza percepire un dollaro in più rispetto
alle 40 ore pattuite. Tuttavia considero questi fatti un male minore, perché
questa è la natura della New Economy."

Ed Campodonico, nasce da una famiglia problematica nell'Illinois,
studiacchia, e finisce nei militari; lascia la divisa e vaga senza meta per
finire in un istituto d'arte qualunque. All'apparenza ha un futuro di
disoccupazione quasi garantita, ma poi si ricorda di aver imparato un po' di
animazione da computer e, a Seattle, incontra la New Economy. Oggi, mi dice
Ed mentre con la fidanzata guida attraverso il quartier generale della
Microsoft, è lanciatissimo. "Così sono entrato nella grande giostra della
New Economy, dove tutto accade vorticosamente. Ho lavorato per un'agenzia di
lavoro interinale, poi ho lanciato una mia azienda che è stata risucchiata
dalla Microsoft, ma l'ho mollata; sono tornato con l'agenzia, poi mi sono di
nuovo rimesso in proprio, e ancora sono entrato in un'azienda Internet, in
cui ho cambiato due lavori nella spazio di poche settimane. Di seguito ho
lasciato l'azienda e ho lavorato per clienti privati, ma uno di questi mi ha
assunto a tempo pieno giù in città. L'ho costretto ad alzarmi lo stipendio
quattro volte, ma qui le aziende Internet fanno tali profitti che accettano
tutto, basta che gli dai un buon prodotto e che tu sia disposto a muoverti
da zona a zona."

Ed Campodonico parla di disponibilità a muoversi senza troppi problemi, e in
effetti si vede! Vive con le sue cose perennemente imballate, in attesa del
prossimo trasloco. Questo giovane rampante continua l'intervista con una
confessione a metà: "Ho già visto alcuni giovani colleghi bruciarsi, ma in
fondo le aziende si dimostrano anche comprensive con chi non sta al ritmo di
lavoro frenetico." Io obietto: "Bé, sicuramente questi non faranno una gran
carriera....."

"Non è detto," replica Ed, "i manager arriveranno alla conclusione che quel
particolare dipendente non potrà spingersi più in là di un tanto, ma ciò non
necessariamente proietta una persona meno competitiva fuori dal giro."
Abbasso la telecamera dubbioso, ma non la spengo. A quel punto la fidanzata
di Campodonico, seduta di fronte a lui, sbotta: "Ed, non dire cavolate, lo
sai benissimo che chi non ci mette una montagna di ore è fottuto!" Lui è
visibilmente in imbarazzo e non aggiunge altro.

Questa è stata la prima incrinatura ad apparire nella mia inchiesta. Ho
continuato a cercare, e il resto è venuto quasi da sé.

Stessa città, Seattle, stesso settore della nuova economia, e una domanda:
come è possibile aver lavorato 17 anni a tempo pieno per un'azienda del
calibro della Microsoft e trovarsi oggi ammalati, disabili e senza alcuna
tutela sociale? In America è possibile, e me lo conferma Diana Christian, la
protagonista dell'incredibile vicenda che segue. La incontro davanti a un
edificio della Microsoft, lei arriva con un bel cane nero. "Questo è Pasco,
il mio cane per disabili, perché io, purtroppo, ho due patologie
debilitanti. Lavoravo per la Microsoft, ma appena assunta mi ammalai di asma
cronica, e a quel tempo negli uffici ancora si poteva fumare. Ne parlai a
Bill Gates, perché le mie crisi asmatiche si facevano sempre più frequenti,
e dopo poco venni a sapere che la Microsoft avrebbe riorganizzato la sua
intera forza lavoro. Fui licenziata e immediatamente riassunta come
lavoratrice in affitto, attraverso un'agenzia. Sapete quanto mi hanno tenuta
a tempo determinato? 17 anni, senza mai versarmi i contributi previdenziali.
Furbi alla Microsoft: io mi stavo ammalando e loro avevano trovato il modo
di scaricarmi pur continuando a godere del mio lavoro."

Concludo l'intervista a Diana con questa provocazione: "All'Europa viene
spesso detto che la flessibilità, che la ricetta economica americana, hanno
prodotto la piena occupazione e una prosperità senza precedenti." Lei
risponde secca: "E' triste, perché pagherete un prezzo altissimo, perché fra
15 anni tanti di voi si troveranno conciati come me, senza pensione,
assistenza sanitaria e senza via d'uscita."

La storia lavorativa di questa donna non è per nulla un'eccezione, anzi,
sembra essere la regola nella New Economy americana, al punto che centinaia
di migliaia di lavoratori si sono rivolti a studi legali per avere
giustizia. Ne visito uno, il BSS di Seattle, al trentesimo piano di un
grattacielo d'acciaio. Mi accoglie l'avvocato David Stobaugh, che racconta:
"Diana Christian è una vittima del Permatemping: si tratta di un escamotage
delle aziende della New Economy che mira a negare ai loro dipendenti il
diritto ai contributi, che qui vanno versati alle assicurazioni private. Il
trucco funziona così: i lavoratori vengono affittati permanentemente alle
aziende da queste agenzie di lavoro interinale. Ciò significa che sulla
carta risultano in affitto per periodi limitati, ma nella realtà lavoreranno
a tempo pieno per anni nello stesso posto. Per il fisco, essi figurano come
dipendenti delle agenzie, e non delle ditte per cui effettivamente lavorano,
e le agenzie qui in America non sono tenute a versargli un singolo dollaro
di contributi. La Microsoft ancora oggi impiega così il 35% dei suoi
lavoratori a tempo pieno, risparmiando miliardi alle loro spalle. Già da
tempo al nostro ufficio legale si sono rivolti i rappresentanti di 15.000
dipendenti Microsoft e per loro conto stiamo portando avanti una
difficilissima causa contro Bill Gates e soci."

Lascio Stobaugh pensando ai pacchetti di azioni che le aziende Internet
offrono al personale con la promessa che un giorno il loro valore andrà alle
stelle. Talvolta ciò viene fatto dal vertice aziendale per far dimenticare
ai dipendenti le lunghe ore di lavoro o stipendi non proprio adeguati. A
questo proposito sentite cosa mi hanno detto privatamente i giovani
lanciatissimi di un'altra Punto Com americana: "Bé, saremo pagati un sacco
di soldi solo se questi pacchetti di azioni che ci hanno offerto frutteranno
qualcosa... se no... guardi che noi per venire qui abbiamo rinunciato a
lavori dove guadagnavamo molto di più... però ti dicono che prima o poi
saremo quotati in borsa, e allora speriamo tutti che queste azioni salgano
un bel po'! Stiamo rischiando, tutti noi!"

Tornando al fenomeno del permatemping, va detto che esso è doppiamente
pericoloso, poiché negli USA chi non figura come dipendente non è coperto
dalle leggi federali sul lavoro e non ha diritto di iscriversi a un
sindacato. Stobaugh mi aveva anche detto che tempo fa proprio nel suo
grattacielo c'era la sede di Amazon.com, quella che ha sfondato vendendo
libri su Internet, e si potevano incontrare negli ascensori due tipi di
dipendenti Amazon: quelli con la targhetta blu e quelli con la targhetta
verde. I primi figuravano come assunti in regola, i secondi, pur facendo
esattamente lo stesso mestiere e lo stesso numero di ore, erano permatemp, e
non beccavano un soldo di contributi.

Io ero venuto a Seattle anche per visitare Amazon.com, questa regina delle
aziende Internet che oggi vale in borsa migliaia di miliardi di lire,
nonostante, dicono i ben informati, non abbia mai generato profitti e abbia
già perso due terzi del suo valore. Mi interessavano anche i lavoratori di
Amazon, perché a Seattle avevo sentito cose controverse, raccontate da
Marcus Courtney, giovane leader del più innovativo sindacato d'America, il
Washtech, che è nato per tutelare esclusivamente i lavoratori della New
Economy.

Davanti a un capannone di Amazon.com Courtney spara a zero: "La faccia meno
splendente della New Economy sta proprio là dentro, dove lavorano giovani
per 8 dollari lordi all'ora, spesso senza contributi, e con la discutibile
promessa di avere un pacchetto d'azioni come incremento alla paga. Ma la
cosa affascinante è che durante il periodo natalizio, quando Amazon.com è
travolta dagli ordini, la direzione pretende che il suo personale più
qualificato si offra gratuitamente per dare una mano a impacchettare e
spedire i regali. In capannoni come questo sgobberanno fino a 70 ore alla
settimana."

Queste le affermazioni del giovane sindacalista, e purtroppo Amazon.com non
mi ha permesso di verificare alcunché. Infatti, 20 giorni prima del mio
arrivo a Seattle, Report aveva chiesto un appuntamento con l'azienda, che
era stato concordato. Negli Usa l'ufficio stampa di Amazon pasticcia
malamente e tutto quello che riescono a concedermi è una visita di pochi
minuti a un centro smistamento dove non mi permettono di fare nessuna
domanda, né di filmare alcunché di significativo.

Marcus Courtney ha ben altro da raccontarmi, e con lui mi sposto, sempre a
Seattle, nel quartier generale della Microsoft che è formato da un campus di
gigantesche proporzioni. "Qui, alla Microsoft" racconta Courtney, "solo i
dipendenti con la targhetta blu, e cioé quelli assunti in regola, godono dei
contributi previdenziali pagati dall'azienda, mente quelli che vestono la
targa arancione, pur svolgendo esattamente le stesse mansioni, si dovranno
arrangiare. Pensate che a quest'ultimi non è permesso di usare la aree
ricreative aziendali, e i loro figli non possono partecipare ai party
natalizi o alle gite premio." Mi mostra un cartello piantato ai margini di
un enorme prato e continua: "Ecco i cartelli del sistema a caste di Bill
Gates: marcano i campi da gioco per soli dipendenti, il che esclude migliaia
di lavoratori Microsoft a tempo pieno da anni. Capite che si tratta di
un'esclusione oserei dire esistenziale, dove tu, lavoratore affittato devi
sapere che non hai accesso alle sfere sociali di coloro che invece ce
l'hanno fatta."

Anche alla Microsoft Report aveva inviato una richiesta per effettuare
interviste, ma non abbiamo mai ricevuto alcuna risposta.

Le agenzie per il lavoro in affitto esistono anche in Italia, e una delle
più note si chiama Adecco. Negli uffici del sindacato Washtech clicchiamo
sul sito italiano di questa agenzia e leggiamo il testo che appare. Esso
recita: "Vuoi lavorare? Puoi lavorare, il lavoro temporaneo è la soluzione.
Noi ti spieghiamo che cos'è, quali sono i vantaggi e i tuoi diritti." Il
sito offre anche una panoramica della legislazione italiana in materia.
Chiedo a Marcus Courtney un suo commento: "Sarei curioso di sapere fra 10
anni come saranno cambiate in Italia le condizioni di impiego dei lavoratori
in affitto. Ho personalmente lavorato per Adecco, che però negli Usa non è
tenuta a pagare un singolo dollaro di contributi."

Torno dal professor Shaiken, quello che all'inizio di questa inchiesta aveva
confermato il boom dell'economia americana, e adesso lui puntualizza: "Gli
Europei dovrebbero evitare gli errori che sono stati fatti qui 10 anni or
sono, quando la flessibilità è divenuta la parola d'ordine. A cosa ha
portato? I dati ci raccontano di un' enorme ricchezza prodotta, ma non
goduta dalla maggioranza dei lavoratori del settore privato, e infatti il
loro stipendio medio è più basso oggi che nel 1973, mentre abbiamo 50
top-manager della New Economy che valgono 5 volte di più del reddito annuo
di 33 milioni di famiglie americane. Preoccupa che oggi in America il
maggior datore di lavoro non sia la Ford, o la Coca Cola, ma ManPower, che è
un'agenzia di lavoro in affitto."

A questa sfilza di dati allarmanti si aggiunge la testimonianza di Thomas
Palley, economista del più grande sindacato d'America, l'AFL-CIO: "La piena
occupazione americana non deve essere presa alla lettera. Vi spiego come
viene calcolato qui il tasso di disoccupazione, che oggi è dato al 4% circa.
Primo, si contano i nuclei familiari, e si vede chi lavora e chi no. Ma
l'ultimo censimento non ha incluso una vasta quantità di famiglie etniche
delle periferie urbane, dove la disoccupazione è endemica. Secondo, per
essere definito disoccupato il cittadino deve aver cercato lavoro nelle
ultime 4 settimane, ma anche qui esistono masse di individui che non hanno
cercato per mesi. Infatti il Bureau Nazionale delle Statistiche sul Lavoro
indica un tasso di disoccupazione reale in America del 7%."

Le ombre della New Economy cominciano a mostrarsi una dopo l'altra, e sono
evidenti soprattutto nella Silicon Valley, dove torno in piena notte per
prendere un autobus.

Ore una del mattino, autobus notturno numero 22, capolinea Menlo Park e Palo
Alto, Silicon Valley. Sui suoi sedili, ogni notte, dorme un'umanità
dignitosa ma estrema, fatta di lavoratori pienamente occupati che qui, nel
tripudio della New Economy, non riescono più a mantenersi. Hanno tutti una
valigia o uno zaino, sono puliti e silenziosi. Quello che li ha ridotti a
non potersi più permettere un letto decente è il costo della vita, che va
alle stelle ovunque arrivi la nuova economia. Salgo alla fermata 37, e siedo
accanto a un uomo ben vestito che mi sorride. Gli dico: "Ho saputo in Italia
dell'esistenza di questo autobus e dei suoi occupanti. Siete piuttosto unici
come storia, lo sapeva?"

"No," ribatte lui, "quello che so è che questa carretta la chiamano l'hotel
22... Io lavoro come tecnico della manutenzione in una Punto Com. Prima
stavo in una camera senza bagno per 700 dollari al mese, ma non ce l'ho più
fatta. Se almeno queste aziende Internet reinvestissero un piccola parte dei
miliardi che fanno per case popolari, tanti di noi potrebbero tornare a
vivere da umani."

Prima sosta, sono le tre del mattino, scendiamo perché dobbiamo attendere il
prossimo autobus. Sul marciapiede un altro viaggiatore apre la sua valigia e
inizia a cambiarsi la camicia. Mi guarda, ride e poi aggiunge: "Devo
riuscire a tenermi in ordine e decentemente vestito durante la notte; uso i
bagni di McDonald e le lavanderie a gettone, perché ci tengo che al lavoro
non si sappia dove dormo."

Una giovane ragazza, sui 25 anni, si accende una sigaretta nel buio e
annuncia: "Adesso arriva Linda, il nostro angelo della notte, l'autista che
ci fa stare su senza problemi. Ci conosce da un pezzo e ci vuole veramente
bene, sa?... Anch'io vivo all'hotel 22, non so se l'ha capito. Oggi poi che
io sono in malattia, non retribuita, bé, su quell'autobus ci faccio
veramente conto."

Linda, l'angelo della notte, è una signora americana dall'aspetto
rassicurante e benevolo. Mentre guida il suo autobus le chiedo di
raccontarmi ciò che vuole. Lei sorride e parla brevemente: "Li lascio in
pace, poveri diavoli, non sarò certo io a cacciarli dall'unico "hotel" che
li accetta. Pensi che alcuni di loro vivono qui da anni. Nella Silicon
Valley chi non lavora nella New Economy sa bene che uno scarto nello
stipendio potrebbe significare la differenza fra un letto e un sedile su
questo autobus."

La mattina seguente mi sposto a San Jose, un'altra cittadina della Silicon
Valley, dove può anche accadere di lavorare per il check in di una grande
linea aerea e di dover dormire in un rifugio per "senza fissa dimora".
Un'altra storia, quella di Anthony, per nulla anormale, qui.

"Questo è un quartiere tipico di San José" racconta Anthony mentre mi porta
in giro per le strade della città sulla sua auto, "è tipico dell'arrivo
della New Economy: qui il mio affitto è passato da 600 a 2000 dollari al
mese in un battibaleno. Io vivevo in quella casa laggiù, all'angolo della
strada, e l'ho dovuta lasciare. Vi sembra una casa di lusso per caso? Sono
passato a una singola stanza, e poi sono finito al rifugio. Spesso mi chiedo
se devo emigrare, ma perché devo farlo? Il fatto è che la soglia di reddito
minimo per vivere a San José è di 70.000 dollari all'anno lordi, oppure
bisogna lavorare per non meno di 20 dollari all'ora. Io ne percepisco 6, e
dunque si fa presto a fare i conti."

Lascio la California. Mi aspetta la Pennsylvania, e cioé l'America delle
grandi industrie dei metalli e dei motori. Al Gore, candidato democratico
alla presidenza degli Stati Uniti, sbuca inaspettatamente davanti alla mia
telecamera mentre, a Pittsbourg, sto filmando la parata della festa
nazionale dei lavoratori. C'è anche Jessie Jackson, con il gotha del
sindacalismo americano. Qui, e cioé nella Pennsylvania produttrice di
acciaio, nell'epicentro della vecchia economia industriale, Al Gore veste la
maglietta di circostanza e il suo comizio non esalta certo la New Economy,
che qui non sembra aver mantenuto le sue promesse. Infatti nulla ha
rimpiazzato le immense fonderie che hanno chiuso i battenti una dopo
l'altra.

La prima testimonianza la raccolgo da Thomas Croft, il battagliero
presidente dalla Steel Valley Authority, un' istituzione che tutela gli
interessi dei lavoratori dell'acciaio: "Mentre si parla di miracolo
economico e tutto il mondo guarda ammirato la Silicon Valley, le aree del
Paese che hanno costruito l'America sono spesso ridotte come si vede alle
mie spalle" dice Croft mentre mi porta a spasso in una cittadina abbandonata
e derelitta. "E' da città come queste che è venuto il metallo che ha fatto
l'Empire State Building a New York, che ha fatto la Ford e la General
Motors. Qui la gente sapeva lavorare a turni 24 ore su 24, qui hanno girato
il Cacciatore, con Robert De Niro: sì, anche oggi sembra un set, ma un set
del Terzo Mondo. Il sogno della New Economy qui è sfumato in allucinazione."

Torno alla parata della festa nazionale del lavoro in centro a Pittsbourg, e
non potevo trovare occasione migliore per sondare gli umori dei lavoratori
della vecchia economia sulla New Economy.

Parla un ex capo turno di una grande acciaieria: "Non vi fate ingannare
dalle promesse dei miracoli economici. I lavoratori di questo Paese stanno
tornando a lottare, lottiamo qui, in Canada, in Messico, e prima che i
nostri sindacalisti arrivino da voi a pregarvi di non seguire il nostro
modello, ve lo voglio dire io: non fatelo, noi ci siamo cascati, 20 anni fa,
guardate bene chi c'è qui oggi, guardate cosa c'è dietro la cosiddetta piena
occupazione americana."

Vedo un gruppo di anziani che sfilano portandosi dietro i trespoli delle
fleboclisi, e chiedo a uno di loro di spiegarmi quella singolare protesta:
"Siamo ammalati e voglio dirle che trent'anni fa l'economia americana ci
permetteva di pagarci la sanità e soprattutto le ricette mediche di tasca
nostra; oggi ci troviamo nella condizione di dover spesso scegliere se
acquistare i farmaci o la roba da mangiare...letteralmente."

C'è un banchetto gestito da donne che sfoggiano un gigantesco cartello che
recita "Vogliamo sopravvivere, almeno sopravvivere!". Mi avvicino, e questo
è cio' che mi viene detto: "Stiamo lottando per promuovere negli Stati Uniti
il diritto a uno stipendio di sopravvivenza, capite? Altro che New Economy.
Abbiamo ottenuto l'adesione di 36 contee e questo dimostra che una larga
parte della piena occupazione di cui si parla qui non è altro che una massa
di lavoretti con cui è impossibile sopravvivere."

Quest'ultima affermazione mi viene confermata da una ragazza che sfila in
corteo mostrando la sua laurea incorniciata. Chiedo anche a lei di spiegare:
"Dopo il college sono stata costretta a fare due lavori: l'insegnante
ausiliaria di giorno, e la paninara di sera. Mi pagano 5 dollari e mezzo
all'ora senza contributi di alcun tipo. Lavoro una media di 50 ore la
settimana, talvolta arrivo a 60 ore, e per le statistiche io risulto essere
pienamente occupata; ma così non riesco a campare."

Mi imbatto in un big del sindacalismo USA, George Becker, dell' United Steel
Workers of America. Becker, capelli bianchi e volto da attore, protesta con
decisione: "C'è stata una perdita tremenda di posti di lavoro nelle zone che
tradizionalmente facevano da motore alla vecchia economia; il numero esatto
è di 336.000 posti in meno nel solo 1998, posti che la New Economy non ha
assolutamente rimpiazzato, se non con lavori alla fast food."

Chiedo conferma di questo disastro economico a una ricercatrice della
facoltà di economia dell'università della Pennsylvania, la dottoressa Sabina
Deitrick, che conferma tutto, e aggiunge: "Ciò che ricaviamo dalle nostre
ricerche è che La New Economy necessita di infrastrutture specificamente
modellate a sua misura, e non per nulla l'esplosione americana è avvenuta in
zone già predisposte, come Seattle o la Silicon Valley. Nei santuari della
vecchia economia, e voi europei ne siete pieni, stenterà a decollare per
diverso tempo. Qui è accaduto proprio questo."

La mattina seguente concludo la visita in Pennsylvania accompagnando Thomas
Croft in quello che mi appare come un enorme centro commerciale. Saliamo su
un ponticello che collega due capannoni e Croft mi spiega il motivo di
quella escursione: "Questo è un esempio di come è avvenuta la riconversione
dalla vecchia economia industriale alla nuova. Qui sorgeva un complesso
siderurgico immenso, di cui laggiù rimane un monumento alla memoria.. .lo
vede quel pontone d'acciaio là in fondo? Oggi quest'area è stata trasformata
in centro commerciale con la perdita di 6000 posti di lavoro, che saranno
sostituiti da impieghi nel settore dei servizi, pagati 6 dollari e mezzo
all'ora contro i 20 di prima." Croft sorride amaramente e si congeda da me
senza aggiungere altro.

Questo viaggio termina a Washington, dove ho cercato un parere, autorevole e
il più possibile imparziale, su quanto ho visto finora. L'ho trovato in un
rapporto del General Accounting Office, organo del Congresso degli Stati
Uniti, il cui titolo lascia spazio a pochi dubbi. Recita infatti: Lavoratori
atipici, i loro redditi e le loro tutele previdenziali sono inferiori a
quelli del resto della forza lavoro. L'ultima parola la do alla studiosa che
l'ha redatto.

"Abbiamo analizzato i cosiddetti lavori atipici, flessibili, in affitto e
interinali, su richiesta di due senatori, Edward Kennedy e Robert
Torricelli, che erano preoccupati per le condizioni socio economiche di
questi lavoratori. Abbiamo scoperto che essi non solo guadagnano di meno
delle loro controparti tradizionalmente assunte, ma godono anche di una
assai minore tutela previdenziale. Inoltre il fatto che le aziende spesso
non forniscano assicurazione sanitaria ai lavoratori atipici comporta una
serie di ripercussioni negative sul bilancio. Infatti, il governo federale
fornisce assistenza sanitaria pubblica solo a certe categorie di cittadini,
soprattutto anziani e poveri, da cui questi lavoratori, in prevalenza
giovani, sono esclusi. Essi, in caso di malattia, o non si curano oppure
scaricano sul bilancio federale i costi delle terapie. Questo è veramente un
problema. Il nostro studio dimostra che la nascita di una forza lavoro
flessibile e atipica è positiva solo se l'economia nazionale era già forte,
come è il caso in America, e solo se i lavoratori hanno una vera scelta fra
l'impiego fisso e quello atipico."



Link suggeriti:
www.gao.gov
www.washtech.org
www.aflcio.org






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    and I will answer you and will tell you great and hidden things
       which you
           have not known." - Jeremiah 33:3