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NIGRIZIA 10/2000 - PAROLE DEL SUD
PAROLE DEL SUD
di Tissa Balasuriya
GESÙ DOMINUS O SERVUS?
In questi ultimi giorni ho ricevuto due documenti vaticani: il primo si
intitola Dominus Iesus e arriva dalla Congregazione per la dottrina della
fede (Cdf), guidata dal cardinale Joseph Ratzinger; il secondo è leggibile
in Pro Dialogo (2000/1), organo ufficiale del Pontificio consiglio per il
dialogo interreligioso (Pcdi) presieduto dal cardinale Francis Arinze: si
tratta di un rapporto sull'assemblea svoltasi a Città del Vaticano, giusto
un anno fa, con circa 200 partecipanti provenienti da 50 paesi e in
rappresentanza di una ventina di religioni.
Si può commentare in molti modi - citando i padri della chiesa, la cura di
Dio per il creato, la storia umana e la liberazione dell'uomo, la volontà di
Dio per la salvezza universale e per la giustizia per tutti, i sacramenti, l
'ecumenismo. - la recente dichiarazione della Cdf: i suoi presupposti e la
terminologia filosofica, la teologia trinitaria e la sua comprensione della
"ispirazione divina". Mi riferirò solamente, per motivi di spazio, all'
impatto di questi documenti sul dialogo interreligioso, specialmente in
Asia, così ricca di religioni e di culture. I due documenti offrono un
approccio ben diverso.
DOMINUS IESUS PERICOLOSA
La dichiarazione Dominus Iesus è un approccio teoretico e dogmatico alle
relazioni interreligiose. Inizia con un'affermazione sull'unicità e la
superiorità del cattolicesimo, e la necessità della chiesa cattolica per la
salvezza di tutta l'umanità. Rivendica alla chiesa il possesso della verità
assoluta in materia religiosa, e alla Bibbia di essere l'unica parola
ispirata da Dio. Solo i cristiani hanno una «fede teologale", per il dono
della grazia di Dio; gli altri hanno al massimo una «credenza», sostanziata
da "tesori umani di saggezza e di religiosità" (n. 7).
"Se è vero che anche i seguaci delle altre religioni possono ricevere la
grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione
gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella chiesa,
hanno la pienezza dei mezzi salvifici"(n. 22). Si dice che il primo
obiettivo del dialogo interreligioso è "l'annuncio della necessità della
conversione a Gesù Cristo attraverso il battesimo e gli altri sacramenti"Il
dialogo interreligioso viene visto come parte della missione
evangelizzatrice della chiesa, che quindi "deve essere impegnata
primariamente ad annunciare a tutti gli uomini la verità, definitivamente
rivelata dal Signore, e a proclamare la necessità della conversione a Gesù
Cristo e all'adesione alla chiesa attraverso il battesimo e gli altri
sacramenti, per partecipare in modo pieno alla comunione con Dio Padre,
Figlio e Spirito Santo". Questa può essere la conclusione di una
dichiarazione sulla teologia dogmatica così come si è evoluta all'interno
della chiesa cattolica. La dichiarazione cita numerosi documenti, del papa e
della stessa Cdf. Mette in guardia contro il relativismo, il sincretismo e l
'indifferentismo, ma non affronta i problemi del dialogo interreligioso nel
mondo reale.
Quando ho mostrato, qui in Sri Lanka, questa dichiarazione ad alcuni
credenti di altre religioni, persone ben disposte al dialogo, mi hanno
detto: "Non ci interessa più questo tipo di dialogo, il cui fine ultimo è la
conversione al cattolicesimo". Trovano che la Dominus Iesus li tratti come
minus habentes (gravemente deficienti, nel senso letterale) nei riguardi
della salvezza. Viene presentato un Dio che privilegia i battezzati. Queste
persone di buona volontà vedono che i cattolici dialogano da una posizione
di superiorità e di particolare amicizia con Dio, avvalendosi della
conoscenza dei segreti del mistero della vita umana e del suo destino. Non
possono nutrire un serio desiderio di dialogo con i cattolici se le loro
religioni non vengono riconosciute per la loro dignità intrinseca. E
aggiungono che, se si arroccassero a loro volta su simili posizioni
dogmatiche, probabilmente nessun dialogo avrebbe più senso. Sono soddisfatti
della loro vita religiosa, non avvertono il bisogno di convertirsi alla
chiesa cattolica.
Domandano inoltre: come si sono comportati in passato i cristiani, i
privilegiati di Dio, nelle nostre terre? E come si comportano oggi a
proposito di giustizia e pace, corsa agli armamenti, aids, diseguaglianza,
globalizzazione.?
Per loro è proprio questo modo di interpretare Gesù come necessario e
universale salvatore a condurre agli eccessi del fondamentalismo cristiano
in alcuni paesi asiatici. E sospettano che l'attuale violenza contro i
cristiani in India, Pakistan e Indonesia sia in parte dovuta proprio all'
attività missionaria fondamentalista dei cristiani. È uno scontro tra
opposti fondamentalismi di religioni diverse che non si rispettano.
COSTRUIRE INSIEME LA CIVILTÀ DELL'AMORE
Il documento del Pontificio consiglio per il dialogo affronta invece i
problemi della vita in un mondo in crisi di civiltà, nel quale la religione
ha il dovere di collaborare per promuovere quella che il papa chiama la
"civiltà dell'amore". L'assemblea dell'ottobre 1999 ha visto il dialogo
interreligioso come "la via a tutti accetta di collaborare in vista della
formazione di una società migliore per l'umanità". Ha riflettuto sui mali e
le sofferenze del mondo per affermare: "Noi siamo consapevoli di alcune
urgenti necessità:
. affrontare insieme, con responsabilità e coraggio, i problemi e le sfide
del nostro mondo moderno (povertà, razzismo, inquinamento ambientale,
materialismo, guerra e proliferazione delle armi, globalizzazione, aids,
mancanza di cure mediche, tracollo della famiglia e della comunità,
emarginazione delle donne e dei bambini);
. lavorare insieme per affermare la dignità umana come fonte di diritti
umani e dei corrispondenti doveri, nella battaglia per la giustizia e la
pace per tutti;
. creare una nuova spiritualità, per tutta l'umanità, in accordo con le
tradizioni religiose in modo che possa prevalere il principio del rispetto
della libertà religiosa e della libertà di coscienza.
Siamo convinti che le nostre tradizioni religiose hanno le risorse
necessarie per superare le divisioni che osserviamo nel mondo e per
accelerare reciproca amicizia e vicendevole rispetto tra i popoli". Inoltre
"c'è bisogno di un particolare rispetto dell'altrui autodefinizione della
propria identità religiosa. Le persone possono essere spinte ad affidare la
propria fede ad altri soprattutto attraverso lo stile di vita, la qualità
delle loro azioni e la loro cura per gli altri. Ci rallegriamo per avere
fatto del nostro meglio per capirci veramente l'un l'altro e perché ci
esprimiamo nell'amore e nel rispetto".
Il papa nel suo discorso all'assemblea, il 28 ottobre, espresse la sua
immensa gioia per lo sviluppo delle relazioni interreligiose, in modo
particolare a partire dall'incontro di Assisi del 1986, ed incoraggiò il
progresso di un tale dialogo e pratica nell'interesse dell'umanità.
"Il compito che abbiamo davanti è dunque quello di promuovere una cultura
del dialogo. Individualmente e insieme, dobbiamo mostrare come il credo
religioso ispiri la pace, incoraggi la solidarietà, promuova la giustizia e
sostenga la libertà. Una maggiore stima reciproca e una fiducia crescente
devono condurre a una comune azione ancora più efficace e coordinata, in
rappresentanza della famiglia umana. L'insegnamento e l'esempio di Gesù
Cristo hanno dato ai cristiani il senso della fratellanza universale (sic)
di tutti". La consapevolezza che lo Spirito di Dio lavora dove vuole
(Giovanni 3,8) ci impedisce di tranciare giudizi affrettati e pericolosi,
perché tale consapevolezza ci chiama ad apprezzare quanto giace nascosto nel
cuore degli altri. Ciò apre la strada alla riconciliazione, all'armonia e
alla pace. Da questa consapevolezza spirituale sgorgano la compassione e la
generosità, l'umiltà e la modestia, il coraggio e la perseveranza. Di queste
qualità l'umanità ha bisogno oggi più che mai, nel momento in cui si muove
verso il nuovo millennio".
Quando ho mostrato questo secondo documento a credenti di altre fedi,
notando la partecipazione e il ruolo della chiesa cattolica questi sono
rimasti colpiti e incoraggiati a continuare a lavorare insieme per il nostro
comune obiettivo della "civiltà dell'amore". E desideravano che documenti
come questo fossero meglio diffusi e conosciuti nei loro paesi.
Il papa e gli altri cattolici che hanno preso parte alla citata assemblea
convocata dal cardinale Arinze, hanno preso una posizione ben diversa sulle
altre religioni e sul dialogo. Sono profondamente rispettosi, considerano le
altre religioni un segno della presenza del Divino; le reputano partner
necessari nella ricerca di un mondo più giusto e pacifico. Allo stesso modo
le centinaia di partecipanti a quell'assemblea hanno visto le religioni come
partner necessari e preziosi nella costruzione di comunità umane nei loro
paesi e nel mondo intero.
OPPOSTI PARADIGMI
Ci troviamo dunque di fronte a due diversi paradigmi teologici per
interpretare Gesù Cristo e la missione della chiesa. Nel primo, la chiesa è
stata ed è il principale obiettivo della missione. Gesù è visto come il
salvatore universale, il Signore che domina su tutto. Nel secondo, il
principale obiettivo della chiesa è la promozione dei valori del Regno di
Dio insegnati da Gesù. Gesù è visto piuttosto come colui che è venuto per
amare e servire, mite e gentile, liberatore dell'umanità, portatore dei
valori del Regno di Dio sulla terra.
Questi due paradigmi, che citano testi biblici diversi in proprio favore,
conducono a modalità differenti di presenza cristiana nel mondo; a
interpretazioni differenti degli obiettivi e dei metodi della missione; a
modi differenti di relazioni con le persone di altre fedi e altre
convinzioni.
Si tratta di un dibattito che continua, che coinvolge la chiesa nel suo
insieme e che non è ancora stato risolto né in teoria né in pratica, come si
vede leggendo i due documenti. Forse il dialogo più significativo deve
avvenire all'interno della stessa chiesa cattolica, tra i due dicasteri
vaticani (Cdf e Pcdi) con i rispettivi cardinali presidenti. Il papa
potrebbe essere trascinato in opposte direzioni da questi diversi organi
curiali.
Possiamo intanto dire che la Dominus Iesus, per quanto giustificata possa
essere dal nostro punto di vista, è un non-inizio di dialogo interreligioso
significativo. Può essere addirittura pericolosa, in quanto ferisce le altre
persone con cui viviamo e camminiamo, e con cui condividiamo il nostro
essere.
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