Africanews ITA - Aprile 2000 - D



AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.25  - APRILE  2000


Africa
Dov'e' il rinascimento africano?
di Hassan Galana


Nel 1998 si e' parlato molto di un 'rinascimento africano'. Un
concetto che ha generato ottimismo. Ma un anno piu' tardi i politici
che lo avevano promosso appaiono incapaci di gettarne le basi in
maniera efficace.


Una settimana prima di Natale, nel clima di eccitazione generata dal
millennio alle porte, un golpe piuttosto prevedibile ha avuto luogo in
Costa d'Avorio. Il generale Robert Guei, ex Capo di stato maggiore, e'
tornato sulla scena politica e ha rovesciato il governo civile di
Henri Bedie, mandandolo in esilio. Missione di Guei: salvare il paese!
Anche se molte persone sono rimaste atterrite dal golpe, per la
maggioranza del paese e' stato benvenuto. Al di la' del golpe, se si
guarda piu' da vicino alla questione, il rovesciamento del potere non
e' stato una sorpresa. E' stato, al contrario, il finale perfetto di
un anno in cui, secondo il rapporto sul mondo per il 1999
dell'organizzazione Human Rights Watch di New York, l'Africa e' stata
"intrappolata tra un sogno e un incubo."

Un anno prima, nel 1998, il continente era stato elogiato perche'
mostrava di avere compiuto un cambiamento di marcia senza precedenti.
Ma l'anno dopo l'Africa ha invertito la rotta, in direzione
dell'abisso. Dice il rapporto: "il tanto elogiato 'rinascimento
africano', un'equazione a tre incognite in cui fiorirebbero
democrazia, cultura e crescita economica, sembra essere ridotto in
brandelli. Il rendimento economico in calo, un freno al processo di
democratizzazione e ad altre riforme che riguardano i diritti umani, e
un aumento delle tensioni nazionali e regionali hanno invece
minacciato buona parte del continente.

In questi due anni, dice il rapporto, e' scoppiata una nuova guerra
nella Repubblica democratica del Congo (Rdc).E' stato un conflitto che
ha coinvolto paesi tanto distanti quanto il Ciad e lo Zimbabwe.
Purtroppo non e' stata l'unica guerra. Nuovi conflitti hanno
minacciato l'Etiopia, l'Eritrea, la Guinea-Bissau, la Sierra Leone e
persino il piccolo Lesotho. Per non parlare delle guerre di lungo
termine in Angola e Sudan. Tutto cio' ha minato alla base lo slogan di
'soluzioni africane per problemi africani', che comportava un nuovo
paradigma che racchiudeva diverse qualita': impiego di risorse locali,
coinvolgimento degli attori locali e razionalita' economica. Purtroppo
"la leadership africana ha piu' volte tentennato quando si e' trattato
di trovare delle soluzioni per i gravi problemi economici e di diritti
umani del continente," dice il rapporto. I leader di paesi che
avrebbero potuto svolgere un ruolo maggiore come la Costa d'Avorio,
adesso in conflitto, il Ghana, il Kenya, la Nigeria, il Senegal e il
Sud Africa si sono mostrati inefficaci. Anche i meccanismi
continentali come l'Organizzazione dell'unita' africana (Oua) sono
stati comunque incapaci di raccogliere la volonta' politica o le
risorse economiche necessarie per fare fronte a queste crisi.

Eppure, bene o male, i governi africani sono stati in grado di
mobilitarsi e di intervenire quando sono scoppiati degli scontri in un
paese vicino. In Africa occidentale le truppe Ecomog, guidate dalla
Nigeria, hanno riportato il governo civile in Sierra Leone, mentre le
stesse truppe erano di stanza in Liberia per l'ottavo anno
consecutivo. Le truppe senegalesi e guineane sono intervenute anche in
Guinea Bissau, e in nome della Comunita' per lo sviluppo dell'Africa
del sud (Southern African development community - Sadc) il Sud Africa
e il Botswana hanno inviato truppe nel Lesotho per salvare un governo
che era sull'orlo del crollo.

Ma questi interventi sbiadiscono se confrontati con cio' che stava
accadendo nella Rdc. Il coinvolgimento regionale in quel paese ha
minacciato di dilaniare le regioni centrali e meridionali dell'Africa
quando una mezza dozzina di paesi si sono schierati in maniera diversa
nel conflitto. Il rapporto ne fornisce la spiegazione: "Nonostante si
fosse reso evidente che le vecchie regole non si sarebbero piu' potute
applicare, delle regole nuove che fornissero una base ragionevole per
la stabilita' della regione non erano ancora state definite. Il
risultato e' stato che gli obiettivi degli interventi erano distorti
dalla visione a breve termine che ogni governo aveva di quello che
riteneva il proprio interesse nazionale. Sono state convocate in tutta
fretta riunioni dei leader per gettare acqua sugli incendi, ma non e'
stato programmato niente di serio sul lungo periodo, ne' sono state
intraprese azioni effettive che affrontassero i problemi dell'Africa
al livello del continente e che cercassero di prevenire un'altra crisi
come quella del Congo."

Il fallimento di maggiori proporzioni e' stato quello del Meccanismo
per la prevenzione, la gestione e la risoluzione dei conflitti
dell'Oua, che e' rimasto inattivo e scarsamente sperimentato. Anche
l'organismo della Sadc per la politica, la difesa e la sicurezza si e'
mostrato incapace di intervenire a causa delle divisioni tra il Sud
Africa e lo Zimbabwe riguardo l'intervento nella Rdc, e il dibattito
nella Comunita' economica degli stati dell'Africa occidentale
(Economic community of West African states - Ecowas) per l'istituzione
permanente di una forza di pace nella regione non ha prodotto nessun
tipo di azione.

I disordini nella Rdc, cosi' come il conflitto di frontiera tra
Etiopia e Eritrea hanno anche mostrato la rapidita' con cui la
cosiddetta 'nuova stirpe di leader' di Uganda (Yoweri Museveni),
Ruanda (Paul Kagame), Etiopia (Meles Zenawi), Eritrea (Isayas
Afewerki) e Repubblica Democratica del Congo (Laurent Kabila) ha perso
il suo lustro. Questa ombra ha sollevato dubbi sull'effettiva
capacita' di qualunque uomo forte dispotico di contribuire a una
rinascita africana nel lungo periodo. Il documento osserva:
"Nonostante il fatto che tutti questi leader avessero sostituito
regimi brutali e corrotti, e nonostante tutti i loro discorsi sulla
solidarieta', i loro interessi divergevano in maniera evidente,
raggiungendo a volte lo scontro aperto tra ex compagni d'armi."

Al di la' dei fronti di guerra, la valutazione del processo di
democratizzazione nel continente ha continuato a essere dominata da
banchi di prova fuorvianti, come il fatto che si tenessero 'elezioni
pluripartitiche'. I brogli elettorali, le irregolarita' procedurali,
il ritiro dei partiti di opposizione, i boicottaggi sono proseguiti, e
le operazioni elettorali viziate, apparentemente progettate al fine di
assicurare la vittoria al partito in carica, hanno continuato a essere
un motivo di crisi profonde. Crisi di questo tipo sono scoppiate in
Lesotho, Togo e Mali.

In paesi quali l'Angola, il Burkina Faso, il Camerun, il Ciad, la
Costa d'Avorio, la Guinea Equatoriale, il Gabon, la Gambia, la Guinea
Bissau, il Kenya, il Niger, la Tanzania, il Togo, la Zambia, e lo
Zimbabwe, dove il panorama politico e' stato storicamente dominato da
strutture legate a un partito unico, sono state mantenute delle
restrizioni sull'ingresso e la partecipazione nella vita politica.
Questo e' avvenuto nonostante la liberalizzazione dei sistemi a
partito unico di questi paesi: i partiti di opposizione sono rimasti
sostanzialmente in una posizione di svantaggio, e le autorita' hanno
continuato a abusare e imprigionare i loro oppositori.

In Sudan ad esempio, un ritorno dei partiti politici vietati dal golpe
del 1998 e' stato impedito quando una clausola fondamentale nella
proposta di Costituzione e' stata modificata dal leader del Fronte
islamico nazionale Hassan al Turabi. La legge ha sostanzialmente
ridotto ogni speranza di una autentica transizione verso la
democrazia. In Liberia, il neoeletto governo di Charles Taylor ha
mostrato una crescente inolleranza nei confronti dei suoi oppositori,
mentre il presidente della Zambia, Fredrick Chiluba ha continuato a
tradire il nome del suo partito, il Movimento per una democrazia
pluripartitica. La situazione era uguale anche in Kenya e in Zimbabwe.
Dice il rapporto: "Sia in Kenya che in Zimbabwe il governo era nel
pieno di una crisi di fiducia riguardo la sua capacita' di gestire
l'economia, e ambedue (i presidenti) Daniel arap Moi e Robert Mugabe
sembravano avere optato per una combinazione di carota e bastone: fare
concessioni politiche e economiche limitate, avventandosi allo stesso
tempo contro alcuni dei loro critici piu' virulenti."

La guerra civile, spesso generata da violazioni dei diritti umani di
lunga data, e alimentata da armi fornite dall'esterno, ha minacciato
molti paesi e ha provocato migrazioni forzate di grandi dimensioni. Le
notizie piu' devastanti sono giunte dalla Sierra Leone, dove i civili
sono stati mutilati, stuprati e uccisi dalle forze ribelli. "I bambini
sono stati vittime di violazioni sostanziali di diritti umani a opera
di ambedue le parti in conflitto, sia prima che in seguito al ritorno
al governo del Presidente Ahmed Tejan Kabbah. Le forze ribelli che
combattevano il governo hanno rapito un numero imprecisato di bambini,
usandoli come lavoratori, combattenti, e, nel caso delle bambine,
abusandone sessualmente. C'erano molti bambini soldato tra i
combattenti delle forze ribelli, e nonostante le promesse del governo
di smobilitare tutti i combattenti sotto i diciotto anni di eta', gli
alleati di governo hanno continuato a reclutare bambini almeno fino a
luglio," afferma il rapporto.

Neanche i media sono stati risparmiati. I media controllati dallo
Stato hanno continuato a essere usati come strumenti di propaganda
nella maggior parte dei paesi, e la televisione e la radio sono
rimaste saldamente sotto il controllo governativo. Le autorita' hanno
continuato a minacciare i giornali critici e le stazioni radio
indipendenti che sfidavano gli abusi del governo. Questa situazione ha
costretto i giornalisti a praticare l'autocensura.

Ci sono pero' state delle eccezioni. Il processo di transizione in Sud
Africa e' rimasto in piedi, nonostante qualche difficolta'. Allo
stesso tempo la democrazia in Botswana e in Mauritius e' rimasta
stabile, e questi paesi sono sopravvissuti come isole nella turbolenza
della regione. Benin, Ghana, Malawi, Mali e Mozambico, di recente
democratizzazione hanno proseguito in quella direzione, nonostante la
strada sia a tratti accidentata. Solo queste sono le storie che
possono essere considerate le storie di successo dello scorso anno.

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