Africanews ITA - Aprile 2000 - C



AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.25  - APRILE  2000


Kenya
Carcerati, AIDS e preservativi
di David Kuria


Mentre l'epidemia di Aids continua a falciare altre vite, in Kenya
c'e' un dibattito acceso sull'uso del preservativo, in cui alcuni
gruppi sostengono che non sia etico e che incoraggi la promiscuita'.
Allo stesso tempo, i carcerati muoiono della malattia poiche'
praticano l'omosessualita'.


Di recente il pubblico kenyano sta assistendo a un dibattito acceso,
in cui i fronti di battaglia sono delineati chiaramente.  La guerra e'
tra due forze note per non essere buoni alleati, anche nelle migliori
situazioni.  Le due forze, da una parte i politici, dall'altra i
leader delle chiese, non riescono ad accordarsi sull'opportunita' per
i kenyani di usare il preservativo come uno dei mezzi per proteggersi
dal virus che causa l'Aids.  Mentre i politici ne incoraggiano l'uso,
la chiesa condanna questo invito e continua a insistere sull'astinenza
e la fedelta' nel matrimonio come unico mezzo per garantire tale
protezione.

Qualunque sia l'esito di questo dibattito, c'e' un settore della
nostra societa' che viene completamente ignorato dalle due parti, e i
membri di questo settore della societa', poiche' esclusi, ignorano il
modo in cui il dibattito sta procedendo.  Si tratta dei carcerati e
delle persone nei centri di detenzione in attesa di giudizio.  Vivono
una situazione materiale che rende assurdo ogni suggerimento di
astinenza o fedelta', eppure i sostenitori dell'uso del preservativo
non considerano conveniente che sia data loro la possibilita' di
usarne.

I carcerati e chi e' in attesa di giudizio negli appositi centri di
detenzione, sono sempre piu' a rischio di contrarre l'Hiv-Aids tramite
la pratica di rapporti omosessuali.  Quando la societa' nel suo
insieme si affretta a condannare tali atti, lo fa senza sapere che
molte persone vi sono costrette (la natura dell'atto e' segreta, al
punto che cercare delle prove statistiche appare ridicolo).  I mezzi
per costringere un detenuto a queste pratiche sono numerosi e vari.
Tra i piu' comuni sono l'uso della forza fisica, il ricatto o la
promessa di favori.

E' un dato di fatto che alcuni detenuti hanno contratto il virus.  E
in effetti, molto prima che il Presidente Daniel Moi dichiarasse
l'Aids una catastrofe nazionale per il Kenya, il ministro degli
interni del paese, Katana Ngala, aveva gia' ammesso che il tasso di
contagio nelle nostre prigioni aveva raggiunto proporzioni allarmanti.
Sarebbe naturalmente giusto pretendere che ogni persona sia protetta
in maniera adeguata dal virus che causa l'Aids, compresi i carcerati.
Ma forse ancora piu' di loro questo vale per gli imputati nei centri
di detenzione in attesa di giudizio, se non altro perche' il nostro
sistema di giustizia li considera non colpevoli dei reati di cui sono
accusati finche' non siano stati giudicati tali.  Tra l'altro alcune
delle persone detenute in questi centri non meritano di starci in
primo luogo.

Una persona simile e' Daniel Kimani.  Anche se ormai e' morto di una
malattia legata all'Aids, Kimani sara' ricordato come una persona che
non meritava di morire.  Era un bigliettaio di matatu bravo e
responsabile, e faceva il suo lavoro con impegno, finche' una sera la
sfortuna lo colpi'.  Il suo matatu Nissan venne rubato.  Il
proprietario della impresa di matatu lo sospetto', insieme al
guidatore, di collaborazione con i malviventi.  Poiche' non c'erano
prove chiare della presunta collaborazione pero', il proprietario si
accordo' con dei poliziotti corrotti perche' Daniel rimanesse nel
centro di detenzione in attesa di giudizio per un intero terribile
anno.

Per sua sfortuna, nel corso della sua permanenza di un anno ha
frequentato diversi benefattori che gli garantivano una scorta
costante di sigarette, una quantita' sufficiente di cibo e che lo
proteggevano dalla minaccia onnipresente dei bulli piu' corpulenti.
Uno dei suoi benefattori, o forse piu' di uno, era sieropositivo, e la
sua stretta frequentazione di questa persona (o persone) per un anno
lo ha reso vittima dell'Aids.  Anche se Daniel e' stato in seguito
rilasciato per mancanza di prove, la sua permanenza nella casa di
detenzione in attesa di giudizio lo ha consegnato alla morte.  E'
spirato il 25 dicembre del 1999 all'eta' di ventitre anni.  Quello di
Daniel non e' un caso isolato.  John Semakula, un detenuto politico di
lunga data nella prigione Luzira Maximum, in Uganda, ha raccontato
come i prigionieri anziani preferiscono i nuovi arrivati e se li
spartiscono anche tra di loro, per questo legame innaturale.  Per i
nuovi arrivati non e' una questione di scelta, dice.  All'acquiescenza
l'alternativa e' affrontare l'aggressione di massa, troppo spesso con
conseguenze fatali.

All'inizio del mese, intanto, i media del paese hanno riportato le
esperienze sconvolgenti per cui sono passati gli ex detenuti di
Kodiaga, una delle prigioni piu' grandi del paese.  Gli ex detenuti
hanno raccontato le sofferenze cui vanno incontro i carcerati in
questa prigione. George Okore, che ha scontato cinque anni in questa
struttura, ha raccontato: "Alcune delle guardie a Kodiaga sono peggio
di un gruppo di assassini hitleriani durante la seconda guerra
mondiale.  Usano delle fruste di pelle di ippopotamo grezza su
detenuti indifesi sospettati di essere sieropositivi finche' non
sanguinano."  Gli ex carcerati sostengono che le stesse fruste,
macchiate del sangue fresco dei presunti malati di Aids, vengono usate
su altri detenuti, finche', a causa dei colpi, non gli si aprono delle
ferite.  Hanno mostrato cicatrici e ferite che sostenevano essere
state inflitte dalle guardie.  Gli ex prigionieri, graziati dal
presidente Moi il 12 dicembre, nel quadro delle celebrazioni per il
giorno dell'indipendenza, hanno dichiarato ai giornali che la malattia
e la morte erano in aumento nelle celle affollate, poiche' le
indicazioni dei medici non vengono mai seguite dalle guardie.

Okore ha detto che la temuta frusta e un ampio spettro di torture
fisiche e psicologiche brutali erano il marchio distintivo della vita
nella prigione.  "Stiamo dicendo che i giudici e i magistrati che
condannano la gente a scontare delle pene a Kodiaga stanno
direttamente firmando delle condanne a morte per persone che non
meritano di morire, perche' una volta ricevuta una singola frustata,
si rischia di essere contagiati con il virus Hiv.  Anche quando hai
scontato la pena e esci, puoi solo aspettare la morte," ha detto.

Un ufficiale di polizia, che ha chiesto che la sua identita' non fosse
rivelata, critica le condizioni delle prigioni kenyane e dei centri di
detenzione in attesa di giudizio, in particolare del centro di
detenzione in attesa di giudizio Industrial Area che, dice, e'
affollato, non igienico e terreno fertile per la diffusione di
malattie.  Li', aggiunge, le persone sono apertamente esposte al
rischio di contrarre il virus Hiv-Aids.  Nel frattempo dei funzionari
del governo e dei politici che non sono toccati dal problema ne
discutono a fondo con i leader delle chiese, attraverso l'infruttuoso
dibattito sui preservativi.  Se la gente del governo crede realmente
che i preservativi possano offrire una protezione effettiva contro
l'Aids, non li dovrebbero offrire ai prigionieri?  E per quanto
riguarda i leader delle chiese, non dovrebbero applicare il principio
del doppio regime nel momento in cui offrono i loro insegnamenti a
questa categoria di persone, perseguendo il minore dei due mali?

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