etiopia: un altro dramma umanitario



Etiopia, dove si muore aspettando la pioggia
La siccita' uccide vecchi e bambini, aiuti in ritardoViaggio a Danan, nel cuore
dell'Ogaden, dove non piove da sette mesi e i piu' piccoli muoiono per la
malnutrizione
dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU
DANAN (Etiopia) - Aprile e' il mese decisivo. Se finalmente il cielo si decidera'
a bagnare l'Ogaden e l'intero Est dell'Etiopia, questa verra' ricordata solo come
una spietata siccita' . Ma se le piogge si faranno attendere ancora, sara' la
fine. E allora, dice Tahiba Mohammad, potra' aiutarci solo .Adunweynaha., il
mondo, come lei chiama le organizzazioni di aiuto internazionale.
Tahiba e' arrivata nel piccolo centro di Danan dalle campagne, dopo cinque giorni
di cammino sotto il sole, mangiando bacche e portando in braccio un bimbo di tre
mesi. Dove stava prima, a Horrah, le sue vacche e le sue capre morivano una dopo
l'altra.
Non c'era acqua, e il pascolo era ridotto a cespugli spinosi. Ma anche a Danan
irregolare disegnato sulla sabbia. Seimila sfollati sopravvivono in un campo di
raccolta che e' solo una manciata di capanne costruite con frasche e stracci in
uno spazio aperto accanto al paese. Non ci sono strutture stabili, persino le
tombe sono disperse qua e la' . I bambini non sorridono mai. Il piccolo Abdi si
lamenta piano, respinge il seno della madre con il braccino scarnificato. Il
fratellino beve da un bidoncino di plastica due sorsi d'acqua, sembra reggersi
in piedi a fatica.
Accanto, c'e' la capanna di Fatuma, .una vecchia che sta morendo., come dice
senza giri di parole il delegato dell'Ogaden Welfare Society che fa da guida.
Fatuma giace su una stuoia, troppo debole per alzarsi o chiedere aiuto. La pelle
avvizzita, le membra scheletriche: e' arrivata da lontano per passare qui le sue
ultime ore. Ha cinquant'anni.
Danan non e' una via di salvezza per le famiglie nomadi della zona.
E il loro arrivo rende la vita piu' difficile anche ai 27 mila residenti. L'unico
pozzo garantisce 20 litri d'acqua al giorno per ogni famiglia. La siccita' va
avanti da sette mesi, mentre il campo degli sfollati cresce ogni giorno con i
nuovi arrivi. Solo in questo villaggio sono morte quasi 500 persone dall'inizio
dell'anno, e la maggior parte per malattie legate alla malnutrizione.
Soprattutto, e' una strage di bambini. .Ne muoiono sei al giorno., dice Ali
Abdullah, responsabile della Sanita' per il distretto di Gode.
Il marito di Tahiba porta le capre superstiti a cercare qualche arbusto
commestibile, ma con poche speranze. Nei sentieri attorno al villaggio e anche
in mezzo alle capanne le carcasse del bestiame sono raccolte in monticelli
calcinati dal sole. La sete ha vinto persino la resistenza dei cammelli, le loro
spoglie disseccate sono sparse fra la acacie. Appena quattro mesi fa si vedevano
ancora le antilopi avvicinarsi a brucare alle porte del villaggio. A sterminare
gli animali che non sono morti di sete, ci ha pensato l'antrace. Nel cielo
volano in cerchi lenti i .kumbule., una sorta di piccoli avvoltoi che aspettano
il buio per cibarsi delle carogne.
.Adunweynaha., il mondo, fa fatica ad arrivare fin qui. Il World Food Programme
ha portato nella sola regione al confine con la Somalia 26 mila tonnellate di
alimenti, prevalentemente sorgo e farina, frutto della solidarieta'
internazionale. E la corsa e' appena cominciata: nella zona sono gia' arrivate le
squadre della Croce Rossa internazionale, dell'Unicef, e poi i volontari di Save
the Children, Usaid, Msf, Action contre la Faim, e tutte le maggiori
organizzazioni non governative. Ma per ora i risultati tardano, e i piu' piccoli
sono i primi a soffrirne. Senz'acqua neanche le razioni d'emergenza possono
essere utilizzate, rischiano di diventare una poltiglia che soprattutto i
bambini non riescono ad inghiottire.
Gli aiuti sono in ritardo, e' il ritornello comune. Abdi Soran Omah, un anziano
del villaggio, rimprovera gli stranieri: .Continuate a venire, ci chiedete com'e'
la situazione, e andate via. Ancora non ho visto nulla dell'aiuto promesso.. Ma
e' difficile sfuggire all'impressione che l'emergenza umanitaria sia affrontata
con una qualche prudenza dalle organizzazioni internazionali. E il motivo e' a
due passi. Alle spalle del villaggio, come in tutti centri abitati, c'e' un
accampamento militare. I soldati controllano senza preoccuparsi troppo la pista
d'atterraggio in terra battuta, e non sembrano impegnati in nient'altro.
Qualcuno dice che per loro ci sono rifornimenti regolari, un vecchio smentisce
subito: .Macche'. Quando non hanno nulla, rubano..
La .prudenza. della solidarieta' mondiale si spiega con la guerra con l'Eritrea,
un conflitto che molti ritengono .troppo importante. per il governo etiopico,
disposto forse a fare carte false con gli aiuti - e a lasciar morire la sua
gente - pur di conservare una grossa fetta di risorse per le spese militari.
Persino la prudente critica di Kofi Annan, che ha parlato di .difficolta' nei
trasporti., potrebbe essere letta in questa chiave: l'emergenza c'e' , ma non e'
facile credere che tutto dipenda dalla lentezza degli aiuti.
Per il governo di Addis Abeba questo discorso e' inaccettabile. Ma e' addirittura
incomprensibile per le persone in pericolo di vita nell'intero Corno d'Africa.
Sono almeno dodici milioni, meta' nella sola Etiopia, gli altri in Kenya,
Eritrea, Sudan. La siccita' sembra essere legata alla Niña, l'improvvisa
follia del pianeta che ha sconvolto le temperature del mare vicino. Ma dopo la
mancanza di piogge, la carestia sembra essere inevitabile. La settimana scorsa
il ministro degli Esteri etiopico ha rimproverato all'Occidente di muoversi
.solo quando vede gli scheletri in tv..
Ieri una sferzata piu' autorevole e' arrivata da Catherine Bertini, direttore
esecutivo del World Food Programme, appena arrivata per vedere di persona. .Ho
l'impressione che questa siccita' sia meno catastrofica di quella dell'84-85. E
siamo stati avvertiti molto presto. Ma il momento degli aiuti e' adesso.. Se si
interviene ora, dice la Bertini, il bilancio delle vittime restera' limitato.
.Possiamo fare molto poco per chi arriva nei villaggi dopo mesi nelle campagne,
senza risorse. I bambini che stanno morendo sono proprio quelli che vengono da
noi in condizioni disperate.. Chi si deve biasimare per questi morti?,
chiediamo. La Bertini cerca di non suscitare polemiche. .Solo Madre natura. Ma
per gli altri serve cibo, e subito..
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A rischio 12 milioni di persone
La fame sconvolge i Paesi del Corno d'Africa
GODE - Dodici milioni e 400 mila persone rischiano di morire di fame in Etiopia,
Eritrea, Gibuti, Kenya e Somalia. Gli aiuti internazionali stanno arrivando ma
sono ancora insufficienti di fronte alle emergenze. Eppure l'impegno dei
volontari ha ridotto il numero dei decessi dei bambini: nel periodo gennaio-
febbraio era di 3-4 al giorno, al momento e' di 1-2. Ieri sono arrivate 15
tonnellate di aiuti inviate dalla Croce rossa internazionale a Gode, dove la
situazione e' decisamente migliore rispetto alle regioni di Bakool, Gedo, Bay e
Hiran. A Dinsor, 320 km da Mogadiscio, in Somalia, negli ultimi 3 giorni sono
morti 32 bambini; piu' a nord, nella provincia di Qansahdhereh le vittime della
fame sono state 22.
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FONTE: LA REPUBBLICA - GIO. 13/4/2000
 


PIER LUIGI GIACOMONI
rhenus at libero.it

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