[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 398



 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 398 del 20 novembre 2016

 

In questo numero:

1. Raniero La Valle: I valori supremi della Costituzione traditi dalla riforma

2. Carogno Mozzarecchi: Un bon conzijo ar sor don Aldo Trumpe pe' ffa' 'r governo che cce vole mo'

3. "Pappagone e Dante sotto la pensilina". Una conversazione alla fermata degli autobus di piazzale Gramsci a Viterbo

4. L'appello "Non una di meno"

5. "Non una di meno": verso il 26 e 27 novembre

6. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

 

1. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: I VALORI SUPREMI DELLA COSTITUZIONE TRADITI DALLA RIFORMA

[Riceviamo e diffondiamo il settimo discorso su "La verita' del referendum" tenuto da Raniero La Valle il 15 novembre 2016 a Vicenza.

Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]

 

La Corte Costituzionale ha affermato che ci sono dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione, che non possono essere sovvertiti o modificati nemmeno da leggi di revisione costituzionale. Questi principi supremi affermati soprattutto nella prima parte della Costituzione sono in gioco nella seconda, che ne dovrebbe garantire l'attuazione; ma proprio questi sono ora disattesi o traditi nella riforma sottoposta al voto popolare del 4 dicembre.

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La sovranita' popolare

Il primo principio, che sta scritto all'inizio della stessa Costituzione, e' quello della sovranita' popolare. Dice l'art. 1: "la sovranita' appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". Questo principio e' il fondamento di tutta la Costituzione. In rapporto ad esso la Costituzione sta o cade.

La statuizione di questo principio e' frutto di secoli di lotte, e' costata lacrime e sangue, ed e' il punto di svolta della storia dai regimi assoluti a ordinamenti di liberta'. Passare dalla condizione di sudditi a quella di sovrani, cambia infatti la vita, cambia il destino delle persone e dei popoli.

Che la sovranita' sia di uno solo, di un monarca o di tutti, e' decisivo anche per l'alternativa suprema, che e' quella tra la guerra e la pace. Quando, piu' di un secolo fa, nel settembre 1911 l'Italia dichiaro' guerra alla Turchia per prendersi la Libia, dando inizio a quel conflitto con l'Oriente e con l'Islam che dura ancor oggi, tutto avvenne in segreto e come se niente fosse, col Re che era in vacanza a San Rossore, Giolitti che se ne stava a Dronero e il Parlamento che era chiuso per ferie. Nel 1944 quando nel radiomessaggio del sesto Natale di guerra Pio XII fece la storica scelta a favore della democrazia disse che forse, se avessero avuto la democrazia, i popoli avrebbero potuto impedire la guerra. Nel 1969 un popolo di sovrani in America e nel mondo diede vita a un grandioso movimento pacifista che poi costrinse gli Stati Uniti a ritirarsi dal Vietnam e a porre fine a quella guerra. Cio' mostra l'importanza del principio della sovranita' popolare.

Ora questo principio supremo e' violato nella proposta di Costituzione sottoposta a referendum in molteplici modi.

Prima di tutto il Senato, che continuera' ad avere vastissime competenze legislative e politiche, non sara' piu' eletto dal popolo; esso sara' designato, checche' dica il documento firmato da Cuperlo, da 904 consiglieri regionali, cioe' da politici appartenenti alla nomenclatura e ai partiti che comandano nelle Regioni.

In secondo luogo la sovranita' popolare e' violata dalla elevatissima distorsione del rapporto di proporzionalita' tra i voti espressi dal popolo e i seggi attribuiti, a causa della legge elettorale maggioritaria oggi vigente che trasforma in modo ineguale i voti in seggi; si dice che sara' cambiata ma intanto la riforma si vota con quella.

Il principio della sovranita' popolare e' violato inoltre dalla dissuasione dalla partecipazione politica (un manifesto del PD prometteva, in cambio del Si' al referendum, la diminuzione dei "politici").

E poi c'e' il fatto che una volta eletto il primo ministro con tutti i suoi deputati, per il popolo sovrano non ci sara' piu' niente da fare per cinque anni, essendo artificialmente assicurato un governo di legislatura, e dunque i cittadini perdono di cinque anni in cinque anni il diritto sancito dall'art. 49 della Costituzione di concorrere a determinare la politica nazionale.

Inoltre e' violato il principio che la sovranita' popolare si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, perche' tra queste forme e questi limiti la Costituzione prevede che il popolo non elegga direttamente il presidente del Consiglio, ma che questo sia nominato dal presidente della Repubblica; invece secondo la legge elettorale connessa alla riforma costituzionale "il capo della forza politica" che vince le elezioni e ottiene il premio di governabilita' e' automaticamente, la sera stessa, acclamato come presidente del Consiglio, anche se il presidente della Repubblica che secondo la Costituzione lo dovrebbe nominare, sta dormendo.

Ma la lesione piu' grave del principio di sovranita' consiste nel portare a compimento quel passaggio della sovranita' dal popolo ai mercati che da tempo ci chiedono la Trilaterale, Gelli, la banca Morgan, l'Europa, gli ambasciatori americani: una riforma che appunto, come oggi si dice, era attesa da trent'anni e che neanche Berlusconi era riuscito a realizzare. Ma questo transito della sovranita' dagli uomini ai mercati, e' precisamente cio' che depreca il papa quando denuncia la bancarotta di una societa' in cui il denaro governa invece di servire e in cui vengono salvate le banche ma non le persone.

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Il lavoro come fondamento della Repubblica

Il secondo principio supremo, che figura nello stesso incipit della Costituzione, e' il principio lavorista, perche' l'Italia e' concepita come una Repubblica fondata sul lavoro. E' un principio straordinario che attua il rovesciamento cristiano del servo in signore. Il lavoro che era la schiavitu' addossata al servo, e' ora riconosciuto come la dignita' stessa dell'uomo. Questo principio, insieme con l'art. 4 che riconosce il diritto al lavoro e prescrive alla Repubblica, cioe' alla politica, di renderlo effettivo, fa si' che siano costituzionalmente obbligatorie politiche di piena occupazione. La piena occupazione non e' un'opzione facoltativa, una variabile dipendente dalle scelte ideologiche dei governanti, e' un obbligo costituzionale, e' cio' che la Repubblica, secondo la Costituzione, non puo' non fare.

Ma questo e' impedito dall'art. 117 della nuova Costituzione che ribadisce in modo ancora piu' stringente il vincolo gia' previsto nel testo oggi vigente, stabilendo che la potesta' legislativa e' esercitata nel rispetto "dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione Europea" (prima si parlava con minore precisione di "comunita' europea"). Ma l'ordinamento dell'Unione Europea e' un ordinamento che trasforma in regime la scelta economica neo-liberista e l'ideologia della sovranita' dei mercati. Esso tutela la competizione e la concorrenza in quello che chiama il "mercato interno", che sarebbe poi la stessa Europa, e all'art. 107 proibisce gli aiuti concessi dagli Stati o il trasferimento di risorse statali alle imprese, cioe' proibisce l'intervento dello Stato nell'economia, sotto pena di una condanna da parte della Commissione europea o di un giudizio davanti alla Corte di giustizia europea.

Cio' vuol dire, tra le altre cose, che politiche di piena occupazione, che sarebbero costituzionalmente dovute, sono costituzionalmente proibite da questa seconda parte della Carta che vincola la legislazione ai diktat europei.

E proprio qui c'e' il punto di caduta finale della nuova Costituzione. Essa modifica la forma di Stato, perche' svuota il sistema delle autonomie restaurando il centralismo statale; modifica la forma di governo perche' trasforma il governo parlamentare in potere monocratico elettivo di legislatura, come quello dei sindaci, e percio' in un premierato mascherato; modifica i compiti e i fini della Repubblica, perche' come dice la relazione che accompagnava il disegno di legge di riforma Renzi-Boschi, l'obiettivo e' di adeguare la Repubblica "alle nuove esigenze della governance europea e alle relative stringenti regole di bilancio"; e queste tre modifiche della forma di Stato, della forma di governo e dei fini della Repubblica nel loro insieme portano a compimento il lungo processo, cominciato gia' qualche decennio fa, di trasferimento della sovranita' dal popolo ai mercati.

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Una democrazia parlamentare

Il terzo principio fondamentale che e' tradito dalla riforma e' quello per il quale la nostra non e' una democrazia dell'investitura, ma e' una democrazia parlamentare. Nella democrazia parlamentare l'architrave di tutto il sistema e' l'istituto della fiducia, perche' e' grazie alla fiducia del Parlamento che il governo puo' sorgere, ed e' a causa della perdita della fiducia che un governo puo' cadere, come e' giusto che sia se un governo, a giudizio della maggioranza parlamentare, invece del bene comune produce un male comune.

Ma la riforma attacca e sostanzialmente distrugge l'istituto della fiducia che non sara' piu' la fiducia del Parlamento, perche' a meta' del Parlamento, che resta bicamerale, cioe' al Senato, questo potere viene tolto; e quanto alla fiducia che restera' nel potere della sola Camera, essa non sara' piu' una fiducia parlamentare, ma un atto interno di partito, perche' un solo partito, il cui segretario o il cui capo sara' il presidente del Consiglio, grazie alla legge elettorale disporra' di 340 voti alla Camera, sicche' la fiducia sara' non il frutto di una valutazione politica, ma una atto dovuto per disciplina di partito.

Per cui ci sara', almeno formalmente, una democrazia, ci sara' un Parlamento, ma non ci sara' piu' una democrazia parlamentare.

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Il ripudio della guerra

Il quarto principio supremo tradito dalla riforma e' il principio pacifista, per il quale l'Italia ripudia la guerra, ogni guerra che non sia quella corrispondente al "sacro dovere" della difesa della Patria, inteso come popolo e territorio. Tale principio avrebbe dovuto semmai avere maggior tutela, dopo che il Nuovo Modello di Difesa varato nel 1991, ha spostato i confini fino ai pozzi di petrolio, alle dighe e ai popoli del Medio Oriente e la patria e' stata identificata con gli interessi economici dell'Occidente da difendere anche militarmente in tutto il mondo globalizzato.

Invece la riforma rende piu' facile e mette in mano ad una sola persona la scelta della deliberazione di guerra, dalla quale il Senato, cioe' mezzo Parlamento, e' proprio quello che secondo i riformatori dovrebbe piu' direttamente rappresentare le popolazioni locali, e' tagliato fuori; la semplificazione che da' piu' estesi e piu' facili poteri al presidente del Consiglio funzionera' anche per la decisione sull'impiego delle Forze Armate e sulla guerra, e la sovranita' popolare sara' completamente esclusa dalla decisione sulla pace e sulla guerra.

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Il principio internazionalista

Il quinto principio supremo abbandonato nella riforma e' il principio internazionalista, perche' in tutte le nuove norme che riguardano la formazione e l'attuazione delle prescrizioni dell'Unione Europea non c'e' il minimo accenno ad una intenzione riformatrice degli stessi Trattati Europei per guardare al di la' dell'Europa ai fini della costruzione di un ordine di pace e di giustizia fra le Nazioni.

Inoltre non c'e' il minimo accenno a una riforma del diritto di asilo e a un'accoglienza degli stranieri e dei migranti secondo le nuove dimensioni del fenomeno che secondo alcune stime arrivera' a coinvolgere 250 milioni di profughi, di fuggiaschi, di rifugiati nell'anno 2050.

Ne' c'e' il minimo accenno all'ultima discriminazione che una Costituzione democratica dovrebbe abolire: la discriminazione della cittadinanza, la quale limita i diritti fondamentali e l'esercizio dei diritti politici e sociali ai soli cittadini, con l'esclusione degli stranieri. Una vera riforma del Senato sarebbe una riforma che non ne facesse l'ultima trincea dei vecchi localismi, ma ne facesse un Senato dei popoli, dove sedessero i rappresentanti non solo dei cittadini, ma delle persone di tutte le nazioni, le lingue e le culture che abitano in Italia e dormono sotto il suo cielo.

 

2. ULTIMORA. CAROGNO MOZZARECCHI: UN BON CONZIJO AR SOR DON ALDO TRUMPE PE' FFA' 'R GOVERNO CHE CCE VOLE MO'

 

Egreggio presidente dell'America

permetta je presenti i comprimenti

pe' 'sta vittoria supestratosferica:

qui ar bar de Cecio semo arcicontenti

 

ch'ha vvinto n'omo 'nvece de n'isterica.

Sapenno che sta' a sceje i componenti

der su' governo, e nno ggente generica

ma ggente co' le palle, l'ugne e i denti

 

je vorre' conzija' de fa' mministro

de quarche cosa 'r mi fijo piu' granne

ch'e' istruito e parla pure inglese

 

e ll'hanno pur'iscritto ner reggistro

de li 'ndicati e cia' quattro condanne

perche' mmenava i negri qui ar paese.

 

3. INIZIATIVE. "PAPPAGONE E DANTE SOTTO LA PENSILINA". UNA CONVERSAZIONE ALLA FERMATA DEGLI AUTOBUS DI PIAZZALE GRAMSCI A VITERBO

 

Un piovoso sabato 19 novembre 2016 alla fermata degli autobus di piazzale Gramsci a Viterbo il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani", Peppe Sini, ha tenuto una conversazione sulle ragioni del No alla riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni.

Di seguito una sintesi degli argomenti svolti (ed in calce alleghiamo due decaloghetti gia' diffusi nei giorni scorsi).

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1. Alla scuola di Hannah Arendt

Ha scritto una volta Hannah Arendt che "si puo' sempre dire un si' o un no". Ma se passa la riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni per l'elezione di meta' del parlamento il popolo italiano non potra' piu' dire ne' si' ne' no: poiche' il governo ha deciso che il senato non sara' piu' eletto dal popolo italiano.

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per continuare ad avere il diritto di eleggere il Senato della Repubblica.

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2. Alla scuola di Pollicino

La prima regola della persona responsabile e' di non fare cose di cui non si e' in grado di valutare le conseguenze. C'e' un modo di dirlo in latino: "In dubio, contra projectum"; se hai il ragionevole dubbio che una decisione puo' avere effetti dannosi, quella decisione non prenderla. E' stato da tutti notato, ad esempio, che la folle modifica dell'articolo 70 della Costituzione rendera' il processo legislativo un labirinto o un caos, ed aprira' la via ad infiniti conflitti e contenziosi, con esiti devastanti per la pubblica amministrazione, per la certezza del diritto, per la civile convivenza. La riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni modifica un terzo degli articoli e stravolge l'intera Costituzione repubblicana che dal 1948 ad oggi ha dato buona prova come legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico e presidio delle nostre comuni liberta'.

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre anche in applicazione del principio di precauzione.

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3. Alla scuola dei tre moschettieri

Che invece erano quattro con D'Artagnan. Il governo degli apprendisti stregoni sostiene che con la sua riforma costituzionale golpista modifica solo la seconda parte della Costituzione, ma i cambiamenti introdotti nella seconda parte della Costituzione svuotano e invalidano anche elementi sostanziali della prima parte e gli stessi principi fondamentali che sono i valori supremi del nostro ordinamento giuridico. Cosa resta, ad esempio, del principio affermato all'art. 1 secondo cui "la sovranita' appartiene al popolo" quando meta' parlamento, il senato, non viene piu' eletto dal popolo? quando una minoranza organizzata si appropria con l'Italicum della maggioranza assoluta dei seggi nell'altra meta' del parlamento, la camera dei deputati?

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per difendere la sovranita' popolare, i principi fondamentali e i valori supremi della repubblica democratica.

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4. "Famo a fidasse"

Il governo degli apprendisti stregoni ci chiede di votare una riforma costituzionale golpista sulla fiducia che poi faranno delle buone leggi per risolvere i gravi problemi e per colmare le profonde lacune che questa riforma crea per loro stessa ammissione. Ebbene: come si fa a fidarsi di chi ti dice che adesso fa un pastrocchio e poi piu' in la' porra' rimedio? Come si puo' acconsentire a una cosa cattiva confidando che chi la commette poi ne fara' una buona per riparare?

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per continuare ad avere come legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico la Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista che fin qui ha garantito la nostra civile convivenza.

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5. Pinocchio in bicicletta

Quando il governo degli apprendisti stregoni dichiara che tanta parte della Costituzione e' un ferrovecchio da rottamare dimentica che ad essa ha giurato fedelta'; quando il governo degli apprendisti stregoni dichiara che sta lottando contro non meglio definiti "poteri forti" nasconde che di essi esso e' a tutti gli effetti parte; quando il governo degli apprendisti stregoni pretende di appropriarsi di prerogative che non competono al potere esecutivo viola un principio fondamentale dello stato di diritto, la separazione e il controllo dei poteri; quando il governo degli apprendisti stregoni cerca di trasformare una democrazia parlamentare in un'oligarchia viene meno al suo primo dovere - solennemente giurato entrando in carica; quando il governo degli apprendisti stregoni si rivela fedifrago la sua parola cosa piu' vale? il suo agire cosa diventa?

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre perche' cento menzogne non fanno una verita'.

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6. Pappagone e Dante Alighieri

Gli apprendisti stregoni impancatisi a costituenti nella loro forsennata propaganda non trovano di meglio che polemizzare con taluni personaggi talmente screditati che nessuno tranne loro li prenderebbe sul serio. Orbene, nessuno di noi se dovesse discutere sul valore della letteratura italiana prenderebbe a modello Pappagone, ma dovremmo confrontarci con Dante e Leopardi. E quindi tutto il furore polemico dei pretoriani del Si' contro personaggi screditati delle varie infami ed infime destre eversive eludono la discussione vera, nel merito delle questioni. Invece di discutere con le scempiaggini di vetusti corruttori e giovini nazisti per i cui deliri dovrebbe bastare il 118 o il 113, gli apprendisti stregoni rispondessero alle obiezioni opposte alla riforma golpista da illustri magistrati e giuristi - tra cui presidenti emeriti della stessa Corte Costituzionale -, che con quelle destre ignobili ed eversive non hanno nulla a che vedere.

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per le vere ragioni di merito: difendere la Costituzione repubblicana, difendere la sovranita' popolare, difendere la democrazia parlamentare, difendere lo stato di diritto basato sulla separazione e il controllo dei poteri.

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7. Attaccare l'asino dove dice il padrone

La riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni e' stata caldeggiata e sostenuta a spada tratta dal presidente americano (direttamente e tramite ambasciatore), dalle centrali della speculazione finanziaria internazionale (direttamente e tramite i loro agenti ideologici delle agenzie di rating), dagli unghiuti vertici tecnocratici dell'Unione Europea; scilicet: dal mucchio selvaggio del comando imperialista, del capitale finanziario transnazionale e dei loro "comitati d'affari". Poiche' per i padroni di oggi e di sempre e' un affare e una letizia fare a pezzi la Costituzione antifascista scritta da Lelio Basso, da Giuseppe Dossetti, da Ferruccio Parri, da Umberto Terracini e da quanti con loro si batterono contro la dittatura per la liberazione dell'umanita'; per i padroni di oggi e di sempre e' una gioia e un profitto riuscire a prostituire a loro vantaggio leggi e istituzioni; per chi di tutto fa mercimonio la Costituzione repubblicana e' un ostacolo intollerabile; per chi trae il suo potere da rapporti di sfruttamento e di dominazione la democrazia e' un inciampo e l'oligarchia una cuccagna.

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per difendere la Costituzione e la Repubblica dall'assalto dei vampiri e dei barbari.

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8. Il nocciolo della questione

Come e' stato scritto in un appello nonviolento in difesa del parlamento eletto dal popolo, dello stato di diritto, della democrazia costituzionale: "Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale. Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il 'combinato disposto' della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto. Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto".

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre esattamente per questo: per difendere lo stato di diritto, per difendere la democrazia parlamentare, per difendere la sovranita' popolare, per difendere la Costituzione repubblicana, per difendere la civile convivenza.

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9. Pour tout vous dire

Quelle citate sopra sono le questioni decisive, per le quali occorre votare No alla riforma golpista del governo degli apprendisti stregoni.

Ma poiche' callidamente il governo degli apprendisti stregoni condisce la sua pietanza golpista con un contorno di varie spezie, anche del contorno sara' bene sbrigarsi in due parole:

a) sulla riduzione del numero dei parlamentari: se il fine e' che decida tutto il governo, di parlamentari ne bastano tre in tutto: due di maggioranza e uno di opposizione, tanto per la forma; se invece il parlamento e' l'organo legislativo e deve rappresentare la popolazione, allora per il paese "delle cento citta'" due Camere ognuna delle quali possa correggere eventuali errori o abusi commessi dalla maggioranza dei membri dell'altra sono piu' che opportune, e circa mille parlamentari non sono troppi. Il problema infatti non e' il numero dei parlamentari: e' l'attuale scarsa rappresentativita' ed infima qualita' di gran parte delle persone candidate dai partiti ed elette da un corpo elettorale che negli ultimi decenni in gran parte e ripetutamente ha espresso il suo voto ubriacato dalla retorica ipnotica degli "uomini della Provvidenza" (e nella storia d'Italia sappiamo cosa ha significato: dittatura, guerre, orrori) e riempie le istituzioni di insipienti cortigiani e di addetti alle basse opere;

b) sul risparmio: si riducano drasticamente gli emolumenti a tutti i parlamentari, a tal fine e' sufficiente una legge ordinaria;

c) sul rapporto Stato-Regioni: il pateracchio attuale e' effetto anche della precedente riforma costituzionale fatta in fretta e furia pochi anni fa; qui ed ora la cosa migliore da fare e' intervenire ove occorra con leggi ordinarie e costruendo il consenso tra le parti, evitando di fare altri danni;

d) sul Cnel: e' pur vero che fin qui e' stato prevalentemente un carrozzone, un cimitero degli elefanti, uno sperpero dei pubblici denari; ma con una buona legge ordinaria potrebbe diventare un utile e prestigioso centro studi pubblico ed essere di effettivo contributo all'attivita' legislativa;

e) di ulteriori scempiaggini: la diversa durata delle Camere, l'appropriazione di poteri da parte dell'esecutivo, la follia dell'elezione del capo dello stato dal settimo scrutinio con la sola "maggioranza dei tre quinti dei votanti" (non dell'assemblea, ma dei soli votanti), eccetera. Come amava dire il nostro vecchio professore di linguistica: "Doukipudonktan" (Raymond Queneau, Zazie dans le metro, incipit).

Occorre votare No al referendum del 4 dicembre per risparmiarci nuove idiozie e ulteriori scelleraggini.

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10. Sin odio, sin violencia, sin miedo

Ripetiamolo ancora una volta: il 4 dicembre voteremo No alla riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni, e voteremo No con lo stesso motto delle nostre sorelle e dei nostri fratelli cileni che nel 1988 votando No al referendum abbatterono la dittatura di Pinochet: "sin odio, sin violencia, sin miedo", senza odio, senza violenza, senza paura.

Al referendum del 4 dicembre votiamo No alla riforma costituzionale golpista voluta dal governo degli apprendisti stregoni.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

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Allegato primo: Dieci coltellate. Minima una guida al referendum

Intitolare questi brevi ragionamenti "dieci coltellate" e' un espediente retorico: a indicare la necessita' e l'urgenza di squarciare la cortina delle menzogne ed uscire dalla subalternita' al discorso dominante che e' il discorso falso e fraudolento della classe dominante che tutte e tutti ci opprime.

Indicheremo qui di seguito tre trappole in cui non cadere (la trappola delle velocita', la trappola del risparmio, la trappola della governabilita'), formuleremo tre elogi (del perfetto bicameralismo, della rappresentanza proporzionale, del costituzionalismo nemico dell'assolutismo), dichiareremo tre beni irrinunciabili (la repubblica parlamentare; lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri; la democrazia, ovvero la sovranita' popolare) e giungeremo a una conclusione che ci sembra coerente e doverosa: il 4 dicembre votare No al golpe degli apprendisti stregoni; difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

E valga il vero.

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1. La trappola della velocita'

Quando si prendono decisioni importanti non si discute mai abbastanza. Quando si fanno le leggi, piu' ci si pensa e meglio e'. La democrazia e' un processo decisionale lento e paziente; come scrisse Guido Calogero si contano tutte le teste invece di romperle. Solo le dittature sono veloci, velocissime, e il frutto di quella velocita' e' sempre e solo la schiavitu' e la morte di innumerevoli esseri umani.

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2. La trappola del risparmio

Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre massacrare la Costituzione, che e' la legge a fondamento di tutte le nostre leggi, la base del nostro ordinamento giuridico e quindi della nostra civile convivenza? Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre distruggere la forma istituzionale repubblicana del nostro paese e sostituirla con la dittatura del governo, ovvero con la dittatura del capitale finanziario transnazionale di cui il governo in carica e' servo sciocco? Per ridurre i costi dell'attivita' parlamentare basterebbe una legge ordinaria che riduca gli emolumenti a tutti i parlamentari portandoli a retribuzioni ragionevoli.

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3. La trappola della governabilita'

Cio' che si nasconde dietro la parola magica - ovvero la cortina fumogena - della "governabilita'" altro non e' che il potere dei potenti di imporre la loro volonta' e i loro abusi senza opposizioni e senza controlli. La governabilita' non e' ne' un valore ne' un bisogno in nome del quale devastare la democrazia, lo stato di diritto, i diritti civili, politici e sociali che ad ogni persona appartengono.

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4. Elogio del perfetto bicameralismo

In un parlamento due camere sono meglio di una: se nell'una si commette un errore l'altra puo' correggerlo; se nell'una prevale un'alleanza di malfattori, l'altra puo' contrastarla. Due camere si controllano reciprocamente. Cosi' si sbaglia di meno. Benedetto sia il bicameralismo perfetto.

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5. Elogio della rappresentanza proporzionale

In una democrazia il potere e' del popolo che lo esercita attraverso i suoi rappresentanti. Il parlamento che fa le leggi in nome del popolo deve essere rappresentativo di esso in modo rigorosamente proporzionale. Se invece una minoranza si appropria della maggioranza dei seggi quel parlamento non e' piu' democratico, diventa solo la foglia di fico di un regime oligarchico. E se il governo si sostituisce al parlamento nella sua funzione legislativa non solo quel parlamento diventa una foglia di fico a tentar di occultare l'oscenita' del potere reale, ma quel potere non e' piu' ne' democratico ne' repubblicano, e' diventato un'autocrazia. Benedetta sia la rappresentanza proporzionale.

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6. Elogio del costituzionalismo, nemico dell'assolutismo

Il fine e il senso di ogni Costituzione e' impedire o almeno limitare gli abusi dei potenti. Nelle societa' divise in classi di sfruttatori e sfruttati, di proprietari ed espropriati, di governanti e governati, chi esercita funzioni di governo e' costantemente esposto alla forza corruttiva del potere. Nessun potere deve essere assoluto, ogni potere deve avere limiti e controlli. Benedetto sia il costituzionalismo, nemico dell'assolutismo.

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7. Una repubblica parlamentare, non una dittatura

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) mutila ed esautora il parlamento e si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, viene meno la repubblica parlamentare. Ma per noi la repubblica parlamentare e' un bene irrinunciabile.

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8. Uno stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, annienta la separazione e il controllo dei poteri, che sono il fondamento dello stato di diritto. Ma per noi lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri, e' un bene irrinunciabile.

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9. Una democrazia, ovvero la sovranita' popolare

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) riduce il parlamento a un giocattolo nelle sue mani, si fa un senato non piu' eletto dal popolo, si fa una camera dei deputati in cui una minoranza rapina la maggioranza assoluta dei seggi, si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, la sovranita' popolare e' annichilita e con essa la democrazia. Ma per noi la democrazia, ovvero la sovranita' popolare, e' un bene irrinunciabile.

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10. No al golpe, difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana

Nel referendum del 4 dicembre si vota per dire si' o no al golpe. Chi vota si', come vuole il governo degli apprendisti stregoni, accetta il golpe che distrugge il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale. Chi vota no, contro la volonta' del governo degli apprendisti stregoni, difende il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale, e quindi si oppone al golpe. No al golpe. No al fascismo. No alla barbarie. Al referendum votiamo No. Senza odio, senza violenza, senza paura. Difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

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Allegato secondo: "Primum non nocere". Con dieci ippocratici apoftegmi sulla propaganda referendaria governativa

 

"Al qual proposito diceva un filosofo francese del secolo passato: i politici antichi parlavano sempre di costumi e di virtu'; i moderni non parlano d'altro che di commercio e di moneta"

(Giacomo Leopardi, Pensieri, XLIV)

 

Innanzitutto non nuocere.

La prima buona azione e' non farne una cattiva. A chi ci propone di fare una cosa errata, una cosa ingiusta, una cosa malvagia, una cosa indegna, occorre saper dire di no. Come Bartleby.

Al referendum del 4 dicembre votiamo No alla riforma costituzionale golpista del governo degli apprendisti stregoni.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

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I. La propaganda governativa sostiene che chi si oppone alla riforma costituzionale e' un complice del sistema di potere. Dimenticando che del sistema di potere il governo e' magna pars.

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II. La propaganda governativa sostiene che chi difende la Costituzione repubblicana porta il paese alla catastrofe. Dimenticando che questa Costituzione e' in vigore dal 1948 e non solo non ha provocato alcuna apocalisse, ma ha garantito la civile convivenza.

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III. La propaganda governativa sostiene che chi vota No al referendum difende l'indifendibile. E l'indifendibile sarebbero dunque le istituzioni repubblicane, la Costituzione democratica, la sovranita' popolare, il diritto di voto, la separazione e il controllo dei poteri.

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IV. La propaganda governativa sostiene che chi difende la Costituzione e' un babbeo o un mascalzone. Lo erano anche coloro che la Costituzione hanno scritto? Lo sono anche tutti i pubblici ufficiali che alla Costituzione hanno giurato fedelta' (compresi i signori e le signore del governo stesso)?

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V. La propaganda governativa secondo cui chi vota No e' ipso facto un reprobo dimostra la vocazione totalitaria di chi ci governa.

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VI. La propaganda governativa sostiene che la sua riforma semplifica. Basta leggere l'articolo 70 della Costituzione (che recita: "La funzione legislativa e' esercitata collettivamente dalle due Camere") e il testo della riforma che a quell'articolo di nove semplici e chiare parole ne sostituisce un altro di oltre quattrocento parole che impone un grottesco guazzabuglio che moltiplica le procedure e apre la via ad infiniti contenziosi.

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VII. La propaganda governativa sostiene che l'abolizione del Senato eletto dal popolo (e quindi la negazione della piena e diretta sovranita' popolare nell'elezione di una meta' dell'organo legislativo) sia una gran bella trovata. Anche l'attribuzione del laticlavio al cavallo di Caligola.

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VIII. La propaganda governativa insiste nel voler fare del referendum del 4 dicembre un plebiscito sul Presidente del Consiglio e sul suo gabinetto. Bisogna davvero essere ben megalomani per ritenere la carriera politica di un giovanotto e di un pugno di suoi sodali piu' importante della legge fondamentale dello stato dalla quale tutte le altre leggi e la stessa civile convivenza dipendono.

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IX. La propaganda governativa sostiene che maciullata per un terzo la Costituzione repubblicana in questo paese si vivra' assai meglio. Abolendola del tutto dovrebbe essere l'Eden.

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X. "Poiche' non sanno o non vogliono opporsi al malaffare, preferiscono abolire le buone leggi" (Eleandro di Trapezunte, Supplementi alla Storia segreta di Procopio di Cesarea).

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Innanzitutto non nuocere.

La prima buona azione e' non farne una cattiva. A chi ci propone di fare una cosa errata, una cosa ingiusta, una cosa malvagia, una cosa indegna, occorre saper dire di no. Come Bartleby.

Al referendum del 4 dicembre votiamo No alla riforma golpista del governo degli apprendisti stregoni.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

4. HIC ET NUNC. L'APPELLO "NON UNA DI MENO"

[Dal sito nonunadimeno.wordpress.com riprendiamo il seguente appello]

 

Non una di meno!

Tutte insieme contro la violenza maschile sulle donne

Verso una grande manifestazione: il 26 novembre tutte a Roma

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Il 25 novembre e' la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. Vogliamo che sabato 26 novembre Roma sia attraversata da un corteo che porti tutte noi a gridare la nostra rabbia e rivendicare la nostra voglia di autodeterminazione.

Non accettiamo piu' che la violenza condannata a parole venga piu' che tollerata nei fatti. Non c'e' nessuno stato d'eccezione o di emergenza: il femminicidio e' solo l'estrema conseguenza della cultura che lo alimenta e lo giustifica. E' una fenomenologia strutturale che come tale va affrontata.

La liberta' delle donne e' sempre piu' sotto attacco, qualsiasi scelta e' continuamente giudicata e ostacolata. All'aumento delle morti non corrisponde una presa di coscienza delle istituzioni e della societa' che anzi continua a colpevolizzarci.

I media continuano a veicolare un immaginario femminile stereotipato: vittimismo e spettacolo, neanche una narrazione coerente con le vite reali delle donne. La politica ci strumentalizza senza che ci sia una concreta volonta' di contrastare il problema: si riduce tutto a dibattiti spettacolari e trovate pubblicitarie. Non c'e' nessun piano programmatico adeguato. La formazione nelle scuole e nelle universita' sulle tematiche di genere e' ignorata o fortemente ostacolata, solo qualche brandello accidentale di formazione e' previsto per il personale socio-sanitario, le forze dell'ordine e la magistratura. Dai commissariati alle aule dei tribunali subiamo l'umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d'attesa ci fanno pentire di aver denunciato, spesso ci uccidono.

Dal lavoro alle scelte procreative si impone ancora la retorica della moglie e madre che sacrifica la sua intera vita per la famiglia.

Di fronte a questo scenario tutte siamo consapevoli che gli strumenti a disposizione del piano straordinario contro la violenza del governo, da subito criticato dalle femministe e dalle attiviste dei centri antiviolenza, si sono rivelati alla prova dei fatti troppo spesso disattesi e inefficaci se non proprio nocivi. In piu' parti del paese e da diversi gruppi di donne emerge da tempo la necessita' di dar vita ad un cambiamento sostanziale di cui essere protagoniste e che si misuri sui diversi aspetti della violenza di genere per prevenirla e trovare vie d'uscita concrete.

E' giunto il momento di essere unite ed ambiziose e di mettere insieme tutte le nostre intelligenze e competenze.

A Roma da alcuni mesi abbiamo iniziato a confrontarci individuando alcune macro aree - il piano legislativo, i Cav e i percorsi di autonomia, l'educazione alle differenze, la liberta' di scelta e l'Ivg - sappiamo che molte altre come noi hanno avviato percorsi di discussione che stanno concretizzandosi in mobilitazioni e dibattiti pubblici.

Riteniamo necessario che tutta questa ricchezza trovi un momento di confronto nazionale che possa contribuire a darci i contenuti e le parole d'ordine per costruire una grande manifestazione nazionale il 26 novembre prossimo.

Proponiamo a tutte la data di sabato 8 ottobre per incontrarci in una assemblea nazionale a Roma, e quella del 26 novembre per la manifestazione.

Proponiamo anche che la giornata del 27 novembre sia dedicata all'approfondimento e alla definizione di un percorso comune che porti alla rapida revisione del Piano Straordinario Nazionale Anti Violenza.

Queste date quindi non sono l'obiettivo ma l'inizio di un percorso da fare tutte assieme.

Realta' promotrici: Rete IoDecido, D.i.Re - Donne in Rete Contro la violenza, UDI - Unione Donne in Italia

 

5. HIC ET NUNC. "NON UNA DI MENO": VERSO IL 26 E 27 NOVEMBRE

[Dal sito nonunadimeno.wordpress.com riprendiamo il seguente appello]

 

Verso la manifestazione nazionale del 26 novembre contro la violenza maschile sulle donne.

Per la costruzione dell'assemblea nazionale con tavoli tematici del 27 novembre.

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Un terzo delle donne italiane, straniere e migranti, subisce violenza fisica, psicologica, sessuale, spesso fra le mura domestiche e davanti ai suoi figli. Dall'inizio dell'anno decine e decine di donne sono state uccise in Italia per mano maschile. La violenza maschile sulle donne non e' un fatto privato ne' un'emergenza ma un fenomeno strutturale e trasversale della nostra societa', un dato politico di prima grandezza che affonda le sue radici nella disparita' di potere fra i sessi. Le politiche di austerity e riforme come quelle del lavoro e della scuola, in continuita' con quanto accaduto negli ultimi dieci anni, non fanno altro che minare i percorsi di autonomia delle donne e approfondire le discriminazioni sociali, culturali e sessuali.

La violenza attraversa ogni aspetto dell'esistenza, controlla e addomestica i corpi e le vite delle donne: in famiglia, sui luoghi di lavoro, a scuola, all'universita', per strada, di notte, di giorno, negli ospedali, sui media, sul web.

La violenza maschile sulle donne puo' essere affrontata solo con un cambiamento culturale radicale, come ci hanno insegnato l'esperienza e la pratica del movimento delle donne e dei Centri Antiviolenza, che da trent'anni resistono a ogni tentativo delle istituzioni di trasformarli in servizi di accoglienza neutri, negando la loro natura politica e di cambiamento.

Adesso basta! e' il grido che si alza da piu' parti nel mondo.

In Polonia, in Argentina, in Spagna gli scioperi e le proteste delle donne che si ribellano alla violenza e al femminicidio e lottano per l'autodeterminazione femminile hanno paralizzato interi paesi. I corpi delle donne invadono le strade, costruiscono ponti e narrazioni comuni da una parte all'altra del mondo. La mobilitazione dilaga ben al di la' dei confini nazionali e porta alla ribalta la potenza politica delle donne.

Anche a Roma lo scorso 8 ottobre, dopo mesi di mobilitazione, un'assemblea affollata da centinaia di donne ha deciso di scendere in piazza, di riprendere parola di fronte alla strage di donne e alle tante forme di quotidiana violenza.

Questa lotta appartiene a tutte, cancella i confini e non conosce geografie. Va in tal senso rispedita al mittente qualsiasi strumentalizzazione razzista che tenti di ridurre la violenza a un problema di ordine pubblico. Con la stessa forza va denunciata ogni forma di violenza contro lesbiche e transessuali, tesa a imporre un modello eteronormato di societa' non rispondente ne' alla realta' ne' ai desideri delle persone. Se toccano una toccano tutte!

Per queste ragioni il prossimo 26 novembre, in corrispondenza con la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, scenderemo in piazza a Roma da tutta Italia dietro lo striscione comune con lo slogan Non Una di Meno!, per una grande manifestazione delle donne aperta a tutt* coloro che riconoscono nella fine della violenza maschile una priorita' nel processo di trasformazione dell'esistente.

Il corteo partira' da piazza della Repubblica alle 14, attraversera' le vie del centro di Roma toccando alcuni luoghi simbolici, e terminera' in Piazza San Giovanni. Non saranno accettati all'interno del corteo bandiere, slogan, striscioni istituzionali di organizzazioni di partito e sindacali. L'obiettivo sara' al contrario di articolare, diffondere e comunicare, nel modo piu' efficace possibile, i contenuti e le parole d'ordine emersi nella costruzione condivisa a livello nazionale e territoriale della mobilitazione. A questo scopo, il blog https://nonunadimeno.wordpress.com/ si mette a disposizione come spazio di confronto e di condivisione di materiali comunicativi e contributi di approfondimento in vista del 26 novembre.

Consideriamo il 26 la prima tappa di un percorso capace di proporre un Piano Femminista contro la violenza  maschile e una grande mobilitazione che affermi e allarghi l'autodeterminazione femminile.

E' quindi convocata per il 27 novembre dalle 10, nella scuola elementare Federico Di Donato (via Nino Bixio 83), una nuova assemblea nazionale, articolata per tavoli tematici, definiti nel corso dell'assemblea dell'8 ottobre, e che si concludera' con una plenaria in cui discutere di come dare continuita' e respiro al percorso di elaborazione, di confronto e proposta.

#NonUnaDiMeno!

 

6. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 398 del 20 novembre 2016

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