Minime. 781



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 781 del 5 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Sulla Nato
2. La guerra afgana
3. Contro l'apartheid
4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
5. Tiziana Bartolini: Contro la violenza sessuale, contro il patriarcato,
contro il razzismo
6. Al convegno nazionale dei Medici per l'ambiente la dottoressa Antonella
Litta relatrice sulla vicenda del mega-aeroporto di Viterbo
7. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino
8. William Ashbrook
9. Paola Capriolo presenta "Friedrich Nietzsche filosofo morale" di Georg
Simmel
10. Walter Pedulla' presenta "Horcynus Orca" di Stefano D'Arrigo
11. Gianandrea Piccioli presenta "La stella della redenzione" di Franz
Rosenzweig
12. Adriano Prosperi presenta "L'Europa dei barbari" di Karol Modzelewski
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. SULLA NATO

Abolirla, che altro?
*
Solo cessando di uccidere si salvano le vite.
Solo scegliendo la pace ci si libera dal flagello della guerra.
Solo vietando tutti gli eserciti e tutte le armi comincia la civile
convivenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. LE ULTIME COSE. LA GUERRA AFGANA

Massacro dopo massacro prosegue la guerra afgana (che da lungo tempo fa
stragi anche in Pakistan).
La guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, mafiosa e
totalitaria.
La guerra cui l'Italia partecipa in violazione della legalita'
costituzionale e del diritto internazionale.
La guerra di tutti i fascisti contro tutte le donne.
La guerra che e' sempre nemica dell'umanita'.

3. LE ULTIME COSE. CONTRO L'APARTHEID

Non venga meno l'attenzione e la pressione affinche' il Parlamento respinga
in via definitiva le misure razziste del cosiddetto "pacchetto sicurezza"
intese a introdurre in italia il regime dell'apartheid e a legittimare e
finanziare lo squadrismo fascista.
Non venga meno l'impegno a difendere la legalita' costituzionale, la
civilta' giuridica, i diritti umani.
Non venga meno l'impegno a contrastare sempre e ovunque la violenza razzista
che nega in radice l'umanita' di tutti e di ciascuno.
Vi e' una sola umanita'.

4. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

5. UNA SOLA UMANITA'. TIZIANA BARTOLINI: CONTRO LA VIOLENZA SESSUALE, CONTRO
IL PATRIARCATO, CONTRO IL RAZZISMO
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "Lo stupro e lo
straniero"]

Gli stupri in Italia [i dati seguenti, del Ministero dell'Interno,
ovviamente si riferiscono solo a quelli denunciati - ndr] sarebbero in
diminuzione (-8,4% nel 2008, -16% negli ultimi tre anni) e in 6 casi su 10 i
violentatori sono italiani. A Roma, pero', il dato e' ribaltato e gli
"orchi" denunciati sono per lo piu' stranieri (il 58%, di cui il 24%
rumeni). Gli ultimi dati diffusi dal Ministero dell'Interno delineano alcuni
cambiamenti, soprattutto nelle mappe territoriali. Sara' il caso di scendere
nei dettagli e capire meglio a cosa corrispondono i numeri e quali eventuali
mutazioni evidenziano. Rifiutare l'uso strumentale delle violenze inflitte
alle donne allo scopo di giustificare l'affermazione di culture razziste e'
un diritto, esattamente come e' un dovere comprendere i nuovi contorni che
tratteggiano un antico costume. All'interno della griglia culturale nella
quale si muovono le bestiali pulsioni maschili vanno rilevati, se esistono,
anche gli elementi di novita' (nazionalita', assunzioni di droghe, ecc.) non
certo per giustificare le violenze e i violentatori, bensi' per sottolineare
come sulle donne ricadano anche le nuove tensioni che una societa'
patriarcale e incapace di accoglienza e autocontrollo produce al suo
interno. Un buon modo per minare le pulsioni xenofobe e' evitare
banalizzazioni sottraendo argomenti a chi vorrebbe usarli in modo distorto.
Sostenere che le violenze alle donne non sono una questione di sicurezza non
implica necessariamente il rifiuto di un dato oggettivo, se il dato c'e' e
se e' correttamente rilevato. Sarebbe molto utile, ad esempio, effettuare
ricerche sulla attuale disponibilita' delle donne a denunciare le violenze
in famiglia e quelle subite fuori dall'ambiente domestico per comparare dati
emersi da precedenti studi e cogliere - qualora ci fossero - eventuali
modifiche.
Le situazioni sono sempre in movimento e il grande lavoro di
sensibilizzazione che le donne hanno fatto in questi anni dovrebbe aver
prodotto qualche cambiamento. Ad esempio sarebbe importante sapere se e come
e' cambiata nella societa' la percezione diffusa della violenza e delle
vittime. In queste settimane tg, trasmissioni di intrattenimento popolare e
giornali hanno parlato molto della violenza e del femminicidio e talvolta i
fatti sono stati posti correttamente: non sempre l'omicida era stato
inspiegabilmente "colto da raptus" e addirittura e' stato spiegato che ha
ucciso perche' "non accettava di essere lasciato dalla fidanzata". Piccoli
passi, comunque passi.

6. INCONTRI. AL CONVEGNO NAZIONALE DEI MEDICI PER L'AMBIENTE LA DOTTORESSA
ANTONELLA LITTA RELATRICE SULLA VICENDA DEL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO

La dottoressa Antonella Litta e' stata ieri relatrice al Convegno nazionale
dell'associazione "Medici per l'ambiente", sezione italiana della
prestigiosa "International Society of Doctors for the Environment", in corso
a Salsomaggiore Terme dal 3 al 5 aprile 2009 sul tema "Promuovere ambiente e
salute a livello locale".
*
La relazione della dottoressa Litta ha illustrato il gravissimo impatto
ambientale e sanitario della eventuale realizzazione di un nocivo e
distruttivo mega-aeroporto a Viterbo (mega-aeroporto del tutto illegale alla
luce tanto della legislazione italiana ed europea quanto della
pianificazione territoriale e urbanistica locale e dei relativi vincoli di
salvaguardia), e l'esperienza condotta dal comitato che si oppone al
mega-aeroporto e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, esperienza
proposta come modello di iniziativa civile in difesa di ambiente e salute.
*
Antonella Litta e' la portavoce del Comitato che si oppone alla
realizzazione del mega-aeroporto a Viterbo; svolge l'attivita' di medico di
medicina generale a Nepi (in provincia di Viterbo). E' specialista in
Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica
presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione
di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani
sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato
sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11,
pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per
l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia).
Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale
ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni
medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi
africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di
programmi di solidarieta' locali ed internazionali. Presidente del Comitato
"Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla
legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente.

7. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

8. LUTTI. WILLIAM ASHBROOK
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 aprile 2009 col titolo "Il melodramma
italiano perde un suo grande cultore, William Ashbrook"]

Uno dei massimi studiosi della letteratura romantica e del melodramma
italiano, William Ashbrook, e' morto martedi' notte a Denver, in Colorado,
all'eta' di ottantasette anni. Era autore di studi fondamentali, tra cui
alcune monografie storiche che hanno segnato tappe importanti per il
progresso delle conoscenze musicali e letterarie: tra i suoi titoli piu'
importanti, Gaetano Donizetti. La vita - Le opere (Edt), Turandot di Giacomo
Puccini: la fine della grande tradizione (Ricordi, 2006) e Letteratura,
musica e teatro al tempo di Ruggero Leoncavallo (Sonzogno). L'annuncio della
scomparsa e' stato dato dalla Fondazione Donizetti di Bergamo, con cui aveva
collaborato a lungo. Profondo conoscitore della musica lirica italiana,
aveva fatto i suoi studi piu' importanti ad Harvard, dove si era
specializzato nella grande letteratura ottocentesca europea, in particolare
quella italiana da Manzoni a Verga.

9. LIBRI. PAOLA CAPRIOLO PRESENTA "FRIEDRICH NIETZSDHE FILOSOFO MORALE" DI
GEORG SIMMEL
[Dal "Corriere della sera" del 26 maggio 2008 col titolo "Il personalismo
etico di Friedrich Nietzsche" e il sommario "Georg Simmel sul filosofo
tedesco. Supera l'alternativa tra egoismo e altruismo in favore di un
idealismo oggettivo"]

Nella cultura del Novecento, pochi autori sono stati discussi e commentati
quanto Nietzsche. Filosofi, poeti, romanzieri, si sono cimentati cosi'
assiduamente con la sua eredita' da giustificare l'affermazione di Gottfried
Benn secondo la quale il lavorio spirituale di quelle generazioni non
sarebbe stato altro che un'esegesi del testo nietzscheano. In questo
panorama, occupano una posizione particolare i saggi di Georg Simmel ora
raccolti da Ferruccio Andolfi con il titolo Friedrich Nietzsche filosofo
morale (Diabasis, pp. 124, euro 10).
Sviluppata tra il 1896 e il 1906, quando l'autore della Nascita della
tragedia era gia' di gran moda ma ancora si stentava a riconoscergli il
rango di filosofo, l'interpretazione di Simmel e' tra le prime a rendergli
giustizia ponendolo sullo stesso piano di pensatori come Kant e
Schopenhauer. Ma oltre che filosofo a sua volta, Simmel fu, come e' noto, un
grande sociologo, e proprio la sociologia sembra avergli offerto una
prospettiva particolarmente originale, addirittura un po' spaesante per noi,
abituati a leggere Nietzsche nella chiave "metafisica" imposta da Heidegger.
Nell'etica moderna, argomenta Simmel, si contendono il campo collettivismo e
individualismo liberale, che tuttavia, per quanto contrapposti, si fondano
su un postulato comune: che la "felicita'", del singolo oppure del maggior
numero, costituisca l'unico fine possibile per l'esistenza e dunque per le
stesse norme morali. Quella compiuta da Nietzsche e' appunto l'"impresa
copernicana" di rovesciare un simile postulato, superando l'"alternativa
secca" di "egoismo" e "altruismo" in favore di un "idealismo oggettivo delle
realizzazioni del genere umano in base alle vette rappresentate da singole
persone". In altre parole, a decidere del valore di una determinata
organizzazione sociale non sarebbe il benessere che essa garantisce alla
maggioranza dei suoi membri, e nemmeno il benessere che garantisce a me, ma
la sua capacita' di favorire e sviluppare certe qualita' oggettive
(nobilta', bellezza, talento) la cui esistenza costituisce un fine in se',
ne' piu' ne' meno di quella di un'opera d'arte. Ma non basta: se il pensiero
del XIX secolo aveva portato ad assumere il punto di vista sociale come "il
punto di vista per eccellenza", si puo' sostenere precisamente che
"Nietzsche ha infranto l'identificazione moderna di societa' e umanita'",
escludendo in linea di principio che il valore di un'azione umana dipenda
dalla sua "ricaduta" sociale.
Questa posizione, cui Simmel attribuisce il nome di "personalismo etico",
appare pero' intrinsecamente ambigua: da un lato si presenta come un
affrancamento dalla societa' (dalle sue pretese, dai suoi criteri
utilitaristici), dall'altro come una vera e propria teoria della societa',
di come cioe' essa dovrebbe essere strutturata per produrre individui
d'eccezione. A tale interrogativo Nietzsche da' la risposta piu' brutale con
l'esaltazione non solo della disuguaglianza, ma addirittura della
schiavitu': una tesi gravida di ripercussioni storiche delle quali Simmel,
all'inizio del Novecento, non poteva certo farsi un'idea. Le sue pagine
comunque hanno il merito di confutare a priori ogni tentativo di
edulcorarla, mostrando con chiarezza come essa non rappresenti
un'aberrazione marginale, una trovata stilistica o la boutade di un grecista
impazzito, ma affondi salde radici nel cuore stesso del pensiero
nietzscheano. Un nesso molto difficile da sciogliere collega l'affermazione
secondo la quale la vita e' giustificabile soltanto come fenomeno estetico
con l'idea della "grande politica" e tutte le sue sinistre implicazioni.
Eppure la "rivoluzione copernicana" attuata da Nietzsche alla fine
dell'Ottocento rimane un'eredita' preziosa ancora oggi, quando
l'utilitarismo sembra aver ormai riportato un trionfo assoluto e gli uomini
si mostrano sempre piu' incapaci di attribuire alla loro esistenza
significati oggettivi.

10. LIBRI. WALTER PEDULLA' PRESENTA "HORCYNUS ORCA" DI STEFANO D'ARRIGO
[Dal quotidiano "Il Messaggero" del 26 novembre 2003 col titolo "Il lungo
viaggio dell'Orca" e il sommario "Rizzoli ripropone Horcynus Orca,
capolavoro di Stefano D'Arrigo. Occasione per avvicinare uno scrittore
schivo quanto perfezionista"]

Festeggiato a caldo da George Steiner, che, in un articolo tempestivamente
pubblicato dal "Corriere della Sera", ha confermato il perentorio giudizio
positivo espresso in altra recente occasione ("e' un capolavoro assoluto"),
torna Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo. Saranno contenti i lettori che,
dopo aver cercato invano negli ultimi anni il romanzo, ora lo possono
trovare in un volume persino maneggevole di Rizzoli che con le sue mille
pagine (precisamente 1090, di cui 12 di bibliografia + XXXI di introduzione
di chi scrive, 25 euro) "nulla toglie" e qualcosa aggiunge all'edizione
mondadoriana.
Il volume e' il secondo dell'edizione delle opere di Stefano D'Arrigo. Il
primo ristampava, col titolo de I fatti della fera, la stesura che era
andata in bozze nel 1960 ma che non era mai arrivata in libreria. Seguiranno
due altri volumi: il romanzo Cime delle nobildonne e le poesie, edite
(Codice siciliano) e molte inedite. Ci sono altri inediti in prosa, inclusa
la narrativa. Prima o poi ci sara' la vera stesura iniziale di Horcynus
Orca: i quaderni manoscritti intitolati La testa del delfino. Un giorno o
l'altro arrivera' poi una grossa, e piacevole a leggersi, sorpresa: la
sceneggiatura di un gogoliano Anime morte, ambientato in Sicilia. E il resto
no'l dico.
La ricchissima bibliografia conferma che la critica italiana ha preso
posizione e a grande e migliore maggioranza ha testimoniato a favore
dell'Horcynus: da Debenedetti a Maria Corti, da Magris a Baldelli, da
Gramigna a Pontiggia, da Pampaloni a Zampa, da Mondo a Romano', nonche' i
"colleghi in poesia e narrativa" Primo Levi, Pasolini, Caproni, Pagliarani,
Malerba, Camilleri, Consolo e naturalmente Vittorini, che nel 1960 propose
sul "Menabo'" due capitoli di un romanzo che allora si intitolava I giorni
della fera. Crescono sempre piu' di numero i giovani critici, che sono gia'
tanti, e sono agguerriti ma non pregiudizialmente ostili come certi
interpreti che, sagacemente ispirati, nel '75 condannarono a morte Horcynus
Orca, spesso senza leggerlo.
C'e' anche la storia patetica di un recensore che nel 1975 propose di fare
con Horcynus Orca un fritto misto. Ora e' un pentito ma allora qualcuno
reagi' suppergiu' cosi': guarda un po' chi parla di frittura, un pesce lesso
della critica, nonche' della narrativa. Infuria da trent'anni infatti la
polemica senza esclusione di malignita' intorno al romanzo di D'Arrigo. C'e'
chi si pente e chi cambia i documenti, ma se continuano a esserci tanti eroi
della sesta giornata, significa che per Horcynus Orca, prosa sciampagnina,
e' venuta l'ora dei brindisi.
L'editore e' nuovo ma il testo cambia poco rispetto a quello dell'edizione
Mondadori. Non l'Horcynus del '75, bensi' il successivo Oscar: dove
risultano omesse un paio di righe e aggiunti alcuni stacchi nella parte
finale. Non sono cose di poco conto per uno scrittore che confesso' di aver
passato piu' di una notte insonne per decidere se lasciare o togliere una
virgola. Vent'anni (dal '56 al '75) di lavoro diurno e notturno.
Ogni frase dell'Horcynus e' scolpita con la tenacia maniacale attribuita ai
poeti che si possono accanire per giorni su un verso. Un oceano di parole
perlustrate goccia per goccia. Questo grande romanzo, pur essendo
esorbitante in superficie, sollecita specialmente a cercare cosa c'e' sotto
una massa incontenibile di parole che vanno a pescare significati proibiti.
L'amore ha un complesso di castrazione, la sessualita' non di rado e'
omosessualita', l'attrazione per una figura materna corteggia con
l'inconscio, l'incesto.
D'Arrigo miscela lingua e dialetti non solo per scovare segreti ma anche per
nasconderli. Il narratore siciliano, che quanto piu' nomina tanto piu'
suggerisce, s'e' inventato un italiano parlato che nessuno parla per essere
concreto e insieme solubile come il sale. E' come l'acqua ma non e' mai
incolore o inodore questa lingua saporita che compete in espressionismo con
quella di Gadda e di Fenoglio. Il terno vincente della narrativa del secondo
Novecento.
Se per simbolo l'Orca e' il mare, nella realta' Horcynus Orca e' un testo
molto pescoso per chi sa gettare reti dentro una scrittura che si liquefa
dentro ammaliante liricita' per avere il calibro strettissimo con cui si
accede all'"arcano" gelosamente difeso dall'autore. D'Arrigo deve scendere a
fondo se vuole conoscere il mistero del protagonista; e come l'Orca, risale
dalle profondita' marine con la voragine che le squarcia il fianco piena di
cicinella. Il narratore cerca l'origine, forse un peccato d'origine, da cui
nasce la sua ossessione di scrittore che si aspetta da ogni parola una
rivelazione che vada oltre quel che personalmente sa. E c'e' scandalo della
conoscenza nello Stretto che e' come l'Acheronte.
Lo scandaglio atomico aspetta il suono che segnala l'impatto con qualcosa di
solido. Non si trascuri cioe' la musica di questa narrativa che procede a
balzi come pietra piatta mandata a sbattere sulla superficie delle acque. Un
gioco da bambini. E in effetti c'e' un infante in un narratore che gioca con
le parole della lingua materna. Cosi' apprende che non solo una madre e'
l'amante piu' desiderata, ma pure che puo' essere una sirena la prostituta,
e che la contrabbandiera e' anche Proserpina, e che un delfino puo' essere
migliore di un uomo e gli succedera' nel governo del mondo. Una immensa
"reductio ad unum" concentra tutto il romanzo nell'indimenticabile figura di
Ciccina Circe', magia sposata a calcolo, sesso che copula con la morte.
Ricordo D'Arrigo sdraiato su un tappeto a correggere le bozze con biro di
quattro colori. La pagina policroma veniva appesa a un filo teso fra due
pareti. Un aquilone, due aquiloni, dieci, cento aquiloni volavano nella
stanza. Da destra a sinistra, dall'alto in basso, sempre piu' giu'. Un
prigioniero della propria ossessione cerca con ogni parola la liberta'
impossibile.
'Ndrja sembra porgere la fronte alla pallottola che l'uccidera'. Per
smettere di pensare? Bisogna farla finita con questo rovello, con questo
trapano mentale. E vent'anni dopo aver cominciato, D'Arrigo consegno'
finalmente all'editore Horcynus Orca. Rileggendolo, il narratore riprese a
correggere, una parola, una virgola, una nota musicale. Fino a questo testo
dell'edizione Rizzoli. Restano fuori appunti, interrogativi e
sottolineature. Segni da smorfiare, come si dice in Sicilia per la cabala.
Che notoriamente non nasconde nel silenzio il segreto, bensi' sotto una
lingua che, quando serve, delira con interminabile penio.

11. LIBRI. GIANANDREA PICCIOLI PRESENTA "LA STELLA DELLA REDENZIONE" DI
FRANZ ROSENZWEIG
[Dal supplemento librario "Tuttolibri" del quotidiano "La Stampa" del 24
giugno 2006 col titolo "Una stella che redime l'angoscia della morte" e il
sommario "Riproposto il classico di Franz Rosenzweig, edito nel 1921:
ispiro' Heidegger e Benjamin, anticipo' un esistenzialismo fondato sulla
fede religiosa"]

Franz Rosenzweig, La stella della redenzione, Vita e pensiero, Milano 2006,
pp. 446, euro 25, traduzione di Gianfranco Bonola.
*
Come uno di quei massi morenici che si ergono solitari nelle pianure
pedemontane, imponenti e misteriosi, Franz Rosenzweig e' una presenza
isolata ma feconda nella storia della cultura novecentesca.
Ebreo tedesco, allievo di Rickert e di Meinecke, ammiratore di Cohen,
particolarmente di quello piu' vicino alle radici della tradizione ebraica,
fu amico di Buber, con cui tradusse in tedesco la Bibbia, e la sua influenza
si estende sotterraneamente fino a oggi. Cacciari, che e' ritornato piu'
volte su di lui in saggi importanti, sostiene che Essere e Tempo e', in un
certo senso, una risposta a La stella della redenzione, il capolavoro di
Rosenzweig, ora riproposto da Vita e Pensiero nella splendida traduzione di
Gianfranco Bonola. Ma oltre ad Heidegger attinsero a Rosenzweig anche
Benjamin, Scholem, Levinas e molti altri, magari senza citarlo. E'
impossibile render conto qui di un testo di oltre 400 pagine, denso,
complesso, con evidenti prestiti da Schelling (lo Schelling delle Ricerche
filosofiche e delle Eta' del mondo, di cui Kierkegaard diceva che,
ascoltandolo, sentiva dentro di se' il bambino del pensiero balzare per la
gioia come Giovanni nel grembo di Elisabetta quando si incontra con Maria),
da Hegel, nonostante la forte polemica contro la chiusura del sistema
idealistico, e soprattutto talmudici e qabbalistici. Un testo, inoltre, che
e' insieme teologico e filosofico, ma anche trattato di estetica e teoria
linguistica, sintesi storica e guida al significato profondo della liturgia,
fiammeggiante esegesi di testi sacri, quali i primi capitoli del Genesi o il
Cantico dei cantici, e letterari, quali la tragedia greca o l'amatissimo
Goethe.
Cerchero' quindi di indicare schematicamente la matrice di quello che
Rosenzweig stesso chiama "nuovo pensiero". Come Heidegger, e come molti
della sua generazione, colpita dalle carneficine di massa della prima guerra
mondiale, Rosenzweig parte dall'esperienza della morte, che annulla in un
colpo tutta la storia della filosofia "dalla Jonia a Jena": prima del
pensiero c'e' l'esistenza del pensatore nella sua nuda fatticita' e nella
sua esposizione alla morte, e vani sono i tentativi della filosofia di
negare questa realta' primaria e irriducibile. La Stella si apre con
un'invettiva contro i filosofi e con queste parole: "Dalla morte, dal timore
della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto.
Rigettare la paura che attanaglia cio' ch'e' terrestre, strappare alla morte
il suo aculeo velenoso, togliere all'Ade il suo miasma pestilente, di questo
si pretende capace la filosofia". Comincia qui, in assoluto, sei anni prima
di Essere e Tempo, l'esistenzialismo. Se nell'angoscia davanti alla morte
l'uomo si percepisce come soggetto finito, nell'esperienza della
rivelazione, vissuta innanzi tutto come percezione istantanea di una
presenza che lo sovrasta, scopre l'alterita'. E qui, come in Schelling prima
di lui e in Pareyson dopo, c'e' la grande scommessa di Rosenzweig: usare le
credenze religiose come categorie filosofiche. A mio parere la scommessa non
e' vinta: mentre Pareyson salva la particolarita' dell'esperienza religiosa
e sostiene che certe verita' possono essere comunicabili solo nel linguaggio
del mito o della poesia, in Rosenzweig a un certo punto e' necessaria la
decisione per la fede. C'e' quindi una sorta di grande a priori che sorregge
tutta l'opera, e cioe' l'affermazione della verita', peraltro non
oggettivabile, del giudeocristianesimo. Ma un conto e' sostenere che la fede
non e' incompatibile con la ragione ed e' un modo di pensare legittimo
accanto ad altri modi (storico o scientifico, a esempio), altra cosa
trasformare i suoi contenuti in concetti filosofici. Pero', grazie a questa
mossa, tutto si mette in movimento. Per Rosenzweig gli elementi immediati
dell'esperienza sono Dio uomo e mondo. Il paganesimo, che e' uno stato, o
uno strato, non uno stadio dell'umanita' (e' la possibilita' sempre aperta
dell'immanenza) mantiene questi tre dati elementari irrelati l'uno
all'altro, autonomi. Grazie alla rivelazione, invece, Dio l'uomo e il mondo
entrano in un reciproco rapporto temporale, e percio' storico, e l'uno ha
bisogno dell'altro. Si scopre a ritroso la creazione. Si sente la necessita'
della redenzione. Creazione rivelazione e redenzione instaurano un ordine
diverso da quello "naturale", diventando cosi' modi di essere della realta'.
In questo nuovo territorio del reale si addentra la solidarieta' discorde
dell'ebraismo e del cristianesimo. Solidali perche', innervati su un'unica
radice, tendono entrambi alla verita'; discordi perche' il primo, in forza
dell'alleanza, vive raccolto in se stesso un rapporto diretto con Dio, in
una specie di anticipazione dell'eternita', mentre il cristianesimo si
espande nell'ecumene e si dispiega nella storia.
Rosenzweig scrisse l'abbozzo della Stella su tante cartoline spedite agli
amici e alla madre dal fronte balcanico, dove era andato volontario;
l'edizione a stampa usci' nel 1921. Nel 1922, a soli 36 anni, contrasse una
forma di sclerosi che in breve tempo lo paralizzo' completamente. Nonostante
cio', assistito dalla moglie, continuo' un'intensissima attivita'
intellettuale (e' di questo periodo la ricordata traduzione della Bibbia
ebraica) e la sua casa divenne un luogo d'incontro per cristiani ed ebrei.
La morte, nel dicembre 1929, gli risparmio' l'orrore nazista.

12. LIBRI. ADRIANO PROSPERI PRESENTA "L'EUROPA DEI BARBARI" DI KAROL
MODZELEWSKI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 15 aprile 2008 col titolo "Un saggio
dello storico Modzelewski. La civilt" dei barbari" e il sommario
"Un'indagine sui rapporti tra le culture europee nel passaggio dal
paganesimo, mai del tutto veramente estinto, all'affermarsi del
cristianesimo. E' molto fragile il mito di un popolo tedesco fatto per la
guerra diffuso dai nazisti. Il dominio dei Longobardi in Italia fu costruito
come una monarchia"]

Barbaro: una parola greca, nata per fare il verso col suo balbettio
inarticolato (bar-bar) a quelli di cui non si capiva la lingua. Al riso dei
greci segui' il severo spirito ordinatore e la volonta' di conquista dei
romani: la parola servi' per distinguere la civilta' come patrimonio dei
"cives romani" da chi ancora non la possedeva. Certo, poteva gia' allora
accendersi il gioco di specchi che ha reso celebre l'osservazione di Michel
de Montaigne davanti ai selvaggi americani: ognuno definisce barbari gli usi
diversi dai propri. Quando Ovidio fu esiliato a Soci tra le popolazioni del
Mar Nero si rese conto che i ruoli potevano rovesciarsi e che il piu'
raffinato cittadino romano poteva diventare il barbaro di chi non capiva la
sua lingua. Col crollo dell'impero romano la storia dei barbari e' diventata
la storia d'Europa. Ma chi erano coloro che travolsero i confini romani e
dilagarono in occidente? Su di loro gli storici dell'800 proiettarono i
confini degli stati nazionali: la divisione tra popoli germanici, baltici e
slavi apparve allora obbligatoria. Oggi una importante opera dello storico
polacco Karol Modzelewski affronta l'impegnativo compito di ridefinire la
carta dell'Europa alto-medievale in una fase in cui non c'e' solo da
cancellare gli anacronismi del nazionalismo (L'Europa dei barbari. Le
culture tribali di fronte alla cultura romano-cristiana, Bollati
Boringhieri, pp. 481, euro 40). La discussione sulle radici culturali
cristiane dell'Europa che si e' accesa intorno al preambolo della
Costituzione europea impone a chi affronta il tema da storico un compito
imponente: quello di fare un bilancio storico - non politico, non
religioso - del rapporto tra culture pagane e cristianita' romana. Karol
Modzelewski non si e' sottratto all'impegno. Il suo libro affronta la
questione dei rapporti tra le culture europee su di un arco temporale che va
dalle invasioni barbariche alle radici sopravviventi di un mondo pagano che
"non mori' completamente". E' proprio con questa citazione oraziana che il
libro si conclude.
Che cosa non e' morto? Per esempio il fondamento religioso germanico della
regola dell'unanimita' del verdetto dei giurati, oggi indiscusso pilastro
del sistema giudiziario statunitense: oppure l'archetipo del legame di
sangue tra i membri della tribu' che e' rimasto nella definizione della
guerra civile come "lotta fratricida". Certo, gli antichi dei furono
sconfitti: lo riconobbero gli abitanti di Stettino quando, davanti al
ludibrio che i missionari cristiani facevano dei loro idoli, si sentirono
non piu' protetti e si rassegnarono al battesimo con parole non diverse da
quelle che secoli dopo furono pronunziate in America dagli aztechi sconfitti
da Cortes. Quel mondo pagano crollo' come l'albero altissimo che impediva al
cielo di cadere sulla testa degli uomini (chi non ricorda Asterix?). I
Sassoni adoravano un grande tronco di albero, che chiamavano "colonna
universale": cosi' racconta Rudolf di Fulda. I missionari cristiani
tagliarono l'albero, fecero trascinare via gli idoli, frantumarono i recinti
sacri delle assemblee. Si ripeteva il trauma della fine del paganesimo
antico simboleggiata dalla morte del dio Pan. Ma la morte delle culture non
e' come quella degli esseri umani: di quella barbarica sopravvissero forme
nascoste e profonde, che il volume di Modzelewski decifra seguendo percorsi
inconsueti e ricostruendo processi storici complessi su di uno scenario di
grande ampiezza spaziale e cronologica e dominando una straordinaria
ricchezza di fonti. Lo storico ha dovuto lavorare in condizioni di speciale
difficolta', che e' facile immaginare se si pensa che ha avuto a
disposizione tracce incerte, nell'assenza spesso quasi completa di documenti
scritti, e dovendo per di piu' fare i conti con rappresentazioni tenaci
quanto infondate.
Facciamo un solo esempio per intenderci. Il mito di un popolo tedesco fatto
per la guerra e per l'obbedienza ha ricevuto diritto di presenza nel passato
quando storici filonazisti elaborarono la costruzione di un ipotetico gruppo
sociale - i cosiddetti "liberi del re" soggetti solo al sovrano e dediti
esclusivamente alla guerra - che sarebbe stato tipico dei popoli germanici.
Quella costruzione aveva basi fragilissime e oggi appare a pezzi, nota Karol
Modzelewski. Ma questo non le ha impedito di resistere a lungo. Prova - se
ce ne fosse bisogno - della verita' dell'osservazione che su di un piano
generale Modzelewski propone al lettore: "Ogni riflessione sul passato si
accompagna a un certo modo di valutare e di comprendere il mondo
contemporaneo".
Alle realta' politiche del mondo contemporaneo Karol Modzelewski ha
partecipato personalmente militando nell'opposizione da sinistra al regime
filosovietico in Polonia dove e' stato tra i fondatori del sindacato
Solidarnosc. Ma, a differenza di altri intellettuali polacchi, per lui
l'impegno politico non e' diventato una professione: ha continuato a fare il
mestiere di insegnante e di storico conservando di quella esperienza di
impegno politico una vigile attenzione al rapporto tra presente e passato.
Oggi, con questo robusto e affascinante volume, offre il suo contributo per
rispondere alla domanda se ci siano e quali siano le basi comuni della
cultura europea derivate dalla tradizione dei barbari. Questa Europa
barbarica venne integrata nell'ambito della cultura dominata dalla Roma
pagana e poi cristiana durante una vicenda lunga tredici secoli, dalla
guerra gallica di Cesare fino alle campagne dei cavalieri teutonici. Si
svolse allora il confronto e il conflitto tra le culture tribali germaniche,
slave e baltiche e la cultura romano-cristiana. Questo e' il tema del libro.
I confini abbracciati dalla ricerca di Modzelewski comprendono territori e
popoli oggi divisi da identita' nazionali fortemente consapevoli delle
proprie diversita' e spesso reciprocamente risentite. Per ricostruirne i
tratti culturali comuni c'e' voluto un esercizio straordinario di
microanalisi associata a una capacita' di mettere in relazione testimonianze
di natura diversa e di epoche lontane fra di loro.
Facciamo anche qui un solo esempio: nel 1030 un missionario cristiano di
nome Volfred giunto dall'Inghilterra in Svezia fu messo a morte per aver
fatto a pezzi l'idolo del dio Thor. Il suo corpo dilaniato fu gettato nella
palude. Cosi' racconta Adamo di Brema. Ora, che il rito dell'esecuzione
capitale germanico prevedesse l'affogamento di certi tipi di condannati nel
fango delle paludi era stato scritto nella Germania di Tacito, un'opera che
riemerse nella cultura dotta solo nel 1455 da un unico manoscritto trovato
in monastero tedesco. Forse Adamo di Brema aveva letto l'opera di Tacito o
quella di un altro autore che aveva utilizzato Tacito? Questo poteva
accadere; in altri casi accadde. La grande affidabilita' e acutezza
dell'inchiesta antropologica di Tacito trova continue conferme nello studio
di Modzelewski che in molti punti si puo' quasi considerare un omaggio al
grande storico romano. Ma nel caso di Adamo di Brema le analogie fra i due
testi non si spiegano ricorrendo alla trasmissione di un motivo letterario.
Qui Modzelewski apre un ampio spiraglio sulla realta' medievale delle
sopravvivenze pagane tra i popoli barbari e ne mostra gli scontri e gli
accomodamenti col cristianesimo e con la cultura latina: intanto le leggi
consuetudinarie di popoli "barbari" - i Burgundi (inizi del VI secolo), i
Frisoni (norma codificata nell'803) - attestano la pena capitale
dell'affogamento nel fango. La pena aveva un carattere religioso, di
espiazione per offese agli dei. E che venisse praticata lo dimostra una
prova materiale: in Danimarca, Olanda, Irlanda gli scavi archeologici e le
estrazioni della torba hanno portato al rinvenimento di alcune centinaia di
"cadaveri di palude" alcuni dei quali con gli occhi bendati e con segni di
torture (i terreni paludosi hanno notoriamente la caratteristica di
conservare perfettamente i resti organici).
Questo e' solo un piccolo esempio dell'interesse di questa storia:
dall'indagine di Karol Modzelewski vengono illuminate pratiche divinatorie
pagane solo superficialmente cristianizzate, come quella in uso per scoprire
il colpevole in un processo penale. Sono particolarmente interessanti le sue
osservazioni sui caratteri sacrali dell'assemblea pubblica (fu necessario un
ordine specifico di Carlo Magno per imporre l'obbligo del culto festivo al
Dio cristiano a danno di quelle assemblee). Si tenga conto di quanto il
terreno di riti e miti dell'antichita' germanica sia stato reso un campo
minato dalla propaganda nazista e dagli storici tedeschi del III Reich: per
reazione gli studiosi hanno poi ecceduto nel metterne in ombra gli aspetti
sacrali e le convinzioni religiose soggiacenti. L'analisi di Modzelewski
invece e' un restauro paziente e accurato di un mondo che ha lasciato tracce
nelle leggi, nelle consuetudini e nel linguaggio in un'area che abbraccia
popoli germanici, slavi, ugrofinnici e si estende dalla Svezia all'Irlanda,
alla Lettonia e a tanti altri paesi. Anche all'Italia: anzi, specialmente
all'Italia perche' il dominio del Longobardi su parte della penisola fu
costruito come una monarchia di conquistatori, senza il concorso delle elite
romane che furono invece determinanti nella storia della vicina Gallia.
Percio' le leggi longobarde hanno uno speciale valore di prova in questa
inchiesta sulle categorie delle culture barbariche. Si pensi allo speciale
diritto del re sulle donne del popolo longobardo, che si spiega solo sulla
base di una concezione privatistica del sovrano come un grande parente di
ogni famiglia.
"C'e' voluto un secolo o piu' di duro lavoro - ha scritto Zygmunt Bauman -
... per convincere i prussiani, i bavaresi, i renani, i turingi o i
sassoni... che sono tutti parenti stretti e discendenti dello stesso ceppo
germanico" (Le vespe di Panama, Laterza, p. 12). Senza ricorrere alla forza
militare, con l'intelligenza e lo sguardo dello storico Karol Modzelewski ha
raggiunto un risultato di gran lunga maggiore: dimostrare l'appartenenza dei
popoli della Scandinavia, della Russia, della Polonia e naturalmente della
Germania - cioe' di tutte le popolazioni discendenti dai "barbari" - a una
stessa cultura originaria, frammentata in seguito dal diverso livello di
integrazione con la cultura dell'impero romano e con la religione cristiana
ma non cancellata del tutto. La vittoria del cristianesimo fu non uno
smantellamento ma una interazione con l'eredita' del mondo dei barbari: e
l'Europa di oggi reca nella sua cultura le diverse facce delle reciproche
influenze - mondo romano, mondo bizantino e retaggio culturale barbarico.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 781 del 5 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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