Voci e volti della nonviolenza. 320



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 320 del 4 aprile 2009

In questo numero:
1. Vittorio Longhi: Migrare per sopravvivere
2. Gilbert Achcar: Diritto d'ospitalita'
3. Marina Verzoletto: Franco Battiato (2000)

1. UNA SOLA UMANITA'. VITTORIO LONGHI: MIGRARE PER SOPRAVVIVERE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 marzo 2009 col titolo "Fortezza
Schengen. Africa, la crisi picchia i giovani partono" e il sommario
"Dall'Egitto alla Somalia, il peggioramento delle condizioni economiche e
l'aumento dei prezzi causera' nuove fughe. E nuovi arrivi in un'Europa
sempre piu' chiusa. Rifugiati figli della recessione mondiale. Uno studio
prevede un aumento dei flussi migratori nei prossimi mesi"]

Mentre il governo italiano adotta politiche sempre piu' restrittive e
repressive nei confronti degli immigrati, gli esperti internazionali
avvertono che bisogna prepararsi a nuovi, inevitabili esodi dal continente
africano, il piu' colpito dalla recessione economica, e che bisogna
riconsiderare le politiche di accoglienza.
"La crisi mondiale sta incidendo pesantemente sull'economia africana e sulle
risorse alimentari, con forti aumenti dei prezzi, calo delle esportazioni,
difficolta' a trovare investimenti e finanziamenti dall'estero, crollo del
mercato del lavoro. Tutto questo, vista l'instabilita' sociale e politica in
Africa, dara' vita a ulteriori conflitti e violazioni dei diritti umani,
percio' produrra' nuovi flussi di migranti e di rifugiati". E' la premessa
di uno studio appena pubblicato dall'"Harvard international review", a firma
di Arno Tanner, docente di Immigrazione internazionale all'universita' di
Helsinki ed ex senior expert al Consiglio d'Europa.
Tanner descrive alcune delle situazioni in cui la crisi sta avendo gli
effetti piu' drammatici, come in Somalia, dove il prezzo dei cereali e'
raddoppiato e il valore dello scellino si e' dimezzato negli ultimi mesi,
rendendo quasi impossibile accedere ai generi di prima necessita' per vasti
strati di una popolazione gia' stremata dalla guerra. O come in Egitto, dove
il governo ha mandato la polizia con i manganelli e i gas lacrimogeni per
fermare le manifestazioni contro il rincaro della farina e impedire gli
assalti ai granai. E' ovvio che, in mancanza di cibo e lavoro, le tensioni
sono destinate ad aumentare, aggravando le condizioni di poverta' ed
esasperando i conflitti interni.
Percio' l'unica alternativa e' scappare, verso nord, per quei migranti che
Tanner descrive come "i rifugiati della crisi economica" e che in Europa non
dovrebbero essere trattati indistintamente da irregolari, da "clandestini",
ma trovare le stesse forme di protezione riservate ai rifugiati e alle
vittime delle crisi umanitarie. "I programmi europei di accoglienza vanno
riconsiderati e ampliati per prepararsi alla possibilita' di crisi
migratorie dall'Africa - spiega -, cosi' come le politiche europee di asilo
devono essere pronte a ulteriori flussi, assicurando almeno tutele
temporanee". Tra le proposte del professore c'e' "l'estensione del mandato
dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) o l'istituzione di
un'organizzazione mondiale sulla Convenzione di Ginevra, che decida sui
diritti dei rifugiati e coordini un sistema adeguato di suddivisione
dell'onere, nell'attribuzione delle quote di reinsediamento, basate anche
sugli indicatori di ricchezza, come il Pil, dei potenziali paesi di
destinazione". Inoltre, Tanner invita a non tagliare gli aiuti e i fondi
destinati alla cooperazione internazionale, come invece sta facendo il
governo Berlusconi: "Una scelta miope quella dei paesi europei che riducono
gli aiuti a causa delle crisi finanziarie interne, perche' a lungo andare
questo produrra' flussi di migrazione ancora piu' elevati verso quegli
stessi paesi".
Le previsioni e le osservazioni del docente di Helsinki concordano con
quanto dichiarato dal vicepresidente della Commissione europea e commissario
per Giustizia, Liberta' e Sicurezza, Jacques Barrot, dopo l'ultima visita a
Lampedusa e a Malta: "L'aggravarsi della crisi e i suoi primi effetti reali
in Africa avranno un impatto diretto sulle categorie di popolazione piu'
inclini all'immigrazione", cioe' uomini e donne giovani, relativamente
istruiti ma senza prospettive.
E in Italia, finora, il persistere dei conflitti africani ha gia' fatto
raddoppiare le domande di asilo. In base agli ultimi dati diffusi
dall'Unhcr, dal 2007 al 2008 il numero delle richieste e' passato da 14.000
a oltre 31.000, facendo raggiungere al nostro paese, per la prima volta, il
quarto posto tra le principali destinazioni dei richiedenti, dopo Stati
Uniti, Canada e Francia.
L'agenzia Onu precisa che due terzi dei 36.000 migranti sbarcati sulle coste
italiane nel 2008 hanno presentato domanda d'asilo e la meta' ha ottenuto
una forma di protezione. I paesi di provenienza sono soprattutto Nigeria,
Somalia, Eritrea, Afghanistan, Costa d'Avorio e Ghana. Tutti luoghi gia'
martoriati da guerre e violenze, che la crisi economica di certo non
risparmiera'.

2. UNA SOLA UMANITA'. GILBERT ACHCAR: DIRITTO D'OSPITALITA'
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 marzo 2009 col titolo "Lampedusa
simbolo della negazione" e il sommario "Se l'Europa rinuncia al diritto
d'ospitalita'"]

Il centro di identificazione ed espulsione di immigranti "illegali" a
Lampedusa e' diventato il simbolo del trattamento riservato ai "boat people"
del continente africano da parte della Fortezza Europa.
Questa "illegalita'" degli immigranti non e' cio' che viene proclamato o
fatto passare attraverso formule come "stranieri in situazione irregolare".
E' un'illegalita' decretata in virtu' di una categorizzazione frutto di
un'Europa che ha quasi abolito l'immigrazione "legale" delle persone
provenienti dal continente africano. Non si tratta della violazione da parte
di persone internate di una legalita' rispettosa dei diritti umani. Si
tratta piuttosto della conseguenza di una negazione dei diritti umani da
parte della potenza sovrana. Le persone "trattenute" a Lampedusa, come negli
altri centri di detenzione europei, vengono private fin dall'arrivo del
"diritto di ospitalita'", elemento centrale del diritto cosmopolita, quello
che Immanuel Kant definiva "il diritto dello straniero, una volta arrivato
in un territorio di altri, a non essere trattato come un nemico".
Il "diritto di visita", ossia il diritto alla libera circolazione, che
l'Europa riconosce ai cittadini dei paesi ricchi accolti senza bisogno di
visto, viene negato ai cittadini dei paesi poveri - quegli stessi paesi che
aveva annesso come colonie, solo qualche decennio fa, assoggettandone le
popolazioni. Certo, il diritto di visita non equivale a un diritto
d'accoglienza, come spiegava Kant, cioe' il visitatore non puo' invocare il
diritto di stabilirsi nel paese visitato e di beneficiare dei vantaggi
riservati agli autoctoni. Notiamo tuttavia che quanti sono contrari al
diritto all'immigrazione in virtu' di questa distinzione non fanno in
generale nulla affinche' sia effettivamente riconosciuto il diritto di
visita, o "il diritto di ospitalita'".
Inoltre, per i cittadini di paesi africani non si tratta di un diritto
d'accoglienza generico - che pure viene riconosciuto de facto ai cittadini
dei paesi ricchi. Per questi ultimi, lo si fa con il pretesto di una
reciprocita' che pure non viene accettata come condizione sufficiente nel
caso dei paesi poveri, che accorderebbero volentieri un diritto
d'accoglienza reciproco agli europei. Si tratta piuttosto di un diritto alla
riparazione, in compensazione del saccheggio del continente africano da
parte degli europei, tanto sotto forma del saccheggio diretto esercitato
durante il lungo calvario coloniale che sotto forma del saccheggio indiretto
per mezzo dello scambio ineguale a partire dalla decolonizzazione. Un
saccheggio e una soggiogazione che hanno creato il "sotto-sviluppo", come
condizione durevole di cui l'Africa, come il resto del mondo gia'
colonizzato, possono difficilmente uscire attraverso i loro soli sforzi nel
quadro di un sistema mondiale di essenza gerarchica.
In riparazione del lungo saccheggio e dei crimini contro l'umanita' che
l'Europa e le sue propaggini nelle Americhe hanno commesso nei confronti dei
paesi e delle popolazioni dei continenti colonizzati, la giustizia
elementare esige la combinazione di due azioni: un diritto di visita senza
restrizioni per i cittadini dei continenti piu' poveri (oltre che il rigido
rispetto del diritto d'asilo per i perseguitati) e un piano massiccio di
finanziamento dello sviluppo e di trasferimento di tecnologia agli ex paesi
colonizzati, accompagnato dalla formazione massiccia dei loro cittadini, sia
all'interno dei paesi interessati che in Europa. Non potendo riconoscere un
diritto d'accoglienza agli ex colonizzati, ossia l'obbligo di fornire loro
un lavoro o un reddito minimo, l'Europa ha il dovere di fornire a questi
paesi un aiuto massiccio, e non le misere briciole che concede loro oggi per
farli uscire dal sottosviluppo.
Ponendo come uniche condizioni a questo aiuto massiccio il rispetto dei
diritti umani e la democrazia, l'Europa finirebbe per realizzare quella
"missione civilizzatrice" che si era ipocritamente attribuita quando
imponeva il suo barbaro giogo alle colonie. Lo sviluppo delle ex colonie e'
l'unico modo, giusto ed efficace, di ridurre l'emorragia umana di questi
paesi - un'emorragia tanto piu' grave in quanto coloro che emigrano sono im
maggioranza persone utili allo sviluppo locale.
Un Piano Marshall per le ex colonie sarebbe nello stesso interesse
dell'Europa e dell'umanita' tutta. In questi tempi di grave crisi
dell'economia mondiale - una crisi che molti ritengono altrettanto profonda,
se non di piu', della Grande depressione tra la prima e la seconda guerra
mondiale - ci sono due vie certe d'uscita: o una nuova guerra mondiale come
quella che ha messo fine alla depressione degli anni Trenta, strada
fortunatamente impossibile perche' annienterebbe l'umanita'; oppure una
"guerra contro la poverta'" su scala mondiale, uno sforzo della stessa
ampiezza di una guerra mondiale, e non la buffonata cosi' battezzata da Tony
Blair e dai suoi pari - una "guerra" molto particolare, dal momento che
dovrebbe cominciare dalla riduzione massiccia delle spese militari e dalla
loro riconversione per lo sviluppo mondiale.
Un'Europa che ritrovasse gli antichi livelli di crescita potrebbe poi
accogliere di nuovo le masse di immigrati del terzo mondo che la sua
demografia rende indispensabili al suo sviluppo.

3. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: FRANCO BATTIATO (2000)
[Dal mensile "Letture", n. 565, marzo 2000, col titolo "Franco Battiato" e
il sommario "Nelle canzoni e nelle opere, il musicista siciliano rappresenta
un caso a se', lontano dalle avanguardie e in perenne fase sperimentale.
Mirando a esprimere l'armonia del cosmo e dell'anima, con essenzialita' di
linguaggio"]

"A me piacerebbe non essere in nessun tempo. L'ideale sarebbe appartenere a
tutte le epoche, ma mi rendo conto che si tratta di un'ambizione smodata".
Cosi', con la leggerezza di una simulata ingenuita', Franco Battiato lascia
senza argomenti il critico che si affanna a trovargli una classificazione
all'interno della "musica contemporanea". E' vero che i furori delle
avanguardie sono ormai lontani: l'autoflagellazione con cui i compositori
dei decenni centrali del secolo, a forza di voler essere "moderni", si
condannavano all'incomprensione del pubblico, ha ceduto il passo a una
rinnovata esigenza di comunicazione.
C'e' da chiedersi quanto in questa evoluzione si debba al lavoro di artisti
come Battiato; e quanto negli ultimi anni sia mutata la situazione che
ancora nel 1992, un musicologo quale Franco Pulcini, fino ad allora noto
come esperto del repertorio slavo novecentesco, rilevava nella prefazione
all'autobiografia in forma d'intervista di Battiato, Tecnica mista su
tappeto: "Tutti noi critici, cresciuti succhiando le mammelle avvizzite
della musica moderna e dell'avanguardia, abbiamo un gran bisogno di lavare i
panni nella musica di successo; e capirne le ragioni, indipendentemente dal
fatto che ci piaccia. Neanche la musica d'avanguardia ci piaceva, e ci siamo
sforzati egualmente di comprenderla. Non vedo perche' non fare un piccolo
sforzo con un genere meno ostile nei confronti delle orecchie e del
cervello". Battiato sembra offrire una via d'uscita al dilemma del critico
pentito, che e' poi lo stesso dell'ascoltatore di buona cultura:
identificare un "classico di oggi" capace di conquistare il pubblico come i
grandi del passato, senza cadere nella banalita' commerciale.
*
Musica pitagorica
Il successo non effimero di una canzone e' sempre legato a un delicatissimo
equilibrio di fattori; ma il caso di Battiato appare di ancor piu' ardua
decifrazione. La sua non e' una musica "facile" e il personaggio concede
pochi appigli promozionali. Manca, per esempio, l'identificazione
regionalistica. Non che il musicista non viva un forte legame con la terra
di nascita: la Sicilia orientale, dove Battiato e' nato il 23 marzo 1945 a
Jonia, oggi Riposto, un paesino dalla terra fertile e dall'aria cristallina,
incastonato tra le acque dello Jonio e il fuoco dell'Etna. I quattro
elementi dell'antica cosmologia ionica sembrano convergere nell'invito a una
musica pittoresca, nutrita dei paesaggi sonori dell'infanzia. Invece, niente
di tutto questo: pochi musicisti sono cosi' poco interessati all'imitazione
naturalistica, onomatopeica o comunque descrittiva. Un paesaggio d'anima,
dunque? Un linguaggio dell'interiorita', delle emozioni?
Se non e' un pittore di paesaggi sonori, Battiato meno che mai fa della
musica il luogo di sfoghi sentimentali; e irride all'immagine ingenua del
compositore che scrive una canzone per consolarsi di un amore infelice:
"Posso scrivere solo se sto bene". Lo stato emotivo che ogni suo brano
aspira a recuperare e' una dimensione spirituale primigenia, governata dalla
musica in se': "Uno stato in cui la musica e' musica, e dove il suono regola
e guida questo nostro mondo, simile a un Dio".
Questa "forza di espressione pura, totale" fluisce nella tipica sonorita'
"alla Battiato": una fascia iridescente di accordi in successione diatonica;
una levigata, calma superficie che avvolge un cuore di vibrazioni nascoste e
cangianti come un caleidoscopio, generate da una poliritmia dissonante
interna. Non naturalistica ne' sentimentale, questa musica si rifa'
piuttosto alla tradizione pitagorica: la sua legge di misura e ordine si
identifica con l'armonia del cosmo e dell'anima. Da qui la fedelta' di
Battiato all'ottava e alla tonalita' come sistema di riferimento acustico
naturale; alla chiarezza diatonica delle successioni accordali piuttosto che
all'intorbidamento cromatico dell'armonia; alla polarita' classica tra
consonanza e dissonanza; da qui la sua insofferenza psicologica per le
sonorita' esasperate, ossessive, angoscianti, che pure hanno tanta parte
nella musica contemporanea, colta o leggera che sia.
*
Il piano e la chitarra
La fisionomia artistica di Battiato si e' costruita a partire da una
formazione composita, a mezza via tra professionista e dilettante. Manifesta
i primi segni di vocazione musicale a due anni; a sei comincia a prendere
lezioni di pianoforte: un'esperienza di breve durata, che tuttavia segna
come un imprinting il suo gusto per una musica concepita armonicamente, in
densi aggregati verticali. A undici anni condivide lo shock generazionale
per il rock americano, imparando da autodidatta a suonare la chitarra: anche
in questo caso e' la possibilita' di realizzare accompagnamenti, ossia la
dimensione armonica, ad attirare la sua attenzione. Ascolta il jazz solo per
dovere di musicista, mentre l'universo classico e' una scoperta dell'eta'
adulta.
*
La gavetta della balera
A diciott'anni abbandona gli studi e decide di fare il musicista. Si
trasferisce a Milano, dove sbarca il lunario impiegandosi come magazziniere.
Contemporaneamente fa le sue prime esperienze discografiche, comuni ad altri
aspiranti cantanti: incide i successi altrui per sottomarche specializzate
che immettevano cosi' sul mercato un prodotto molto meno costoso degli
originali. Inizia a esibirsi al Cab 64, uno dei primi cabaret milanesi,
diretto da Velia e Tinin Mantegazza. Si presenta come folksinger siciliano,
spacciando brani di sua invenzione per canti tradizionali del Cinquecento.
Il Cab 64 era un ritrovo di talenti: Enzo Jannacci, Paolo Poli, Herbert
Pagani, Bruno Lauzi, Cochi e Renato, Lino Toffolo, Felice Andreasi.
Battiato incontra anche Gino Negri, che lo invita a collaborare a un suo
spettacolo teatrale, La Tancia di Michelangelo Buonarroti il Giovane, e a
partecipare a un allestimento shakespeariano, Molto rumore per nulla, con
Tino Carraro ed Elsa Merlini, dove suona (modificando quel che non gli piace
nelle canzoni di Negri) e recita. Inoltre, fino a 24 anni, fa la gavetta
classica della balera: una grande scuola di improvvisazione. Conosce
Ombretta Colli e Giorgio Gaber, che nel 1966 gli finanzia e produce il primo
45 giri, La torre / Le reazioni. Ne seguono altri due: E' l'amore (1968) e
Sembrava una serata come tante (1969). Anche questo inizio di carriera
assomiglia agli esordi di tanti cantanti pop. Invece Battiato abbandona
presto questo tipo di repertorio per una strada nuova e impervia.
La pubblicazione del primo album, Fetus (1971), sancisce nell'itinerario
artistico di Battiato l'avvio del periodo "sperimentale". E' una ricerca di
identita', uno scavo interiore prima ancora che un'indagine tecnica, che
muove da una crisi dalla quale il compositore e' investito alla fine degli
anni Sessanta. Sul piano personale la reazione alla crisi e' l'immersione
nella filosofia indiana e l'inizio di un interesse per l'Oriente destinato a
rimanere un punto di riferimento costante. Sul piano del linguaggio si
traduce in un allontanamento dal mondo della "musica leggera" ("Guardavo
soltanto Sanremo, che consideravo una passerella delirante") per volgersi a
quello dell'elettronica.
*
Salva Reich, Riley e Glass
Fetus, ispirato al Mondo nuovo di Huxley, fu uno dei primi dischi
elettronici apparsi in Italia. Il sintetizzatore, con il pendant della
batteria elettronica, diventa occasione per una specie di auto-terapia, una
verifica delle proprie attitudini percettive: non solo uno spericolato gioco
sonoro, ma un viaggio nel tempo, una ricostruzione artificiale di passate
civilta' musicali. Piu' violenta e ossessiva e' invece la presenza del mezzo
elettronico in Pollution (1972) e in Sulle corde di Aries (1973), un disco,
quest'ultimo, nel quale comincia a farsi percepibile l'influenza del
prediletto Oriente: una concezione rituale del discorso attenua
l'aggressivita' pur senza mancare di intensita'.
L'esperienza dell'elettronica consegna a Battiato un tratto caratteristico
del suo stile, evidente, per esempio, in un altro disco di questi anni, Clic
(1974), un album quasi esclusivamente strumentale: la tecnica del montaggio,
il collage, la composizione come continuum sonoro. Una sorta di horror vacui
porta a riempire tutti gli spazi acustici, a giustapporre accordi,
vibrazioni ed echi in una scorrevole fluidita'.
C'e' tuttavia in Battiato un consapevole distacco dal guru dell'avanguardia
di quegli anni, John Cage: mentre Cage rinuncia all'idea stessa della
composizione e mira a cogliere il libero e casuale risuonare del mondo,
Battiato non intende abdicare al compito di formare e organizzare la materia
sonora raccolta. Cosi' avviene della vasta gamma di reperti montati in
M.elle le "Gladiator" (1975). Altrettanto controcorrente e' l'atteggiamento
di Battiato sul problema della dissonanza: mentre le avanguardie inseguivano
la provocazione e rifuggivano dalle "vecchie" armonie, inadatte a esprimere
il "disagio" moderno, Battiato non ha paura di abbandonarsi al piacere di
una "bella" consonanza. Del resto, il suo giudizio sulla "musica
contemporanea" e' spesso molto duro: "I compositori contemporanei sono
inesistenti. Della categoria di musica classica contemporanea e' veramente
doveroso fare di tutta l'erba un fascio [...]. A differenza di altri, che
prendono le distanze e riconoscono la bravura tecnica di questi compositori,
io no, non riconosco neanche quella. Cio' che qualcuno pensa complicato e
matematicamente sviluppatissimo e' semplice ed elementare".
Alla musica che nasce dall'avanguardia dodecafonica Battiato rimprovera
soprattutto l'astrattezza, l'intellettualismo, l'innovazione costruttiva
puramente teorica che non comunica alcunche' all'ascoltatore: "Una persona
di media intelligenza, che sa di musica e ha un po' di fantasia, con davanti
un foglio di carta e una conoscenza discreta dell'orchestrazione, e' in
grado di scrivere cose inaudite. Non e' quello l'obiettivo".
Tra le correnti piu' recenti, Battiato salva invece il minimalismo di Steve
Reich, Terry Riley, Philip Glass, dei quali condivide il contatto diretto
con la pratica musicale: "Siamo musicisti, non teorici, e viviamo per il
suono. [...] Per loro non nasce prima la teoria, ma il piacere del suono e
la sua composizione. Si possono creare teorie, ma solo dopo che si e'
scritta tanta musica e questa musica ci ha soddisfatto [...] Giudico
positivo il fatto di scrivere oggi una musica che va incontro al pubblico,
attirandolo e non respingendolo".
*
Il premio Stockhausen
L'elettronica e' comunque la porta attraverso la quale Battiato entra in
contatto con la musica "colta". Frequenta Karlheinz Stockhausen, che lo
convince a impadronirsi della notazione tradizionale: cosi' impara, da
autodidatta, la teoria e il solfeggio, sistematizzando le conoscenze
pratiche acquisite negli anni precedenti. Studia poi armonia, composizione e
orchestrazione con Renato Dionisi, docente del Conservatorio di Milano.
Dionisi si rende conto della singolarita' di quell'allievo e gli somministra
un insegnamento ad personam, con molta armonia e poco contrappunto
imitativo.
La ricerca sperimentale, via via piu' meditata e meno frenetica, e
l'acquisizione di una matura consapevolezza grammaticale danno i loro
frutti. Verso la fine degli anni Settanta, come lo stesso Battiato
riconosce, si colloca uno dei momenti piu' alti della sua produzione, quello
della raggiunta essenzialita' e purezza di linguaggio. Ne fanno parte Za' /
cafe' - table - musik (1976), che avvia una feconda collaborazione con il
pianoforte di Antonio Ballista, e Juke Box (1977), dove compare la voce di
Juri Camisasca che, con il violinista Giusto Pio e il tastierista Filippo
Destrieri, si iscrive tra i partners "storici". Ma e' L'Egitto prima delle
sabbie (1978) il punto di arrivo della lunga ricerca intrapresa con Fetus.
Il viaggio nel mondo delle risonanze interiori trova nel pianoforte lo
strumento ideale. Il brano che da' titolo all'album, e che vinse il Premio
Stockhausen, sfrutta l'alone riverberante, di cui il timbro pianistico e'
capace, per creare un fitto tessuto di micro-polifonie. Ne deriva una sorta
di sospensione del tempo, una durata psicologica enormemente dilatata
rispetto a quella cronometrica; una sensazione che in Sud Afternoon assume i
connotati della spossatezza.
Raggiunto un primo culmine con L'Egitto prima delle sabbie, nel 1978
Battiato imprime alla sua evoluzione artistica una drastica svolta.
Dall'elitaria sperimentazione elettronica, e comunque da una creativita'
prevalentemente orientata verso il suono strumentale, si passa, con L'era
del cinghiale bianco (1979), alla voce e al genere piu' "commerciale", la
canzone. In realta' un attento esame dell'album in questione rivela piu' di
un legame tra il vecchio e il nuovo musicista. E' lo stesso Battiato a
offrire un indizio, accennando a un suo interesse, in quel periodo, per
esperimenti sull'emissione vocale: la tecnica di canto di Battiato, pur
cosi' poco appariscente, implica una partecipazione di tutto il corpo e
produce un timbro ricco di armonici, di piccole oscillazioni
dell'intonazione, di attacchi vibrati che sostengono lunghe emissioni di
voce appena accennata.
*
Sono solo canzonette?
Questa vocalita' distesa e concentrata, fisica e interiorizzata al tempo
stesso, si pone in continuita' con il modo in cui anche il Battiato
"sperimentatore" intendeva la ricerca sulle sonorita' elettroniche: il
suono, carne e sangue della musica, non nasce da un'astratta speculazione
intellettuale; e' un'esperienza concreta, vissuta con partecipazione totale.
Alla parte dominante della tradizione occidentale, che anche in musica si
sforza di sentire con una mente disincarnata, Battiato contrappone cosi' la
cultura orientale che, al contrario, pensa servendosi della corporeita' (la
danza mistica dei dervisci, le tecniche di meditazione).
L'era del cinghiale bianco contiene peraltro, negli arrangiamenti
strumentali, ancora una buona dose di elettronica; e, nelle tematiche dei
testi, e' del tutto conseguente all'evoluzione spirituale attraversata da
Battiato nel corso degli anni Settanta. Proprio quando decide di rivolgersi
al pubblico di massa della musica leggera, il cantautore auspica il ritorno
all'"Era del Cinghiale Bianco": il simbolo celtico dell'autorita' spirituale
e' antidoto contro le forze oscure, contro quel "Re del Mondo" che "ci tiene
prigioniero il cuore". L'ironia sferzante contro le false mode
pseudoreligiose (Magic Shop) contrappunta la tensione di una liturgia
autentica, arcaica e severa (Pasqua Etiope).
Il rapporto dialettico con il mondo della canzone diventa autoreferenziale
in Patriots (1980): "Up patriots to arms, engagez-vous, la musica
contemporanea mi butta giu'. / [...] Chi vi credete che noi siam, per i
capelli che portiam, / noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre. /
L'Impero della musica e' giunto fino a noi / carico di menzogne / mandiamoli
in pensione i direttori artistici / gli addetti alla cultura... / e non e'
colpa mia se esistono gli spettacoli / con fumi e raggi laser / se le pedane
sono piene / di scemi che si muovono".
*
L'uso frequente del collage
La tecnica del collage, applicata ai testi non meno che al tessuto musicale,
produce un accostamento straniante e ironico di frammenti, citazioni colte,
immagini estrapolate dall'universo mediatico: "Me ne andavo una mattina a
spigolare quando vidi una barca in mezzo al mare / i cipressi che a Bolgheri
alti e schietti vanno da San Guido in duplice filar / hanno veduto una
cavalla storna riportare colui che non ritorna" (Frammenti); "Giocavano
sull'aia bambini e genitori / Calasso li avvertiva dal 'Corriere della
Sera': 'Copritevi che fa freddo, mettetevi le galosce'... / Good vibrations,
Satisfaction, sole mio / Cinderella mit violino, Lux aeterna / Galileo,
douce France, Nietzsche-lieder / Kurosawa, meine liebe, / mister Einstein on
the beach" (Passaggi a livello).
Nel disco successivo, La voce del padrone, il gioco linguistico si fa piu'
irriverente e divertito (Cuccurucucu) e rivela piu' chiaramente il suo
bersaglio polemico, le mode e i miti culturali di ogni genere: "A Beethoven
e Sinatra preferisco l'insalata / a Vivaldi l'uva passa che mi da' piu'
calorie / [...] minima immoralia / minima immoralia / e sommersi soprattutto
da immondizie musicali" (Bandiera bianca); "Non sopporto i cori russi la
musica finto rock la new wave italiana il free jazz punk inglese / neanche
la nera africana" (Centro di gravita' permanente). Il successo travolgente
dell'album, che rimane per un anno in vetta alle classifiche raggiungendo il
milione di copie vendute, non condiziona Battiato a ripetersi: L'arca di
Noe' abbandona il registro brillante per recuperare la dimensione mitica del
viaggio, metafora dell'umana ricerca di salvezza; il divertimento ironico
sfuma nel pessimismo dei testi scritti con Tommaso Tramonti, che risuonano
di "clamori nel mondo moribondo" e mettono in scena profeticamente "il
grande esodo" che seguira' alla "fine dell'imperialismo degli invasori russi
/ e del colonialismo inglese e americano".
Anche Orizzonti perduti (1983) parla con toni pessimistici di "Tramonto
occidentale" e "Zone depresse", di "Mal d'Africa" e della necessita' di
"Un'altra vita", e della "musica stanca" che affligge "quest'epoca di bassa
fedelta' e altissimo volume". Si sente la volonta' di non restare
imprigionato nelle formule del proprio successo. Mentre lavora al nuovo
disco, Mondi lontanissimi (1985), fitto di simbolismi esoterici (Via
Lattea), e fonda in collaborazione con Longanesi la casa editrice L'Ottava,
specializzata in testi mistico-teosofici (Gurdjeff, Thomasson), Battiato
prepara cosi' una nuova svolta, anzi, una nuova convergenza con il mondo
della musica "seria". Nell'ultimo disco citato, Temporary Road propone
stilemi tardorinascimentali e barocchi, sintomo del maturare di interessi
che risalgono agli anni Settanta, quando non fu realizzato un progetto di
esecuzione dei Trois morceaux en forme de poire di Satie, l'ironico e
ascetico Socrate del primo Novecento francese. A partire dal 1984 questi
fermenti classici si coagulano in forma nuova.
*
Genesi di un operista
La metamorfosi giunge a compimento il 29 aprile 1987, quando nel tempio
verdiano, il Teatro Regio di Parma, va in scena Genesi, primo contributo di
Battiato al genere italiano piu' carico di storia, l'opera lirica. "L'opera
non era una mia ambizione", confessa qualche anno dopo a Pulcini, "e non lo
e' tuttora, ma sento che e' una strada verso cui dovro' andare". Del
melodramma tradizionale, in verita', in Genesi c'e' ben poco, a cominciare
dalla trama. Preoccupati del fracasso umano, gli Dei mandano sulla Terra
quattro Arcangeli messaggeri: per evitare l'ennesimo Diluvio, essi vanno
alla ricerca di persone che abbiano conservato gli insegnamenti e le
pratiche della tradizione esoterica. Trovano cosi' un cantore che vive nella
ricerca e nella meditazione; un monastero di frati completamente isolati dal
mondo che celebrano ancora le piu' antiche liturgie; una confraternita
dedita alla danza sacra. Viene costruita una Grande Astronave, che trasporti
il cantore e il suo popolo in un viaggio verso la nuova Comprensione. Al
ritorno, gli Arcangeli tengono una lezione sulle origini del mondo e il
cantore canta in loro onore un passo dalla Bhagavad-Gita; ma il popolo
fraintende il messaggio trasformandolo in un sistema di dogmi. Con la morte
si attua il passaggio al nuovo mondo: il cantore, in trance, chiama in
ordine alfabetico celebri musicisti, i cui nomi risuonano come mantra. Un
Gloria saluta la partenza degli Arcangeli.
Come si puo' notare, la componente rituale si sostituisce alla narrazione
drammaturgica: cio' che viene messo in scena non e' una finzione
spettacolare ma una seduta iniziatica "in tempo reale", che coinvolge
compositore, esecutori e pubblico. Il libretto e' costituito in parte da
testi originali di Tommaso Tramonti e dello stesso Battiato, in parte, con
la consueta tecnica del collage, da citazioni di frammenti liturgici e di
antichi testi in persiano, sanscrito, greco, turco. Ma la ritualita' e'
soprattutto nella musica, sospesa in una statica immobilita' di accordi
ripetuti, di onde sonore che si espandono e rifluiscono su se stesse. L'uso
del campionatore elettronico amalgama i suoni armonizzando in un flusso
magmatico la varieta' timbrica dei materiali originari. Il ritorno alla
canzone, dopo Genesi, porta le tracce di quell'esperienza. In Fisiognomica
(1988) sonorita' orchestrali di essenziale purezza rivestono parole che
dicono di un amore assoluto, di una solitudine che anela all'Infinito (E ti
vengo a cercare, Secondo imbrunire, L'Oceano di silenzio).
*
Il cammello e la grondaia
Nel 1990 compone la colonna sonora di Benvenuto Cellini, una vita
scellerata, film-tv di Giacomo Battiato: mezzi sonori modernissimi, con un
uso sistematico del campionatore elettronico, sono messi al servizio di uno
stile "alla Palestrina"; anche il timbro del pianoforte, che torna a un
ruolo protagonistico, e' realizzato elettronicamente. L'anno successivo esce
Come un cammello in una grondaia: accanto a Povera patria, altissima voce di
protesta etico-politica nella stagione delle stragi di mafia, compare la
canzone-capolavoro del Battiato mistico, L'ombra della luce, capace di
recuperare la semplicita' solenne dell'antica innodia: "Riportami nelle zone
piu' alte / in uno dei tuoi regni di quiete: / e' tempo di lasciare questo
ciclo di vite / E non mi abbandonare mai... / Non mi abbandonare mai! /
Perche', le gioie del piu' profondo affetto, / o dei piu' lievi aneliti del
cuore, / sono solo l'ombra della luce". Nello stesso album si fa strada la
prassi della riscrittura di classici: Schmerzen (Dolori) di Wagner,
Gestillte Sehnsucht (Nostalgia placata) del prediletto Brahms, Oh sweet were
the hours (O dolci furono le ore) di Beethoven, ma anche Plaisir d'amour
(Gioia d'amore) di Johann Paul Aegidius Martin.
Nel 1993 Cafe' de la paix include un lascito del discusso concerto a Baghdad
(Fogh in Nakhal, ossia Sulle palme, adattamento di una canzone tradizionale
irachena); ma prevalgono ancora i temi della meditazione (Ricerca sul Terzo,
Lode all'inviolato, Haiku) e atmosfere orchestrali di sobria raffinatezza.
Nel frattempo il Battiato "classico" ha composto una Messa arcaica per soli,
coro e orchestra, presentata ad Assisi nel '93 e successivamente pubblicata
in disco; ma soprattutto e' tornato in teatro, con Gilgames, data all'Opera
di Roma il 6 giugno del 1992. Nel piu' antico mito della storia letteraria,
Battiato sottolinea "la pretesa umana dell'eternita' che si scontra con
l'umana comprensione della morte". Come in Genesi, anche in Gilgames la
narrazione e' simbolica, non realistica. C'e' un prologo, in forma di
melologo (recitazione accompagnata dalla musica), che riassume le vicende
dello scontro fra Gilgames ed Enkidu; il vero e proprio racconto mitico si
esaurisce nel primo atto. Nel secondo atto il protagonista si reincarna in
un maestro sufi, nella Sicilia del Duecento; il dialogo tra il maestro e i
suoi allievi diventa occasione per una riflessione collettiva sul senso
della vita e dell'ascesi e, da punto di vista musicale, per un'esplorazione
sperimentale sulle possibilita' emotive delle diverse specie di emissione
vocale.
*
La parola al filosofo
Nel 1995 Battiato avvia un'intensa collaborazione con Manlio Sgalambro,
impegnato nelle vesti, insolite per un filosofo, di librettista e paroliere.
Ne nasce una nuova opera, Il cavaliere dell'intelletto (Parma, Teatro Regio,
12 aprile 1996), nella quale il personaggio di Federico II di Svevia, gia'
evocato nel secondo atto di Gilgames come imperatore illuminato per
eccellenza, viene celebrato negli aspetti piu' limpidi della sua complessa
personalita': protettore delle arti, poeta e musico egli stesso; cultore
delle scienze naturali; fautore di dialogo e tolleranza, in quel Medioevo
siciliano al quale Battiato si sente particolarmente legato: "La comunanza
delle arti, l'interscambiabilita': il filosofo che si occupava di scienza,
il musicista che si occupava di filosofia. C'era un gran fermento".
*
Il sovrano poliglotta
Federico II e' anche il sovrano poliglotta: le lingue sono da sempre "la
passione primaria" di Battiato, "interessato soprattutto alla sonorita'
della lingua, come codice"; ha cantato e musicato testi in arabo, siciliano,
francese, inglese, tedesco, spagnolo, sanscrito, greco antico. La pluralita'
linguistica e' anche uno degli elementi che caratterizzano i testi degli
album nati dalla collaborazione con Sgalambro: L'ombrello e la macchina da
cucire (1995), L'imboscata (1996), Gommalacca (1998). In questi dischi
Battiato sembra divertirsi a smentire le attese dei critici: se il primo e'
complesso, denso di citazioni colte, di ardite sperimentazioni linguistiche
e timbriche, il secondo investe l'ascoltatore con inaspettate sonorita'
rock, alternate a squarci di classico lirismo: un polistilismo che ritorna
in Gommalacca, mentre il piu' recente Fleurs si sofferma sulla pratica della
trascrizione, intesa sia come appropriazione di opere altrui, sia come
rifacimento delle proprie: "Chi scrive musica e la lascia ai posteri deve
sapere che, prima o poi, per una legge naturale, la sua musica non gli
apparterra' piu'. [...] Siamo musicisti, mica burocrati. La storia della
musica e' bella perche' e' in continua trasformazione, perche' rappresenta
un continuo rimaneggiamento di tutto il passato".
*
Tutti i dischi di un siciliano a Milano, dagli anni del cabaret al successo
Battiato nasce a Jonia (Catania) il 23 marzo 1945, da una "classica famiglia
meridionale": il padre trasporta botti di vino con il suo camion, la madre,
casalinga, aiuta la zia sarta. Da questo piccolo mondo patriarcale, con le
sue occasioni di formazione musicale asistematica, quasi da autodidatta - il
pianoforte della cugina, l'armonium della parrocchia, i chitarristi nelle
feste di piazza -, Franco fugge a diciotto anni, per trasferirsi nella
Milano delle balere e dei cabaret. Incide i primi 45 giri (La torre / Le
reazioni, 1966; E' l'amore, 1968; Sembrava una serata come tante, 1969); nel
'69 esordisce davanti al grande pubblico di "Un disco per l'estate": E'
l'amore ha un discreto successo.
La produzione discografica regolare e' aperta dalla serie degli album
"elettronici" e "sperimentali": Fetus (Bla Bla / Ricordi, 1971); Pollution
(Bla Bla / Ricordi, 1972); Sulle corde di Aries (Bla Bla / Ricordi, 1973);
Clic (Bla Bla / Ricordi, 1974); M.elle le "Gladiator" (Bla Bla / Ricordi,
1975); Battiato, Za' / cafe' - table - musik (Ricordi, 1976); Juke Box
(Ricordi, 1977); L'Egitto prima delle sabbie (Ricordi, 1978), con cui vince
il Premio Stockhausen.
Alla fine degli anni Settanta si colloca il passaggio al "secondo stile",
quello del cantautore di successo: L'era del cinghiale bianco (Emi, 1979);
Patriots (Emi, 1980); La voce del padrone (Emi, 1981; primo lp italiano
venduto in un milione di copie); L'arca di Noe' (Emi, 1982); Orizzonti
perduti (Emi, 1983); Mondi lontanissimi (Emi, 1985). Le compilations danno
dimensioni internazionali alla ormai raggiunta popolarita': Echoes of Sufi
Dances (compilation americana, con testi tradotti in inglese, Emi, 1985);
Battiato (Emi, 1986); Nomadas (compilation spagnola, Emi, 1987).
Con Genesi (Fonit Cetra, 1987) Battiato approda al "terzo stile", quello
dell'"operista mistico". Rientrano in questo filone le registrazioni di
Benvenuto Cellini (musiche per il film-tv di Giacomo Battiato Una vita
scellerata, Emi, 1990); Gilgames (Emi, 1992); Messa arcaica (Emi, 1994). Il
Battiato cantautore si rinnova in Fisiognomica (Emi, 1988), Giubbe rosse
(dal vivo, Emi, 1989), Come un cammello in una grondaia (Emi, 1991), Cafe'
de la paix (Emi, 1993), Unprotected (dal vivo, Emi, 1994). L'ombrello e la
macchina da cucire (Emi, 1995) inaugura la collaborazione con Sgalambro, che
da' al teatro Il cavaliere dell'intelletto (Sonzogno, 1995), al disco le
canzoni di L'imboscata (Polygram, 1996) e Gommalacca (Mercury, 1998). Il cd
piu' recente e' Fleurs (Mercury, 1999).
*
Letture consigliate
Franco Battiato. Tecnica mista su tappeto. Conversazioni autobiografiche con
Franco Pulcini. Con i testi di tutte le canzoni, Edizioni di Torino, 1992;
Pier Giuseppe Caporale, Franco Battiato. Le canzoni, il personaggio, la
musica, Edizioni Anthropos, 1983; Paolo Scarnecchia, Battiato. Testi e
spartiti, Gammalibri, 1990; Evoluzione. Franco Battiato intervistato e
raccontato da Enrico Carbone, Bonanno Editore, 1997.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 320 del 4 aprile 2009

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