Minime. 578



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 578 del 14 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Le stragi afgane
2. Il soprammobile
3. Anche il presidente dell'Enac ammette che il mega-aeroporto a Viterbo non
si puo' fare
4. Dacia Maraini: Acqua
5. Dacia Maraini: Ipocrisia
6. Dacia Maraini: Stupidita'
7. Dacia Maraini: Le donne parlano
8. Franco Ardusso presenta "Qohelet" di Gianfranco Ravasi
9. Giovanni Godio presenta "Il libro di un uomo solo" di Gao Xingjian
10. Ferruccio Parazzoli presenta "Romanzi e racconti" di Yasunari Kawabata
11. Massimo Raffaeli presenta "Poesie elettriche" di Corrado Govoni
12. Armando Torno presenta "Guida alla lettura dell'Etica di Spinoza" di
Emanuela Scribano
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LE STRAGI AFGANE

Le stragi afgane, le nostre stragi.
La guerra afgana, la nostra guerra.
Che non passi giorno senza che tu ti ricordi delle vittime.
Che non passi giorno senza che tu maledica la guerra.
Che non passi giorno senza che tu denunci i responsabili.
Che non passi giorno senza che tu chiami alla lotta per la pace.
Che non passi giorno senza che tu dica forte che e' una guerra terrorista e
stragista, che l'Italia vi partecipa in violazione del diritto
internazionale e della legalita' costituzionale, che chi non si oppone alla
guerra e alle stragi delle stragi e della guerra e' complice.
Che non passi giorno senza che tu dica chiaro che la pace e la democrazia si
costruiscono con la pace e la democrazia, che la guerra e' nemica
dell'umanita', che tutte le armi sono assassine, che occorre disarmare e
smilitarizzare i conflitti.
Che non passi giorno senza che tu ricordi che il primo diritto umano e' di
non essere uccisi. Che il primo dovere e' salvare le vite.
La nonviolenza e' la via.

2. RIFLESSIONE. IL SOPRAMMOBILE
[Riportiamo il seguente comunicato del "Centro di ricerca per la pace" di
Viterbo del 12 settembre 2008]

Riferisce la stampa che l'Enac (l'Ente nazionale per l'aviazione civile,
principale responsabile del disastro della situazione aeroportuale
italiana), l'Adr (la societa' Aeroporti di Roma, quella che gestisce lo
scalo di Ciampino provocando da anni un danno catastrofico alla popolazione
di tre Comuni - Ciampino, Marino e Roma -) e la loro variopinta corte
affaristica insistono nel voler spacciare la realizzazione di un nuovo
devastante mega-aeroporto a Viterbo come un semplice spostamento
("delocalizzazione funzionale", nel gergo degli azzeccagarbugli) di un
aeroporto preesistente, quello di Ciampino, come se si trattasse di un
soprammobile.
Ovvero:
- Madama Adr: Caro, questo aeroporto non mi piace piu' qui sul como' vicino
al portagioie di madreperla che ci regalo' mamma'.
- Messer Enac: Perdindirindina, cara, c'e' giusto giusto un delizioso
posticino nella vetrinetta, a fianco della foto dello zio buonanima.
E cosi' via.
Ma un mega-aeroporto di dimensioni mastodontiche e dalle conseguenze
semplicemente devastanti per l'ambiente e per la salute dei cittadini, lo
ricordiamo per i piu' piccini, non e' proprio come un tappeto, che lo
arrotoli e lo porti in un'altra stanza.
*
Siamo di fronte alla prosecuzione della solita orgia di mistificazioni e di
inganni, mistificazioni ed inganni cosi' piramidali che i turlupinatori
pensano forse di poterla fare franca in base all'antico principio di tutti i
gabbamondo secondo cui quando si mente e' meglio spararle grosse, giacche'
le menzogne piu' sono enormi e piu' sembrano credibili proprio in quanto
incredibili.
E valga il vero:
a) i messeri predetti non hanno nessuna intenzione di "chiudere" l'aeroporto
di Ciampino e "spostarlo" a Viterbo (cosa peraltro materialmente
impossibile), ma vogliono realizzare un nuovo devastante mega-aeroporto a
Viterbo e lasciare comunque in attivita' quello di Ciampino: prima era un
disastro, dopo ce ne saranno due.
b) Un nuovo mega-aeroporto a Viterbo, che nelle sciagurate intenzioni di
Enac e Adr dovrebbe servire oltre dieci milioni di passeggeri all'anno, e'
una catastrofe ambientale e sanitaria di proporzioni immani.
c) La cosiddetta "delocalizzazione funzionale" e' il trucco nominalistico
attraverso cui Enac e Adr vorrebbero eludere fondamentali norme vigenti,
norme che quell'opera nociva e distruttiva proibiscono.
d) Si vuole realizzare un immane sperpero di soldi pubblici e provocare un
colossale danno alla popolazione di Viterbo e dell'Alto Lazio, alla
popolazione di Ciampino, Marino e del X Municipio di Roma, un colossale
danno alla biosfera. Congratulazioni vivissime.
*
Ohibo', ormai non passa giorno che la lobby speculativa del mega-aeroporto
non sia costretta a confessare qualcuna delle sue magagne; non passa giorno
che non sia costretta a rivelare quante mistificazioni e quante soperchierie
sono state gia' commesse da affaristi senza scrupoli, da politicanti
insipienti e pubblici amministratori irresponsabili, e dai manutengoli loro.
Se i signori di Enac e Adr pensano che la popolazione di Viterbo e dell'Alto
Lazio sia composta da persone facilmente abbindolabili con quattro
chiacchiere in "latinorum" e quattro moine, quattro specchietti per le
allodole e i soliti trenta denari, ebbene, hanno davvero sbagliato
indirizzo.

3. DIRITTI. ANCHE IL PRESIDENTE DELL'ENAC AMMETTE CHE A VITERBO IL
MEGA-AEROPORTO NON SI PUO' FARE
[Riportiamo il seguente comunicato del 12 settembre 2008 del "Comitato che
si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del
trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia,
dei diritti di tutti" (per contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org,
sito: www.coipiediperterra.org), comunicato dal titolo completo "Riggio
infine sbroccolo'. Anche il presidente dell'Enac ammette che il
mega-aeroporto a Viterbo non si puo' fare e confessa anche che l'opera
violerebbe il regolamento dell'Unione Europea (e ciononostante la lobby di
cui l'Enac e' magna pars ancora ruga e intigna)"]

"E questo sia suggel ch'ogn'omo sganni"
(Dante, Inf., XIX, 21)
*
Infine anche il presidente dell'Enac (l'Ente nazionale per l'aviazione
civile) ammette che il mega-aeroporto a Viterbo non si puo' fare.
In una intervista pubblicata dal quotidiano "Il messaggero" dell'11
settembre 2008, Vito Riggio, presidente dell'Enac, riconosce (come gia'
alcune settimane fa la sottosegretaria al Turismo, Michela Vittoria
Brambilla) che la situazione dei collegamenti ferroviari tra Viterbo e Roma
e' talmente disastrosa da rendere insensato, sic stantibus rebus, realizzare
a Viterbo un mega-aeroporto per i voli low cost del turismo "mordi e fuggi"
per Roma.
*
Afferma testualmente Riggio: "Niente cattedrali nel deserto"; ed ammette che
vi e' "Un vincolo... posto anche dal regolamento Ue (Unione Europea) secondo
cui la nascita di un aeroporto e' strettamente connessa alla realizzazione
di adeguati collegamenti".
Adeguati collegamenti che tra Viterbo e Roma non vi sono, come abbiamo piu'
e piu' volte denunciato.
E non vi sono proprio perche' pubblici amministratori irresponsabili e
incapaci - o peggio, e peggio - nel corso degli anni hanno fatto scelte di
modello di sviluppo (e di mobilita') scandalose e criminali (scelte
speculative e distruttive, del tipo di quella del mega-aeroporto) invece di
prendersi cura del pubblico bene e dei diritti dei cittadini, ovvero di
promuovere le infrastrutture realmente utili e adeguate: nella fattispecie
il mezzo di trasporto pubblico e collettivo maggiormente utile alla
popolazione e meno inquinante: le ferrovie.
*
Confermiamo allora una volta di piu' che:
a) invece di sperperare soldi pubblici per realizzare un distruttivo
mega-aeroporto che provocherebbe gravi danni all'ambiente, ai beni culturali
e sociali, alle vocazioni produttive del territorio, e che sarebbe di grave
nocumento per la salute e la sicurezza dei cittadini, si devono piuttosto
potenziare finalmente i collegamenti ferroviari tra Viterbo e Roma, Viterbo
e Civitavecchia, Viterbo e Orte, Viterbo e Civita Castellana;
b) il tentativo dalla lobby politico-affaristica di imporre un devastante
mega-aeroporto a Viterbo e' hic et nunc in esplicito contrasto anche con il
regolamento dell'Unione Europea, per esplicita ammissione dello stesso
presidente dell'Enac (Enac che e' stata magna pars in questa scandalosa
operazione di aggressione al territorio e alla salute dei cittadini
dell'Alto Lazio);
c) il devastante mega-aeroporto a Viterbo e' un'opera contra legem: e'
scandaloso che vi siano pubblici amministratori che continuino a sostenerne
pervicamente la realizzazione pur sapendo che quest'opera e' irrealizzabile
perche' in contrasto con quanto previsto da plurime norme italiane ed
europee;
d) occorre ridurre e non incrementare il trasporto aereo, fortemente
corresponsabile del surriscaldamento globale del clima; occorre ridurre i
voli su Ciampino abolendoli e non trasferendoli altrove; occorre salvare
l'area termale del Bulicame a Viterbo e la salute e i diritti dei cittadini
di Viterbo dalla minaccia del devastante mega-aeroporto; occorre difendere e
valorizzare i beni ambientali, culturali e produttivi dell'Alto Lazio,
tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini, contrastare scelte
speculative che stanno provocando danni disastrosi al nostro territorio.

4. MAESTRE. DACIA MARAINI: ACQUA
[Dal "Corriere della sera" del 18 dicembre 2007 col titolo "Guerre
dell'acqua prossime venture".
Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale
femminista, e' una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica
italiana. Un breve profilo biografico e' in "Nonviolenza. Femminile plurale"
n. 47. Tra le opere di Dacia Maraini segnaliamo particolarmente: L'eta' del
malessere (1963); Crudelta' all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra
(1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con
Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita
di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993). Vari materiali di e su Dacia
Maraini sono disponibili nel sito www.dacia-maraini.it]

Acqua come oro. Sara' la grande assente delle prossime generazioni, e se non
troviamo rimedi, diventera' un grosso problema anche per chi vive in questi
anni di incoscienza civile. C'e' infatti chi vuole privatizzare le acque,
chi vuole gestire il bene pubblico in nome della liberta' di commercio. La
gente non e' ancora consapevole del pericolo. Per fortuna ci sono persone
coraggiose. Fra costoro Emilio Molinari, dirigente del Comitato italiano per
un Contratto mondiale dell'acqua, che ha gia' raccolto 400.000 firme per una
legge che garantisca l'acqua a tutti. Scrivo loro per avere informazioni.
Che mi arrivano puntuali e deleterie: dal 1960 i consumi di acqua nel mondo
sono triplicati. Dal 1996 stiamo usando piu' della meta' delle acque di
superficie che restituiamo inquinate dalle nostre attivita'. Nel mondo le
falde fossili non rinnovabili sono pressoche' all'esaurimento. Sappiamo che
l'agricoltura si prende il 70% del bene liquido. Il 20% va all'industria e
il 10% alle attivita' domestiche. L'acqua potabile giornaliera disponibile
e' passata, negli ultimi 40 anni, da 1.700 metri cubi pro capite a 7.500.
Oltre questo limite si entra in uno stato di "stress idrico". Nel mondo ci
sono un miliardo e 400 mila persone che soffrono per mancanza di acqua
potabile e si calcola che nel 2020 saranno 3 miliardi. Di queste, solo il
20%, che detiene l'86% delle ricchezze del pianeta, consuma l'88% dell'acqua
disponibile. Curiosamente l'Italia detiene il primato nel consumo per uso
domestico: 250 litri pro capite al giorno, contro i 160 della Germania.
Siamo maniaci della pulizia? No, abbiamo le strutture idriche piu'
dispersive d'Europa. Le perdite in rete sono in media del 35% (con punte del
60% nel Sud), contro il 10% della Germania. Cosa fare? Alcuni sostengono che
piu' si industrializza e piu' si trovano sistemi tecnologici per rimediare
alla carenza d'acqua. Ma chi guarda al futuro capisce che l'idea di un
consumo legato forzatamente al progresso, sta mostrando la corda. Basti
pensare che per costruire un'auto occorrono 400.000 litri di acqua. E
allora? Dobbiamo tornare a cavalli e carretti? No, ma rivedere i sistemi di
produzione e consumo, si'. Fermare quella maledetta macchina che gira sempre
piu' veloce minacciando, come nel film di Charlot, di stritolare l'uomo che
e' convinto di governarla, si'. Ripensare il modo di coltivare, basato su
un'agricoltura chimizzata, intensiva e idrodistruttiva, si'. Insomma l'acqua
non puo' essere privatizzata. Gli Stati devono occuparsene, i governi
investire perche' non si disperda. Devono agire in anticipo prima di
trovarsi a fare guerre per un fiume, una fonte, una diga. Ricordiamo che
nella Venezia del Cinquecento esisteva un magistrato delle acque che aveva
quasi piu' potere del Doge, ed e' grazie a questi magistrati che la citta'
non e' affondata e continua a funzionare. Salvo poi soccombere domani, non
per colpa sua, quando i ghiacciai si saranno sciolti e l'acqua del mare si
sara' alzata di due o tre metri, per quell'emissione dissennata di gas da
parte dei Paesi piu' industrializzati. Un fermo e un ripensamento serio sul
mito dell'industrializzazione come panacea di tutti i mali, ci tocca, oggi,
subito.

5. MAESTRE. DACIA MARAINI: IPOCRISIA
[Dal "Corriere della sera" del 15 gennaio 2008 col titolo "Quell'aborto
senza alternative" e il sommario "Nessun moralista ha mai fatto nulla per
aiutare la maternita' responsabile"]

E' veramente ipocrita criminalizzare le donne additandole come potenziali
assassine, quando nei secoli non si e' fatto niente per dare un'alternativa
all'aborto stesso. In termini storici la prima preoccupazione di qualsiasi
governo, ma soprattutto di quelli a sfondo religioso, e' sempre stata quella
di stabilire regole ferree sul corpo delle donne. Per il grande potere che
esso ha: quello di riprodursi, quindi di progettare e regolare il futuro di
un popolo, di una nazione. Da qui l'emanazione di leggi e regolamenti,
spesso fissati con arroganza e assoluto disprezzo per i sentimenti, le
volonta' delle donne stesse, sul come e il quando dell'accoppiamento, della
concezione, della gravidanza e del parto. Le due cose su cui tutti i governi
del mondo sentono il bisogno di legiferare immediatamente appena messi in
sella sono: 1) il potere di dare la morte, ovvero gli eserciti,
l'organizzazione della guerra; 2) il potere di dare la vita: ovvero il corpo
delle donne e la loro liberta'. Una volta assicurati questi due controlli,
un governo puo' tranquillamente mettersi a progettare la sua espansione e il
suo sviluppo. Se ci fosse una cultura che riflettesse gli interessi veri
delle donne, l'aborto non esisterebbe affatto. Invece e' diventata una
bandiera, anche se misera, per rivendicare un minimo di liberta' in un mondo
di proibizioni e limitazioni. Una bandiera stracciata, da schiave. Una
bandiera dolorosa che comporta una violenza contro il loro stesso corpo e
l'interruzione di un progetto di vita. Il solo modo di eliminare l'aborto e'
creare un'alternativa. E la sola alternativa e' una maternita' responsabile.
Poiche' l'aborto, proibito dall'alto, va sempre a finire nell'inferno della
clandestinita', con tutti gli orrori e gli abusi che ne conseguono.
Veramente c'e' da chiedersi: cosa hanno fatto i moralisti di ieri e di oggi
per aiutare le donne a raggiungere una maternita' consapevole? Cosa ha fatto
la Chiesa per sostenere le giovani a prevenire le gravidanze non volute?
Niente. Anzi hanno proibito e scoraggiato in tutti i modi l'uso degli
anticoncezionali, hanno interrotto in partenza ogni progetto di educazione
alla sessualita' nelle scuole. Secondo i moralisti, ogni figlio concepito
deve nascere, a prescindere dalla volonta' della madre. La vita e' sacra, si
grida. Salvo poi benedire le guerre quando sono considerate utili alla
conservazione del potere. "Dal concepimento alla nascita c'e' di mezzo il
corpo, il cervello, l'amore, la liberta' di una donna" scrive Alberto Leiss
su "Dea", una rivista on line che contribuisce con intelligenza alla
discussione sui grandi motivi che agitano i nostri tempi. Che la legge 194
sia stata benefica lo si deduce dai risultati: il calo (fra il 40% e il 45%)
degli aborti. E per giunta, come spiega bene Mirella Gramaglia: "Non sono le
nostre ragazze che hanno fatto i loro studi e parlato fitto con la mamma a
15 anni a fare la fila nei reparti di ostetricia. Sono le povere, le nere,
le immigrate, le vittime della solitudine e dell'instabilita', quelle a cui
tutto e' stato tolto e, insieme a cio' che e' materiale, anche il calore
della cura e dell'ascolto". Perche' non facciamo piuttosto una moratoria
sulla prostituzione minorile coatta, una delle fonti maggiori di gravidanze
non volute?

6. MAESTRE. DACIA MARAINI: STUPIDITA'
[Dal "Corriere della sera" del 29 gennaio 2008 col titolo "La stupidita'
sociale di chi ci amministra" e il sommario "Due casi scuola del rapporto
difficile tra i poteri pubblici e i cittadini"]

Voglio raccontare due casi emblematici. Uno viene da Rocca Calascio
(L'Aquila). L'altro da Bacoli (Napoli). "L'acqua corrente ha cominciato a
uscire marroncina da settembre, ma l'ufficio acquedotto non ascolta le
segnalazioni dei cittadini. Non sono tante, nonostante il fenomeno diffuso,
perche' la gente e' abituata al peggio e non ha fiducia nelle istituzioni.
Questa incertezza e' durata fino al 16 gennaio, quando aprendo i rubinetti,
anche i piu' distratti hanno sentito un forte odore di vernice. Quel giorno
la polizia municipale avverti' di non usare l'acqua per bere e cucinare, ma
senza spiegare perche'. Il 17, un avviso del sindaco, affisso anche nelle
scuole, assicurava la 'piena fruibilita' dell'acqua'. Tutti la usammo, anche
alla mensa scolastica, ma il 18 con un megafono, ci dissero di non
utilizzarla. Panico, nel buio piu' totale di qualsiasi informazione. Si
parla di un solvente nelle tubature per l'errata riverniciatura di un
serbatoio. Solo oggi pomeriggio, sabato 26 gennaio, la polizia municipale ci
ha comunicato che l'acqua e' potabile. Ma pochi si fidano. L'acqua continua
ad arrivare marroncina anche se meno puzzolente". Questo scrive un
insegnante di liceo scientifico di Bacoli, Ernesto Salemme. Un caso locale,
ma purtroppo riscontrabile in tutto il nostro paese. Cosa se ne deduce? Che
l'amministrazione pubblica si mostra spesso incerta e, se non collusa con il
malaffare, troppo spesso incapace di risolvere le cose piu' semplici, presa
com'e' dalle ripicche politiche e dalla mancanza di progetti. Secondo caso:
Paolo Baldi, un romano stanco della citta', compra con la moglie un casale
abbandonato sulla cima di una montagna abruzzese. Con coscienza ecologica,
impianta otto discretissimi pannelli solari, nascosti dagli alberi in modo
che non si vedano da nessuna parte, salvo volandoci sopra con un elicottero.
Il Comune, che da poco ha varato un regolamento davvero curioso, che
proibisce gli impianti solari, gli intima di rimuovere i pannelli. Baldi fa
notare che la proibizione riguarda i pannelli "visibili e in zone aperte",
come e' scritto sull'ordinanza. Fra l'altro lo stesso sindaco che firma
l'ordine di demolizione ha un pannello solare sul suo tetto, ben
riconoscibile ed esposto. Ma il Comune si mostra irremovibile: i pannelli
vanno rimossi e subito. Come vogliamo chiamarli? Casi di cattiva
amministrazione? Di stupidita' sociale? O siamo di fronte al solito
pasticcio all'italiana, per cui la logica, il benessere dei cittadini vanno
a farsi benedire di fronte alle prepotenze e alle contraddizioni di una
amministrazione pubblica priva di razionalita'? Difficile rispondere. Il
fatto e' che questi due casi ci rivelano alcuni dei caratteri piu' diffusi
del rapporto cittadini-amministrazione in un paese che aspira a essere
moderno ma poi ha paura di qualsiasi decisione innovativa, un paese che
pretende di seguire l'Europa, ma poi si impantana in misere questioni
provinciali.

7. MAESTRE. DACIA MARAINI: LE DONNE PARLANO
[Dal "Corriere della sera" del 12 febbraio 2008 col titolo "Le donne parlano
ma pochi ascoltano" e il sommario "Solo le grandi folle, centomila,
duecentomila in piazza, suscitano interesse"]

Ogni giorno sento alla radio o leggo sui giornali la domanda fatidica: ma
come mai le donne non reagiscono? Perche' non dicono qualcosa di fronte alla
invadenza della Chiesa che pretende di decidere sui loro corpi? Eppure le
donne parlano, e scrivono anche, ma le loro voci faticano a farsi sentire.
Io stessa ho ragionato varie volte su questa rubrica a proposito
dell'aborto, ma e' come se non l'avessi mai fatto. Dispiace ripetermi ma,
per non passare da reticente, ribadiro': l'aborto certo non e' una
soluzione, si tratta di una scelta brutale che porta ferite sul corpo della
donna e danni a un progetto di vita. Ma proibirlo vuol dire mandarlo in
clandestinita'. Per questo e' nata la legge. Che ha immediatamente fatto
calare la percentuale del 40%. Chi e' veramente contro l'aborto dovrebbe
essere contento: lo scopo e' o non e' abolire la pratica abortiva? Se una
legge riesce a ridurla di tanto, non sara' una buona legge? Invece no,
l'aborto viene preso a pretesto per una crociata politica e ideologica sul
diritto alla vita. Le donne, ancora troppo spesso lasciate sole di fronte
alla responsabilita' riproduttiva, vengono criminalizzate, si cerca di
togliere loro ogni liberta' di decisione. Da li' si capisce che si tratta di
una questione di potere. Il potere di controllo sulla procreazione. Anch'io
sono per arrivare a eliminare l'aborto e con me milioni di donne, ma non
credo che la soluzione stia in una legge proibitiva. L'interruzione della
gravidanza si puo' eliminare solo con una cultura della maternita'
responsabile. Dare alle donne la possibilita' di scegliere prima, non dopo.
Quindi puntare sulla consapevolezza, sul sesso sicuro, sulle pratiche
anticoncezionali. Che invece sono proibite dalla Chiesa. E' come se si
intraprendesse una campagna contro le morti sul lavoro e nello stesso tempo
si proibisse l'uso dei caschi, delle cinture di sicurezza, degli estintori e
delle sirene di allarme. La domanda "perche' le donne non alzano la voce" ha
in se' qualcosa di misogino. Chi la fa non ha orecchie per le proteste
femminili e nello stesso tempo si chiede il perche' di tanto silenzio. Un
paradosso tipico di questa epoca di grida e di mutismi umilianti. Solo le
grandi folle: centomila, duecentomila donne in piazza, solo quelle
risultano, per costoro, visibili. Tutto cio' che non appare nei salotti
televisivi o sulle prime pagine dei giornali, semplicemente non esiste. Le
televisioni d'altronde, salvo casi rarissimi, mettono in mostra una Italia
del tutto virtuale. Una Italia sognata da menti grossolane e ingenue, priva
di consistenza e di verita'. Una Italia di donne sempre svestite e di uomini
vestitissimi, che passano il tempo a insultarsi, perdendo completamente di
vista il paese. Una Italia in cui e' premiato chi fa il prepotente, chi e'
ricco e chi grida di piu'. Una Italia in cui il corpo femminile e' usato per
vendere qualsiasi merce, trasformandolo, nella immaginazione collettiva, in
merce esso stesso: sono la tua arancia, sono la tua birra, sono la tua
automobile, sono il tuo computer. Assaggiami, prendimi, comprami! Sarebbe
questa una cultura che rispetta la vita?

8. LIBRI. FRANCO ARDUSSO PRESENTA "QOHELET" DI GIANFRANCO RAVASI
[Dal mensile "Letture", n. 583, gennaio 2002, col titolo "Qohelet, un libro
sconcertante"]

Gianfranco Ravasi, Qohelet. Il libro piu' originale e "scandaloso"
dell'Antico Testamento, San Paolo, 2001, pp. 476, euro 19,63.
*
E' con piacevole e rinnovata sorpresa che si rilegge questo commento di
monsignor Gianfranco Ravasi al libro biblico di Qohelet, chiamato anche, con
un termine oggi scarsamente adoperato, Ecclesiaste. Sin dal 1988 Ravasi
aveva osato rifiutare una rilettura di Qohelet che faceva di esso un modesto
ed equilibrato predicatore della gioia e della fatica di vivere,
l'espressione di una sapienza soddisfatta, uscita indenne dal gorgo delle
difficolta'. Per Ravasi si trattava invece di riscoprire l'aspetto
sconcertante del libro per cui, come scrisse qualche decennio fa un
commentatore, "dalla sua lettura non si esce indenni, ma adulti, o pronti a
diventarlo" (A. Maillot).
Davvero inconsueto il messaggio di Qohelet "ispirato" da un Dio che, come
afferma Ravasi, "non teme di passare attraverso la galleria oscura della
crisi della sapienza e della vita". In questa terza edizione e' stata
mantenuta quasi inalterata la struttura originaria, articolata in tre tappe
diseguali. Nella prima vengono raccolte le coordinate relative all'autore,
al messaggio e alla sua interpretazione. Giustamente un paragrafo si
intitola "L'enigma del messaggio". Qui viene anche affrontato il senso
dell'ispirazione del libro di Qohelet. Nella seconda tappa, la piu' ampia,
troviamo la traduzione e il commento esegetico. Ravasi traduce il testo di
Qohelet come se fosse sempre poesia, ben sapendo che alcune sue parti sono
in prosa.
Infine, nella terza parte, intitolata "I mille Qohelet", l'autore fa un
prezioso bilancio di due millenni di ricerca. Qohelet, infatti, e' stato un
maestro ascoltatissimo nel corso dei secoli, e ha influenzato molta
letteratura dell'inquietudine umana, trovando ascolto soprattutto presso
coloro che non amano le facili spiegazioni e consolazioni. Inutile ricordare
che questo libro di Ravasi, oltre ad essere godibile, e' anche arricchente
per la mente e per il cuore.

9. LIBRI. GIOVANNI GODIO PRESENTA "IL LIBRO DI UN UOMO SOLO" DI GAO XINGJIAN
[Dal mensile "Letture", n. 603, gennaio 2004, col titolo "In fuga da Mao,
sognando l'Europa"]

Gao Xingjian, Il libro di un uomo solo, Rizzoli, 2003, pp. 502, euro 19,
traduzione di Alessandra C. Lavagnino.
*
Prosegue da Rizzoli l'impresa di tradurre tutte le opere di Gao Xingjian, lo
scrittore e artista cinese Nobel per la letteratura nel 2000. Dopo i
racconti Una canna da pesca per mio nonno (2001), dopo Per un'altra
estetica, catalogo di una sua mostra figurativa, e soprattutto dopo La
Montagna dell'anima, il suo romanzo piu' noto, ecco questo nuovo libro. Un
libro poco meno ampio della Montagna, piu' autobiografico che mai (Gao
Xingjian, nato nel 1940, ha deciso di lasciare la Cina nel 1987) e tutto
giocato su un prima e su un dopo: la vita di un intellettuale sotto il
regime comunista e la vita di un intellettuale, il medesimo, non ci si mette
molto a comprenderlo, che ha scelto l'esilio in Europa.
Come nella Montagna dell'anima questo ritmo binario e' scandito da capitoli
narrati alternativamente in diversa persona: qui si tratta di un tu e di un
lui. Anche se, va detto, si giunge alla fine di questo "romanzo" con un
senso di fatica, di oppressione. Forse per la lunghezza dell'opera, forse
per le pagine in cui il narratore indulge sulle proprie avventure erotiche o
su dialoghi e meditazioni un poco statici e freddi.
Ma forse e' anche per lo scenario di gran parte del libro, la Cina comunista
a partire dagli anni '50, che arriva a sfamare tutti i suoi figli ma allo
stesso tempo, sotto la dittatura di Mao Zedong, si trasforma in un Lager
grottesco, soffocante: il controllo burocratico sul lavoro degli scrittori e
la Rivoluzione culturale, la "rieducazione" e la violenza pseudopolitica, il
sospetto isterico e l'ossessione dell'"autocritica". Lui e tu questa
stagione plumbea l'hanno vissuta sulla loro pelle. Lui ne fotografa la
monotonia lancinante in mille episodi quotidiani, anzi ne e' come
prigioniero, tanto che in centinaia di pagine riesce a far emergere a tutto
tondo solo qualche altro personaggio: il padre, due o tre ragazze, un
notabile di partito che non smarrisce la propria umanita'. Al tu, invece, il
compito di dare una rotta (e una poetica) alla liberta' ritrovata in
Occidente: "Scrivi per mostrare che questa vita e' esistita, piu' paludosa
di una palude, piu' reale di un inferno immaginario", e poi: "Anche il
dolore e la tristezza sono liberi; tu hai bisogno di un libero dolore e di
una libera tristezza, e la vita vale ancora la pena di essere vissuta...".
Un romanzo imperfetto, un documento che sa di verita'.

10. LIBRI. FERRUCCIO PARAZZOLI PRESENTA "ROMANZI E RACCONTI" DI YASUNARI
KAWABATA
[Dal mensile "Letture", n. 598, giugno-luglio 2003, col titolo "Kawabata
rivela l'anima del Giappone"]

Kawabata Yasunari, Romanzi e racconti, Mondadori, 2003, pp. 1340, euro 49.
*
La letteratura giapponese fu rappresentata in Italia, dalla fine degli anni
Cinquanta, soprattutto da tre grandi nomi di romanzieri che, nonostante i
numerosi altri da allora tradotti nel nostro Paese, fino al recente successo
di Yoshimoto Banana, restano il punto di riferimento della tradizione
classica: Kawabata, Tanizaki, Mishima.
Specie per i lettori cattolici si aggiunge anche un altro nome: quello di
Shusaku Endo, convertito egli stesso al cattolicesimo. Dei tre narratori
sopra menzionati, Kawabata resta tuttavia l'autore che maggiormente riveste,
almeno per noi occidentali, la cangiante e sottile anima del Giappone.
Se ne ha una conferma rileggendo oggi, scelti e radunati per la cura di
Giorgio Amitrano, non soltanto i suoi piu' famosi romanzi come Il paese
delle nevi, che lo fece conoscere in Italia nella traduzione einaudiana del
1959, Il maestro di Go, Mille gru, La casa delle belle addormentate, ma
anche romanzi a noi meno noti come Il suono della montagna e Bellezza e
tristezza, cui si aggiunge una larga scelta di racconti, tra i quali il
celebre La danzatrice di Izu, e alcuni saggi. Tra questi ultimi e'
consigliabile, per chi si avvicini forse per la prima volta a Kawabata, la
lettura, ancor prima di procedere a quella dei romanzi, del discorso che lo
scrittore tenne nel 1968 per l'assegnazione del Premio Nobel: "La bellezza
del Giappone e io". Strano ma illuminante discorso, almeno per noi
individualisti occidentali, dove, per parlare del tutto indirettamente di
se', lo scrittore traccia, con una sintetica quanto affascinante nitidezza,
il percorso della tradizione artistica giapponese alla quale la sua opera
costantemente si riferisce. "E' stato detto che le mie opere sono
nichiliste, ma la parola occidentale 'nichilismo' non e' appropriata. Penso
che le basi spirituali siano diverse", conclude. E quelle di Kawabata sono
da ricercarsi nello spirito zen. Ma sbaglieremmo se, con questo, pensassimo
a una scrittura rarefatta e straniante. Kawabata ci ha nascosto un aspetto
che lo rende ancor piu' interessante ai nostri occhi ed e' quello che
accosta al grande scrittore da Nobel il "doppio" di un insaziabile
professionista del romanzo, l'autore "commerciale" di romanzi "per
signorine" (di cui il curatore del Meridiano, a ragione, rimpiange di non
poter dare un esempio).

11. LIBRI. MASSIMO RAFFAELI PRESENTA "POESIE ELETTRICHE" DI CORRADO GOVONI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 settembre 2008 col titolo "Poesia
elettrica. Scampoli dalla bancarella di Govoni"]

Titolare di una bibliografia cospicua e molto diseguale, iscritto nel senso
comune come il battitore libero di tutte le avanguardie, Corrado Govoni
rimane un poeta piu' citato che davvero letto, anche per la penuria di
edizioni correnti. E' dunque un fatto decisamente positivo che torni
disponibile uno dei suoi titoli maggiori, le Poesie elettriche (Quodlibet,
pp. XXIII + 175, euro 14), riproposto nella primitiva lezione del 1911
(Edizioni Futuriste di "Poesia") invece che nella successiva, del '20,
frutto di una resipiscenza da parte dell'autore o comunque di una
normalizzazione del testo in senso anti-avanguardistico: sotto il punto di
vista filologico e' poi lodevole il lavoro del curatore Giuseppe Lasala pure
se la sua introduzione, sia detto per inciso, e' scritta in uno stile irto e
ammiccante.
Ma cio' quasi sull'abbrivio di un poeta produttore di immagini a getto
continuo, trascinato dal perpetuo delirio delle proprie analogie, o comunque
provvisto di una specie di magia bianca grazie a cui le parole divengono
ipso facto immagini, ora di normale similitudine ora invece di eccitata
oltranza, come ha detto in apertura della monografia Corrado Govoni (Mursia
1964) il suo maggiore specialista, Fausto Curi. "Per un poeta di non vasta
cultura e di scarsissima intellettualita' - ha scritto Curi - che concentra
tutta nei sensi la forza del proprio vivere e dai sensi ricava persino le
figure del proprio sentimento, un'indagine che non si rifaccia di continuo
all'organismo concreto del linguaggio in cui quella quasi prodigiosa
facolta' di catturare il sensibile e' giunta a riversare i suoi materiali e
a dar loro una forma con assoluta immediatezza, risulta affatto arbitraria e
inutile".
Cosi' continuiamo a leggere il Govoni degli anni buoni, sia il compagno
crepuscolare di Corazzini e Marino Moretti (vedi Le fiale e Armonia in
grigio et in silenzio, entrambe del 1903) sia il singolare futurista,
innamorato della campagna e del tutto estraneo all'estetica delle macchine,
che pubblica Inaugurazione della primavera e Rarefazioni (entrambe nel 1915)
di seguito alle Poesie elettriche, dove l'"elettricita'" significa
semplicemente il parossismo, anzi un virtuosismo inventivo cosi'
naturalmente prodigato da potersi scambiare per candore: basta leggere, qui,
poesie come I tetti, Il turbine o il catalogo dei Fiori con le meraviglie
botaniche che rimano a dispetto e gia' in prossimita' di un altro
avanguardista speciale, Aldo Palazzeschi. In Poeti italiani del Novecento
('78), Pier Vincenzo Mengaldo cita un passo di Leonardo Sinisgalli che vale
un ritratto: "Govoni c'incantava con la sua mercanzia venduta a buon prezzo
e in una baracca suburbana. Il bambino e il vecchio trovavano sempre
qualcosa che nessun altro aveva mai portato e che avevano desiderato per un
anno intero. Verra', pensavano, il signor Govoni con la sua bancarella".

12. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA "GUIDA ALLA LETTURA DELL'ETICA DI SPINOZA"
DI EMANUELA SCRIBANO
[Dal "Corriere della sera" dell'11 settembre 2008 col titolo "Quell'Etica di
Spinoza che ci avvicina a Dio"]

Emanuela Scribano, Guida alla lettura dell'Etica di Spinoza, Laterza,
Roma-Bari 2008, pp. 200, euro 16.
*
L'Etica di Spinoza all'inizio era chiamata genericamente "filosofia",
perche' la comprendeva tutta. Oggi a noi appare come un sistema metafisico.
Fu concepita seguendo il modello degli Elementi di Euclide, con definizioni,
assiomi, proposizioni (teoremi), corollari e scolii; venne scritta tra il
1661 e il 1665, poi rielaborata tra il 1670 e il 1675. Il suo centro e' il
concetto di "sostanza" - per Spinoza coincide con Dio ó che e' infinita, con
infiniti attributi, e unica. Di questi attributi conosciamo pensiero ed
estensione: le cose del mondo, corpi e anime, sono solo "modi" o
determinazioni particolari di essi.
In Italia circolano almeno sei traduzioni dell'Etica, oltre quella compresa
nel pregevole Meridiano Mondadori - curato da Filippo Mignini - delle Opere
(non ci sono tutte, mancano l'intraducibile Grammatica ebraica e i frammenti
sul calcolo delle probabilita' e sull'arcobaleno); ne' scarseggiano
introduzioni o sinossi. Ora vede la luce una Guida alla lettura dell'Etica
di Spinoza di Emanuela Scribano: merita la palma ed e' degna di attenzione
sia per la competenza di questa studiosa, sia per l'analisi che ha condotto.
Utilizzando il testo curato da Emilia Giancotti (Editori Riuniti), che
segnala sistematicamente le varianti della traduzione dal latino in
nederlandese, fatta dagli amici alla morte del filosofo, la Scribano entra
nei dettagli delle cinque parti dell'Etica e ne ricostruisce la fortuna. E'
un libro utile e pratico.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 578 del 14 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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