Minime. 577



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 577 del 13 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: L'abitudine
2. "Peacereporter": Alcune stragi del 12 settembre 2008 in Afghanistan e
Pakistan
3. Le vittime e i carnefici
4. Mir, Rete Lilliput, Movimento Nonviolento di Vicenza: Con la scelta della
nonviolenza
5. Mao Valpiana: A Vicenza con la nonviolenza
6. Il Movimento Nonviolento aderisce e partecipa alla marcia per la
giustizia Agliana-Quarrata
7. Paola Capriolo presenta "Condotta di vita" di Ralph Waldo Emerson
8. Marco Dotti presenta "Progetti per il passato e altri racconti" di Ana
Blandiana
9. Marina Montesano presenta "L'Europa dei barbari" di Karol Modzelewski
10. Luigi Onori presenta due libri su Miles Davis
11. Ferruccio Parazzoli presenta "Romanzi" di Guido Morselli
12. Silvia Tomasi presenta i romanzi di Theodor Fontane
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: L'ABITUDINE

Le stragi che ogni giorno la "nostra coalizione" compie in Afghanistan e
ormai anche in Pakistan.
Le stragi.
La guerra terrorista e stragista che la "nostra coalizione" conduce da anni
contro una popolazione martoriata oltre ogni dire.
La guerra.
E l'indifferenza in Italia per tanto sangue sparso, per tanto sangue sparso
dalla "nostra coalizione".
L'indifferenza in Italia per la flagrante violazione della legalita'
costituzionale e del diritto internazionale; criminale, sanguinaria
violazione.
*
Siamo noi gli assassini, ogni giorno che accettiamo che quella guerra,
quelle stragi continuino.
Siamo noi i terroristi, ogni giorno che accettiamo che quella guerra, quelle
stragi continuino.
Siamo noi, con la nostra indifferenza, che stiamo distruggendo l'umanita'.
Come e' possibile non accorgersene?
*
Perche' non c'e' un'insurrezione morale nonviolenta per la Costituzione, per
la democrazia, per salvare tante vite umane di innocenti?
Perche' non c'e' un'insurrezione morale nonviolenta contro la guerra, contro
le stragi, contro il terrorismo, per il disarmo e la smilitarizzazione dei
conflitti?
*
Perche' non difendiamo ad un tempo le vite umane massacrate la' e la
lagalita' democratica scempiata qui?
Perche' non ci opponiamo allo sterminio e allo sterminismo?
Perche' non resistiamo alla guerra e al terrore e alla barbarie e ai
massacri?
Perche' non resistiamo con la forza della verita', con la forza della
legalita', con la forza della democrazia, con la forza della nonviolenza?
Quanti altri esseri umani devono ancora morire in Afghanistan per il nostro
torpore, per la nostra protervia, per il nostro cinismo, per la nostra
crudelta'?
*
Dove condurra' questo abituarsi alle stragi, dove condurra' questo
accomodarsi al crimine, dove condurra' questa accettazione del male?
E' davvero l'ora, adesso o mai piu', di un'insurrezione morale nonviolenta
per ripristinare la legalita' costituzionale e il diritto internazionale,
per riaffermare il diritto di ogni essere umano a non essere ucciso, per
costruire la pace e la giustizia con mezzi di pace e di giustizia.
E' davvero l'ora, adesso o mai piu', di opporsi alla guerra nemica
dell'umanita'.

2. GUERRA. "PEACEREPORTER": ALCUNE STRAGI DEL 12 SETTEMBRE 2008 IN
AFGHANISTAN E PAKISTAN
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riportiamo le seguenti
"brevi" del 12 settembre 2008]

Raid Usa contro la rete del comandante talebano Haqqani
L'esercito statunitense ha ucciso piu' di dieci militanti e due detenuti
durante nuove operazioni in Afghanistan orientale. I guerriglieri erano
guidati dal comandante Jalaluddin Haqqani, sostenuto dagli Stati Uniti
durante la guerra contro l'invasione sovietica dell'Afghanistan, e
considerato ora molto vicino a Obama bin Laden. Le forze Usa questa
settimana hanno lanciato missili su una casa e su una scuola religiosa
fondata da Haqqani nella regione tribale del Pakistan appena oltre confine,
uccidendo 23 persone, tra cui molti suoi parenti.
*
Pakistan, 12 morti nel raid aereo da un drone Usa. L'accusa: anche civili
Almeno 12 persone, tra cui guerriglieri filo-talebani e civili, sono morte
in un attacco missilistico lanciato probabilmente da un drone statunitense
nel Nord Waziristan, regione del nordovest pakistano al confine con
l'Afghanistan. Lo riferiscono fonti ufficiali della sicurezza locale. Un
missile si e' abbattuto su una casa a Tol Khel, alla periferia est di
Miranshah, la principale citta' della provincia, secondo quanto ha detto un
responsabile dell'amministrazione locale che ha chiesto l'anonimato.
Abitanti del luogo hanno detto alla Reuters che due missili sono stati
lanciati su una ex scuola statale dove erano alloggiati alcuni militanti
islamici con le loro famiglie, compresi donne e bambini. Le zone tribali del
Pakistan nord-occidentale a ridosso del confine con l'Afghanistan sono
ritenute da Washington e Kabul roccaforti dei militanti filo-talebani
pachistani, che ospitano e aiutano i guerriglieri afghani e i combattenti
stranieri di Al Qaeda.
Dallo scorso giugno, quando un bombardamento Usa uccise 11 soldati
dell'esercito di Islamabad, la tensione e' aumentata tra gli Usa e il
Pakistan. E negli ultimi giorni, una serie di attacchi aerei contro
combattenti islamici nelle regioni tribali pachistane ha fatto alzare i toni
dello scontro. La settimana scorsa una attacco di elicotteri americani e'
stato affiancato da una incursione di commando in un villaggio pachistano,
sollevando dure proteste. Ieri Islamabad ha messo in guardia che altre
violazioni dell'integrita' territoriale e della sovranita' pachistana non
saranno piu' tollerati e saranno respinti, "costi quel che costi".
*
Nord Waziristan, sale a 14 morti il bilancio del raid aereo Usa
E' salito a 14 morti e 12 feriti il bilancio dell'attacco missilistico
compiuto oggi da un aereo senza pilota americano contro presunti combattenti
islamici nel Nord Waziristan, nelle regioni tribali del Pakistan nord
occidentale a ridosso del confine con l'Afghanistan. Lo hanno detto fonti
della sicurezza pakistana. L'attacco e' avvenuto contro una casa a Tol Khel,
alla periferia est di Miranshah, la principale citta' del Nord Waziristan.
Abitanti del luogo hanno detto che due missili sono stati lanciati contro
una scuola statale dove erano alloggiati militanti integralisti islamici con
le loro famiglie.
*
Attentato nel sud-ovest del paese causa 23 morti
Sono 23 i morti, fra loro 15 talebani, causati dall'attentato contro un
convoglio di una ditta specializzata in operazioni di sicurezza nel
sud-ovest del paese. Secondo quanto riferito dal capo della polizia di Farah
i 15 talebani sarebbero stati uccisi durante la sparatoria seguita
all'attentato. Nell'attentato sono morti anche quattro agenti di polizia
afgani e quattro civili.

3. RIFLESSIONE. LE VITTIME E I CARNEFICI

Occorre saper distinguere tra le vittime e i carnefici.
Le vittime vanno aiutate, liberate, salvate.
I carnefici vanno combattuti, puniti, messi in condizione di non poter piu'
nuocere.
*
I cosiddetti clienti di servizi sessuali resi in condizioni di schiavitu'
sono a tutti gli effetti carnefici. Acquirenti di carne umana, fondamento
del mercato schiavista, complici consapevoli della tratta e di chi la
gestisce, beneficiari della riduzione in schiavitu', torturatori.
*
Che lo stato decida di perseguire schiavisti e torturatori ci sembra sia
semplicemente doveroso.
*
Invece le persone ridotte in schiavitu' devono essere liberate ed assistite,
risarcite per quanto hanno subito nel nostro paese, protette da possibili
rappresaglie, aiutate con ogni mezzo. Lo stato di diritto, lo stato
democratico, ha il dovere di liberarle ed assisterle.

4. RIFLESSIONE. MIR, RETE LILLIPUT, MOVIMENTO NONVIOLENTO DI VICENZA: CON LA
SCELTA DELLA NONVIOLENZA
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo il seguente documento dal titolo
"Questione Dal Molin e nonviolenza"]

Ci siamo incontrati (Mir, Rete Lilliput, Movimento Nonviolento di Vicenza)
per discutere della manifestazione prevista per sabato 13 Settembre 2008 a
Vicenza, inizialmente organizzata a conclusione del Festival del Presidio
permanente e successivamente tramutata in "Difesa della democrazia, della
consultazione e contro il questore". Riteniamo di non poter aderire e di
invitare a non partecipare con striscioni caratterizzanti (ovviamente ferma
restando la partecipazione a titolo personale), perche' non sono chiari gli
obbiettivi, il percorso, le modalita': la chiusura della manifestazione vien
fatta presso l'area del Festival a Caldogno. E' una manifestazione che ci
viene imposta da una parte del movimento "No dal Molin". Tutti i restanti
gruppi e associazioni contrari alla base militare Usa presso il Dal Molin
non sono stati minimamente informati e interpellati sulle modalita', gli
obbiettivi, le parole d'ordine e la definizione del percorso.
Sentiamo la necessita' prioritaria di coinvolgere e convincere i cittadini
di Vicenza ad andare a votare il 5 ottobre per il "si'" all'uso civile
dell'area Dal Molin. Riteniamo che questo tipo di manifestazione possa
creare tra i vicentini disaffezione nei confronti dell'impegno civico e
della partecipazione democratica.
Oggi l'emergenza e' quella di andare verso la gente (ci stiamo sforzando di
attuare questa pratica assiduamente). Dobbiamo raggiungere il quorum (35.000
votanti) previsto nella delibera del Consiglio Comunale che indice la
Consultazione. Se non raggiungiamo il quorum perderemmo una delle ultime (se
non l'ultima) possibilita' di bloccare la costruzione della nuova base
militare Usa. Ricordiamo: la comunita' vicentina si trova sola di fronte a
una seria minaccia per il suo futuro. Ha tutte le istituzioni contro
(Provincia, Regione e Governo). Tutti pronti a sacrificare Vicenza
sull'altare della Ragion di Stato, che impone un ulteriore aggravamento
della militarizzazione del nostro territorio, in palese violazione della
Costituzione, delle leggi italiane e della normativa urbanistica e
ambientale.
Mentre condanniamo l'uso di qualsiasi forma di violenza, anche da parte
delle forze dell'ordine, ribadiamo che le modalita' di manifestare devono
sempre essere attuate in maniera nonviolenta, in tutte le sue forme (fisica,
verbale, comportamentale, ecc.). La nonviolenza non e' soltanto evitare
tafferugli e provocazioni in una manifestazione, non e' soltanto l'assenza
di violenza, e' qualcosa di piu', che coinvolege anche le modalita' con cui,
in fase organizzativa, si fanno proposte, si prendono decisioni, ci si
rapporta con tutti quelli che ne saranno coinvolti, che non potranno
sottrarsi perche' credono nella bonta' del fine. Non vogliamo dividere il
movimento "No dal Molin" ma, dopo aver pazientato in tante occasioni, pur
rispettando le diversita' altrui, sentiamo il dovere di far sentire la
nostra voce, la nostra alterita'. Per quanto ci riguarda, abbiamo scelto di
operare con il metodo nonviolento di tipo gandhiano, che comporta nella
presa delle decisioni un'attenta e scrupolosa valutazione dei mezzi in
relazione ai fini che vogliamo raggiungere. Teniamo molto al rispetto della
verita', alla trasparenza, al dialogo, al rispetto dell'avversario come
persona. Crediamo nell'efficacia della comunicazione nonviolenta, una
comunicazione non conflittuale, che dice cio' che ci preme senza sucitare
ostilita', che non prevede che una delle parti in lotta debba perdere,
arrendersi, ma capire le ragioni dell'altro, persuadersi, riconoscere qual
e' il bene comune, al di la' delle contrapposizioni e visioni del mondo.
Saluti di pace
Rete Lilliput, Mir, Movimento Nonviolento di Vicenza
Vicenza, 12 settembre 2008

5. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: A VICENZA CON LA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della
nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Mo
vimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come
metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato di
coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il
digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana
rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo
ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e
uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo
profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su
nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in
cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre
2007]

Le manifestazioni si fanno per dialogare con l'opinione pubblica, per
allargare il consenso, per informare, per manifestare - appunto - una
proposta rivolta ad altri.
La manifestazione non e' il luogo per esprimere rabbia, o peggio per
approfondire il solco fra se' e gli altri.
L'iniziativa di sabato 13 settembre a Vicenza deve essere un momento di
apertura e confronto con la citta', ma rischia di trasformarsi in una
ulteriore frattura.
Oggi l'obiettivo piu' importante e' quello di raggiungere il quorum previsto
per il referendum consultivo comunale del 5 ottobre, e di conquistare alle
ragioni dell'opposizione alla base militare, il maggior numero possibile di
cittadini.
La manifestazione di sabato, ha questo obiettivo?
Mi lascia molto perplesso il fatto che si voglia puntare sulla richiesta di
dimissioni del questore, sulla protesta per le violenze avvenute la
settimana scorsa. Forse sarebbe stato molto meglio convocare una giornata di
informazione, per convincere i perplessi, i dubbiosi, gli scettici, i
disinteressati. Si rischia invece di regalare tutti costoro al fronte
favorevole alla base, se la manifestazione dovesse degenerare.
Il Movimento Nonviolento non promuove e non aderisce alla manifestazione che
e' impostata come una protesta e non come una proposta.
Tuttavia, molti amici della nonviolenza, e singoli esponenti del Movimento
Nonviolento, saranno presenti, per dare comunque un contributo positivo,
pacificatore, dialogante.
Saremo presenti in citta' con materiali informativi, dialogheremo con i
cittadini, i commercianti, i passanti. E in citta' resteremo anche alla fine
del corteo. Non condividiamo che la conclusione sia stata prevista fuori
citta', per portare i tanti manifestanti nel luogo del presidio.
L'obiettivo da raggiungere domani e' quello di con-vincere. Si vince solo se
la maggioranza dei vicentini votera' per non avere la base militare nel loro
territorio.

6. INIZIATIVE. IL MOVIMENTO NONVIOLENTO ADERISCE E PARTECIPA ALLA MARCIA PER
LA GIUSTIZIA AGLIANA-QUARRATA
[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

Il Movimento Nonviolento aderisce e partecipa attivamente alla XV marcia per
la giustizia Agliana-Quarrata di sabato 13 settembre 2008.
Il tema della giornata e' "Ambiente e poverta'": due parole che sono al
centro della riflessione nonviolenta da molti decenni.
"Ambiente" e' il programma costruttivo di chi vuole salvaguardare il pianeta
e le sue risorse come fonte di sostentamento di tutti i viventi e per
lasciare un'eredita' anche alle generazioni future; "poverta'" e' la
conseguenza di politiche scellerate che escludono miliardi di persone dalla
distribuzione dei frutti del lavoro di tutti per concentrare ricchezza e
potere in poche mani.
La guerra distrugge l'ambiente e crea poverta'.
La nonviolenza e' lotta contro la poverta' e per la difesa dell'ambiente.
Alla marcia saranno presenti Daniele Lugli, presidente del Movimento
Nonviolento, ed Elena Buccoliero, della redazione di "Azione nonviolenta".

7. LIBRI. PAOLA CAPRIOLO PRESENTA "CONDOTTA DI VITA" DI RALPH WALDO EMERSON
[Dal "Corriere della sera" del 9 settembre 2008 col titolo "L'ombra di
Emerson influenzo' Nietzsche" e il sottotitolo "Torna il classico Condotta
di vita"]

Non piu' tradotta in Italia dal 1923 e ora riproposta in una nuova edizione
a cura di Beniamino Soressi (Rubbettino, pp. 310, euro 24), Condotta di vita
di Ralph Waldo Emerson occupa una posizione di particolare rilievo non solo
nella bibliografia del suo autore, ma nella storia del pensiero: quest'opera
pubblicata nel 1860 dal padre del trascendentalismo americano ebbe infatti
la ventura di capitare tra le mani di un diciassettenne tedesco di nome
Friedrich Nietzsche e di esercitare un notevole influsso sulle sue prime
speculazioni filosofiche. Influsso che, secondo Soressi, rimarrebbe
determinante anche per il Nietzsche maturo, le cui teorie troverebbero nelle
pagine di Emerson anticipazioni significative. In effetti, le affinita'
saltano agli occhi: nei saggi scintillanti di humour e vibranti di
accensioni poetiche che compongono Condotta di vita non e' difficile veder
prefigurate molte tra le idee piu' caratteristiche del grande filosofo di
Sils Maria, da quell'eroico amor fati di cui egli avrebbe fatto anni dopo la
sua divisa, alla dottrina del superuomo ("Questi milioni li chiamiamo
uomini, ma non lo sono ancora. Interrato per meta', scalpitando per esser
libero, l'uomo ha bisogno di tutta la musica che si puo' portargli per
estrarlo"), sino al disprezzo delle masse o alla diffidenza per la
compassione intesa come forza frenante e ostacolo allo sviluppo. Ma
soprattutto, ad accomunarli e' la tesi fondamentale che la vita sia "una
ricerca della potenza", e che la legge di questa potenza consista nel
tendere al proprio infinito accrescimento.
Sara' perche' dalle due sponde dell'Atlantico entrambi descrivono lo stesso
mondo, quello della tecnica, della modernita' giunta al suo pieno
dispiegamento, della rivoluzione industriale che proprio allora andava
incontro a una vertiginosa accelerazione; ed entrambi possono essere
considerati come interpreti, cantori, "giustificatori" filosofici di questo
mondo. Nietzsche in modo piu' sottile e costantemente venato di ambiguita'
regressive; Emerson con una rude schiettezza tutta americana, come dimostra
la sua esaltazione quasi candida della ricchezza, della corsa al profitto,
di quella razza di uomini "arditi e duri", traboccanti di un sovrappiu' di
energie, che hanno "teste piene di martelli a vapore, pulegge, manovelle e
ruote dentate" e grazie ai quali "ogni cosa inizia a risplendere di valori".
Qui pero' le analogie finiscono per lasciare il posto alla piu' abissale
differenza, perche' Emerson, pur proclamando che la potenza "non si veste di
satin" e tende a calpestare con liberta' selvaggia tutti i nostri pregiudizi
di uomini civilizzati, non ha il minimo dubbio che essa finira' col trovarsi
"in armonia con le leggi morali". Ai suoi occhi di strenuo conciliatore il
male stesso e' semplicemente "il bene nel suo farsi", e nonostante ogni
apparenza contraria "l'ordine e la sincerita' dell'Universo sono assicurati
da Dio, che delega la sua divinita' ad ogni particella". Insomma, Emerson e'
uno degli ultimi e a tratti dei piu' ingenui epigoni di quella visione
risalente a Platone secondo la quale l'universo si dice cosmos e non
acosmia, ordine e non caos, mentre l'importanza cruciale di Nietzsche nella
storia del pensiero sta precisamente nell'aver respinto con determinazione
tale antichissimo presupposto. Da questa antitesi essenziale discendono
tutte le altre, compresa l'opposta collocazione politica dei due pensatori:
"reazionario" Nietzsche, decisamente progressista Ralph Waldo Emerson, tanto
da battersi contro la schiavitu' schierandosi al fianco degli abolizionisti
e da venir considerato dalla posterita' come "il filosofo della democrazia".
Se il primo ci inquieta, dalla lettura del secondo si esce, almeno nelle sue
intenzioni, profondamente rassicurati, e se l'uno parlera' sempre al cuore
di tutti gli apocalittici, dall'altro trarranno conforto quanti si ostinano
a sperare ancora nell'inevitabile trionfo del bene.

8. LIBRI. MARCO DOTTI PRESENTA "PROGETTI PER IL PASSATO E ALTRI RACCONTI" DI
ANA BLANDIANA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 settembre 2008 col titolo "La fantasia
che svela una piu' cruda realta'" e il sommario "Romania. Pubblicati da
Anfora i racconti di Ana Blandiana"]

Ana Blandiana, Progetti per il passato e altri racconti, Anfora, 2008, pp.
155, euro 11, a cura di Marco Cugno.
*
In una raccolta di saggi pubblicata nel 1976 con il titolo Io scrivo, tu
scrivi, lui, lei scrive, riferendosi alla non facile condizione di diritti e
liberta' di espressione sotto il regime di Nicolae Ceausescu, la poetessa
rumena Ana Blandiana affermava che esistono autori "ossessionati dalle
categorie morali che, pur senza volerlo, arrivano a contatto con il
politico".
A lei - nata a Timisoara il 25 marzo del '42 e appartenente a una
generazione che comprende, tra gli altri, Nichita Stanescu e Ileana
Malancioiu - era successo esattamente cosi'. Il suo primo confronto,
"stupito e drammatico", con il politico si trasformo' presto in uno scontro
durissimo, forse perche' radicato su contraddizioni profonde comuni a gran
parte degli scrittori: l'idea che l'artista possa bastare a se stesso,
vivendo in un mondo di completa autoreferenzialita'. L'artista si crede o si
vuole indipendente dalle circostanze del mondo eppure, specialmente nel caso
della poesia, non riesce a impedire a se stesso "di soffrire per tutti, di
essere, dunque, dipendente dal dolore degli altri". Questa contraddizione,
che a prima vista puo' apparire ingenua, va ovviamente riconsiderata tenendo
conto del contesto al quale le parole di Ana Blandiana si riferivano. Sono
parole che precedono di pochi anni uno dei periodi piu' neri della storia
letteraria, e non solo letteraria, della Romania: il cosiddetto "decennio
satanico". Cosi' lo defini' il critico Mircea Zaciu riferendosi a quegli
anni '80 che, con toni aberranti e paradossali, mischiando la semplice
corruzione sociale e politica alle persistenze della vecchia censura
ideologica, esasperarono il corto circuito tra la vita reale e culturale del
paese e quella "simulata" dalle gerarchie. In un contesto di delazione
sistematizzata e di controllo pressoche' totale della produzione artistica -
in Romania come in gran parte dei paesi dell'Est - al poeta veniva comunque
attribuita una sorta di aura che, indipendentemente da quanto scritto o
affermato, poteva improvvisamente trasformarsi in un elemento "antisociale",
quasi demoniaco e pericoloso per i delicati equilibri del sistema e quindi
in un corpo del reato tanto immateriale, quanto temuto. I poeti - osservava
ancora Ana Blandiana - sono detentori di un'arma difficile da annientare
completamente, la metafora. "In un mondo in cui non si possono nominare le
cose in modo diretto, la metafora, questa comparazione cui manca un termine
(come dicono i professori di letteratura), riesce a trasportare (come dicono
i professori di greco), il senso mascherato da cui nasce il pensiero, dunque
la rivolta".
Risalgono proprio alla fine degli anni Settanta e agli inizi dell'Ottanta le
prose fantastiche di Ana Blandiana raccolte ora da Marco Cugno nel volume
titolato Progetti per il passato e altri racconti. Come sottolinea Cugno
nella sua attenta e documentatissima postfazione, il ruolo che la Blandiana
attribuisce alla metafora nell'ambito della poesia viene svolto, in questi
racconti, dale sfasature temporali e dai meccanismi narrativi del genere
fantastico. La scelta di un genere comunque ricco di tradizione anche nel
contesto letterario romeno sembra dunque legata a ragioni contingenti. Ogni
opera, infatti, doveva passare rigorosissimi e spesso irrazionali controlli
di censura, per questo la maschera di un genere che da Mihai Eminescu a
Caragiale, da Urmuz a Bakonski fino al Mircea Eliade di prima dell'esilio
(con La signorina Christina del '36) aveva gia' fatto bella mostra di se'
nel canone delle lettere di Romania poteva aiutare a far passare messaggi
non necessariamente sovversivi o antisociali, ma che a forza di pressioni e
distorsioni finivano per diventarlo. "Non si trattava - cosi' ricordava
l'autrice in un convegno sul rapporto tra intellettuali e rivoluzioni
tenutosi a Roma nel 1991 - di testi politici, ma di semplice letteratura",
eppure "in una societa' in cui l'unica materia prima abbondante era la
menzogna e l'unica realta' incontrovertibile era l'apparato repressivo",
anche "la verita' estetica si trasformava in un atto sovversivo, quindi
politico".
Il "fantastico" dei Progetti per il passato e' spesso legato a fatti
realmente accaduti, ma presentati dall'autrice in maniera tale da sfigurarli
fino all'inverosimile rendendoli "incredibili". Il lettore si trova cosi'
alle prese con una sorta di "iperrealismo fantastico" che non si oppone al
reale, ma lo affianca offrendo - sono parole dell'autrice - "una
rappresentazione piu' piena di significati". Anche l'uso frequente della
narrazione in prima persona sembra rispondere alla necessita' di questa
continua oscillazione tra il piano reale e quello dell'evocazione costante
di altri fatti, con un procedimento di mise en abime che spesso maschera
vere e proprie dichiarazioni di poetica (e di politica). Non a caso, uno dei
racconti antologizzati nel volume, La chiesa fantastica, si apre con una di
queste dichiarazioni. "La realta' dilata a volte con arroganza i suoi
confini e allora le zone compromesse - per anni, per decenni, addirittura
per secoli - ambigue, di incerta appartenenza". Ecco perche' "realta' e
irrealta' coesistono, parallele" fino a che una certa circostanza non le
pone a contatto costringendole a diventare reciprocamente rivelatrici.
Tra gli altri racconti, sei in tutto, il piu' ricco di suggestioni e'
senz'altro quello che da' il titolo al volume e ha per oggetto la
rievocazione di un episodio particolarmente traumatico nella storia della
Romania: la deportazione nel Baragan delle popolazioni del Banato, tragedia
su cui si e' cominciato a parlare solo dopo il crollo del regime. Si tratta
proprio di uno di quegli eventi che seppure realmente accaduti - osserva Ana
Blandiana - per la loro drammatica e assurda atrocita' appartengono a buon
diritto al dominio, forse non meno crudele, del "fantastico".

9. LIBRI. MARINA MONTESANO PRESENTA "L'EUROPA DEI BARBARI" DI KAROL
MODZELEWSKI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 aprile 2008, col titolo "Scontri di
cultura nell'alto Medioevo" e il sommario "L'impatto dei popoli barbarici
con la civilta' romana nel saggio dello storico polacco Karol Modzelewski,
L'Europa dei barbari, recentemente uscito per Bollati Boringhieri]

"Propendo a credere i germani una razza indigena, con scarsissime mescolanze
dovute a immigrazioni o contatti amichevoli, perche' un tempo quanti
volevano mutare paese giungevano non via terra ma per mare... E poi, a parte
i pericoli di un mare tempestoso e sconosciuto, chi lascerebbe l'Asia,
l'Africa o l'Italia per portarsi in Germania tra paesaggi desolati, in un
clima rigido, in una terra triste da vedere e da starci se non per chi vi
sia nato?": cosi' Tacito apriva la sua Germania, opera che mirava a
presentare il mondo germanico a una Roma che, alla fine del I secolo,
conosceva una fase di grande espansione territoriale. Sono, le sue, parole
eloquenti, che gia' a partire dalla descrizione del paesaggio sottolineano
la contrapposizione fra la civilta' mediterranea e la barbarie delle
inospitali terre nordiche.
Ormai entrato nel lessico comune come sinonimo di estraneo alla civilta' e
suo nemico, il termine "barbaro" aveva in origine un senso un po' diverso, e
tuttavia semanticamente non troppo differente da quello peggiorativo che
ancor oggi gli attribuiamo: il latino barbarus, modellato sul greco
barbaros, indicava gli stranieri, coloro che parlano un'altra lingua, e
conteneva una sfumatura canzonatoria, in quanto si riferiva in modo
onomatopeico alla difficolta', una sorta di balbuzie, con cui gli stranieri
parlavano greco o latino. Per i romani, fino al II-III secolo i "barbari"
per eccellenza erano stati i persiani e gli sciti, ai quali si attribuivano
connotati di ferocia e di dedizione a oscuri culti magici. Ma gia' Cesare
era entrato in contatto con altri barbari, i germani e i celti, fornendone
un quadro ispirato almeno in parte a comprensione e perfino a simpatia;
simpatia che trapela spesso anche dalle pagine dello stesso Tacito, che a
piu' riprese ne loda il coraggio e la sobrieta' nei costumi, implicitamente
contrapponendoli ai romani a suo avviso ormai corrotti da un "eccesso" di
civilta'.
Al di la' di quanto coglievano gli osservatori latini, non si deve comunque
pensare al mondo barbarico come a un insieme compatto e omogeneo: celati
dall'etichetta di "barbari" vi erano germani, celti e slavi (senza
dimenticare le compagini ugro-finniche e scito-sarmatiche), denominazioni
che raccolgono ognuna al proprio interno una grande varieta' di popoli e di
esperienze. E' questo il tema centrale dell'ultima opera dello storico
polacco Karol Modzelewski (L'Europa dei barbari. Le culture tribali di
fronte alla cultura romano-cristiana, Bollati Boringhieri, euro 40), noto
anche per i suoi trascorsi di militante in Solidarnosc.
Nucleo del saggio e' infatti il profondo mutamento generato nella societa'
tribale dei barbari dall'impatto con la cultura che l'autore definisce
"romano-cristiana": sono soprattutto i quadri sociali e istituzionali che
stanno a cuore a Modzelewski, il quale analizza quindi temi come il diritto,
la parentela, le differenze sociali, la dimensione comunitaria della vita
dei barbari. E in particolare a proposito del diritto, Modzelewski fornisce
numerosi esempi di costumi per noi oggi consueti, mostrandone l'evidente
origine barbarica.
Alcuni fra i caratteri originari dell'universo barbarico scomparvero o si
modificarono profondamente dinanzi al prevalere della cultura
romano-cristiana, spesso fatta propria e imposta con la forza dalle dinastie
convertite da secoli al cristianesimo, come quelle carolingia e ottoniana,
ma a loro volta di origini barbariche; e' tuttavia indubbio che dalla
progressiva e reciproca acculturazione fra questi differenti elementi della
societa' altomedievale nascera' l'Europa quale noi la conosciamo. Allo
stesso tempo, la permanenza maggiore o minore dell'una o dell'altra
compagine culturale nell'Europa moderna e' uno degli elementi che piu'
fortemente hanno contribuito a far si' che essa sia stata (e, secondo
Modzelewski, sia ancora) un luogo di differenze, prima che di identita'
comuni.

10. LIBRI. LUIGI ONORI PRESENTA DUE LIBRI SU MILES DAVIS
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 agosto 2008 col titolo "Miles Davis,
le strane occasioni dello sciamano"]

L'attualita' di Miles Davis e' testimoniata dalla pubblicistica che lo
riguarda. Dal 2005 ad oggi sono usciti i volumi di George Cole, Richard
Cook, Gregory Davis, Philip Freeman, Walter Mauro, Gianfranco Salvatore.
Questi testi si muovono su traiettorie diverse: si dedicano all'icona Davis;
ricostruiscono memorie di testimoni; si impegnano in una ricognizione sulla
generativa eredita' sonora del musicista. La pubblicazione di registrazioni
inedite consente, infatti, di riflettere sulla visionarieta' di Davis in una
prospettiva diversa dalle polemiche anni '70-'80. Le librerie in questo
periodo offrono due testi giustapposti: Miles Davis. Lo sciamano elettrico,
di Gianfranco Salvatore (Stampa Alternativa, pp. 249, euro 15) e Miles e
Juliette, di Walter Mauro (Perrone editore, pp. 125, euro 10).
Con Lo sciamano elettrico siamo di fronte ad uno degli studi piu'
significativi degli ultimi decenni. Gianfranco Salvatore (docente
universitario, musicologo, musicista) ne e' l'autore e pubblico' Lo sciamano
elettrico in una prima stesura tredici anni fa; l'attuale comprende cinque
capitoli in piu' e rende definitivo quello studio. Salvatore unisce la
completezza certosina della documentazione con la capacita' di tracciare
ariose ipotesi, la cura minuziosa del dettaglio con l'ampiezza competente
dell'analisi musicale, la preparazione in ambito jazzistico con una
formazione di pari valore in altri ambiti sonori e culturali (rock, musiche
etniche, antropologia...). Dopo aver scandagliato il periodo 1969-1991, la
produzione musicale e quella critica, lo studioso e' in grado di
padroneggiarne tutta la fase elettrica e di interpretarla con ipotesi
solide. Le sue idee, condivisibili o no, rendono il testo cruciale per chi
voglia capire quanto e' accaduto nella musica afroamericana dal 1969. Si
mette a fuoco fra l'altro la complessa, triplice personalita' di Miles
Davis, in particolare la ricerca di alter ego e la sua unica metodologia
creativa (cap. I. Un uomo impossibile). Salvatore tratteggia, ancora, la
peculiare arte degli incontri davisiana. Questi sono elementi comuni a tutta
la carriera del trombettista ma il musicologo entra nel vivo del periodo
elettrico e la sua ricostruzione in microperiodi (psichedelico, free,
indiano, africano, contemporaneo...) rende trasparenti percorsi e metodi di
Davis che per lunghi anni sono apparsi oscuri, a tratti incomprensibili.
Illuminanti i paragrafi dedicati al rapporto con la boxe (Pugilato funky e
Il boxeur e il suo doppio, cap. VII). Di capitoli ce ne sono ben 13 ed il
decimo che chiarisce le affinita' tra il trombettista e Jimi Hendrix e'
davvero chiarificatore. Certo, per seguire i discorsi di Salvatore e'
necessario ascoltare il materiale davisiano, soprattutto le quattro raccolte
postume, ma vale la pena perche', lo scrive l'autore, "lo sciamano e' vivo".
"I personaggi chiave di questo romanzo sono due protagonisti assoluti,
l'uno, Miles Davis (...) l'altra Juliette Greco (...) dominatrice per anni
della canzone francese d'autore". Intorno ad un fulmineo amore parigino fra
essi, Walter Mauro costruisce un testo che si estende nel tempo (fino alla
morte di Davis, 1991) e si amplia ad esistenzialismo e negritudine, dal
Quartiere Latino ad Harlem. L'autore e' un critico musicale e letterario che
si e' occupato di Corrado Alvaro ed Antonio Gramsci, di James Baldwin e
Louis Armstrong. In questa prova romanzesca, in cui combina i suoi campi di
interesse, c'e' un terzo protagonista ed e' proprio l'autore che e' spesso
presente nelle parole dei due attori principali e nella loro proiezione
verso passato e futuro. Miles e Juliette, al di la' di alcune rigidezze, ha
un proprio flusso narrativo in cui bisognerebbe immergersi senza troppo
prestarsi al gioco del riconoscimento dei personaggi. La sezione piu'
convincente e' quella che ricostruisce l'ambiente del Quartiere Latino ed il
convergere di bebop ed esistenzialismo, uno snodo culturale che Mauro sa ben
ritrarre nella doppia prospettiva di Greco/Davis, nell'unione che smentisce
ogni razzismo ma, al tempo stesso, acuisce la questione centrale della linea
del colore.

11. LIBRI. FERRUCCIO PARAZZOLI PRESENTA "ROMANZI" DI GUIDO MORSELLI
[Dal mensile "Letture", n. 586, aprile 2002, col titolo "Tutto Morselli
riletto in controluce"]

Guido Morselli, Romanzi, vol. I, Adelphi, 2002, pp. 1698, euro 52.
*
Con il grande successo postumo, l'opera di Morselli e' ormai nota, almeno
nei suoi titoli maggiori, anche al grande pubblico di lettori, troppo spesso
richiamati dalla tragica fine del loro autore. Ma poiche' le opere di un
autore non si leggono in base alla sua morte ma a quanto in esse e' scritto,
e' giusto che compaia oggi presso il suo totale editore, il corpus dei suoi
romanzi in edizione che si puo' definire critica in base al lavoro fatto
sugli originali dai curatori e per l'ampia appendice di note ai testi.
Curatori dei testi sono Elena Borsa e Sara D'Arienzo con la collaborazione
di Paolo Fazio. Introduzione e cronologia sono dovute a Valentina
Fortichiari alla quale si deve anche il recente album Guido Morselli,
immagini di una vita (Rizzoli) che raccoglie fotografie, documenti e
testimonianze totalmente inediti.
Questo primo volume, al quale seguira' un secondo a completamento,
comprende, in ordine di tempo di composizione, Uomini e amori, Incontro col
comunista, Un dramma borghese, Il comunista, Brave borghesi, romanzi che
coprono gli anni dal '43 al '66. La lettura o rilettura dei quali, specie se
fatta con un occhio alle note che ne seguono la composizione, spesso
complessa, confermano la personalita' di uno scrittore ripiegato sulla
ricerca di una lingua quanto piu' esatta e che accompagna l'invenzione
narrativa con un interesse per le fonti documentarie che, talvolta non a
torto, sono scambiate per una eccessiva propensione alla saggistica. Di
particolare rilievo, nell'introduzione della Fortichiari che ripercorre lo
sfortunato iter editoriale di Morselli, lo scambio di lettere con due tra i
suoi piu' autorevoli lettori quali Vittorio Sereni ed Elio Vittorini. Il
rapporto, come si sa, non ebbe buon esito, almeno durante la vita
dell'autore, ma mette in luce l'estrema onesta' critica di quelle lettere.

12. LIBRI. SILVIA TOMASI PRESENTA I ROMANZI DI THEODOR FONTANE
[Dal mensile "Letture", n. 601, novembre 2003, col titolo "Il prussiano
disilluso e la donna moderna"]

Theodor Fontane, Romanzi 1880-1891 e Romanzi 1892-1898 (traduzione di Silvia
Bortoli), Mondadori, "I Meridiani", 2003, vol. I di pp. 1474, vol. II di pp.
1433, euro 49 ciascuno.
*
Cosa e' accaduto a Theodor Fontane (1819-1898) per trasformarsi, quasi
sessantenne (nell'Ottocento i sessant'anni rappresentano sicuramente
l'avanzata vecchiaia), da autore di ballate scritte nello spirito di un
Walter Scott tedesco e romantico, da storico che in tre monumentali opere di
argomento militare glorificava l'impero tedesco prussiano, da giornalista
conservatore, in romanziere disincantato e scettico sui valori e gli onori
di quel Reich in cui tanto si era identificato?
E' successo che si e' sviluppato in lui un profondo pessimismo, sempre
venato da una leggera ironia, verso quel mondo che teneva per valide le
regole ferree dell'apparire e non quelle vere dei sentimenti, dove un
concetto di onore sempre piu' costruito sui soldi si andava sostituendo a
quello del rispetto.
Fra gli ingranaggi perversi di questa macchina sociale sono naturalmente le
donne ad avere la peggio. E Fontane e' proprio romanziere di storie al
femminile, anzi si puo' dire che inventi il profilo della "donna moderna".
Ci si puo' tuffare in questi romanzi, tutti ritradotti per la nuova edizione
da Silvia Bortoli, per entrare nella corrente di un bellissimo impasto
linguistico, che travolge le figure femminili. A cominciare da quella di
Victorie, protagonista butterata di Sach von Wuthenov, che fa della sua
bruttezza un'arma di liberta': proprio perche' le manca l'appeal estetico,
e' una ragazza libera finalmente di parlare, di esprimere senza paraventi e
senza civetterie i sentimenti, finche' il suo fascino, tutto intellettuale,
attira il bellissimo ufficiale prussiano Sach. Ci penseranno i genitori
della ragazza a far scattare la trappola, costringendo la coppia al
matrimonio. Ma Sach, di fronte al dileggio degli amici, pur convinto dei
grandi pregi di Victorie, si suicida. La non-bellezza di Victorie e'
un'offesa verso il sociale, e il suicidio di Sach, marito per qualche ora,
la inchioda per sempre a essere considerata donna diabolica da evitarsi come
la peggior malattia sociale.
E che dire di Effi, beniamina dell'autore, "figlia dell'aria", la
protagonista acerba e immatura del capolavoro di Fontane Effi Briest,
condannata per dovere sociale ed economico al matrimonio, che rompe gli
infrangibili comandamenti del sociale, facendosi amanti, ma rimanendo sempre
assurdamente innocente, perche' vuole essere felice? Cosi' nasce "la donna
moderna, la creatura dell'istante che - scrive Giuliano Baioni
nell'introduzione ai romanzi, individuando un nuovo spessore tragico alla
poetica di Fontane - e' immersa nel tempo e nel trascorrere del tempo e la
sua unica speranza e' il grande silenzio della morte". Gia', solo la morte
sara' per la ninfa Effi, e tante altre donne di Fontane, la cosa piu' bella
che ha dato loro la vita.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 577 del 13 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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