Nonviolenza. Femminile plurale. 207



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 207 del 6 settembre 2008

In questo numero:
1. Fernanda Pivano: Patti Smith
2. Fernanda Pivano: Spoon River
3. Fernanda Pivano: Libri di Elena Loewenthal
4. Fernanda Pivano: Michael Chabon
5. Fernanda Pivano: Memorie americane
6. Un'intervista a Fernanda Pivano
7. Un'intervista a Fernanda Pivano

1. FERNANDA PIVANO: PATTI SMITH
[Dal "Corriere della sera" del 21 aprile 2006 col titolo "Patti Smith: ho
scritto pace sulla bandiera d'America", il sommario "Miti. Esce in Italia la
raccolta di poesie Presagi d'innocenza dell'artista pop. Sul comodino la
Dichiarazione d'indipendenza, nel cuore Ginsberg e Blake" e la nota
editorile: "Il libro: Patti Smith, Presagi d'innocenza, traduzione di Robin
Benatti, editore Frassinelli, pagine 120, euro 13. L'autrice: Patti Smith
nasce a Chicago nel 1946. Esordisce tenendo reading di poesia e musica. Il
suo album Horses (1975) fa epoca. Ne seguiranno altri dieci tra i quali:
Easter e Gone Again. Nota anche per le opere grafiche, Patti Smith, che ha
sempre scritto, realizza il sogno beat di unire musica e poesie. Tra i suoi
libri di versi, oltre a Presagi di innocenza (Frassinelli), Il sogno di
Rimbaud (Einaudi) e Mare dei coralli (Bompiani)".
Fernanda Pivano, intellettuale italiana impegnata nei movimenti per i
diritti civili, studiosa della cultura americana e personalmente
intensamente partecipe delle piu' rilevanti esperienze di impegno civile,
artistiche, letterarie e culturali nordamericane novecentesche (e
particolarmente di quelle legate alla cultura ed alla militanza democratica
e radicale, pacifista ed antirazzista, di opposizione e di contestazione, ed
agli stili di vita alternativi), generosa maestra, amica della nonviolenza.
Tra le opere di Fernanda Pivano: oltre a numerose e giustamente celebri
traduzioni (tra cui la classica versione dell'Antologia di Spoon River, di
Edgar Lee Masters; la stupenda raccolta di poesie di Allen Ginsberg, Jukebox
all'idrogeno; la fondamentale antologia Poesia degli ultimi americani), ha
pubblicato tra altri volumi: La balena bianca e altri miti, 1961; America
rosso e nera, 1964; Le belle ragazze, 1965; L'altra America negli anni
Sessanta, 1971; "Pianeta Fresco", 1967; Beat hippie yippie, 1972, Mostri
degli anni Venti, 1976, C'era una volta il beat, 1976, Hemingway, 1985. Dal
sito di "Rai news 24" riprendiamo la seguente scheda: "Ferdinanda Pivano e'
una figura di rilievo nella scena culturale italiana soprattutto per il suo
contributo alla divulgazione della letteratura americana in Italia. Ha
iniziato l'attivita' letteraria sotto la guida di Cesare Pavese nel 1943 con
la traduzione dell'Antologia di Spoon River di Edgard Lee Masters. Da allora
ha tradotto molti romanzieri americani (fra gli altri Faulkner, Hemingway,
Fitzgerald, Anderson, Gertrude Stein) e a quasi tutte le traduzioni ha
preposto lunghi saggi bio-socio-critici. Come talent scout editoriale ha
suggerito la pubblicazione degli scrittori contemporanei piu' significativi
d'America, da quelli citati degli Anni Venti e a quelli del dissenso nero
(come Richard Wright) ai protagonisti del dissenso nonviolento degli anni
Sessanta (quali Ginsberg, Kerouac, Burroughs, Ferlinghetti, Corso) agli
autori ora giovanissimi quali Leavitt, McInerney, Ellis (per il quale ha
scritto un lungo saggio che costituisce una breve storia del minimalismo
letterario americano). Si e' presto affermata come saggista confermando in
Italia un metodo critico basato sulla testimonianza diretta, sulla storia
del costume e sull'indagine storico-sociale degli scrittori e dei fenomeni
letterari. Opere di Fernanda Pivano: La balena bianca e altri miti,
Mondadori, 1961, Il Saggiatore, 1995; America rossa e nera, Vallecchi, 1964;
Beat hippie yippie, Arcana, 1972, Bompiani, 2004; Mostri degli anni Venti,
Formichiere, 1976, Rizzoli, 1976; C'era una volta un Beat, Arcana 1976,
Frassinelli, 2003; L'altra America negli anni Sessanta,
Officina-Formichiere, 1971, 1993; Intervista a Bukowski, Sugar, 1982;
Biografia di Hemingway, Rusconi, 1985; Cos'e' piu' la virtu', Rusconi, 1986;
La mia kasbah, Rusconi, 1988, Marsilio, 1998; La balena bianca e altri miti,
Il Saggiatore, 1995; Altri amici, Mondadori, 1996; Amici scrittori,
Mondadori, 1996; Hemingway, Rusconi, 1996, Bompiani 2001; Dov'e' piu' la
virtu', Marsilio, 1997; Viaggio americano, Bompiani, 1997; Album americano.
Dalla generazione perduta agli scrittori della realta' virtuale,
Frassinelli, 1997; I miei quadrifogli, Frassinelli, 2000; Dopo Hemingway.
Libri, arte ed emozioni d'America, Pironti, 2000; Una favola, Pagine d'arte,
2001; Un po' di emozioni, Fandango, 2002; Mostri degli anni Venti, La
Tartaruga, 2002; De Andre' il corsaro, con C. G. Romana e M. Serra,
Interlinea, 2002; The beat goes on, Mondadori, 2004". Tra le piu' recenti
pubblicazioni: Pagine americane. Narrativa e poesia 1943-2005, Frassinelli,
2005; I miei amici cantautori, Mondadori, 2005; (con William Willinghton),
Spoon River, ciao, Dreams Creek, 2006; Ho fatto una pace separata, Dreams
Creek, 2006; Lo scrittore americano e la ragazza per bene. Storia di un
amore: Nelson Algren e Simone de Beauvoir, Pironti, 2007; Complice la
musica. 30+1 cantautori italiani si raccontano a Fernanda Pivano, Rizzoli,
2008; Diari 1917-1973, Bompiani, 2008]

Che gioia, che riconoscenza, la dolcissima Patti Smith e' tornata da noi, in
Italia, a presentare la sua ultima raccolta di poesie, Presagi d'innocenza;
la Triennale di Milano le ha dedicato una stanza, che Patti ha arredato
secondo la sua natura: molto nuda, con le seggiole per il pubblico disposte
lungo le pareti e piena di ricordi; mentre il festival di Rovereto l'ha
invitata per commemorare Allen Ginsberg. La venuta di Patti Smith e' legata
alla divulgazione di questi ricordi, di presenze, di memorie per molti di
noi indimenticabili, intrecciate alle arie della nuova indipendenza
d'America e cantate in tutto il mondo da Allen Ginsberg che le ha portate
con se' alla sua morte. Durante la lunga agonia di Ginsberg, e' stata Patti
Smith a vegliarlo, dividendo una seggiola con Gregory Corso per leggere
insieme i Cantos di Ezra Pound, sogni diversi, questi, ma sempre sogni di
liberta', interrotti dalla prigione invece che dalla morte. Patti Smith
voleva capire i commenti scritti da Ginsberg sui margini del libro: pietoso,
amoroso tentativo di rendere immortali i pensieri dei due americani poeti
piu' coinvolti nella storia del loro Paese. Chi sa se qualcuno c'e' riuscito
a capirli, non so neanche se qualche professore li ha acquisiti e immersi in
quelle pubblicazioni che dovrebbero leggere gli studenti. Era andata a
vivere all'Hotel Chelsea dove c'erano gia' William Burroughs, che era quasi
suo fidanzato e Robert Mapplethorpe, che stava diventando un fotografo
illustre e ha fatto a tempo a fotografarla per la copertina del suo primo
disco, Horses (1975). Poi Patti Smith aveva conosciuto e sposato Fred
"Sonic" Smith, era andata a vivere con lui a Detroit, aveva avuto due figli,
Jackson e Jessie; Fred le ha insegnato a suonare clarinetto, chitarra e l'ha
sempre aiutata a scegliere una compagnia di artisti che capissero la sua
realta' di musicista. Queste cose ormai le sanno tutti, ma Fred era morto a
45 anni e nel 1994 l'aveva lasciata nel disastro; l'ha soccorsa il fratello
Todd, che e' morto un mese dopo. Patti non si e' limitata a piangere: si e'
inserita nel sogno democratico americano, perche' gia' da bambina teneva con
se' una riproduzione della Dichiarazione di indipendenza americana, poi
aveva saputo che anche Ho Chi Min faceva ricerche su quelle pagine; e forse
gli amici buddhisti hanno insegnato a Patti a rinunciare al samsara, ai beni
terreni, ma e' soprattutto la saggezza dell'amore che l'ha aiutata a fare le
sue scelte. Cosi', fra tante tragedie Patti si e' trovata con un bagaglio di
sette dischi "prodotti da artista" e cinque libri autobiografici, con le
Illuminazioni di Arthur Rimbaud e i Canti di innocenza ed esperienza di
William Blake che aveva recitato nel 2000 a Londra nella chiesa di Saint
James, proprio dove William Blake era stato battezzato. Con questi versi
sono passati gli anni ma non si sono fermate le passioni, e Patti Smith le
ha ereditate e le ha regalate al suo pubblico. Forse per Patti questi versi
accompagnano le passioni di quegli anni e, ereditandole, ora vuole
trasmetterle presentando un nuovo libro di poesie che, col titolo Presagi di
innocenza, la Frassinelli pubblica in Italia, tradotto da Robin Benatti vi
sono raccolte ventisei poesie col loro testo a fronte. Il volume si apre con
un'epigrafe di William Blake: "Ferita all'ala un'allodola, / un cherubino
smette di cantare", e si conclude con una poesia dal titolo emblematico: La
canzone degli scrittori. Questa "canzone", celebrata a Rovereto, e' stata
anche un altro modo di presentare Allen Ginsberg. Purtroppo il volume non
presenta la data e la storia delle singole poesie, ma ancora una volta,
William Blake con la sua epigrafe offre una spiegazione inimitabile che
forse puo' far capire anche l'immagine iniziale di un'allodola ferita a
un'ala mentre per lei smette di cantare un cherubino. Il cherubino di Blake
raccoglie nella sua tragedia la passione di un'intera immagine poetica. Di
nuovo la capacita' stupefacente di un poeta, che non per niente e' stato
scelto da Patti Smith per accompagnare i sogni dei suoi versi; e guai a
dimenticare che la poesia e' soprattutto l'espressione di un sogno. La bella
serata di Rovereto ruotava attorno alla lettura tenuta da Patti Smith in
onore di Allen Ginsberg, finalmente riconosciuto come un eroe della
sincerita', della verita', della pace. Ringraziamolo anche noi di aver fatto
ogni tentativo per salvarci da una dittatura piu' o meno totalitaria e
ringraziamolo come lui avrebbe voluto per il coraggio con cui ha divulgato
nel mondo, dai Tropici alla Cina, il suo sogno di liberta'.

2. FERNANDA PIVANO: SPOON RIVER
[Dal "Corriere della sera" del 4 maggio 2006 col titolo "Spoon River non e'
un sogno", il sottotitolo "Il libro di William Willinghton" e la nota
redazionale "L'Antologia di Spoon River usci' in Italia nel 1939, tradotta
da Fernanda Pivano. Da allora le 'anime morte' del poeta Edgar Lee Masters
non hanno smesso di suggestionare i lettori. Il fotografo William
Willinghton e' tornato a Spoon River per rivisitare con le immagini i luoghi
delle poesie. Ne e' nato un libro illustrato, Spoonriver, ciao, dove le foto
sono accompagnate dai ricordi della Pivano. Le immagini sono in mostra nelle
principali librerie Feltrinelli fino al 31 maggio. Parte del ricavato del
libro sara' devoluta al restauro dal cimitero di Spoon River. Anticipiamo
l'introduzione di Fernanda Pivano"]

Ah, questo Spoon River, con le sue vicende molto personali, forse un po'
patetiche, basate sulla nostalgia. Nel 1938 Cesare Pavese era tornato dal
confino, mi aveva incontrato e mi aveva dato da leggere quattro libri per
farmi capire la differenza tra la letteratura inglese e quella americana. I
libri erano Addio alle armi di Ernest Hemingway, L'autobiografia di Sherwood
Anderson, le Foglie d'erba di Walt Whitman e l'Antologia di Spoon River di
Edgar Lee Masters. Avevo ventun anni e naturalmente avevo cominciato a
leggerli dai versi di Masters e quando sono arrivata alla poesia intitolata
Francis Turner la mia eta' e' saltata fuori e l'idea che un ragazzo possa
morire mentre bacia con l'anima sulle labbra una ragazza mi ha fatto
innamorare. Senza neanche sapere che esisteva la professione del traduttore
mi ero messa a tradurre queste poesie su un quaderno della Scuola Svizzera e
intanto Cesare Pavese, senza piu' diritti civili come tutti gli ex
confinati, mi dava lezioni private di letteratura comparata, una disciplina
che ancora non esisteva. Un giorno aveva trovato per caso il quaderno e mi
aveva detto sorridendo: "Allora ha capito la differenza tra la letteratura
inglese e quella americana"; e ha portato via il quaderno. Lo ha dato a
Giulio Einaudi, suo compagno di scuola e di ideologia, e Einaudi l'ha
pubblicato, dimostrando ancora una volta la genialita' delle sue intuizioni
editoriali: perche' il libro, sequestrato delle autorita' governative, era
diventato sottobanco un bestseller. In America il libro era stato
soprattutto frainteso. Era il momento che Theodore Roosevelt si era difeso
dai suoi contestatori definendo il loro movimento "muckraking movement". E
per qualche tempo questo libro che contestava il denaro, la guerra,
l'ipocrisia, il conformismo, era stato scambiato con i libri contestatori di
Roosevelt, che parlavano della corruzione dei macelli di Chicago o delle
ferrovie. Chissa' se in Italia di questi problemi molti fossero al corrente.
Eravamo in un periodo fondamentale di dittatura politica, letteraria e
morale. Sui ragazzi libertari questa voce di contestazione alla dittatura
aveva esercitato una presa di coscienza sempre piu' articolata con il
passare del tempo e in quel momento il libro era diventato un passaparola di
liberta', di pacifismo, di anticapitalismo, di anticonformismo: ne parlavamo
fra noi sottovoce, preoccupati di venire arrestati se qualche "governativo"
ci ascoltava. Era una specie di contestazione segreta, ma basata sulla
comunicazione, non sulla violenza. Il mio incontro con William Willinghton
e' avvenuto molto piu' tardi. Una sera poco prima di Natale e' venuto a
trovarmi un ragazzino con gli occhi sognanti e le sue splendide fotografie,
che ha raccolto qualche anno dopo nel bellissimo libro Italian Lovers e che
in qualche inafferrabile modo mi ricordavano le tragedie di Robert Capa. Da
allora erano passati otto anni e sempre poco prima di Natale, William
Willinghton era tornato a trovarmi e mi aveva detto che doveva portarmi una
sorpresa. Mi aveva incontrato in un ristorante di Milano e quella sera avevo
visto in William Willinghton l'innocenza e l'eleganza dei giovani ignari di
corruzione, mossi dalla passione di chi sa di aver scoperto una cosa
importante e vuole difenderla chiusa nel suo cuore ma insieme vuole farla
conoscere a chi puo' amarla come lui. Quella sera, li' al ristorante, mi
aveva mostrato le poesie della sua scoperta. Non ero riuscita a restare
indifferente: vedere quelle immagini raccontate dalla sua voce trepidante mi
aveva immerso ancora una volta nella trepidazione che mi aveva guidato a
leggere e a credere in queste storie. E cosi' quella sera, avevo deciso di
scrivere vicino ad ogni immagine poche parole che mi ricordavano le emozioni
di quella realta' sognata da adolescente, e che queste fotografie erano
ancora capaci di farmi sognare.

3. FERNANDA PIVANO: LIBRI DI ELENA LOEWENTHAL
[Dal "Corriere della sera" del 9 maggio 2006 col titolo "Quell'enigma della
memoria" e il sommario "Il libro di Elena Loewenthal"]

Ah, questa Elena Loewenthal. Ormai ci ha abituato a regalare libri con
scarsa distanza l'uno dall'altro. Due anni fa ci ha dato un libro
bellissimo, Attese, e da specialista della storia e della civilta' ebraica
ha sfiorato col pretesto di un velo copricapo alcune fasi storiche della
storia ebraica. Il velo che una ragazza aveva ricevuto nel corredo nuziale
e' passato da un'eredita' all'altra fino a quando, il giorno delle nozze, e'
arrivato alla nipote Claudia che lo ha chiuso in un armadio, dove e' restato
finche' il figlio di Claudia lo ha regalato alla levatrice Elvira, che lo ha
portato con se' e col marito in un ospizio ebraico sopra la sinagoga di
Mantova. Il marito di Elvira taglia il velo in quattro parti, ne fa quattro
sacchetti piccolissimi e li riempie della terra di Israele; i sacchetti
rimangono abbandonati quando i nazisti occupano l'ospizio e deportano tutti
gli ospiti dell'ospizio ad Auschwitz, dove saranno assassinati in un forno
crematorio. Sicche' questi sacchetti col velo che li rappresenta diventano
una specie di attesa di un rito che simboleggi questa fase di storia. Il
libro, molto ambizioso, e' stato finalista nel 2004 del Premio Strega e
considerato l'esordio dell'autrice, ma in realta' conclude gia' una
carriera, non ancora lunga, con una decina di libri sempre immersi nella
storia ebraica. Nel 2003 per Lo strappo dell'anima. Una storia vera
(pubblicato da Frassinelli) aveva meritato il Premio Grinzane Cavour per la
sezione esordiente, ma prima ancora, nel 1997, aveva avuto il Premio
Andersen per una sua raccolta di racconti ebraici, pubblicata da
Einaudi-Ragazzi, col titolo I bottoni del signor Montefiore. Poi ha
pubblicato un libro per ragazzi con Fabbri, poi altri libri per Bompiani,
finche' nel 2005 e' uscito Eva e le altre. Letture bibliche al femminile.
Ora, di recente, ha presentato questo Dimenticami pubblicato sempre da
Bompiani. Siamo gia' tutti in attesa di qualche altro libro che sara' di
nuovo struggente di nostalgia e di affetto, forse di amore, per questa
civilta' abbandonata a se stessa, fuori dai sentimenti dei suoi
protagonisti. Mi e' riuscita molto commovente la sua frase, di risposta a un
collega che le ha chiesto quale persona scomparsa richiamerebbe in vita, e
lei col suo sguardo melanconico ha risposto "Primo Levi". In un'intervista,
inoltre, Paolo Di Stefano le ha chiesto: "Se potesse parlare a quattr'occhi
con l'uomo piu' potente del mondo, cosa gli direbbe?". "Gli direi: 'Stai
calmo'". Questa Elena Loewenthal vive a Torino, e' una bellissima signora ed
e' nata nel 1960. Il suo stile forse non e' migliorato perche' non ne aveva
bisogno, certo e' sempre piu' raffinato e dedicato anche a ricerche
stilistiche o allo humour. Queste ricerche conducono a importanti
conseguenze con questo Dimenticami che per ora e' una specie di somma dei
suoi interessi letterari: sono interessi riconosciuti ormai da un grande
pubblico e da critici, che continuano da un lato ad accogliere ogni suo
nuovo libro con interesse e favore e dall'altra a riempirla di premi
importanti come sono tutti i premi. La trama di Dimenticami vorrei non
raccontarla perche' spero siano soltanto i futuri lettori a prenderla in
esame, anche se non sono ebrei. Incomincia con una storia d'amore che ha per
protagonista Alberto, un fotografo che ama molto i ricordi anche se non sono
ricordi ottimistici, e infatti questo libro ha inizio con la descrizione di
una cena dove una protagonista femminile, Viola, parla con Alberto ma il
loro discorso e' solo un discorso per salutarsi perche' si abbandonano dopo
anni di amore. La passione di Alberto e la straordinaria prosa di Elena
Loewenthal trasformano questa loro ultima volta in qualcosa di
indimenticabile. Non e' facilissimo intuire lo svolgimento di questo titolo:
questo "Dimenticami", che e' tutto insieme una preghiera (cioe' che non
debba avvenire) e l'enigma di un abbandono incomprensibile, che incatena e
ossessiona la memoria di Alberto per tutto il corso del libro. Il viso di
questa Viola e' continuamente contrapposto alle altre sue donne future e la
sua voce per lui sembra sempre quella che sente (cioe' gli sembra di
sentire) ogni volta che solleva il telefono, perche' qualunque particolare
della vita rimanda Alberto per vie sotterranee a lei, evocandone una frase,
un gesto, un sorriso. Di solito il libro viene presentato insieme a una
decina di versi, che riporto anch'io per chi non ha visto le presentazioni:
"'Alberto ti amo'. Non lo dico. Lo penso e basta. Vediamo se a un certo
punto mi chiede: 'Che hai Viola stasera?' Perche' ce l'ho di sicuro, no, la
faccia di una che ha qualcosa stasera. Ne sono sicura. Almeno credo". Questi
pochi versi sono scelti di solito dagli editori per indicare in realta' il
tema del libro, a torto o a ragione. L'inequivocabile "Dimenticami" che
conclude la storia la trasforma in qualcosa di indimenticabile, che
ossessiona la memoria di Alberto. In realta' il libro sembra impostato sul
ruolo e il senso della memoria, in attesa di una imprevedibile rivelazione
finale, in una specie di pellegrinaggio interiore alla ricerca di qualcosa
per dimenticare un passato in comune e una felicita' condivisa, o forse per
sottolineare il valore del ricordo o l'idea platonica della memoria
incarnata da una donna.

4. FERNANDA PIVANO: MICHAEL CHABON
[Dal "Corriere della sera" del 6 giugno 2006 col titolo "Lupi mannari con
licenza di divorziare" e il sommario "Personaggi. L'enfant prodige della
narrativa Usa torna con nove racconti gotico-sentimentali. Michael Chabon e
l'America: orrore e ironia nella vita di coppia. Da Pittsburgh a Berkeley.
Michael Chabon, 43 anni, vive a Berkeley. Da Rizzoli esce ora Lupi mannari
americani (trad. Luciana Crepax, pp. 253, euro 16)"]

Ah, questo Michael Chabon. Che tenerezza, lo conoscevo quando aveva diciotto
anni, tanti, tanti anni fa. Bellissimo, biondo, ancora studente e un
desiderio di "arrivare" che pareva avesse trent'anni. Ma non li aveva, era
proprio soltanto un bel ragazzino e c'era da aspettarsi che facesse una
lunga carriera, come ha fatto, accumulando nuove edizioni e minuscoli premi
via via che nascevano. E' gia' stato presentato in Italia, nel giugno 1988,
appena era stato pubblicato da Mondadori il suo I misteri di Pittsburgh che
l'editore americano ha acquistato per 150.000 dollari, promettendone altri
100.000 e un giro promozionale in America e in Europa, attirando
l'attenzione anche del regista Alan Parker, quello di Tutti gli uomini del
presidente, che se lo e' assicurato con una pioggia vertiginosa di dollari
impegnando il giovane autore anche per la sceneggiatura. Michael Chabon
aveva scritto il libro a 23 anni ed era gia' considerato un autore degli
anni Novanta. Del libro prima che arrivasse nelle librerie erano state
esaurite due edizioni, la sua fortuna e' dovuta al professore di creative
writing di Chabon all'Universita' di California a Irvine, autore di una
ventina di romanzi firmati MacDonald Harris, pseudonimo di Donald Heiney.
Questo Donald Heiney era un europeista che una trentina di anni prima aveva
affascinato alcuni di noi italiani col piu' esauriente studio mai uscito
fino allora sui rapporti tra letteratura americana e italiana. Michael
Chabon e' sempre stato un accanito lettore. A quindici anni ha scoperto
Henry Miller; si considera uno stilista affermando che i suoi autori
preferiti sono anche loro stilisti, alludendo a Gustave Flaubert, Marcel
Proust, Francis Scott Fitzgerald. Cosi' il suo primo romanzo e' stato The
Mysteries of Pittsburgh, ispirato variamente all'opera di Francis Scott
Fitzgerald. Andrebbe confrontato con l'opera di Fitzgerald anche se ha piu'
a che fare con lo splendore dei personaggi e della prosa che col tema del
libro. Il 24 maggio 2006 e' uscita in Italia la sua seconda raccolta di
racconti, Werewolves in Their Youth (tradotto da Rizzoli con il titolo Lupi
mannari americani), piu' profondamente inserita nel vero territorio di
Fitzgerald, quello dove donne sposate danzano con giovani stranieri, dove
qualunque cosa puo' succedere in qualsiasi parte, dove antichi giocatori di
football guardano attenti l'orologio del tempo della giovinezza, dove ogni
festa e' un disastro in attesa degli avvenimenti. Sono nove racconti
strettamente legati da uno stesso argomento: il divorzio. Soltanto uno e'
completamente diverso: e' una storia strana con un piccolo esperimento di
orrore alla Lovecraft dove le donne mangiano i loro uomini, pezzo a pezzo. I
protagonisti degli altri racconti sono per esempio un giovane padre
perseguitato da un passato libidinoso che si trova a dover discutere le
necessita' di sua figlia; una coppia turbata dal vuoto al centro del proprio
rapporto in dubbio su come comprare la loro prima casa; una donna in via di
maturazione (che ha passato anni del matrimonio a lottare per avere un
bambino) violentata e messa incinta da uno stupratore, che decide contro il
desiderio del marito di non fare un aborto, procurandogli angosce e
insonnia, tormento del tradimento e dell'indignazione. Un conflitto annotato
da un linguaggio descrittivo molto intricato ma pieno di colori caratterizza
i toni piu' gravi favoriti da Chabon nella sua nuova collezione di racconti
che in un modo o nell'altro sono dedicati alla trasformazione della seconda
giovinezza: i protagonisti vivono un cambiamento in cui corpi innocenti
espongono "peli e mandibole", l'amore innocente diventa odio insaziabile e i
sogni innocenti si trasformano in ambizioni frustrate. Pero' a differenza di
Fitzgerald, Chabon ama troppo i suoi personaggi per gettarli negli abissi:
da' sempre loro un'ultima possibilita' di comportarsi bene. In certi casi il
suo amore crea le sue storie piu' belle, in altri casi incrocia la linea del
sentimentalismo. Crea anche una certa somiglianza di ritmo che ciascuno
vorrebbe che l'autore spezzasse piu' energicamente, pero' senza la sua
generosita' di spirito e il suo sense of humour le storie perderebbero una
grossa parte del loro fascino. E il fascino ai nostri tempi e' una qualita'
sottovalutata nella commedia come nella vita. Si potrebbe cominciare a fare
una specie di finalino amichevole; ma lo lasceremo fare ai lettori che si
basano sull'eta' giovanissima dell'inizio e ancora giovane nella prima
maturita', e un giudizio non sarebbe facile perche' dovrebbe basarsi su
ragionamenti basati su realta' impalpabili, allietate da descrizioni piene
di humour e turbate da immaginazioni quasi surreali. Credo che di sicuro si
possa dire che Chabon e' un grande scrittore, basandosi sulla serena
volonta' con cui vuole distrarre forse se stesso prima dei suoi seguaci
dalla realta' tradizionale che lo ossessiona e la utopistica speranza che
gli orrori immaginari possano risolversi col sorriso divertito della sua
giovane eta' e la scoperta di una realta' segnata dalla fantasia giovanile.
Di sicuro si puo' dire che e' uno scrittore "serio", basato su ricerche
minuziose e personalissime, rese possibili da un linguaggio ricercato e
tanto piu' seducente per la sua preziosita'.

5. FERNANDA PIVANO: MEMORIE AMERICANE
[Dal "Corriere della sera" del 27 giugno 2006 col titolo "Miller? Voleva
Marilyn solo per il passaporto" e il sommario "Inediti. L'aneddoto: Quando
lo incontrai a una festa mi tramorti' di parole. Pubblichiamo due brani
inediti tratti dall'autobiografia di Nanda Pivano che sara' pubblicata da
Bompiani"]

1956 - Eravamo partiti il 6 marzo da Roma: io andavo con un Leaders' Grant
(dieci dollari al giorno e viaggi pagati) che mi aveva fatto assegnare
l'attache' culturale nero di allora, Frank Snowden, forse per premiarmi del
mio Lo Zio Tom e' morto rifiutato da Remo Cantoni per la Mondadori. Giravo
per gli Stati in quello che Frederick Mangold, organizzatore dallo State
Department di Washington del mio tour, aveva definito "un pellegrinaggio
letterario". Appena arrivata avevo incontrato Hannah e Matthew Josephson,
che erano venuti all'aeroporto e mi avevano aspettato 8 ore (di ritardo
dell'Alitalia) per darmi il numero del "New Yorker" dove Edmund Wilson aveva
lodato la mia introduzione italiana a un libro di James Branch Cabell: era
stato un imprevisto benvenuto che mi aveva molto commosso. Il 9 marzo avevo
rivisto James T. Farrell, ormai vittima della troppa birra, che mi aveva
fatto conoscere la sua seconda moglie Hortense. Quella sera in casa di
Hortense mi aveva promesso che avrebbe telefonato alla prima moglie Dorothy
che mi accogliesse a Chicago; e l'avevo lasciato mentre litigava con la
bella Hortense per un problema di soldi. Il 10 marzo Hannah e Matthew
Josephson mi avevano invitata a cena nella loro raffinata casa di Bank
Street in pieno Greenwich Village e mi avevano portato a una delle feste di
Stella Adler, attrice fascinosa e elegantissima, celebre anche per i suoi
ricevimenti: li' avevo incontrato Arthur Miller, che mi aveva tramortita
parlandomi del suo fidanzamento ancora fuori dai giornali con Marilyn Monroe
e del problema per il passaporto confiscato dall'Fbi dopo il suo
interrogatorio durante la caccia alle streghe: gia' si cominciava a dire che
Marilyn doveva servirgli per riavere il passaporto.
*
1962 - Il 20 luglio ero tornata a San Francisco in taxi per andare da Philip
Whalen che mi aveva detto di conservare lui il manoscritto di The First
Third (Vagabondo) di Neal Cassady e a incontrare Neal Cassady che era andato
a San Francisco da Los Gatos contravvenendo al suo "On Parole", la sua
liberta' vigilata, e mi aveva regalato l'esperienza a tutt'oggi piu' strana
della mia vita. Il manoscritto di Neal Cassady l'avevo trovato in una
scatola di detersivi Ajax e quando era arrivato Neal in un turbine di parole
a guardarmi di sottecchi per vedere che "bestia" fossi mi ero resa conto di
essere davvero davanti a un mito vivente. Neal era venuto con una ragazza
scalza fuggita con un bambino piccolissimo dall'ospedale e dal marito per
stare con Neal; e mentre guardavamo il manoscritto e Neal, caro, fingeva
(male) di non ricordarlo, si era vista, stagliata sulla rete della porta, la
sagoma inequivocabile di un poliziotto. Neal era stato cacciato dietro il
pianoforte, Whalen pallidissimo era andato ad aprire. Di chi era quel
bambino abbandonato in una macchina senza serratura, ci aveva chiesto il
poliziotto indignato. La ragazza scalza aveva improvvisato una sceneggiata
finita a manate sulle spalle, il bambino svegliato nel primo sonno era
entrato in casa strillando e il poliziotto se ne era andato soddisfatto,
seguito da un monologo di Neal su come era buono quel poliziotto, che magari
era un padre di famiglia. Poi Neal aveva voluto andare in cerca di erba e
eravamo finiti davanti alla casa di Anne Watts, figlia di Alan Watts; invece
di suonare il campanello Neal si era arrampicato sulla grondaia ed era
piombato, dalla finestra, nella camera dove Anne col suo pancione di sei
mesi dormiva su un materasso posato per terra: naturalmente Anne, svegliata
di soprassalto, aveva scambiato Neal per un ladro, ma per fortuna si era
accorta dell'equivoco prima di chiamare la polizia. Dal monologo di Neal
aveva capito che c'era bisogno di erba e, appena rifornito, Neal era sceso,
sempre passando dalla finestra, e calandosi dalla grondaia si era avviato
verso l'autostrada per andare da Brad. Quando eravamo arrivati alla casa di
Brad, Neal mi aveva detto di andare avanti, che mi avrebbe subito raggiunta,
e ero entrata in uno stanzone semibuio, con una fila di ragazzi nudi
appoggiati alle pareti e mucchietti di vestiti ai loro piedi. Mentre cercavo
un telefono si era aperta una porta e un ragazzo tutto rosso in faccia,
probabilmente Brad, mi aveva guardata preoccupato, mi aveva detto: "Who are
you, anyway?" ed era parso soddisfatto della mia risposta "I am Nanda".

6. UN'INTERVISTA A FERNANDA PIVANO
[Dal sito www.gingergeneration.it (che rinvia come fonte al sito
www.pillbox.it) riprendiamo la seguente intervista. Non e' indicato il nome
della persona intervistatrice. Ignoriamo altresi' la data]

La pelle d'oca viene, a sentir parlare la Pivano. E capisci che il fascismo
non e' solo un capitolo di un libro di storia, e la Beat generation non e'
solo quello di un libro di letteratura americana.
Fernanda Pivano e' una traduttrice, nel senso letterale del termine: "colei
che trasporta al di la'". Cioe' qua, in Italia, dove ha fatto conoscere la
letteratura americana, della prima e seconda meta' del Novecento,
facendocela apprezzare attraverso le sue traduzioni.
E non si e' accontentata di studiarli, lei li ha voluti incontrare di
persona, e si e' voluta far conoscere dagli scrittori che hanno reso mitico
un periodo della narrativa americana, tra i quali i leggendari esponenti
della Beat generation.
Con la sua testimonianza oculare e i racconti appassionati, ha fatto
respirare all'Italia la ventata di liberta' che spirava oltreoceano e
arrivava nel nostro Paese alimentando il sogno americano nell'Italia del
dopoguerra. Ma prima dell'America, di Hemingway, dell'eta' del Jazz e del
jukebox, c'era una studentessa un po' annoiata.
*
- Domanda: Che cosa sognava Fernanda Pivano seduta tra i banchi del Liceo
classico "D'Azeglio" di Torino?
- Fernanda Pivano: Allora ero una ragazzina di una famiglia ancora ricca,
non rovinata dai fascisti. Non facevo sogni per il mio futuro, a quei tempi
per le donne il futuro era sposarsi e avere dei bambini. Ma io non volevo
ne' sposarmi, ne' avere figli. Da giovane ero carina, non pensi che ero come
ora, e mi facevano la corte. Ma quando ero giovane io ero soprattutto
disperata della mia ignoranza.
*
- Domanda: Un giorno arrivo' un supplente...
- Fernanda Pivano: Nel mio liceo venne a insegnare Cesare Pavese.  Era un
allievo del professor Augusto Monti, che oltre a lui designo' come supplente
Norberto Bobbio.
*
- Domanda: Che cosa voleva dire avere come professore Cesare Pavese?
- Fernanda Pivano: Era diverso dagli altri: lui ci faceva leggere i canti di
Dante e ce li spiegava, gli altri insegnanti ce li facevano solo imparare a
memoria. Ricordo, come se fosse ieri, le lezioni su Guinizelli. Lui era
talmente innamorato della trasformazione artistica di questo autore che
spiegandocelo ci lasciava senza fiato. E io mi sono appassionata, in modo
forse sproporzionato, agli autori che Pavese leggeva. Li leggeva ad alta
voce, in modo incantevole, fino a farli entrare nel cuore.
*
- Domanda: E' vero che all'esame di maturita' non passo' lo scritto?
- Fernanda Pivano: Si', io e il mio compagno di scuola Primo Levi. Era
venuto un professore di provincia, tutto vestito di bianco con un grosso
stemma fascista appuntato sulla giacca. I nostri temi avevano un contenuto
antifascista. Questo fatto mi creo' una profonda crisi perche' io come una
scema credevo nella scuola. In quell'occasione imparai a conoscere veramente
la scuola italiana.
*
- Domanda: Dopo la laurea in Lettere con tesi su Moby Dick, lei tradusse
l'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, pubblicata da Einaudi nel
1943. Cosa la spinse a farlo?
- Fernanda Pivano: La passione. Pavese mi aveva dato quattro libri per farmi
capire la differenza tra la letteratura americana e la letteratura inglese.
Questi libri erano: Addio alle armi di Ernest Hemingway e l'antologia di
poesie di Masters, e altri due libri che e' inutile citare solo per riempire
la pagina di corsivi. A innamorarmi di Hemingway ci ho messo mezzo minuto.
Un autore che i nostri professori non seppero accettare. Adesso lei mi
dovrebbe chiedere perche' mi sono innamorata dell'Antologia di Spoon River.
Facciamo finta che me lo abbia chiesto. Perche' nel cinismo che attraversava
l'America materialistica di quel tempo offriva fiducia e serenita'
nell'amore, nella lealta' e nella vita vera. Una fiducia che la situazione
di quel periodo ci aveva tolto dalle mani, non dal cuore. Quella non era la
vera America.
*
- Domanda: Cosa possiamo scoprire in quel libro?
- Fernanda Pivano: Si puo' scoprire cio' che puo' aiutare l'anima dei
giovani a cavarsela nelle traversie della vita.
*
- Domanda: Lei una volta ha detto che fu colpita dalla "rivoluzionaria
tenerezza" dei versi di Masters. Si puo' fare una rivoluzione con la
tenerezza?
- Fernanda Pivano: Certo. E' una rivoluzione moderna. Io nella violenza non
ho mai creduto, seguo il suggerimento buddista.
*
- Domanda: Signora Pivano, lei non si e' accontentata di tradurli. Li ha
conosciuti, si e' fatta conoscere a loro e ci usciva pure insieme ai mitici
Hemingway, Kerouac, Bukowski...
- Fernanda Pivano: E Fitzgerald! E Fitzgerald!
*
- Domanda: Era divertente passare il tempo con questi scrittori?
- Fernanda Pivano: Parlare di divertimento per scrittori impastati di
tragedia e' difficile. Ci si divertiva poco. Ci si diverte con i padroni di
un'osteria, io non ho mai avuto tempo di divertirmi. [A dispetto di cio',
nelle foto che la ritraggono, Fernanda Pivano mostra sempre un volto solare
e un sorriso radioso]. Ho studiato, studiato, studiato.
*
- Domanda: Una curiosita': durante la presentazione dell'ultimo libro di
Gore Vidal a Milano, lei ha sorseggiato Coca-Cola per tutto il tempo. E' una
bevanda che le piace particolarmente?
- Fernanda Pivano: No, e' una scelta casuale, per bere qualcosa. E' un
simbolo dell'America, io ne ho conosciuti di piu' importanti.
*
- Domanda: Uno sguardo sulla societa' di oggi. Oggi i ragazzi non leggono
molto nel tempo libero, lei come spiega questo disinteresse?
- Fernanda Pivano: Quei brutti libri che pubblicano adesso! I ragazzi
preferiscono guardare Internet che e' fatto molto bene. E quello che i
professori fanno a scuola non interessa.
*
- Domanda: Ma come si fa, allora, a iniziarli alla letteratura?
- Fernanda Pivano: Guarderei insieme a loro Internet, mi farei guidare da
loro, cercando di capire cosa gli interessa. E poi cercherei un autore
classico in rete. Internet come fonte d'informazione e' straordinario.
*
- Domanda: [Al momento di salutarsi] Sa, io studio Lettere.
- Fernanda Pivano: Vivra' senza guadagnare una lira. A meno che non incontri
un Pavese.

7. UN'INTERVISTA A FERNANDA PIVANO
[Dalla cartella stampa di presentazione del libro e della mostra "Spoon
River ciao" di William Willinghton e Fernanda Pivano del 2008. Non e'
indicato il nome della persona intervistatrice]

Fernanda Pivano, scrittrice.
E' nata a Genova nel 1917. Da adolescente si trasferisce con la famiglia a
Torino. Nel 1941 si laurea in Lettere con una tesi in letteratura americana
su Moby Dick di Herman Melville. Nel 1943 pubblica per Einaudi la prima
traduzione di Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, lavoro che segna
linizio della carriera letteraria sotto la guida di Cesare Pavese. Nello
stesso anno si laurea in Filosofia con Nicola Abbagnano, di cui sara'
assistente. Nel 1948,a Cortina, Fernanda Pivano incontra Ernest Hemingway
con il quale instaura un intenso rapporto professionale e di amicizia.
L'anno successivo Mondadori pubblica la sua traduzione di Addio alle armi.
Nel 1956 compie il primo viaggio negli Stati Uniti. Da allora Fernanda
Pivano ha contribuito ininterrottamente alla diffusione e alla conoscenza
critica degli scrittori contemporanei piu' significativi d'America in
Italia: da quelli del dissenso nero come Richard Wright a quelli del
dissenso nonviolento degli Anni Sessanta (Allen Ginsberg, Jack Kerouac,
William Burroghs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti), fino a giovani
autori come Jay McInerney, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Chuck
Palahniuk e Jonathan Safran Foer.
Tra le sue opere piu' importanti pubblicate in Italia: La balena bianca e
altri miti (1961), America rossa e nera (1964), L'altra America negli anni
Sessanta (1971), Mostri degli anni Venti (1976), Beat Hippie hippie (1977),
C'era una volta un beat (1976), Cos'e' piu' la virtu' (1986), Amici
scrittori (1994), Album Americano (1997), Viaggio Americano (2001), The Beat
goes on (2002), I miei amici cantautori (2005), Pagine americane (2005).
*
- Domanda: Tu a Spoon River c'eri stata una volta...
- Fernanda Pivano: Si', la prima volta che sono andata in America, sono
andata per conoscere Spoon River. Nel 1956 avevo deciso di visitarli quei
luoghi dei miei sogni e il modo di visitarli me l'ha offerto nientemeno che
il senatore Paul Douglas dello Illinois. L'intervento di Paul Douglas mi
aveva procurato la protezione di due redazioni incuriosite e ben disposte,
abilissime a tirarmi fuori dai guai in cui venivo continuamente cacciata
dalle linee aeree. E da una Ford all'altra una mattina mi ero trovata li',
di fronte a una collina, che era poi "la" collina, quella del cimitero di
Masters, dove "tutti, tutti, tutti dormono"; e mi ero ritrovata li', di
fronte ad un fiume, a quel fiume, il fiume Spoon, in realta' ormai un
rigagnolo bordato di salici morenti piu' che piangenti.
*
- Domanda: Che effetto ti ha fatto rivedere Spoon River dopo cinquant'anni?
- Fernanda Pivano: Dopo cinquant'anni ha fatto l'effetto che puoi
immaginare... sono commossa perche' io continuo a essere innamorata persa di
questo libro che in fondo mi ha cambiato un po' la vita. Io dico sempre che
la vita me l'hanno cambiata Ginsberg e Kerouac e molto e' vero, pero' io ero
molto piu' giovane quando la prima volta la vita me l'ha cambiata Spoon
River. Perche' Spoon River mi dava un esempio di pace, nonviolenza,
anticapitalismo, innocenza, purezza... tutte cose che noi allora ragazzi
sognavamo. E William Willinghton, grande fotografo e intellettuale, mi ha
dato una grandissima gioia, riproponendo a quelli che sono i ragazzi di
adesso, questa serie di idee che erano proprio le idee del futuro, di quello
che noi sognavamo come futuro per i ragazzi d'Italia.
*
- Domanda: Che cosa ha rappresentato Spoon River per te? Cosa ti ha
trasmesso?
- Fernanda Pivano: Non c'e' dubbio che per una adolescenza come la mia,
infastidita dalla roboanza della falsa eticita' a tutti i costi in voga nel
nostro anteguerra,la semplicita' scarna dei versi di Edgar Lee Masters e il
loro contenuto dimesso, rivolto a piccoli fatti quotidiani privi di eroismi
e impastati soprattutto di segreta tragedia erano una grossa esperienza; e
col tempo l'esperienza si era approfondita e aveva individuato, coi temi di
quel contenuto, il mondo che lo ispirava. Spoon River significava la rivolta
al consumismo, la franchezza, la disperazione, la denuncia della falsa
morale che allora mi piaceva chiamare "dei sepolcri imbiancati", l'ironia
antimilitarista, anticapitalista, antitotalitaria: e ancora, la necessita' e
l'impossibilita' della comunicazione.
*
- Domanda: Cosa rappresenta oggi?
- Fernanda Pivano: Per me Spoon River significava allora e significa ancora
oggi la schiettezza, la fede per la verita', l'orrore per la retorica, la
certezza per la liberta'. Questo libro e' ancora nel cuore della gente. Lo
testimoniano i tanti ragazzi che vengono a farmelo autografare. Questo libro
e' tuttora nel cuore dei ragazzi, e' nella loro anima, scoprono attraverso
questi versi i loro ideali, il sogno di un mondo e di una vita che e' la
stessa che noi giovani abbiamo sognato anni e anni fa, con gioia, orgoglio,
determinazione. Questi ragazzi oggi hanno un'ulteriore occasione per
conoscere e apprezzare Spoon River perche' il libro che abbiamo fatto e'
anche per i giovani: e' un libro candido e delicato, per incoraggiare a
conservarli, questi sogni, questi ideali, queste speranze di vita pura senza
sorprendersi di eventuali contraddizioni perche' le contraddizioni fanno
parte della vita.
*
- Domanda: E che cosa ha rappresentato Spoon River per la letteratura?
- Fernanda Pivano: E' stato il sogno piu' grande della letteratura
americana. Ringrazio William Willinghton perche' mi ha riportato nel cuore i
giorni meravigliosi di quando ho scoperto questo libro, mi ha ricordato
Pavese che non voleva parlarmi di Spoon River. Mi dava del lei,a quel tempo,
e mi diceva "e' ora che finisca di raccontarle sempre le idee degli altri!
Non e' piu' una bambina. Lei deve trovare dentro di se' una risposta a tutte
le domande che mi farebbe se gliele lasciassi fare". Certo, io gliene facevo
tante di domande e invece... "no,deve scoprirlo da se'!". E forse aveva
ragione.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 207 del 6 settembre 2008

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