Minime. 571



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 571 del 7 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Una cosa che so
2. Peppe Sini: Masanobu Fukuoka
3. Fondazione Alexander Langer: La scomparsa di Dan Bar-On
4. A Cinisi l'11 e 12 settembre
5. A Sant'Anna di Stazzema il 21 settembre
6. Alfredo Barberis presenta "L'ingegnere in blu" di Alberto Arbasino
7. Giorgio Boatti presenta "L'infanzia e' un terremoto" di Carola Susani
8. Roberto Carnero presenta "L'uomo che cade" di Don DeLillo
9. Lorenzo Mondo presenta "Introduzione alla Divina Commedia. Le lezioni di
Cambridge e di Yale" di Natalino Sapegno
10. Paolo Pegoraro presenta "Un'etica del lettore" di Ezio Raimondi
11. Paola Sorge presenta "Erinnerungen" di Hans Jonas
12. Armando Torno presenta "Leggere Wittgenstein" di Ray Monk
13. Claudio Toscani presenta le "Opere scelte" di William Faulkner
14. Riletture: Madame de Lafayette, La princesse de Cleves
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. UNA COSA CHE SO

So che la guerra uccide gli esseri umani, il mondo devasta.
So che e' dovere di ogni essere umano salvare le vite, aver cura del mondo.

2. LUTTI. PEPPE SINI: MASANOBU FUKUOKA

E' deceduto alcuni giorni fa Masanobu Fukuoka, un maestro.
Quando molti anni fa lessi La rivoluzione del filo di paglia, pensai che
erano idee interessanti e discutibili - molte e ovvie obiezioni potendosi
naturalmente porre. Quello che appresi non dimenticai.
Passarono gli anni e i decenni, s'ingrigi' e s'imbianco' la mia barba.
Sempre piu' m'accostai a quel sentire, a quel ragionare, a quella proposta -
molte e ovvie obiezioni potendosi naturalmente porre. Quanto prezioso mi e'
stato quel sapere.
E' deceduto alcuni giorni fa Masanobu Fukuoka, un maestro.
Qui lo ricordo grato, qui m'inchino a rendergli omaggio.

3. LUTTI. FONDAZIONE ALEXANDER LANGER: LA SCOMPARSA DI DAN BAR-ON
[Dalla Fondazione Alexander Langer (per contatti:
foundation at alexanderlanger.org) riceviamo e diffondiamo]

Abbiamo ricevuto la triste notizia che il 4 settembre, all'eta' di 69 anni,
e' morto a Tel Aviv lo studioso israeliano Dan Bar-On. Con il suo amico e
compagno di lavoro Sami Adwan, era stato insignito nel 2001 del Premio
Alexander Langer.
Nato a Haifa, figlio di emigranti ebreo-tedeschi, era stato per 25 anni
membro del Kibbuz Revivim, dove aveva lavorato in ambito agricolo mentre
studiava psicologia sociale. Per molti anni si e' occupato dei figli delle
vittime dellíOlocausto e dei figli dei loro carnefici analizzando le
conseguenze dei traumi subiti da entrambe le parti. I suoi libri su questo
argomento sono stati tradotti in molte lingue e diffusi dalla Koerber
Stiftung, una fondazione tedesca molto attiva nel campo della promozione dei
processi di pace. Come docente dell'universita' di Beer Sheva Dan Bar On,
ancor prima che si arrivasse agli accordi di Oslo, aveva istituito gruppi di
dialogo fra studenti israeliani e palestinesi sulla base di una concezione
del conflitto che considera la convivenza all'interno della societa' civile
la cosa per cui lottare senza pero' tralasciare di elaborare i motivi del
conflitto. Dopo la stipulazione degli accordi di pace di Oslo Dan Bar On ha
allacciato stretti contatti con organizzazioni non governative palestinesi
che intendevano promuovere il processo di pace al fine di migliorare le
condizioni di vita della popolazione palestinese.
La sua opera piu' nota, edita dalla cooperativa di Forli' "Una citta'" nel
2003, e' stata La storia dell'altro, frutto del lavoro di un gruppo di
docenti israeliani e palestinesi organizzato dal Peace Research Institute in
the Middle East. Un manuale di storia, adottato da diverse scuole, in cui si
trovano fronte a fronte le interpretazioni storiografiche di parte, di
alcuni momenti cruciali della vita di quei territori contesi. E con un mezzo
uno spazio bianco dedicato appunto al confronto e alla speranza di arrivare
prima o poi a una condivisione promotrice di pace e di convivenza.
Alla sua famiglia, a Sami Adwan, ai suoi amici e collaboratori va il segno
della nostra affettuosa partecipazione.
Fondazione Alexander Langer Stiftung Bolzano
*
Per ulteriori notizie:
- sito della Fondazione Alexander Langer: www.alexanderlanger.org
- sito della rivista "Una citta'": www.unacitta.it
- una biografia di Dan Bar-On: www.bgu.ac.il/~danbaron/
- sito della Koerber-Stiftung: www.koerber-stiftung.de

4. INCONTRI. A CINISI L'11 E 12 SETTEMBRE
[Dall'Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria (per contatti:
casamemoriaimpastato at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Vi chiediamo di partecipare e diffondere la notizia degli eventi organizzati
dall'"Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria" di Cinisi e dal Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo che si
svolgeranno l'11 e il 12 settembre 2008 nello spazio antistante alla
Pizzeria Impastato sita sulla strada statale 113 al km 288,800, Contrada
Vallecera-Cinisi.
*
Emergenza nazionale contro il fascismo e la politica mafiosa
La "minaccia" costituita dai flussi di migrazione pare non dare riposo al
nuovo governo, che ne approfitta per applicare provvedimenti fascisti e
incoraggiare la diffusione di comportamenti e idee razziste.
Si moltiplicano le aggressioni e gli abusi di potere nei confronti degli
immigrati, condotti anche da uomini in divisa, che calpestano prima dei
diritti altrui la propria coscienza civile.
E a che punto sono le analisi e la lotta contro le mafie? Sono delle
emergenze delittuose, controllabili con gli arresti di boss e gregari, o
sempre piu' fenomeni radicati in un contesto sociale e politico quanto mai
ospitale, in Sicilia, nelle regioni meridionali e nell'intero Paese? Da cosa
nascono il potere e il consenso di Berlusconi e di molti altri, piu' o meno
coinvolti in rapporti con le mafie?
Chi ci guadagna nell'attuale gestione del "Piano sicurezza", speculando
sulla paura gonfiata degli italiani e le necessita' di chi fugge per paura e
disperazione dalla propria terra?
Tutto lascia pensare che l'amministrazione della giustizia, nei piani
piduisti di chi governa, dovra' essere un'arma di controllo, puntata contro
i piu' deboli, i dissidenti e coloro che ricercano la verita', e assolvendo
mafiosi, politici corrotti e potenti collusi.
Nonostante il fumo gettato continuamente ci prodighiamo per mantenere gli
occhi aperti.
*
Per fare il punto della situazione vi invitiamo a partecipare ai seguenti
incontri, promossi dall'Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria e dal
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, che si
svolgeranno nello spazio antistante alla Pizzeria Impastato sulla strada
statale 113 al Km 288,800.
*
11 settembre 2008
Ore 19: dibattito con  la partecipazione e gli interventi di don Luigi
Ciotti, Fulvio Vassallo Paleologo, Maurizio Pagani e Giorgio Bezzecchi
dell'Opera Nomadi Milano, Francesco Viviano de "La Repubblica".
Ore 21: in collaborazione con Liberaterra e Cinemovel, libero cinema in
libera terra, proiezione del film La Terramadre. Sara' presente il regista
Nello la Marca.
*
12 settembre 2008
Ore 20,30: dibattito con la partecipazione e gli interventi di Lirio Abbate,
Antonio Ingroia,  Francesco La Licata, Umberto Santino e Giovanni Impastato.
Presentazione del libro Chi ha paura muore ogni giorno, di Giuseppe Ayala.
Sara' presente l'autore.
*
Per aderire basta inviare un'e-mail all'indirizzo:
casamemoriaimpastato at gmail.com o all'indirizzo: csdgi at tin.it

5. INCONTRI. A SANT'ANNA DI STAZZEMA IL 21 SETTEMBRE
[Da Giovanni Mandorino (per contatti: gmandorino at interfree.it) riceviamo e
dffondiamo]

Sant'Anna di Stazzema, domenica 21 settembre 2008
"La minaccia nucleare e le nuove guerre"
*
Il gruppo Jagerstatter di Pisa, in collaborazione con il Comune di Stazzema
e il Parco della Pace di S. Anna di Stazzema, organizza un incontro di
discussione e approfondimento su "La minaccia nucleare e le nuove guerre",
domenica 21 settembre 2008, al Museo della Resistenza di S. Anna di Stazzema
(LU).
Vent'anni dopo la conclamata fine della guerra fredda, il "nuovo ordine
mondiale" si regge sul ricorso sempre piu' frequente a conflitti regionali,
limitati, asimmetrici. In una parola, sulla guerra, volta a volta mascherata
sotto l'etichetta di peace-building, intervento umanitario, lotta al
terrorismo...
Da un lato, decine di conflitti sanguinosi sono in atto in regioni
"periferiche", senza suscitare molto clamore ma con un carico pesantissimo
di vittime e un effetto di destabilizzazione permanente di intere aree (per
esempio quasi tutto il continente africano). Dall'altro, le grandi potenze
si stanno riarmando e riorganizzando per continuare il confronto su livelli
piu' alti e pericolosi. Le "guerre al terrorismo" giustificano uno stato
permanente di cancellazione dei diritti civili e della partecipazione
democratica, e permettono di controllare con gli eserciti regioni
strategicamente importanti.
Per continuare a difendere i valori della pace e della nonviolenza, il primo
compito e' capire cosa sta succedendo, in che direzione si muovono il riarmo
e le strategie militari in questi anni.
*
Interventi:
- Luca Rastello (giornalista di "Diario" e "La Repubblica"): "La situazione
del Medio Oriente e dell'Est Europa con paricolare riguardo ai Balcani".
- Angelo Baracca (professore di fisica all'Universita' di Firenze, esperto
di problemi inerenti agli armamenti nucleari e alle relazioni
internazionali): "La peoliferazione nucleare e le nuove armi atomiche"
- Carmine Curci (direttore della rivista dei missionari comboniani
"Nigrizia"): "Africa: il continente scomparso, le guerre dimenticate".
*
Programma: ore 10-13 relazioni; ore 13,30 pranzo in loco offerto dal Comune
di Stazzema; ore 14,30 ripresa dei lavori con l'apertura del dibattito e
l'esposizione di materiale informativo (proiezione audiovisivi, mostra libri
e riviste).
*
Per programmare al meglio il pranzo e i trasporti dei partecipanti da
Pietrasanta a S. Anna chi e' interessato a partecipare e' pregato di
comunicarlo via e-mail (Maria Francesca, myrtil at gmail.com) oppure ai numeri
3403455119 (Maurizio) o 3355292888 (Silvia).

6. LIBRI. ALFREDO BARBERIS PRESENTA "L'INGEGNERRE IN BLU" DI ALBERTO
ARBASINO
[Dal mensile "Letture", n. 646, aprile 2008, col titolo "Ritratto critico di
un gran lombardo"]

Alberto Arbasino, L'Ingegnere in blu, Adelphi, 2008, pp. 186, euro 11.
*
Quest'ultimo pamphlet di Arbasino appare come il riuscito, divertito collage
di: a) una raccolta di ghiotti pettegolezzi soprattutto pescati
nell'ambiente letterario e artistico; b) un imperdibile repertorio di motti,
detti, ricordi d'antan che qualcuno ha chiamato alla Guido Gozzano, ma che
mi sembrano piu' legati ai "cataloghi" del francese Perec, e tutti
rigorosamente targati Milano-Brianza; c) un ritratto a tutto tondo e
accuratissimo di Carlo Emilio Gadda scrittore - ritratto che, non tanto
sorprendentemente, conoscendo l'affetto del nipotino Alberto per il
cerimonioso Ingegnere in blu - risulta il piu' convincente contributo
critico sull'autore del Pasticciaccio, testo del quale - sara' bene
ricordarlo - Arbasino qui riscopre e rivaluta da par suo un dimenticato
trattamento "cinematografico" assai illuminante sulla poetica dell'inventore
di Ciccio Ingravallo e dell'Adalgisa. Da questa raffinata "macedonia" o
"insalata russa" (ma si', osiamo unire l'alto e il basso) nasce un saggio
insieme lieve e rigoroso che scava alle radici della nevrotica cognizione
del dolore del Grande Lombardo mescolando, appunto, le canzonette del Trio
Lescano con i tecnologismi del linguaggio da Politecnico, gli sketches della
Compagnia dei Legnanesi o le scale della Wanda (ovviamente Osiris) con certi
illuminanti giudizi sul Manzoni, in polemica con l'interpretazione di
Alberto Moravia, i soprannomi maliziosi di dame e damazze in particolare
meneghine, che paiono uscite dalle pagine del Porta, di Delio Tessa e
intelligenti riletture di altri due "nipotini dell'Ingegnere", Pier Paolo
Pasolini e Giovanni Testori, frecciatine contro Foscolo poeta e irriverenti
strofette da avanspettacolo. Insomma, un libro serio e scanzonato, che batte
in breccia tanti ponderosi testi accademici sull'argomento. Ecco, viene
davvero voglia di salutarlo, alla maniera di Carlo Emilio Gadda, con uno
spiritoso (e speranzoso): "insci' aveghen!". Traduzione per i non lombardi:
"avercene, di saggi cosi'!".

7. LIBRI. GIORGIO BOATTI PRESENTA "L'INFANZIA E' UN TERREMOTO" DI CAROLA
SUSANI
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 2 febbraio
2008, col titolo "Quel '68 in soccorso del Belice"]

Due scosse di terremoto, l'una all'ora di pranzo e l'altra, a tarda sera, di
potenza devastante, portarono la distruzione, il 15 gennaio 1968, nella
valle del Belice, in Sicilia. I morti furono diverse centinaia, i feriti
migliaia. Centri come Montevago, Santa Margherita Belice, Gibellina,
Salaparuta furono rasi al suolo. Lo Stato nella sua opera di soccorso,
ancora una volta, arrivo' tardi e arrivo' male. Tra i tanti che non si
tirarono indietro nel fronteggiare le conseguenze del disastro vi furono
centinaia di giovani volontari: richiamati da un tam-tam che aveva percorso
le principali sedi universitarie della penisola parteciparono ai soccorsi.
Tra quelli che arrivarono in Sicilia e vi rimasero per contribuire alla
ricostruzione vi erano anche i genitori di Carola Susani, autrice de
L'infanzia e' un terremoto, pubblicato ora da Laterza (pp. 142, e 9).
L'autrice, in pagine intense e bellissime, va a ripercorrere luoghi e volti
della propria infanzia, racconta di quando giunge dal Veneto con mamma e
papa' e con i fratelli, e - assieme ai figli di altri volontari - trascorre
anni decisivi nelle baracche delle prime, provvisorie riedificazioni. Tra
queste baracche c'e' anche la sede del "Centro Studi e Iniziative valle
Belice" in cui opera Lorenzo Barbera, figura carismatica gia' a fianco di
Danilo Dolci nell'impegno per l'emancipazione delle zone piu' povere della
Sicilia.
Dolci e Barbera divisero le loro strade proprio nel modo opposto di
concepire il coinvolgimento delle popolazioni terremotate nella difesa di
diritti fondamentali. Inizialmente fu comune il battersi per l'acqua, su cui
voleva metter mano la mafia, e poi unanime l'impegno per l'esenzione dal
servizio di leva dei giovani terremotati.
A opporli fu poi il clamoroso "processo popolare" - sostenuto da Barbera e
intentato dai terremotati, con tanto di istruttoria e documentati dossier di
accusa - contro ministri e direttori di ministero, rei di ritardi e inerzie
colossali. Era un procedere che non convinse Dolci, allarmato dai toni
"giustizialisti" della piazza, diffidente verso una demagogia spettacolare
che non aveva molto da spartire con la sua pedagogia del riscatto.
Di tutto questo e molto altro, ma soprattutto dei protagonisti di una
stagione irripetibile di speranze e partecipazione, parla questo libro, che
va alla ricerca, e trova con sincerita' e franchezza, la generazione dei
padri: quella che nel '68 aveva vent'anni e che nel terremoto siciliano,
come gia' nella Firenze alluvionata, comincia a prendere posto sul
palcoscenico italiano.
E' un apparire dove, nonostante recenti polemiche contro un '68 accusato di
aver osteggiato quella meritocrazia che pare stesse tanto a cuore ai baroni
accademici del tempo, il riconoscimento del ruolo e del talento effettivo di
ciascuno si poneva in modo centrale. Anche se forse era un merito poco
"meritocratico", ovvero non finalizzato ne' al potere ne' alle rampanti
scalate ma, tuttavia, concreto e prezioso: si trattasse di ripulire Firenze
alluvionata o di riedificare i paesi siciliani terremotati.

8. LIBRI. ROBERTO CARNERO PRESENTA "L'UOMO CHE CADE" DI DON DELILLO
[Dal mensile "Letture", n. 645, marzo 2008 col titolo "Cadono le persone
crolla la civilta'"]

Don DeLillo, L'uomo che cade, (traduzione di Matteo Colombo), Einaudi, 2008,
pp. 262, euro 17,50.
*
Ce lo aspettavamo, e caso mai sembrava in ritardo sul tema. Ed ecco che, sei
anni dopo quegli eventi, e' uscito, nella versione originale nel 2007, il
romanzo in cui Don DeLillo ha provato a fare i conti con l'11 settembre
2001. O, meglio, con le conseguenze dell'11 settembre sulla vita dei suoi
connazionali, dopo che l'11 settembre e' diventato mito collettivo e, a sua
volta, evento generatore di mito.
La mano del maestro si riconosce fin dalle prime righe, in cui rapidi tratti
visivi fotografano la scena di quella terribile mattinata newyorkese: "Non
era piu' una strada ma un mondo, un tempo e uno spazio di cenere in caduta e
semioscurita'. Camminava verso Nord tra calcinacci e fango e c'erano persone
che gli correvano accanto tenendosi asciugamani sul viso o giacche sulla
testa. Avevano fazzoletti premuti sulle bocche. Avevano scarpe in mano, una
donna gli corse accanto, una scarpa per mano. Correvano e cadevano, alcuni,
confusi e sgraziati, fra i detriti che scendevano tutt'intorno, e qualcuno
cercava rifugio sotto le automobili".
Protagonista del libro e' Keith Neudecker, un avvocato quarantenne che
lavora nelle Torri Gemelle e che sopravvive al crollo. Si trova per strada,
miracolosamente illeso, con una valigetta non sua, che in seguito sara'
all'origine dell'incontro di una donna capace di turbare il suo gia'
precario equilibrio personale. Keith e' sposato con Lianne, hanno un figlio
di sette anni, Justin, ma il loro menage coniugale e' da tempo in crisi (i
due sono separati da un anno). Lianne vive una tormentata condizione
spirituale, in cui una sincera ansia religiosa si unisce all'impossibilita'
di uníadesione incondizionata al credo religioso, anche se da un certo punto
in poi sembrera' trovare nel cattolicesimo una risposta ai suoi
interrogativi. Intanto, nella seconda parte del libro, si profila il
personaggio di Nina, madre di Lianne, e quello del suo compagno, Martin,
forse ambiguamente implicato nelle attivita' del terrorismo internazionale.
E al terrorismo rimandano esplicitamente le pagine dedicate ad Hammad, uno
dei dirottatori, che seguiamo nei suoi spostamenti alla fine di ognuna delle
tre sezioni in cui e' suddiviso il libro. Mentre nelle ultime pagine, la
scena dell'impatto dell'aereo su cui si trova Hammad si collega a quella che
rimanda all'incipit del romanzo, cioe' il punto di vista di Hammad slitta
impercettibilmente in quello di Keith, dal carnefice alla vittima,
riallacciando il discorso all'esordio del libro, secondo la classica
struttura (qui ovviamente citata in una chiave tutta postmoderna) della
"composizione ad anello".
Il titolo del libro, L'uomo che cade, allude al performer che si lancia in
caduta statica da vari punti della citta' nelle posizioni assunte da un uomo
che si era gettato da una delle Torri prima del crollo. Ma rimanda anche
alla caduta verticale di Keith, in viaggio per il mondo in una fuga da se
stesso di cui il vizio del gioco d'azzardo rappresenta il sintomo piu'
eclatante. E si tratta, in fondo, della caduta di un intero mondo, di tutta
una societa', messa in discussione nei suoi fondamenti pratici e teorici da
un evento come l'11 settembre. Un'indagine, questa di DeLillo, sviluppata
non tanto nella dimensione pubblica e collettiva, quanto sul piano
individuale e psicologico. Senza peraltro offrire risposte al caos di
domande e di punti interrogativi che segna la societa' americana di oggi.
Come se la narrativa, l'arte, il linguaggio volessero dichiarare la loro
incapacita' a fare davvero luce sui nodi cruciali di una realta' complessa e
difficile da interpretare. Anche se paradossalmente - come Lianne che
insegna creative writing ad alcuni anziani malati di Alzheimer - forse solo
la scrittura e' in grado di riempire gli spazi di vuoto. Un romanzo
suggestivo e articolato, a partire dalla struttura narrativa, costituita
dall'intersezione tra piani diversi, in cui i vari personaggi si avvicendano
l'uno all'altro, senza che ogni volta appaia da subito chiaro al lettore di
chi si stia parlando. Un effetto straniante forse dovuto anche alla
traduzione dall'inglese - ipotizza don Antonio Rizzolo -, una lingua in cui
il soggetto grammaticale deve essere sempre espresso, cosa che invece non
accade in italiano. Uno straniamento che pero' e' prima di tutto degli
stessi personaggi, assoggettati a una perdita di senso e a una caduta
nell'insignificanza, dalla quale non sembra esserci via di salvezza. E' come
se l'11 settembre avesse determinato in loro una trasformazione psicologica,
al punto da farli girare a vuoto, quasi fantasmi di se stessi, in preda al
caso piu' che alla volonta' o anche solo al destino.
Per Ferruccio Parazzoli - che pure si dichiara ammiratore dell'arte di
questo grande scrittore americano, da Rumore bianco a Underworld - il limite
del libro va ricondotto alla tendenza dell'autore a scrivere un po' "alla
maniera di se stesso". Spiega: "E' come se DeLillo si compiacesse a
'delilleggiare'. Certo, lo fa inconsapevolmente, ma in tal modo rischia di
risultare, appunto, manieristico. Detto questo, pero', gli vanno
riconosciuti alcuni scatti di genio che qua e la' nel libro emergono con
prepotenza". Tali momenti piu' felici vanno ricercati nei punti dove il
narratore offre un improvviso ribaltamento della realta', quando cioe' egli
da' quelle stoccate capaci di rovesciare la situazione di partenza. Nella
lettura di questo libro, a Parazzoli rimane pero' la sgradevole impressione
di una certa falsita' di fondo: come se il tema dell'11 settembre fosse
stato per DeLillo un argomento obbligato, senza che egli lo sentisse in
profondita', senza che esso toccasse la sua natura piu' intima. Tanto che
l'11 settembre raccontatoci da DeLillo non appare in grado di superare
quella dimensione tutta americana in cui, in un libro come questo, esso
appare confinato.
Non e' d'accordo Aldo Giobbio, il quale ritiene che alcuni fatti storici,
indipendentemente da come vengono percepiti, appartengono di diritto alla
storia dell'umanita': cosi' e' stato per la Rivoluzione francese (che
evidentemente non riguarda solo la Francia) e cosi' e' stato per l'attacco
alle Twin Towers (che non ha toccato solo gli Stati Uniti). Per Giobbio
l'aspetto interessante del romanzo di DeLillo e' il suo inserirsi in
quell'importante filone narrativo che si interroga su come sia possibile
sopravvivere dopo un'immane tragedia storica e collettiva: a proposito
potremmo citare molta produzione concentrazionaria o anche, come fa lo
stesso Giobbio, un libro quale Dissipatio H. G. (1977) di Guido Morselli.
Anche se nel romanzo di DeLillo i molti spunti offerti - come sia possibile
vivere l'affettivita' dopo aver sfiorato la morte; di che natura sia
l'universo interiore degli attentatori; quanto il mondo occidentale abbia
cooperato, seppure involontariamente, ma forse colpevolmente, a quella
tragedia - non vengono ricondotti ad unita'.
Tuttavia - sottolinea Sergio Tosatto - tutta la narrazione e' giocata sul
piano della percezione psicologica degli eventi, piu' che su quello di
un'analisi storica e oggettiva. Il fatto che spesso non troviamo i nomi dei
personaggi sta forse ad indicare proprio la volonta' dell'autore di
renderli, in qualche modo, interscambiabili. A mostrare la loro "quieta
disperazione, una vita su cui si riflette molto, ma che si vive decisamente
poco".

9. LIBRI. LORENZO MONDO PRESENTA "INTRODUZIONE ALLA DIVINA COMMEDIA. LE
LEZIONI DI CAMBRIDGE E DI YALE" DI NATALINO SAPEGNO
[Dal quotidiano "La Stampa" del 21 gennaio 2003 col titolo "L'utopia di un
geniale pessimista" e il sommario "La Divina Commedia nella lettura del
grande studioso"]

Maestri cercando... Il nome di Natalino Sapegno e' familiare, fuori dalla
cerchia degli specialisti, ai molti che si sono serviti del suo commento
alla Divina Commedia, per lungo tempo adottato nelle nostre scuole. Ma Dante
fu, per il critico valdostano, l'amore di una vita. E ne costituiscono la
riprova due lezioni dantesche, finora inedite in Italia, che tenne a
Cambridge e a Yale in occasione delle celebrazioni centenarie del 1965, ora
pubblicate dall'editore Aragno con il titolo Introduzione alla Divina
Commedia.
Nella prima, Genesi e struttura della Commedia, Sapegno chiarisce
limpidamente come gli riusci' di superare i limiti dell'interpretazione
crociana, che riscontrava nel poema un contrasto insanabile fra struttura e
poesia, fra impianto teologico-filosofico e lirico abbandono, giungendo a un
apprezzamento unitario del poema: sulla scorta di Francesco De Sanctis, che
si arrovello' per recuperare dialetticamente il valore del preteso dualismo,
nonostante la residua sordita', d'impronta illuministica, nei riguardi del
Paradiso. Quanto a Sapegno, approda a uno "storicismo integrale" che nulla
si nega dell'umano sentire: "Perche' la Commedia e' prima d'ogni altra cosa
tutta la vita di Dante, la sua passione e il suo pensiero; e oltre la
personalita' stessa dello scrittore, e' l'opera riassuntiva e emblematica di
un grande momento della civilta' umana, colto nella sua fase culminante e
alle soglie della sua crisi, e pertanto ritratto con una coloritura
fortemente emotiva, patetica e drammatica". L'antica querelle appare oggi
superata, piu' nessuno pretende di leggere Dante a frammenti. Gli studiosi
sono attratti da problemi piu' "interni" e capillari che toccano la
filologia testuale, il significato dei numeri, l'arte della citazione
scoperta o allusa, i rapporti tra Dante e l'Islam... Ma quello di Sapegno
resta, nell'ordine dei suoi interessi, un punto fermo.
Conserva un fascino particolare la seconda lezione che viene oggi
riproposta, Come nasce la Commedia (anche questa nel testo inglese e
italiano) dove il discorso teorico resta sottinteso e l'indagine critica si
anima di fervore morale. E' nel trauma dell'esilio che Dante prende
coscienza del tramonto di una civilta' secolare, di quello che sara'
chiamato l'autunno del Medioevo. Sono in crisi la Chiesa e l'Impero, supremi
regolatori della vita spirituale e civile. La decadenza investe anche i
Comuni l'un contro l'altro armato, attraversa l'edificio compatto della
Scolastica che sapeva armonizzare fede e ragione, non risparmia il costume
pubblico e privato. E Dante giudica l'apparente anarchia, che prelude a un
nuovo mondo, confrontandola genialmente con l'eterno, l'immobile, il
perfetto. Non importa che il suo pessimismo abbia una impronta
conservatrice, sia contrassegnato da una utopia a' rebours, perche' certi
valori (il senso della giustizia, una religiosita' piu' pura, una autorita'
condivisa che trascenda gli interessi particolari e porti la pace tra gli
uomini) appartengono a ogni tempo. Dante - conclude Sapegno - ci offre
"qualcosa di piu' di un puro messaggio poetico: non soltanto una parola
bella, ma una parola persuasiva e vivente".

10. LIBRI. PAOLO PEGORARO PRESENTA "UN'ETICA DEL LETTORE" DI EZIO RAIMONDI
[Dal mensile "Letture", n. 645, marzo 2008 col titolo "Lettura come etica:
l'arte dell'incontro"]

Ezio Raimondi, Un'etica del lettore, Il Mulino, 2007, pp. 76, euro 7.
*
Niente e' piu' destabilizzante di un libro. D'improvviso le rivoluzioni sono
dentro di noi, invece che fuori. Ospitiamo nell'animo maremoti e margherite,
teogonie e cosmogenesi, la fine della vita e l'incerta speranza della sua
nascita; ospitiamo nell'animo altri animi umani. A patto di essere buoni
lettori, ammonisce Ezio Raimondi, con i suoi 87 anni di esperienza. Perche'
niente e' piu' indifeso di un libro.
Raimondi parte da un'osservazione semplice e acuta: leggiamo investendo
sempre la voce - esteriore o interiore - ovvero declinando un tratto
intimamente distintivo della nostra personalita' come lo e' il volto, un
tratto che e' espressione relazionale e che svicola il testo dalla sua
scritturalita' - forma compiuta e morta - per rianimarlo in una dimensione
sospesa tra l'acustico e il figurativo, tra la semantica e la fonetica. In
quanto esecuzione, la semplice lettura e' gia' atto interpretativo che
"verifica l'unione del suono con il significato nella temporalita' della sua
esperienza". E la lettura e' gia' etica, perche' la voce di un altro che
invoca rispetto per la propria irriducibile identita' deve affidarsi alle
labbra dell'io. Che il testo possa manifestarsi integralmente per cio' che
e' - "epifania dell'altro" - e' responsabilita' affidata al lettore.
Un'interpretazione completamente soggettiva non puo' scrollare le spalle e
autogiustificarsi quale gioco innocente o consapevole scorrettezza
ermeneutica, perche' e' reductio ad unum di un altro individuo, inflizione
del totalitarismo allo spirito. Pertanto "l'estetica della parola si integra
e si adempie nell'etica del lettore".
Le riflessioni di Raimondi spaziano dalla liberalita' insita nella lettura
al significato della tradizione, sempre pero' a partire da una dimensione
dialogica che anima e riempie persino la piu' profonda solitudine. Quasi a
dire che la scrittura non e' mai conclusa: perche' si prolunga nella
lettura.

11. LIBRI. PAOLA SORGE PRESENTA "ERINNERUNGEN" DI HANS JONAS
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 29 luglio 2003 col titolo "A dieci anni
dalla scomparsa esce la sua autobiografia. Quella cotta per la Arendt di
Hans Jonas"]

La notorieta' arrivo' tardi per Hans Jonas: il filosofo aveva 75 anni quando
Il principio responsabilita'. Un'etica per la civilta' tecnologica - un
libro che ebbe una diffusione rapida e vastissima come pochi altri nel mondo
del pensiero - gli diede fama internazionale; da allora, era il 1979, il
pensatore originario di Monchengladbach che aveva studiato con Husserl e
Heidegger, l'insegnante entusiasta e appassionato che faceva della filosofia
qualcosa di vivo e affascinante, divenne estremamente popolare, onnipresente
nei dibattiti sul futuro del mondo.
La sua intensa vita che abbraccia quasi tutto il Novecento (dal 1903 al
1993) la racconta lui stesso in maniera semplice e disarmante in un volume
uscito ora in Germania (Hans Jonas: Erinnerungen, ed. Insel, pp. 500); nulla
di accademico ne' di costruito nelle memorie di questo grande filosofo che
paiono piuttosto le confidenze di un amico che sente il bisogno di
confessarsi, di rivelare con estrema franchezza non solo le tappe del suo
iter intellettuale - dall'analisi della spiritualita' antica a quella della
tecnologia moderna fino alla preoccupazione per il futuro dell'umanita' -,
ma anche le sue vicende personali, gli aspetti meno conosciuti della sua
formazione e della sua carriera, i lati oscuri della sua personalita'.
Jonas rievoca con dovizia di particolari la sua infanzia, il rapporto con il
padre, un agiato fabbricante tessile che stenta a capire le aspirazioni e le
tensioni spirituali del figlio e il suo impegno per il sionismo, il tenero
legame con la madre e la ferita sempre aperta per la sua tragica morte ad
Auschwitz; come la maggior parte dei suoi compagni di studi, Hans prova una
forte attrazione per Hannah Arendt, conosciuta a Marburg nel 1924, ma lei
gli confessa subito la sua relazione con Heidegger per non illuderlo e ne fa
il suo confidente e amico per la vita.
La descrizione dell'ambiente universitario di Friburgo e poi di Marburg e
delle lezioni tenute dai due grandi, allora mitici maestri di Jonas, Husserl
e Heidegger, e' a dir poco disincantata. Il primo, fondatore della
fenomenologia, riteneva che tutti i pensatori dell'era moderna, da Descartes
in poi, non erano riusciti a risolvere certi problemi della consapevolezza o
della teoria della conoscenza perche' non conoscevano il suo metodo, l'unico
che dava soluzioni. Tra l'altro, si diverte a ricordare Jonas, era presente
alle lezioni la moglie di Husserl che, come un cerbero, controllava che gli
studenti fossero attenti e prendessero appunti.
Quanto a Heidegger, il giovane Hans ne riconosce il grande valore e la
suggestione esercitata dalla sua personalita', ma non esita a dichiarare che
spesso non lo capiva: il suo messaggio era cifrato, destinato a pochi
iniziati e inoltre, intorno a lui, si avvertiva un'atmosfera "malsana"
dovuta agli adoratori del filosofo. "Non riuscivo a sopportare quella
congrega di cultori di Heidegger dall'atteggiamento bigotto e altezzoso" -
osserva Jonas ricordando i seminari frequentati a Marburgo dal 1924 - "essi
credevano di possedere la verita' rivelata: quella non era filosofia ma
qualcosa di settario, quasi una nuova fede...". Queste prime, sgradevoli
impressioni saranno poi rafforzate dal celebre discorso tenuto da Heidegger
nel '33 in favore di Hitler e dal suo vergognoso comportamento nei riguardi
di Husserl. In realta' per il giovane studente pieno di ideali, che credeva
che la filosofia dovesse proteggere l'uomo da errori, migliorarlo e
nobilitarlo, l'inaspettata adesione del grande filosofo al nazismo non
significa solo il crollo di un idolo, ma anche il fallimento catastrofico
della filosofia stessa, "la bancarotta del pensiero filosofico". Dopo la
guerra Hans Jonas si distacchera' definitivamente dalla filosofia
dell'esistenzialismo contrapponendole la "filosofia della vita"; a
differenza della Arendt, non perdonera' mai colui che ritiene il piu'
profondo pensatore del suo tempo, anche se accettera' di incontrarlo
brevemente nel 1969, in occasione del suo ottantesimo compleanno. "Ma tra
noi ci fu solo uno scambio di ricordi del tempo di Marburg", nota Jonas.
Dopo la notizia dell'avvento di Hitler al potere appresa durante un'allegra
festa in maschera, Hans si rifugia a Gerusalemme, partecipa alla seconda
guerra mondiale arruolandosi nell'esercito inglese, combatte in Italia, a
Taranto, a Forli', a Udine, e rimane piacevolmente sorpreso nel constatare
che la popolazione protegge e nasconde gli ebrei in barba alle leggi
razziali. Quando nel '45 torna in Germania e vede le citta' tedesche rase al
suolo - citta' fantasma che sembravano paesaggi lunari, piene di crateri e
di rovine -, prova una gioia incontenibile per la vendetta che si e'
compiuta: "E' qualcosa che non vorrei mai piu' provare", confessa Jonas, "ma
che non voglio tacere". E, senza remore aggiunge che per molti anni quello
e' stato per lui il momento di piu' intensa felicita'. "Oggi non lo potrei
piu' dire", nota il filosofo, "perche' nella mia vita ho vissuto momenti ben
piu' felici".
A New York, dove dal 1955 ha la cattedra di filosofia, ritrova Hannah Arendt
e frequenta la sua cerchia di amici a Manhattan fino a quando la
pubblicazione degli articoli della scrittrice sul processo di Eichmann a
Gerusalemme lo sconvolge profondamente: Jonas non crede ai suoi occhi, non
riesce a capacitarsi delle dure critiche mosse dalla Arendt agli stessi
ebrei, del tono tagliente e sarcastico da lei usato nei loro confronti,
della sua posizione antisionista. Lo scontro fra i due amici di un tempo e'
inevitabile: Hans rimprovera a Hannah - che non ha mai letto la Bibbia - la
sua ignoranza sulla religione e sulla storia ebraica antica, tenta
inutilmente di farla desistere dalle sue posizioni, si rifiuta infine di
vederla. Solo dopo due anni riprendera' i contatti con la donna da lui
stesso definita "un genio dell'amicizia".

12. LIBRI. ARMANDO TORNO PRESENTA "LEGGERE WITTGENSTEIN" DI RAY MONK
[Dal "Corriere della sera" del 31 agosto 2008 col titolo "Il grande
austriaco" e il sommario "Wittgenstein e la filosofia da ripulire in tre
parole"]

Ray Monk, Leggere Wittgenstein, Vita e pensiero, Milano 2008, p. 110, euro
12.
*
Wittgenstein non studio' i grandi pensatori del passato, pubblico' in vita
soltanto il Tractatus logico-philosophicus (tutti i libri che circolano con
il suo nome sono sistemati da altri) e considerava la filosofia non una
scienza ma un'attivita'. Forse per questo fece il maestro elementare,
l'architetto, ricerche aeronautiche e l'aiuto giardiniere al convento di
Huetteldorf. Su di lui fioccano aneddoti; di certo egli visse tutte le
liberta' possibili senza curarsi delle convenzioni, sino ad abitare - dopo
aver insegnato a Cambridge - in una capanna a Galway, in completa
solitudine, sulla costa irlandese occidentale. Noi italiani, poi, lo amiamo
in modo particolare, forse perche' lo ospitammo come prigioniero nel 1918
presso Montecassino. Combatteva nell'esercito austriaco e nello zaino aveva
il manoscritto del Trattato.
Ray Monk, professore a Southampton, specialista di filosofia della
matematica, dedico' al pensatore una fondamentale biografia (Il dovere del
genio, tradotta da Bompiani) e ora vede la luce da Vita & Pensiero un lavoro
del 2005: Leggere Wittgenstein. E' uno svelto libretto che spiega con quale
spirito vada affrontata l'opera di chi voleva ripulire la filosofia in tre
parole, che cosa significa raffigurare il mondo, quale rivoluzione
linguistica ci sia nella sua eredita' e che senso ebbe la rinuncia alla
purezza cristallina della logica. Intuizioni che e' possibile spiegare anche
a un vasto pubblico, dalle quali e' nata molta parte del pensiero attuale.

13. LIBRI. CLAUDIO TOSCANI PRESENTA LE "OPERE SCELTE" DI WILLIAM FAULKNER
[Dal mensile "Letture", n. 611, novembre 2004, col titolo "Il fallito che
vinse il Premio Nobel"]

William Faulkner, Opere scelte, Mondadori, 2004, pp. CLX-1185, euro 49.
*
Appariva nove anni fa il primo "Meridiano" dedicato all'opera narrativa di
Faulkner (Romanzi), che raccoglieva, oltre al fondamentale L'urlo e il
furore (1929), Santuario (1931) e Luce d'agosto (1932). Oggi Mondadori
pubblica il secondo e ultimo volume, Opere scelte, contenente Gli invitti
(1938), Scendi, Mose' (del '42), Non si fruga nella polvere (del '48) e
Requiem per una monaca (del '51). Come l'altro, anche questo e' curato da
Fernanda Pivano, che vi ripete il completo e informatissimo saggio
introduttivo, con in piu' un apparato, tra filologico e aneddotico, relativo
ai testi qui presentati.
Nel '50, al conferimento del Nobel, Faulkner disse che il rango di uno
scrittore era direttamente proporzionale alla grandezza dei suoi fallimenti
(nessun suo libro, infatti, risulta perfetto, tra azzardo strutturale, stile
sovraccarico, sfrenata visionarieta' e tortuosita' delle trame). Ma gia' nel
'37, recensendolo, Borges aveva sancito la statura di Faulkner, autore cui
interessavano in egual misura sia le tecniche romanzesche sia il destino e
il carattere dei personaggi; sia l'intensita' della prosa sia la dura
materialita' dei protagonisti, al tempo stesso uomini ed eroi, annientati
dall'invidia, dall'alcol, dalla solitudine e dall'odio, ma sostenuti da un
sacro rispetto per la natura e da una proiezione metafisica dei loro pur
crudi rituali.
Uno spinto simbolismo pervade i testi faulkneriani: il simbolismo
individuale, familiare e sociale di una nazione in fieri che all'atto del
racconto si stacca da colpe quasi inconsce, ma di primordiale barbarie. In
attesa che tutto rientri pessimisticamente nel buio: quello prossimo venturo
della distruzione della terra, della tecnica, del consumo e del guadagno.

14. RILETTURE. MADAME DE LAFAYETTE: LA PRINCESSE DE CLEVES
Madame de Lafayette, La princesse de Cleves, Garnier Flammarion, Paris 1966,
1985, pp. 190. Questo libro diremmo l'archetipo di un'intera letteratura, e
l'epitome anche di un'intera civilta'.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 571 del 7 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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