La nonviolenza e' in cammino. 1293



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1293 del 12 maggio 2006

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Basta morte, basta armi, basta guerra
2. Lea Melandri colloquia con Rossana Rossanda
3. A Civitavecchia il 13 maggio
4. Paolo Candelari: Dal primo al 4 giugno l'assemblea nazionale del Mir
5. Maria Nadotti: Mahmud Darwish, la lingua perduta della liberta'
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: BASTA MORTE, BASTA ARMI, BASTA GUERRE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la
redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax  0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) per averci messo a disposizione questa lettera inviata
al direttore del quotidiano "L'Arena" di Verona. Mao (Massimo) Valpiana e'
una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e'
nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e
giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento
(si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di
solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in
Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Caro direttore de "L'Arena",
desidero stigmatizzare l'offensiva dichiarazione dell'assessore regionale di
Allenza nazionale che al termine dei funerali del carabiniere Frassanito ha
perso una bella occasione per tacere e ha  voluto commentare la silenziosa
presenza alla cerimonia funebre della bandiera nonviolenta con il simbolo
del fucile spezzato. "Esporre quelle bandiere e' legittimo", ha detto
l'assessore, "ma trovo che sia stata una mancanza di  buon gusto farlo in un
momento come quello dei funerali. Sottolineare in  maniera evidente la
contrapposizione polemica alla presenza militare italiana in Iraq e' quasi
un incentivo a chi compie gli attentati terroristici a compierli ancora".
La risposta alla sciocchezza esternata da Giorgetti la fornisce lo stesso
giornalista de "L'Arena" Giancarlo Beltrame, che in un altro articolo
riporta correttamene: "E tace il nonviolento Mao Valpiana, che nell'angolo
sotto le finestre della Capitolare si limita a sventolare una solitaria
bandiera della pace, per ricordare a tutti che Frassanito e' un caduto di
guerra, anche se viene chiamata missione di pace".
La bandiera della nonviolenza, con il fucile spezzato, era sul sagrato del
Duomo a testimoniare vero rispetto per chi ha perso la vita in guerra.
Quella bandiera e' il simbolo dell'impegno contro le cause e gli strumenti
che le guerre determinano. Rispettare i morti di ieri e di oggi, significa
impedire che ci siano morti anche domani.
La nonviolenza e' l'unica strada per non dover piangere altri morti.
Quella bandiera con il fucile spezzato, silenziosa, discreta, contrita,
contrastava con i fucili esposti in chiesa, con l'ipocrisia di chi quella
guerra ha voluto, di chi ha costruito e finanziato le armi per quella
guerra, che tanto dolore ha portato e altro portera'.
"Basta morte, basta armi, basta guerre", sembravano dire le lacrime di tanta
gente che fissava attonita la bara.
Piangere i morti di oggi e preparare i morti di domani e' una bestemmia!
Quella bandiera della nonviolenza e' vera pieta' per i giovani morti.
Quella bandiera della nonviolenza prepara un futuro di vita.

2. MAESTRE. LEA MELANDRI COLLOQUIA CON ROSSANA ROSSANDA
[Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente colloquio pubblicato
su "D di Repubblica" del 5 maggio 2006.
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista,
redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della
rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione
teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente
L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, poi Manifestolibri, Roma
1997. Cfr. anche Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988; Lo
strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996.
Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea
Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti.
Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita'
delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal
1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della
rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba
voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte
attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla
problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le
pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977
(Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 (
ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La
Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di
foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica
dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione
Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei
sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di
posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto',
'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha
diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione
femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione
aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle
donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'".
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste]

- Lea: Tu dici spesso, scherzosamente, che non sai se sei una donna, un uomo
o un ufo.
- Rossana: Non scherzo, protesto. Sembra che io non sia mai quel che dovrei
essere. Ma non c'e' dubbio: sono nata femmina e sono donna nel mio tempo.
*
- Lea: Penso che ogni donna possa dire lo stesso di se'...
- Rossana: No. Quale donna si e'? La "femminilita'" e' stata costruita sopra
di noi da una rigorosa divisione sessuale dei ruoli, che aveva un suo senso
per il patriarcato, e che e' stata introietta da maschi e femmine. C'e'
perfino nel femminismo una propensione a cogliere del genere femminile
l'inclinazione alla fantasia, alla malinconia, al sogno d'amore anche se ci
dilania, al palpitare del corpo, e a trovare opaco tutto cio' da cui siamo
state escluse - il pensiero oggettivato (la manifesta ragione) e le
istituzioni, quel che chiamiamo "politica". Non e' questa la mia esperienza,
per cui, diciamo la verita', le mie amiche femministe mi aggregano alla
solita emancipata che vorrebbe essere un uomo, e quelle che, come te, mi
vogliono bene, cercano di mettere in luce con affettuosa attenzione in quel
che scrivo la "donna nascosta". Non fare un salto se osservo che gli uomini
fanno lo stesso con me, in direzione opposta.
*
- Lea: E' vero, una parte del femminismo ha creduto di poter rivalutare
aspetti tradizionali del "femminile", come il sentimento, l'attenzione ai
rapporti personali, l'inclinazione al dono, alla cura dell'altro, in una
chiave nuova, positiva e quindi capovolta rispetto al passato, come se la
"differenza" dell'essere donna fosse in qualche modo garantita da un dato
biologico, come la maternita', o da un fondamento metafisico. Non e' mai
stata questa la mia posizione.
- Rossana: Per me la "femminilita'" non sta in natura: in natura sta la
genitalita', la sessualita', mentre le sue figure sono cosa piu' complicata,
estesa, prodotto di coscienza , terreno tormentato di civilta'. Dentro la
quale e' nata (con variazioni) la figura della donna prima figlia, poi
sposa, poi madre, poi asessuata, oppure sfrenata, seduttiva, amante fatale,
amante seccante, via via fino alla piu' o meno sacra prostituta e alla
effimera "velina". O anche l'opposto assoluto, la disincarnata sposa di dio.
Sono modelli antichi ma perche' subirli ancora? Perche' perlopiu' ci
infiliamo in uno di loro? Io non ne amo nessuno, ne' quello severo ne'
quello ammiccante. E non ho mai desiderato essere un uomo. Ne ho invaso il
campo, questo si', non glielo lascio.
*
- Lea: Ma in che cosa e' consistito allora quel modo nuovo, prima
sconosciuto, di guardare, pensare te stessa che attribuisci al femminismo?
Nel libro Anche per me (Feltrinelli, 1987) scrivevi che l'incontro col
movimento delle donne negli anni '70 era stato "tra i piu' decisivi", in
quanto ti aveva dato consapevolezza di essere "non solo un individuo ma una
donna".
- Rossana: Non avevo capito quanto abbia pesato e sia stata determinante la
divisione sessuale dei ruoli. Quanto il modello "maschile" e "femminile"
abbia strutturato la percezione di ognuno e ognuna, la storia e la memoria
dell'umanita'. Quanto insomma siamo "persone sessuate". Anche, anzi di piu',
quando non lo sappiamo.
*
- Lea: Ma aggiungevi, a proposito della identita' di sesso, che era
"l'intuizione di una dimensione immensa, prima da me non vista o
sottovalutata".
- Rossana: Non ne posso piu' di "identita'" presunte invalicabili - di
terra, di sangue, di etnia, di religione e figuriamoci se non di sesso.
Diciamo soggettivita' di genere. Io mi sono andata convincendo che di
biologico e invariabile fra maschi e femmine c'e' solo la diversita'
dell'apparato riproduttivo: gli uomini non possono partorire, noi non
possiamo spandere in loro un seme. Tutto il resto e' costruzione storica a
onde lunghe, e dissimmetrica perche' segnata dal sopravvento d'uno dei due
sessi. E, certo, profondamente introiettata. Forse perfino pattuita, se no
le donne avrebbero sterminato gli uomini da un pezzo. Non poco di quella
dissimmetria deve andarci bene, se in Francia - dove mi trovo oggi - un
terzo delle donne ammettono di essere state almeno una volta picchiate.
Forse all'eta' della pietra maschio e femmina convennero che lui andava a
caccia del leopardo per colazione mentre lei restava col piccolo nella
grotta, lui rischiava la pelle ma si garantiva proprieta' e progenie, lei
non si garantiva ne' l'una ne' l'altra, ma non rischiava (nell'immediato) la
vita. Piu' tardi e fino a poco tempo fa lui portava i soldi, lei assicurava
la cura. Lui andava in guerra e lei restava a casa. Non e' stato un bel
contratto. Sfidavo la politica a tenerne conto. Sfidavo noi stesse a non
starci piu'.
*
- Lea: Se il dominio maschile arriva cosi' lentamente alla coscienza
storica, pur essendo il piu' evidente, e' perche', essendo legato all'amore,
alla riproduzione della vita, all'esperienza singolare di essere stati
tutt'uno alla nascita col corpo della madre, ha fatto si' che dominata e
dominatore parlassero la stessa lingua, che il sacrificio di se' potesse
essere scambiato per generosa dedizione, che l'indispensabilita' all'altro
fosse presa per potere. Poi e' venuto il femminismo, e tu non sembrasti
avere dubbi, in quegli anni, che fosse una sfida radicale alla politica, la
"protesta piu' estrema", perche' portata "nel piu' oscuro, opaco, lontano":
il corpo, la sessualita', l'inconscio.
- Rossana: Non io ma il femminismo sfidava la politica. Io penso che la
cultura politica, rimuovendo la parte oscura o desiderante dell'io, non vede
quanto ne e' essa stessa segnata. Quanto ne sono segnati i suoi codici. E
quanto le sfugga dei movimenti profondi, limpidi o torbidi che siano, della
societa' che ha davanti. Ma sento che mi rimproveri, come se avessi cambiato
idea o tradito. No, c'e' fra noi da sempre una diversita' di accenti. Tu
vedi soprattutto le invarianti biologiche e psichiche, nei comportamenti
umani, io guardo soprattutto alle varianti. Non credo infatti che l'uomo
ignori il corpo e la sessualita': li declina secondo il modello patriarcale
che lo rassicura. Non credo che l'uomo sia piu' vicino alla ragione e noi
all'irrazionalita', che peraltro non e' il contrario della ragione. Certo
l'uomo praticava (e ancora pratica) pubblicamente la prima, lei
pubblicamente il secondo. Quanto ai sentimenti poi: com'e' che i grandi
scrittori maschi hanno visto il nostro dolore? Non e' una donna che ha
scritto Anna Karenina. Per tornare al tuo tema: si', la cultura politica
deve sapere che grande parte dell'esperienza umana le sfugge, non se ne deve
occupare. Deve stabilire le regole di convivenza, e oramai ricontrattare fra
i generi o, se vuoi, i sessi. Alt. Non ha da essere calda e intrusiva, ha da
essere fredda e rispettosa dell'io profondo. Non voglio ayatollah di nessun
tipo.
*
- Lea: Anche la tua scrittura cambio' in quegli anni. Dicesti che il
femminismo legittimava lo scrivere "di se'" e "per se'", che ti aveva
permesso qualche "scorreria nella persona e nella memoria", la possibilita'
di dar voce alla malattia, alla solitudine, alla morte, ma anche
all'amicizia tra donne.
- Rossana: E' vero. Non pretendo piu' una oggettivita' neutra. Parto da me.
Me di fronte a un pezzo di mondo, che non vorrei troppo piccolo.
*
- Lea: Nella tua autobiografia c'e' una splendida carrellata di zie, modelli
femminili a cui sembra tu abbia guardato con la liberta' di una bambina a
cui non sono state fatte imposizioni relative al suo sesso. C'e' la moglie,
"battuta e sprecata"...
- Rossana: Non battuta, buttata. Sprecata.
*
- Lea: e ci sono le "donne sole, donne per se'", "sapienti e sorridenti".
Nessuna sarebbe stata il tuo futuro: ne' la sessualita' ne' la maternita'
avrebbero avuto per te il peso che hanno nella vita della maggior parte
delle donne, e neppure saresti sostata a lungo nel sogno di una tranquilla,
solitaria vita di studi e di pensiero. Eppure c'e' una figura dominante,
quella che, non a caso, hai voluto farci incontrare gia' nel titolo del tuo
libro: ideale dell'Io, direbbe Freud, che la memoria rincorre, o che non ha
mai perso di vista. "Ragazza allegra, coraggiosa, sentimentale" e' tua madre
nella foto che la ritrae sedicenne nelle prime pagine; "tre ragazze" siete
tu, tua sorella Mimma e lei, solo un po' piu' attempata di voi...
- Rossana: Per ragazza intendo una creatura aperta, avventurosa, non
conclusa e inchiodata.
*
- Lea: Ma come "ragazza particolare" descrivi anche te stessa, "piu'
disposta a rimproverarsi la cecita' rispetto alle sorti del mondo, assalita
da domande implacabili", piuttosto che celarsi dietro la secolare
"estraneita'" delle donne alla vita pubblica.
- Rossana: Vero.
*
- Lea: Sulla soglia che sta tra le sale odorose di cera della biblioteca del
Castello Sforzesco, dove studentessa universitaria cominciavi l'esaltante
avventura del pensiero, e la citta' sorpresa dai bombardamenti, nel 1943,
sembra che si compongano idealmente le figure di due genitori "preziosi e
amati", la bellezza e la vivacita' di tua madre, la saggezza e la malinconia
di tuo padre. Un androgino perfetto, mi verrebbe da dire.
- Rossana: Non so. Per androgino si intendono due cose: un antico rimpianto
di un'eta' dell'oro in cui l'umano non era diviso, che sta in tutte le
culture (questo e' anche l'eros greco, altro che Ratzinger!) e una pratica
corporale dei due sessi, transgender. Il primo senso resta affascinante
quanto fantasmatico, le seconde non mi hanno attratto, ma e' lecitissimo che
attraggano altri e altre. Sul sesso ognuno si attiene a quel che gli va,
salvo rispettare l'altro. Anche qui sarei per "raffreddare". Il sesso non e'
tutto e ha da essere libero. Insisto, sesso e genere non sono la stessa
cosa. A dirla tutta non mi affascinano ne' la neutralita' ne' la differenza.
*
- Lea: Che la complementarieta' dei ruoli, il differenziarsi del maschile
del femminile come se fossero le due meta' di un intero, conservi un grande
fascino non c'e' dubbio: di questo ideale ricongiungimento, o armonia degli
opposti parla il sogno d'amore, ma in modo perverso anche il totalitarismo,
il nazionalismo, e tutti i fondamentalismi che conosciamo. Nella tua
immagine di ragazza ho creduto di trovare qualcosa che richiama il desiderio
di armonia o di interezza: un corpo che trattiene la grazia e la vitalita'
non ancora domata del femminile, e una intelligenza che si e' trovata troppo
presto a dover prendere stanza nel mondo, a respingerne con forza luciferina
gli orrori, intollerante di tutto cio' che viene a dirigere dall'esterno le
nostre vite: la poverta', la guerra, la schiavitu' del lavoro.
- Rossana: Perche' la grazia del corpo giovane femminile? E' immensa anche
quella del corpo giovane maschile. Prima di essere tutti e due sfiniti e
ingabbiati da un dover essere perfino fisico. Quanto al prendere stanza nel
mondo non e' mai troppo presto, visto che o la prendiamo o vi ci mettono. E
di non pochi dei suoi orrori e' piena anche la famiglia. Credo che sia stato
sempre cosi'. Ma stanno esplodendo oggi che i ruoli del triangolo vacillano
tutti: il padre non piu' il solo tramite e l'immagine stessa del mondo
esterno al nucleo familiare, la madre non e' piu' solo l'ex figlia e figura
tenera e sacrificale, il figlio deve imparare chi vuol essere, e pare che
nessuno dei due, traballanti come sono, sia per ora in grado di dargli una
mano. Il disagio piu' violento emerge evidentemente dall'uomo, che si sente
spossato, afferra il revolver, ammazza lei ed esclama: "Non volevo
perderla". Ormai ci sono piu' ammazzamenti in casa per conflitto fra i sessi
che in strada per conflitto di mafie.
*
- Lea: Mi chiedo se, di fronte all'occhio impietoso del femminismo che ti ha
rimproverato enfasi volontaristica, onnipotenza, sacrificio di se',
sottovalutazione del destino imposto alla donna, non abbia giocato, nel
farti nascere dubbi e sensi di colpa, proprio l'evidenza del privilegio che
ti ha fatto essere cosi' unica rispetto alle "sorelle di sesso", cosi'
ugualmente di casa nella sfera interiore e nella grande storia, nelle acque
insondate della persona e nelle passioni della politica.
- Rossana : Ma quale sacrifico di me? Se non mi fossi dedicata al Pci o al
Manifesto, sarei probabilmente professore in qualche universita'. E allora?
Non mi sono tormentata perche' ero sterile, e di figli - quelli grandi, che
gia' ti guardano con sopportazione - ne ho fin troppi. La mia ormai lunga
vita non e' stata contro tutti ne' quella pagata a piu' caro prezzo. Quanto
a colpe, essendo antipatica, tendo perlopiu' a darle agli altri.
Naturalmente porto su di me qualche livido, ma come canta Edith Piaf, Je
regrette rien.
*
- Lea: E' alle tue amiche femministe - "accusatrici" ma anche "amabili
struzzi" che sprofondano la testa sotto la sabbia per non doversi caricare
delle responsabilita' del mondo, che risponde prioritariamente il tuo
viaggio nella memoria, il desiderio di dirsi e farsi ascoltare per quello
che si e' o si e' stati?
- Rossana: Credo di si'. Ma anche la smania di persuadere, di cambiare. Lo
ammetto. Non scrivo per me. Anche perche' non sono, ahime', Virginia Woolf.

3. INIZIATIVE. A CIVITAVECCHIA IL 13 MAGGIO
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo il seguente appello]

Lo scenario politico-energetico attuale colloca il ricorso ai combustibili
fossili e l'utilizzo di megaimpianti elettrogeni fra le scelte attivate al
solo scopo di incentivare i profitti dei grandi monopoli energetici,
contribuendo ad aggravare la crisi ecologica e sociale del pianeta.
Conseguentemente e contestualmente, data la naturale lenta rinnovabilita'
delle fonti energetiche fossili, la corsa al loro approvvigionamento da
parte delle multinazionali dell'energia ha generato conflittualita' sociali
nei Paesi utilizzatori, guerre verso i popoli proprietari di tali risorse,
golpe nei Paesi produttori.
Il modello economico e di sviluppo dominante, che trova la sua base stabile
in un sistema consumistico sfrenato, nonostante le diffuse resistenze, si
trova oggi nella necessita' di ripensarsi alla luce della rapida riduzione
della disponibilita' delle risorse energetiche fossili su cui e' stato
costruito.
Sulle insostenibili criticita' socio-ambientali generate dal sistema ormai
nessuno nutre piu' dubbi, addirittura i baluardi capitalistico-monopolisti,
filiazione delle Sette Sorelle, investono nella ricerca di fonti energetiche
non fossili e nella efficientizzazione di quelle attualmente praticabili.
Calmierare e controllare, almeno come obiettivi iniziali, le emissioni di
gas serra e, quindi, il consumo di combustibili carboniosi, richiede
necessariamente un ripensamento del modello produttivo-liberista dominante.
In tale contesto, sole e vento in particolare appaiono oggi come le uniche
fonti energetiche pulite, disponibili sempre e costantemente sul lungo
periodo, accessibili a chiunque in ogni parte del globo. Pertanto sono da
ritenersi le sole effettivamente sostenibili e democraticamente fruibili.
E' giunto il momento di sancire l'inalienabilita' dell'energia quale bene
comune.
Ed e' su questa base che riteniamo che ogni nuova scelta in campo energetico
debba essere inserita in un nuovo Piano energetico nazionale (l'ultimo
risale al 1988) in cui siano chiari fabbisogni, obiettivi, azioni di
riduzione e razionalizzazione del consumo e linee di indirizzo nel medio e
lungo termine.
*
Nell'Alto Lazio esiste uno fra i poli di produzione energetica piu' grandi
d'Europa con oltre 7000 Megawatt generati complessivamente e derivanti
dall'attivita' di tre centrali Enel. Due sono situate in comune di
Civitavecchia (Roma), Torre Valdaliga Sud (1160 MW) e Torre Valdaliga Nord
(2640 MW), cui si aggiunge a pochi chilometri di distanza la centrale
Alessandro Volta di Montalto di Castro, nel viterbese (3300 MW).
L'energia elettrica prodotta in questo ristretto lembo di territorio,
destinato piuttosto all'attivita' agricola e al turismo, supera il 10%
dell'intero parco produttivo energetico nazionale ed e' distribuita quasi
interamente in altre aree d'Italia dedite al settore industriale o
terziario.
Dal 1964, anno di avvio del primo gruppo elettrogeno, tutto l'Alto Lazio
presenta nell'aria livelli molto alti di polveri sottili e di inquinanti di
tipo chimico riconducibili ai composti azotati e solforati.
Nel 2003 il Ministero delle attivita' produttive concede a Enel spa l'avvio
dei lavori di insediamento a Torre Valdaliga Nord del nuovo impianto
energetico a carbone in sostituzione dell'impianto preesistente alimentato
ad olio combustibile.
*
Secondo studi e ricerche comparative, analisi di dati gia' disponibili e
monitoraggi a lungo termine effettuati da tecnici, enti di ricerca,
associazioni ambientaliste e dall'Osservatorio epidemiologico della Regione
Lazio, l'utilizzo del carbone come combustibile comportera' un aggravio
ambientale complessivo irreparabile rispetto ad una situazione decennale
gia' intollerabile. Si avra' la movimentazione e l'emissione di enormi
quantita' di materiale pulverulento, fra cui le dannosissime micropolveri,
cui e' gia' sottoposto l'intero comprensorio fino a Roma e Civita
Castellana.
Gia' solo il dato relativo a Civitavecchia e Tarquinia rende bene la
gravita' della situazione: le due cittadine vantano infatti il triste
primato laziale per incidenza di tumori alla trachea, ai polmoni, al sistema
linfatico ed ematopoietico, in cui si rileva un costante aumento di leucemie
e linfomi cui si aggiunge un'allarmante frequenza di disturbi asmatici e
patologie respiratorie soprattutto in bambini e soggetti deboli.
L'uso del carbone incrementera' la quantita' di anidride carbonica emessa
nell'area da 11,63 M/tonnellate annue attuali a 13,89 Mt/a che porteranno
l'Italia a violare gli accordi presi con il Protocollo di Kyoto sulle
emissioni di gas serra, sottoponendo l'Italia a multe salatissime comminate
dall'Unione Europea.
Inoltre, con il prolungamento sul territorio da 10 a 25 anni della servitu'
energetica la situazione rispetto a piogge acide, decadimenti di ossidi di
azoto e zolfo, di metalli pesanti e di arsenico non potra' che peggiorare.
*
Per stessa ammissione dell'Enel l'intero settore agricolo locale sara'
costretto ad abbandonare le coltivazioni ad uso alimentare per votarsi a
colture "no food" di scarsa o nulla competitivita' sul mercato. Si
interrompera' cosi' il faticoso lavoro di qualificazione del settore su cui
molte aziende hanno investito dando avvio al distretto agrituristico locale
e alla promozione di colture di qualita'. Si teme anche per una generale
svalutazione territoriale, una limitazione allo sviluppo turistico e il
deperimento generale di una vasta area archeologica fra le piu' importanti
del mondo e gia' riconosciuta Patrimonio dell'Umanita' dall'Unesco.
Anni di mobilitazione locale hanno portato anche le Province di Roma e
Viterbo e i Comuni del comprensorio ad esprimere la propria contrarieta' al
progetto. Numerose le azioni legali intraprese, conclusesi sempre a sfavore
delle popolazioni a causa delle pressioni lobbistiche da parte dell'Enel
verso il Tar del Lazio e i governi che negli anni si sono succeduti e che
hanno favorito il permanere dell'Enel sul territorio e il radicamento della
sua posizione dominante nelle politiche di sviluppo locale.
Allo stato attuale la Regione Lazio ha dato avvio al blocco di alcune opere
progettuali richiamando l'Enel alla stesura delle necessarie Valutazioni di
Impatto Ambientale ma Enel spa persevera nel suo intento mobilitando in
forma coercitiva anche i precari lavoratori del cantiere.
*
Il movimento No-Coke dell'Alto Lazio resta fermo sulle sue posizioni e
chiede:
- il fermo dei lavori di conversione dell'impianto;
- un ripensamento dell'intero progetto in virtu' della sovranita' e delle
volonta' territoriali;
- l'avvio di un programma di riscatto dell'area dalle decennali servitu'
apertesi con l'Enel, che si concluda con lo smantellamento del polo
energetico locale;
- l'impegno dell'Enel ad avviare a sue spese un progetto di bonifica e
riqualificazione ambientale;
- l'abrogazione della antidemocratica Legge Marzano "Sblocca centrali";
- la predisposizione di un nuovo Piano energetico nazionale.
*
Per rilanciare la mobilitazione generale, rivendicando i diritti della
cittadinanza alla salute, all'autodeterminazione e alla partecipazione nella
gestione territoriale il 13 maggio 2006 si svolgera' una manifestazione a
Civitavecchia.
Il concentramento e' previsto in viale Garibaldi (parcheggio della Marina)
alle ore 15,30.
Per informazioni: tel. 3491048578, 3287182629, 3286287004.
Lanciamo un appello affinche' alla manifestazione aderiscano e partecipino
tutte le realta' territoriali, i movimenti e le soggettivita' politiche e
sociali che operano per la tutela e la salubrita' dell'ambiente e per una
societa' democratica, affinche' la partecipazione popolare assuma
effettivamente un ruolo cardine nella gestione territoriale e nelle
politiche amministrative e perche' il carbone non venga usato ne' a
Civitavecchia ne' altrove.
Il movimento No-Coke dell'Alto Lazio
*
Siti utili: www.nocoke.org, www.nocoketarquinia.splinder.it
E-mail: info at nocoke.org

4. INCONTRI. PAOLO CANDELARI: DAL PRIMO AL 4 GIUGNO L'ASSEMBLEA NAZIONALE
DEL MIR
[Da Paolo Candelari (paolocand at libero.it) riceviamo e volentieri
diffondiamo. Paolo Candelari, presidente del Movimento Internazionale della
Riconciliazione, e' una delle piu' conosciute e stimate figure della
nonviolenza in Italia. Il Movimento Internazionale della Riconciliazione (in
sigla: Mir in Italia, Ifor - International Fellowship of Reconciliation - a
livello internazionale) e' uno dei principali e piu' autorevoli movimenti
nonviolenti]

Dal primo al 4 giugno 2006 si svolgera' a Gricigliana (Prato) l'assemblea
nazionale del Movimento internazionale della riconciliazione (in sigla:
Mir).
Il nostro e' un piccolo movimento ma con una storia antica e gloriosa.
Da piu' di 50 anni siamo impegnati in un cammino di ricerca che da una parte
si propone di diffondere la nonviolenza in Italia, dall'altra e' ricerca su
se stessi, per poter capire meglio il significato di essa nella nostra vita
e nelle nostro scelte politiche e sociali, come essa si intrecci con la
nostra spiritualita' e i nostri personali cammini di fede, indipendentemente
da quale essa sia, in uno spirito che vorrebbe essere di apertura a tutti.
Questo cammino procede, come tutte le cose umane, tra alti e bassi, in mezzo
a difficolta' ed errori, ma anche a sforzi generosi, a successi piccoli e
grandi.
Ogni anno vogliamo fare il punto della situazione, ritrovarci per discutere
insieme, vedere cosa e' andato bene e cosa e' andato male.
Quest'anno ci ritroveremo a Gricigliana, una localita' sulle prime
propaggini dell'appennino toscano a poca distanza da Prato, ospiti di una
comunita' che da tempo cerca di vivere fino in fondo la scelta nonviolenta.
L'assemblea constera' di due sessioni.
*
La prima, monotematica, sara' incentrata su "nonviolenza e violenza nelle
religioni".
Lo scorso anno, discutendo su "la nonviolenza evangelica", abbiamo notato
che se noi troviamo nel Vangelo le ragioni e la giustificazione della
nonviolenza, altri traggono da esso ragioni e giustificazioni per la guerra
e la violenza. E cosi' e' anche per altre grandi tradizioni religiose.
Vogliamo quindi approfondire come, secondo quali interpretazioni, o
mistificazioni, le religioni possono condurre l'uomo contro il suo fratello,
e come sia possibile invece trovare in esse, nella ricerca di senso e di
fede, uno stimolo per l'impegno nonviolento.
Tema quanto mai d'attualita' oggi, quando accanto a forme di unione
interreligiosa, appelli comuni contro la guerra e per la pace, impensabili
solo un secolo fa (pensiamo agli incontri di Assisi), assistiamo anche ad un
ritorno del concetto di "guerra santa", o della teoria della guerra giusta.
Anzi, vediamo come pericolosa deriva la concezione della religione come
forma identitaria di una cultura e di una civilta', vista in
contrapposizione con le altre, anziche' come una fede liberatrice e al di
sopra di ogni cultura e tradizione.
*
L'altra sessione sara' invece dedicata ai temi tradizionali di ogni nostra
assemblea: un bilancio dell'attivita' del movimento, le prospettive future,
gli impegni da prendere.
In particolare quest'anno avremo da decidere su alcuni cambiamenti
statutari, per poter divenire Aps (associazione di promozione sociale), il
che comporta alcuni vantaggi, ma anche la responsabilita' di un maggior
rigore nella vita del movimento; accanto a questo abbiamo aggiunto anche
alcune modifiche per rendere piu' snella e coerente la vita associativa.
Altro argomento importante sara' quello dei rapporti con l'associazione
internazionale, l'Ifor, che terra' un importante consiglio mondiale a
ottobre, in cui intende darsi degli obiettivi di lavoro per approfondire le
caratteristiche di movimento nonviolento su base spirituale, e su cui chiede
a tutti i suoi membri di pronunciarsi.
*
Ma la nostra assemblea e' anche un'occasione per far incontrare le nostre
vite, scambiare esperienze, vivere alcuni giorni d'amicizia e di vera
comunita', un momento per ricaricarsi e per rafforzare la nostra amicizia e
il nostro comune sentire, la nostra speranza per un domani migliore e
nonviolento.
E' per questo che vorrei invitare tutti gli iscritti, ma anche chi con noi
condivide questa tensione a un mondo riconciliato, piu' giusto, dove guerra
e violenza siano bandite, a trovarsi per un momento di riflessione comune.
Paolo Candelari, presidente del Mir
*
Programma
Giovedi' primo giugno
- Pomeriggio: accoglienza, allestimento mostra e tavolini di materiale sulle
attivita' delle sedi
- 20: cena
- 21,15: presentazioni, definizione del programma e inizio
*
Venerdi' 2 giugno
- ore 8: meditazione
- ore 9,30: seminario su "Violenza e nonviolenza nelle religioni"
- ore 13: pranzo e riposo
- ore 15: ripresa seminario e dibattito
- ore 18: conoscenza del luogo, intervento dei bambini
- ore 20: cena
- ore 21: relazione presidenza, segreteria, dibattito generale
*
Sabato 3 giugno
- ore 8: meditazione
- ore 9,30: attivita' manuale e di condivisione
- ore 13: pranzo
- ore 15: piano Ifor e futuro Mir, campagne
- ore 19,30: cena
- ore 21: serata pubblica su "Nonviolenza e violenza nelle religioni"
*
Domenica 4 giugno
- ore 8: meditazione ecumenica della Parola
- ore 9,30: modifiche statuto, varie, delibere
- ore 11,30 valutazioni e saluti
- ore 13: pranzo per chi si trattiene ancora
*
Come raggiungere la casa
- In auto: uscire dall'autostrada A11 a Prato Est, seguire per Vaiano-Vernio
e imboccare la statale 325. Giunti a Vaiano proseguire sulla statale fino ad
arrivare a Carmignanello, da li' svoltare a sinistra per Gricigliana. Salire
seguendo le indicazioni per Lago di Gricigliana, ci sono due km di asfalto e
due di sterrato e si raggiunge la cascina nel bosco.
- In treno: scendere a Prato centrale: dalla stazione prendere l'autolinea
extraurbana per Vaiano Vernio (orari: ogni mezz'ora feriali, ogni ora
festivi, vedi sul sito www.capautolinee.it) e scendere a Carmignanello; di
li' o si sale a piedi (4 km) o si telefona per farsi venire a prendere
(0574982681, 3288755708, 3477938539).
Il costo del soggiorno (dalla cena del primo al pranzo del 4) sara' di 46
euro (la meta' per i bambini). Chi avesse esigenze particolari ci contatti.
*
Per informazioni contattare Giovanni Ciavarella (tel. 3477938539, e-mail:
giovanni.ciavarella at sanpaoloimi.com); Paolo Candelari (tel. 0117767411,
e-mail: paolocand at libero.it).
*
Chi ci ospita
L'associazione "Venti di Terra" (sito:
www.associazioni.prato.it/ventiditerra) si propone di dar vita ad un luogo
dove condividere la ricerca e la pratica di uno stile di vita nonviolento. A
tale scopo ha dato vita ad una piccola comunita' che sta riportando a nuova
vita un antico fienile, immerso negli affascinanti boschi delle pendici
dell'Appennino, nei pressi del piccolo paese di Gricigliana (Cantagallo -
Prato).
*
Per conoscere il Mir-Ifor
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, dopo aver partecipato a
un convegno ecumenico a Colonia, l'inglese Henry Modgkin e il tedesco F.
Siegmund Shultze promettono di non partecipare mai ad una guerra. Alla fine
dello stesso anno, a Cambridge, 130 persone danno vita al Movimento; molti
di essi dichiarandosi obiettori di coscienza vengono messi in prigione.
Nel 1919 il Movimento diventa internazionale e si configura come una
federazione di gruppi i cui membri operano per la giustizia e la pace,
rifiutano l'uso della violenza nonche' la preparazione e la partecipazione
alla guerra sotto qualsiasi forma. Si definisce movimento a base spirituale,
composto da uomini e donne impegnati nella nonviolenza attiva come stile di
vita e mezzo di cambiamento personale, sociale e politico.
Negli anni '30 entra in contatto con Gandhi e sviluppa metodi di nonviolenza
attiva per la risoluzione dei conflitti nella ricerca della verita' e nel
rispetto dell'avversario.
Numerosi sono gli episodi di resistenza nonviolenta da parte di membri del
Mir durante la seconda guerra mondiale con anche tributo di sangue.
Dopo la seconda guerra mondiale il Mir, grazie anche all'opera instancabile
di Jean e Hildegard Goss-Mayr, cerca vie alternative e nonviolente per
conseguire la giustizia e la riconciliazione tra tutti i popoli. In America
Latina e' presente con dom Helder Camara e Adolfo Perez Esquivel; negli
Stati Uniti con Martin Luther King e Dorothy Day; in Vietman collabora alla
resistenza nonviolenta con i monaci buddhisti; in Sudafrica e' presente con
Albert Luthuli; in Irlanda con Mairead Corrigan. E' inoltre in Medio
Oriente, Zaire e Africa sub-sahariana, Filippine, India, Bangladesh,
Madagascar e, dopo il 1989, anche in molti paesi dell'Europa orientale.
Oggi il Movimento, presente in pi' di 50 paesi, e' Organismo non governativo
(ong) e ha uno stato consultivo permanente presso le Nazioni Unite (Ecosoc)
nelle sedi di New York, Ginevra e Vienna.
*
Il Mir in Italia
La sezione italiana del Mir nasce nel 1952 per iniziativa di Tullio Vinay e
Carlo Lupo (valdesi), Ruth e Mario Tassoni (quaccheri). Si impegna sin
dall'inizio per la diffusione della teoria e della prassi della nonviolenza
e presto raccoglie adesioni anche tra i cattolici.
Dagli anni '60 e' attivo a livello nazionale per un ecumenismo di base e per
approfondire i fondamenti religiosi della nonviolenza.
Ha sostenuto i  primi obiettori al servizio militare e si e' impegnato per
il riconoscimento giuridico dell'obiezione di coscienza. Ha accolto
centinaia di giovani obiettori in servizio civile in programmi di formazione
alla pace e alla nonviolenza attiva. Oggi, cessato il servizio di leva
obbligatorio, e' ente accreditato per lo svolgimento del Servizio civile
volontario.
E' stato promotore in Italia della campagna di Obiezione di coscienza alle
spese Militari (Osm) e si adopera per il riconoscimento della Difesa
popolare nonviolenta (Dpn) in alternativa alla difesa armata.
Ha partecipato alla lotta contro le centrali nucleari.
Da diversi anni il Mir e' impegnato nell'educazione alla pace realizzando,
in collaborazione con le istituzioni locali e regionali, incontri e convegni
di formazione e di informazione sulla pace, la nonviolenza, un diverso
modello di sviluppo.
Dal 2001 promuove le iniziative del Decennio internazionale per l'educazione
alla nonviolenza ed alla pace per i bambini del mondo.
Ogni anno il Mir organizza  numerosi campi estivi  di formazione alla
nonviolenza, lavoro manuale e condivisione.
Attualmente sostiene molteplici iniziative internazionali per una soluzione
nonviolenta dei conflitti armati in varie parti del mondo, in particolare in
Kossovo, Africa, Colombia, Palestina/Israele.
*
Dallo statuto del Mir
Il Mir e' un movimento a base spirituale composto da uomini e donne che sono
impegnati nella nonviolenza attiva intesa come stile di vita; come mezzo di
riconciliazione nella verita' e di conversione personale; come mezzo di
trasformazione sociale, politica, economica; nel rispetto della fede dei
suoi membri.
I membri dei Mir di fede cristiana si impegnano nella nonviolenza evangelica
attiva, nella testimonianza che l'amore quale Gesu' Cristo ha manifestato
vince ogni male.
Tutti i membri del Mir sono chiamati a praticare la nonviolenza attiva
sull'esempio di Gandhi e come mezzo per costruire la pace frutto della
riconciliazione, nella consapevolezza che guerre e conflitti sono causati
dall'ingiustizia e da discriminazioni razziali, etniche, ideologiche,
religiose, economiche, di sesso, e che il depauperamento dell'ambiente e'
anche la conseguenza di un errato ed ingiusto sfruttamento delle risorse
naturali.
Pertanto essi si impegnano a:
- praticare la riconciliazione nella vita personale e sociale;
- praticare la solidarieta' nella vita personale e sociale;
- liberare l'esere umano da tutti quei condizionamenti culturali, politici,
militari, economici che lo confondono e lo opprimono;
- rifiutare qualsiasi collaborazione alla guerra cosi' come a situazioni o
istituzioni di ingiustizia e criminalita', sia che esse attentino alla vita
umana sia che sfruttino indebitamente le risorse naturali e umane.
*
La segreteria nazionale del Mir: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel.
011532824, fax: 0115158000, e-mail: mir at peacelink.it, sito:
www.miritalia.org

5. VOCI. MARIA NADOTTI: MAHMUD DARWISH, LA LINGUA PERDUTA DELLA LIBERTA'
[Dal quotidiano "Liberazione" del 3 maggio 2006.
Maria Nadotti, giornalista, saggista, traduttrice, consulente editoriale,
scrive di teatro, cinema, arte e cultura per molte testate italiane e
straniere, ed ha promosso varie attivita' culturali e di solidarieta'. Tra
le opere di Maria Nadotti: Silenzio = morte. Gli Usa nel tempo dell'Aids,
Anabasi, 1994; Nata due volte, il Saggiatore, Milano 1995; Cassandra non
abita piu' qui, La Tartaruga, Milano 1996; Sesso & Genere, il Saggiatore,
Milano 1996; Scrivere al buio, La Tartaruga, Milano 1998. Con traduzioni,
interviste, curatele delle edizioni italiane, ha dato un utilissimo
contributo a far conoscere autori ed autrici, opere e tematiche, di
fondamentale importanza.
Mahmud Darwish (al-Burwa, Palestina, 1941) e' probabilmente il piu' grande
poeta palestinese vivente]

"Una lieve ferita sul braccio del presente assurdo / e la Storia si burla
delle sue vittime e dei suoi eroi / Getta su di loro uno sguardo e passa /
Quanto a me - ormai carico di tutti i motivi per il viaggio -, io non sono
mio. Non sono mio".
E" la folgorante chiusa di "Murale", il poema che il palestinese Mahmud
Darwish, uno dei massimi autori contemporanei, scrive tra il 1998 e il 1999,
in quel "tempo in prestito" che e' la vita dopo una malattia o un incidente
miracolosamente non mortali.
All'uscita da un coma popolato di presenze luminose e assediato dal "lutto
della parola" Darwish riapproda alla scrittura per dire in versi quel suo
viaggio al termine della notte, ricostruendo allo stesso tempo la trama
della propria vicenda biografica e della propria avventura poetica.
"Scartato e forse dimenticato dalla morte, cui oggi mi sento pronto e che
sembra avermi voltato le spalle", come afferma con ironia, "ho desiderato
dare vita a un testo che distillasse il meglio della mia opera poetica", da
consegnare ai lettori del futuro. Come la "Mu'allaqat", leggendaria
selezione di poesie preislamiche, le piu' belle, le "dorate", incise e
appese alle pareti della Ka'ba alla Mecca. E "Murale", che alterna le
cadenze e le altitudini di un salmo a un'ardita messa a nudo memoriale della
materia "umile e bassa" del corpo e dei sentimenti, e' davvero un testamento
poetico e umano.
*
Nato nel 1942 a al-Barweh in Galilea, Darwish e' figlio del secolo
"crudele", di cui impara presto "la legge del ferro e la scienza degli
addii". Nel 1948 e' cacciato con la famiglia dal suo villaggio natale, che
viene raso al suolo dall'esercito d'occupazione dello stato israeliano a
venire. Inizia da li', e diventera' formidabile materia poetica e di
riflessione sulla storia e la politica, sulle alterne vicende della liberta'
e del potere, uno sradicamento - ma meglio sarebbe dire una lacerazione -
che si ricomporra' almeno in parte solo nel 1996, al ritorno in Palestina
dal lungo esilio in Libano e Francia.
Lontano dal proprio paese, Darwish mette casa nella propria lingua,
scrivendo di cio' che e' andato perduto e del presente oscuro, coltivando la
memoria e l'immaginazione, dando all'intera comunita' palestinese della
Palestina, di Israele e della diaspora un luogo tangibile in cui ritrovarsi
e riconoscersi, sentirsi esistenti e insieme. Atto di nominazione forte e
mai compiacente, consapevole del rischio di farsi malleabile strumento di
una causa, di essere troppo a ridosso del proprio oggetto. "Un testo poetico
puo' esprimere tutto", afferma il poeta, "bisogna pero' allontanarlo da cio'
che lo perturba: l'effimero, il contingente, l'immediato, cio' che vi e' di
inconsistente nel reale... Dove vive la poesia? Nel tema che affronta o
nella sua indipendenza estetica rispetto al proprio tema? In passato ho
risposto a atti barbari con parole violente. Volevo lanciare una pietra
contro l'invasore e l'ho fatto. Ora so che per la poesia sono essenziali le
distanze infinite. La poesia ha bisogno di essere innocente, libera da ogni
sovraccarico ideologico o simbolico".
Nel 1970, al momento del passaggio dall'esilio in Palestina all'esilio in
Libano, quando inizia il tempo dell'erranza, Darwish scrive: "Ho scoperto
che la terra e' fragile e il mare leggero, ho imparato che lingua e metafora
non bastano affatto a dare un luogo al luogo. La parte geografica della
Storia e' piu' forte della parte storica della geografia... E'
indispensabile passare dal relativo all'assoluto. Indispensabile
un'apertura, che mi permetta di inscrivere il nazionale nell'universale,
perche' la Palestina non si limiti alla Palestina, ma fondi la propria
legittimita' estetica entro uno spazio umano piu' vasto".
*
E ancora: "Io non conosco nessuna grande poesia che sia figlia di una
vittoria. Prendete le tragedie greche. La compassione per le vittime ci
scuote assai piu' dei peana. Cio' che manca terribilmente nell'eredita'
greca e' la poesia di Troia... Io ho scelto di essere un poeta troiano.
Appartengo risolutamente al campo dei perdenti. I perdenti che sono stati
privati del diritto di lasciare traccia della loro disfatta, privati del
diritto di proclamarla. Io preferisco dire questa disfatta... Mi schiero
dalla parte di Troia, perche' essa e' la vittima... Ho scelto di essere il
poeta di Troia, perche' Troia non ha raccontato la propria storia. E noi,
fino ad oggi, non abbiamo raccontato la nostra. Chi impone il proprio
racconto eredita la terra del racconto. Amo la poesia perche' ci fa dono di
una forza, pur se immaginaria. Perche' il carceriere non canta? Il
prigioniero canta perche' e' solo con se stesso, mentre il carceriere non
esiste se non insieme all'altro, al sorvegliato. E' talmente occupato a
tenere in isolamento il prigioniero che si scorda della propria solitudine".
L'intero corpus poetico di Mahmud Darwish e' percorso da quest'attenzione
per l'umanita' del nemico. "Il nemico non e' mai stato una semplice idea,
bensi' un corpo, dei lineamenti, una famiglia, e una storia, vera o falsa
che sia. Respira l'aria che respiriamo noi, e il nostro antagonismo nei suoi
confronti non nasce da un conflitto razziale o etnico. E' politico e
ideologico. Il nemico e' mobile quanto lo siamo noi, non dimora solo in se
stesso, ma avanza sotto numerose maschere, in movimento costante tra se' e
l'altro, l'altro e se'. Il nemico non e' una figura astratta, ci
compenetriamo e ci capita di scambiarci i ruoli. Viviamo in condizioni umane
complesse, senza alcuna distanza tra loro e noi... La mia immunita' ideale
risiede nel non perdere la mia umanita' nello sguardo che poso sul nemico.
Quanto a permettergli di abitarmi, costruire il mio immaginario, dettarmi la
mia stessa versione delle cose, diventare la mia memoria, e' tutt'altra
cosa. Possiamo fare concessioni e intenderci su tutto, tranne che sulla
Storia. La pace vera e' il dialogo tra due versioni. Che non mi impongano la
loro versione e io non imporro' loro la mia. E la Storia se la ridera' di
noi due. La Storia non ha tempo per gli ebrei e gli arabi. Da queste parti
sono passati molti popoli. La Storia e' cinica, e tanto meglio!".
"La sola identita' che proclamo e': 'io sono la mia lingua'. Niente di piu',
ma niente di meno. E dico che in questa lingua si percepisce la vicinanza
dei romani, dei persiani e di tanti altri popoli. Io non mi riconosco che
attraverso la mia lingua, dal momento che non mi inquietano affatto le
cosiddette 'differenze' di razza o di sangue. Non credo alle razze pure, ne'
in Medio Oriente ne' altrove. Al contrario, sono convinto che il meticciato
mi arricchisca e arricchisca la mia cultura. E' l'altro a chiedermi,
incessantemente, di essere un Arabo, secondo, naturalmente, la sua personale
definizione di 'arabita''. Sono arabo perche' parlo arabo. Sono arabo
perche' l'arabo e' la mia lingua, e conduco una difesa strenua della lingua
araba, non per salvaguardare la mia identita', ma per la mia esistenza, la
mia poesia, il mio diritto di cantare".

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1293 del 12 maggio 2006

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