La nonviolenza e' in cammino. 1294



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1294 del 13 maggio 2006

Sommario di questo numero:
1. Cindy Sheehan: Per la festa della mamma
2. Lidia Menapace: Terzo racconto dal Parlamento
3. Daniele Lugli: Omnicrazia
4. Marco Palombo: Un convegno a Firenze
5. Angela Dogliotti Marasso: Via le bombe atomiche dall'Italia
6. Enrico Peyretti: Eco del salmo 22
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: PER LA FESTA DELLA MAMMA
[Riingraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente lettera di
Cindy Sheehan dell'11 maggio 2006. Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey
nella guerra in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a
Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze,
con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo
figlio; intorno alla sua figura e alla sua testimonianza si e' risvegliato
negli Stati Uniti un ampio movimento contro la guerra; e' stato recentemente
pubblicato il suo libro Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di
madre), disponibile nel sito www.koabooks.com]

Mia cara amica,
la prossima domenica segnera' la terza Festa della Mamma che io passo priva
del mio figlio maggiore. Casey fu ucciso in Iraq giusto cinque settimane
prima di questa ricorrenza, nel 2004. Da allora, ogni giorno e'
un'incredibile esperienza di dolore e di nostalgia: per Casey e per il suo
perduto futuro. I giorni speciali, come le vacanze e i compleanni, sembrano
diventare sempre piu' duri. Casey non mi chiamera' piu' al telefono per
augurarmi una felice Festa della Mamma. Non ricevero' piu' da lui buffi
bigliettini di auguri. Non avro' mai una nuora o dei nipotini, da Casey.
George e Laura Bush probabilmente celebreranno la Festa della Mamma con le
loro figlie, nella sicurezza e nella felicita' che danno lo stare insieme.
Jenna e Barbara non verranno mai messe in pericolo dalle politiche rapaci e
distruttive del loro padre, politiche che hanno precipitano troppe di noi
madri, in tutto il mondo, in una spirale di sofferenza e di vuoto.
Quest'anno, per la Festa della Mamma, io mi uniro' a Codepink e ad altre
madri provenienti da tutto il paese in una veglia di 24 ore di fronte alla
Casa Bianca, che comincera' sabato 13 maggio alle 3 del pomeriggio.
Chiederemo la fine dell'occupazione in Iraq, prima che vengono prodotte
altre Cindy e altri Casey. Noi madri e figlie e figli di tutto il mondo
chiederemo anche che il nostro governo non invada l'Iran, e non distrugga le
possibilita' che ancora abbiamo di vivere in un mondo di pace. Con noi ci
sara' l'attrice Susan Sarandon e molte altre madri che hanno il coraggio
della pace, e stanno lavorando per gli stessi scopi.
George Bush non si e' mai incontrato con me per rispondere fu quale fosse la
nobile causa grazie alla quale Casey, oltre 2.400 giovani americani e
migliaia di innocenti civili iracheni sono morti.
Combattere la "guerra al terrorismo" con una guerra di terrorismo per
arricchire la macchina della guerra non e' una nobile causa. La pace lo e'.
Per favore, unitevi a noi per rendere realta' il nostro sogno di questa
nobile causa. Se potete, venite a Washington, oppure partecipate ad una
delle attivita' locali. Sostenete il nostro impegno mandando una rosa o
facendo una donazione (tutte le informazioni sulle rose inviate alle madri
irachene, le veglie in altre citta', ecc. possono essere trovate su
www.democracyinaction.org).
E lavorate con noi nei mesi che verranno, a costruire un movimento di madri
ed altri abbastanza potente da fermare questa guerra, e la prossima.

2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: TERZO RACCONTO DAL PARLAMENTO
[Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) per
questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. Nelle elezioni
politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte
degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani
e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Il terzo racconto si situa nel pieno delle elezioni istituzionali: convalida
degli e delle elette, fornitura alle Camere delle persone che ne dovranno
dirigere e ordinare l'attivita', formazione degli uffici di presidenza e dei
segretariati delle Camere, formazione dei gruppi parlamentari e relative
dirigenze di gruppo, elezione del  Presidente della Repubblica, cerimonia
del giuramento, incarico a Prodi di formare il governo e inizio del lavoro
parlamentare vero e proprio, a partire da un folto gruppo di iniziative
legislative "avanzate" dalla legislatura precedente e che i proponenti
ripropongono per il nuovo iter.
Tutti gli inizi di legislatura sono pressappoco cosi', ma questo e'
particolarmente difficile per molte circostanze, la principale delle quali
e' il cosiddetto "ingorgo istituzionale". In effetti ogni volta che
riusciamo a mettere in moto un altro pezzo delle istituzioni, a me sembra di
sentire quel noto rumore che fa l'acqua nel lavandino quando sgorga un
ingorgo: le brutture vanno giu' per gli scarichi e il lavandino respira.
Una impressione di sollievo respiro apertura viene in effetti, anche se le
nomine sono stranamente all'insegna di una decantata trasparenza e poi
avvengono tutte per designazioni "clandestine" e soprattutto ad opera e tra
pochissime persone. Questo andazzo oligarchico sembra sia antico, ma certo
le ultime legislature l'hanno accentuato.
Spero che si riesca attraverso l'immane lavoro di ricostruzione di una
coscienza civile politica democratica o anche solo decente, anche a
sbrogliare i vincoli, che sono un po' pesanti.
*
A me e' capitato di trovarmi in mezzo alle segrete cose e poi di
interrompere per fare un salto tra i comuni mortali: che respiro!
Potrei raccontare alla svelta cosi' l'effetto che mi ha fatto, dopo alcuni
giorni fitti di ore passate nelle nostre gabbie dorate, catacombe sontuose,
loculi di lusso, arrivare a Firenze per il convegno del Movimento
nonviolento, in una sede molto meno prestigiosa (un sindacato, pensate un
po', con annessa mensa) e sentire circolare aria, sentire parole vere,
scherzose, intelligenti, pazienti, curiose: che differenza! probabilmente
una platea come questa, fatta di persone mature e determinate, di tutte le
eta' e dei due generi, fa un po' paura a una accolta di persone che passano
dalla pomposita' piu' gonfia alla goliardia stupida, senza equilibrio.
L'impressione che danno i palazzi del potere e' di inautenticita'.
*
Probabilmente non e' cosi', ma cosi' a me e' apparsa la vicenda, forse anche
in parte perche' legata al mio nome, nel corso della elezione presidenziale.
Innanzitutto non ho finito ne' finiro' di ringraziare per l'ondata calda di
affetto apprezzamento amicizia tenerezza che mi e' arrivata addosso
attraverso le moltissime firme che hanno promosso o aiutato l'idea politica
di una presidente, che  avesse fatto la Resistenza, la scelta nonviolenta e
fosse femminista: l'ho detto alla riunione del gruppo senatoriale di
Rifondazione: non si e' trattato di un affettuoso scherzo (che gia' sarebbe
stata una cosa gentile e piacevole), ma di una indicazione molto
precisamente politica.
La comunicazione tra Firenze e Roma (pur messa nelle condizioni migliori
perche', sia li' che qui le persone coinvolte erano e sono amiche compagne
oneste e di sinistra) non si e' attivata: non e' stato possibile far entrare
il discorso della societa' civile organizzata negli spazi delle istituzioni
(dei quali il partito come forma politica e' inestricabilmente avvolto).
C'erano patti di ferro nell'Unione e anche dichiarando che la mia
candidatura aveva un puro valore simbolico e avrebbe semplicemente
introdotto nell'elezione del presidente i temi della Resistenza nonviolenza
e femminismo, non e' stato possibile, la mia candidatura o del resto
qualsiasi altra che non fosse gia' stata inclusa nel giro degli oligarchi,
non era proponibile.
Ho chiesto che comunque alle innumerevoli firme raccolte si dia una risposta
politica e porro' la questione ancora una volta martedi' 16, quando ci sara'
la seduta del gruppo.
Inoltrero' la risposta che e' politica e quindi rivolta a tutti e tutte voi
che leggete.
Che fare? Mi pare che sia gia' successo tutto e adesso comincio a pensare al
domani.
*
La prima cosa e' il 2 giugno.
Enrico Peyretti ha scritto un bell'indirizzo a Giorgio Napolitano per
chiedergli di mutare subito la natura e caratteristica della festa della
Repubblica, che sia davvero una festa e non una maledetta (l'aggettivo e'
mio) e sprecona pompa militare. Vedremo.
Vi abbraccio
Lidia

3. RIFLESSIONE. DANIELE LUGLI: OMNICRAZIA
[Ringraziamo Mao Valpiana, direttore di "Azione nonviolenta", per averci
messo a disposizione come anticipazione il testo di Daniele Lugli
predisposto per il convegno svoltosi a Firenze dal 5 al 7 maggio su
"Nonviolenza e politica", che sara' pubblicato su "Azione nonviolenta" di
giugno insieme agli altri materiali del convegno. Daniele Lugli (per
contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario nazionale del Movimento
Nonviolento, figura storica della nonviolenza, unisce a una lunga e limpida
esperienza di impegno sociale e politico anche una profonda e sottile
competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e' persona di squisita
gentilezza e saggezza grande]

"Puo' essere che la democrazia per il suo sviluppo chieda alle persone
maggiori garanzie di quelle che chiede ora: una garanzia sarebbe l'apertura
alla compresenza di tutti" (Aldo Capitini).
La democrazia appare sotto assedio. Un pugno di manager di immense
multinazionali fanno e disfano quello che vogliono. Gli altri miliardi di
uomini sono complici o schiavi. Se si rifiutano, nella migliore delle
ipotesi, sono emarginati e non contano niente. Questa era la previsione di
Lelio Basso, un trentennio fa. Pare avverata. Gli stati contano sempre meno.
Le organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Onu, sono screditate. In
grave difficolta' appare la stessa Unione Europea. Gli stati "democratici"
sembrano differenziarsi dagli altri per una minor ferocia verso i propri
cittadini e per la volonta' di esportare "democrazia", consistente
unicamente in rituali elettorali e nel rispetto delle multinazionali.
Contrastare questo processo non e' semplice. Uno stimolo ci puo' venire da
Aldo Capitini e dalla sua omnicrazia.
E' una strana parola per indicare democrazia diretta e consiliare, potere di
tutti e di ciascuno, inventata da Capitini negli anni del dopoguerra e
riproposta, nell'azione e con scritti teorici, fino agli ultimi giorni. La
riforma religiosa e la rivoluzione nonviolenta, che avrebbero dovuto
realizzarla, non sono in vista. Capitini ne era consapevole: "non voglio
dire affatto che proprio le mie proposte religiose e politiche troveranno
chi le fara' proprie e le svolgera'. Tutt'altro che questo!". Cosi' annotava
infatti nel suo ultimo scritto Attraverso due terzi di secolo, che si
conclude cosi': "Questa unita' o parte interna di tutti, la loro
possibilita' infinita, la loro novita' pura, il loro 'puro dopo' la
finitezza e tante angustie, l'ho chiamata la compresenza". Anche senza la
persuasione capitiniana nella compresenza si puo' pero', con Edgard Morin,
condividere la necessita' di conoscere la condizione umana - l'unita'
complessa della sua natura, fisica, biologica, psichica, culturale, sociale,
storica - e il legame indissolubile tra l'unita' e la diversita' di tutto
cio' che e' umano.
La proposta di Capitini merita di essere ricordata come aggiunta possibile e
necessaria allo stato democratico, costituzionale, in crisi nei suoi
elementi costitutivi di pluralismo politico, sociale, informativo e nella
sua tensione alla costruzione di ordinamenti superiori, che ne regolino i
rapporti esterni. Non si contrappone alla democrazia rappresentativa,
fondata sullo spirito critico, della quale afferma il progresso rispetto
alle societa' militare e religiosa, fondate su obbedienza pronta e cieca e
su formazione alla fede. Se finalita' dello Stato democratico pluralista e'
l'inclusione nel circuito politico-istituzionale del massimo numero
possibile di gruppi, interessi, idee, valori presenti nella comunita',
l'omnicrazia, che e' inclusione di tutti, ne appare il compimento. E'
assieme adempimento della solenne promessa che, nella nostra Costituzione,
e' ben formulata all'articolo 3. "Tutti i cittadini hanno pari dignita'
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese". Possiamo esaminare piu' da vicino
la proposta secondo cinque direttrici fondamentali.
*
1 Il ripudio della guerra
"Il rifiuto della guerra e' la condizione preliminare per un nuovo
orientamento" (Aldo Capitini).
Se lo Stato appare in crisi quanto alla sua connotazione democratica non lo
e' per l'aspetto militare. Anzi la sua capacita' offensiva, da solo o in
bellicose alleanze, e' la principale e decisiva misura del suo peso, del suo
ruolo internazionale. La guerra e' tornata ad essere normale, e micidiale,
elemento della politica. Il crollo dell'ex Unione sovietica, nel cui
atteggiamento l'Occidente ha per anni indicato l'impossibilita' di un
virtuoso funzionamento dell'Onu, non ha portato a rapporti tra gli Stati
regolati dal diritto anziche' dalla forza. L'attacco della Carta costitutiva
"Noi popoli delle Nazioni unite, decisi a salvare le future generazioni dal
flagello della guerra..." non trova conseguente traduzione pratica.
Addirittura i Diritti umani, universalmente dichiarati, sono presi a
pretesto delle guerre condotte dai paesi piu' ricchi, potenti e democratici
nei confronti dei paesi piu' poveri, deboli e autoritari. Nel nostro Paese
nessuna applicazione si da' al disposto costituzionale che ripudia la
guerra. La Chiesa stessa, nella sua gerarchia (attenta al diritto alla vita
quando si tratti di un embrione o di "vivente" per artifici tecnici, magari
sofferente e senza alcuna coscienza), si e' ritratta, nonostante la bella
formulazione contenuta nel catechismo per gli adulti, dalla solenne
proclamazione della Pacem in terris: "Qua re aetate hac nostra, quae vi
atomica gloriatur, alienum est a ratione, bellum iam aptum ad violata iura
sarcienda". Se e' irragionevole pensare che in questa era atomica (nel
frattempo le armi di distruzione di massa si sono arricchite di nuovi
orrori) la guerra possa essere usata come strumento di giustizia bisogna
riconoscere che la sua pratica distrugge ogni diritto, che non sia ulteriore
arma nelle mani dei potenti, e, certamente, ogni giustizia.
La giustizia, ricorda Gustavo Zagrebelsky, ha come fondamento minimo il
rifiuto dell'ingiustizia, che e', tipicamente, la sofferenza inferta agli
innocenti, esito sicuro della guerra. Percio' il rifiuto della guerra e'
necessario e preliminare per una convivenza civile. Il suo ripudio e' cosa
da praticare e non vuotamente proclamare. E' quindi il primo terreno sul
quale impegnarsi, cosi' come il diritto alla vita e' condizione per tutti
gli altri diritti. Corpi civili di pace, difesa popolare nonviolenta,
diplomazia dal basso sono elementi di costruzione di un intervento per i
diritti umani non affidato a carneficine di massa. In questa direzione va la
proposta del Movimento Nonviolento di ridurre le spese militari del 5% annuo
progressivo, per finanziare forme di intervento e difesa nonviolenta, quali
i Corpi Civili di Pace; usare il denaro cosi' risparmiato, per adottare,
magari attraverso il Ministero per la Pace, una rigorosa politica
costituzionale di ripudio effettivo della guerra; ritirare i militari
italiani da ogni teatro di occupazione e guerra; espellere dall'Italia le
bombe nucleari presenti nelle basi Usa; ripristinare e rafforzare la legge
185, limitativa del commercio delle armi.
Mentre la guerra, come osserva Giuliano Pontara, non ha mai trovato positiva
applicazione nella tutela dei diritti umani, invocati a sua giustificazione,
ne' appare scongiurata la prospettiva di una catastrofe nucleare,
costituiscono invece esiti certi della guerra i massacri su scala
industriale, la violazione dei diritti degli innocenti, presenti e futuri,
per gli strascichi letali a lungo termine delle armi impiegate, l'alimento a
nuove guerre e alla loro escalation, il rafforzamento del complesso
militare-industriale, alimentato ed alimentante la guerra, l'avvio ed il
sostegno a processi di deumanizzazione (genocidi e simili).
Occorre al contrario, condividendo il pensiero di Edgard Morin, insegnare ed
apprendere l'identita' terrestre, il complesso della crisi planetaria, nella
quale ci troviamo, per cui tutti gli umani, ormai alle prese con i medesimi
problemi di vita e di morte, vivono una medesima comunita' di destino, che
lo scannarsi reciproco non puo' in alcun modo migliorare. E' l'uomo
planetario del quale gia' ci parlava Ernesto Balducci.
*
2 Controllo dal basso
"Nonviolenza e controllo dal basso per superare il militarismo e la
burocrazia" (Aldo Capitini).
L'impotenza di fronte alla guerra, la complessita' del vivere associato,
l'enormita' dei problemi percepiti, la fondata sensazione della propria
scarsissima influenza aiuta la passivita', l'apatia dei cittadini,
spettatori (meglio telespettatori) di vicende politiche di difficile
comprensione. Alle scadenze istituzionali si assiste a un risveglio, piu' o
meno accentuato, secondo le stimolazioni ricevute, che si traduce in voto.
Molto efficaci si rivelano gli stimoli elementari e ripetuti, che non
impegnano capacita' critiche, ma si affidano a riflessi, piu' o meno,
condizionati. Si assiste pero' a risvegli collettivi quando nei pressi di
casa le amministrazioni vogliano depositare cose o persone sgradevoli:
scorie, inceneritori, nomadi, immigrati... Nascono comitati, che non solo si
oppongono, ma suggeriscono usi creativi dei siti, dei quali si scoprono
valori e bellezze fino a quel momento sconosciuti. Amministratori avveduti
cercano di evitare queste opposizioni - si verificano sempre e sono sempre
inaspettate - attraverso procedure di partecipazione e coinvolgimento: Via
(Valutazioni di impatto ambientale) ben fatte, Agende 21, piani
sociosanitari, urbanistica, bilanci, e quant'altro, partecipati, pratiche
innovative, importate dall'America o dal Nord Europa, focus group, citizen
jury, planning cells, consensus conference, open space... Non e' detto che
la cosa funzioni: quando li chiami i cittadini non vengono, ma si fanno
puntualmente vivi quando gli amministratori non ne sentono il bisogno.
Nell'immediato dopoguerra si colloca la straordinaria esperienza dei Centri
di Orientamento Sociale, promossi da Capitini e da un ristretto gruppo di
amici, che ebbe tuttavia significativa diffusione e risonanza, nonostante il
modestissimo e periferico sostegno ricevuto dalle forze politiche e
sindacali e dalle istituzioni. E' proprio il luogo del controllo dal basso
sull'operare delle istituzioni. Ci si va per ascoltare e parlare, non l'uno
senza l'altro. Chi puo' parlare ascolta piu' profondamente, diceva Capitini.
E' un'esperienza che non supera le elezioni del '48. Chi oggi la rivisita vi
trova ricchezza di ispirazioni, confronto su problemi etici, suggerimenti
all'assemblea costituente, esperimenti di democrazia partecipata,
anticipazione di questioni emerse decenni piu' tardi, buone pratiche di
cittadinanza... Non e' stata questa la strada imboccata e sostenuta da
partiti, sindacati, formazioni religiose e sociali poco interessati, quando
non ostili, alla formazione di cittadini, di lavoratori, competenti e
consapevoli, capaci di esprimere direttamente, nel confronto in appropriate
assemblee, il proprio orientamento o di scegliere, quando necessario, propri
rappresentanti. Pensava Capitini a Cos non solo diffusi sul territorio (in
ogni parrocchia), ma in ogni istituzione, dalla fabbrica, alla scuola,
all'ospedale, al carcere. Una democrazia consiliare, che almeno affiancasse
il sistema dei partiti, che si veniva affermando, garantendo circolazione di
proposte e di esperienze.
E' questo un terreno di impegno per il nostro piccolo movimento e per chi
vorra' con noi praticarlo. Un maestro liberale, Luigi Einaudi, indicava come
corretto percorso del governare conoscere, discutere, agire. Non e' detto
che il percorso sia sempre questo. Il punto di partenza puo' variare:
I'importante e' che questi elementi siano il piu' possibile collegati ed,
alla fine, compresenti ed includenti. E' la base perche' la democrazia sia
di tutti e non democrazia di amministrazione, come la chiamava Capitini,
diventata nel frattempo di cattiva, se non pessima e corrotta,
amministrazione. Per dirla con Toto' e' la scelta tra essere uomini o
caporali e come tali rapportarsi e dar vita a congruenti istituzioni. Il
lavoro per lo sviluppo e la qualificazione del controllo dal basso, da parte
di chi e' coinvolto nelle decisioni di ogni ente, pubblico o privato, ad
ogni livello e' un passo ineludibile. E' anche occasione di apprendimento
condiviso di altri saperi, che Morin indica come essenziali per stare
decentemente nel tempo che ci e' dato: riconoscere l'errore e l'illusione,
che accompagnano la nostra conoscenza, acquisire principi di una conoscenza
pertinente, che colga i problemi globali e fondamentali e sappia inserirvi
le conoscenze parziali e locali. Il pensiero va a Alexander Langer e ancora
a Capitini. Nei Cos si parla di patate e ideali. E' questo un elemento della
sua forza: il Cos e' umile e alto.
*
3 Metodo nonviolento
"Bisogna prepararci tutti al potere per il bene di tutti, cioe' per la loro
liberta', per il loro benessere per il loro sviluppo" (Aldo Capitini).
Si tratta dunque di aggiungere al metodo democratico il metodo nonviolento,
a partire dal controllo dal basso per la difesa e lo sviluppo della
democrazia. Questa aggiunta puo' e deve farsi ovunque: nelle lotte
politiche, sociali, economiche. Solo cosi' la riforma delle corrispondenti
istituzioni puo' accompagnarsi ad un positivo mutamento delle persone. E' la
sola speranza di un futuro migliore. Gia' lo scriveva Condorcet: progresso
e' eguaglianza tra popoli di paesi diversi, eguaglianza tra le persone
all'interno dello stesso paese, perfezionamento del genere umano.
Di metodo, non di sole tecniche, si tratta. Il boicottaggio, strumento
classico delle lotte nonviolente, dei negozi degli ebrei precedette e
preparo' la notte dei cristalli e i forni crematori. L'ispirazione
nonviolenta - cioe' l'apertura all'esistenza, alla liberta', allo sviluppo
di ogni essere - e' necessaria. E' apertura contro chiusura, apertura ai
singoli tu fino all'apertura alla realta' di tutti, diceva Capitini. Non e'
cosi' lontano un altro dei saperi necessari indicati da Morin: "La mutua
comprensione tra umani, sia vicini sia stranieri, e' ormai vitale affinche'
le relazioni umane escano dal loro barbaro stato di incomprensione". E' un
sapere indispensabile a chi opera nelle istituzioni, come a chi opera nei
movimenti.
Al metodo nonviolento conduce anche la consapevolezza della nostra
fallibilita' e lo stesso principio di precauzione. Puo' condurvi tutt'altro
che l'amore. La nonviolenza e' arte che si puo' apprendere per fare di ogni
agire politico, dal piu' complesso al piu' elementare, un'opera d'arte. Gia'
l'avevano scritto i ragazzi di don Milani: "Cosi' abbiamo capito cos'e'
l'arte. E' voler male a qualcuno o a qualche cosa. Ripensarci sopra a lungo.
Farsi aiutare dagli amici in un paziente lavoro di squadra. Pian piano viene
fuori quello che di vero c'e' sotto l'odio. Nasce l'opera d'arte, una mano
tesa al nemico perche' cambi".
Non c'e' un nemico da sopprimere, da sconfiggere, da mettere sotto. C'e' una
violenza agita in diverse forme, incorporata nelle strutture e giustificata
dalla cultura, che vogliamo far cessare, una relazione ingiusta e dolorosa
che vogliamo cambiare. Dobbiamo essere pronti ad assumere i sacrifici che
un'azione a cio' rivolta necessariamente comporta, per liberarci da un
condizionamento nel quale viviamo e del quale avvertiamo l'insopportabilita'
ed aiutare anche gli altri a farlo assieme a noi. I nostri avversari
resisteranno e attaccheranno duramente, quanto piu' convinti sono di
difendere la posizione migliore, se non l'unica realistica e possibile.
Occorre anche di questo tener conto. Percio' e' necessario che l'azione
degli amici della nonviolenza si fondi sulla massima obiettivita'
nell'analisi dei problemi; non nasconda i propri punti deboli; li affronti
nel modo piu' trasparente possibile, sotto il controllo dei partecipanti.
Miri ad un programma costruttivo che allarghi la partecipazione e proponga
la collaborazione delle parti in conflitto. Di qui ancora la necessita' di
un'attenta considerazione dei mezzi di lotta impiegati. Se ci opponiamo ad
una situazione, che percepiamo come di violenza nei suoi vari aspetti
(strutturale, culturale, diretta) primo obiettivo sara' non alimentarla. La
graduazione dei mezzi impiegati, l'attenzione agli effetti prodotti sugli
avversari e sull'opinione in generale e' una modalita' che tende a rendere
le parti, la nostra inclusa, piu' attente e competenti nella conduzione.
Mira a trasformare il conflitto evitandone la distruttivita' e favorendone
il miglior esito per tutte le parti. Fonda la politica, come gia'
quarant'anni fa la indicavano i ragazzi di Barbiana: "il problema degli
altri e' eguale al mio. Uscirne tutti insieme e' la politica. Sortirne da
soli e' l'avarizia".
*
4 Il centro per l'innovazione della politica
"Per trasformare la democrazia in omnicrazia vi sono due elementi: le
assemblee e l'opinione pubblica" (Aldo Capitini).
Sentiamo come compito nostro contribuire a costruire luoghi e modalita' che
consentano ai cittadini di pensare la politica e, con procedure decenti,
determinarla, anche scegliendo i propri rappresentanti nelle diverse
istituzioni. Occorre almeno integrare, se non radicalmente mutare e
sostituire i partiti, che a tale compito male assolvono, ammesso che se lo
pongano. Nelle ultime elezioni, ancor piu' che per il passato e in modo piu'
esplicito, un pugno di segretari di partiti (della cui democrazia interna
meglio non parlare) hanno deciso la composizione del nuovo parlamento e
cioe' coloro che dovrebbero rappresentare i cittadini. Impossibile
riconoscere, nel modo di essere e di agire dei partiti, la previsione della
Costituzione. Art. 49: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare
la politica nazionale".
Non si tratta di contrapporre democrazia diretta a democrazia
rappresentativa. Si tratta di fondare (o rifondare) le basi di una
democrazia decente. Giovanni Sartori, che vede un rischio in ogni tentativo
di massimizzare una democrazia incerta del suo futuro, la caratterizza
secondo tre coordinate fondamentali: 1 governo di ideali, alimentato e
arricchito da ideali; 2 un governo di idee (ideocrazia), per dire che deve
essere ragionata e capita; 3 un governo di opinione, e cioe' fondato su
opinione e consenso dei cittadini. E' una visione sulla quale si puo'
concordare, ma che e' una severa condanna per la democrazia che viviamo. In
essa questi elementi sono, con tutta evidenza, assenti da tempo. Gli uomini
della politica (vi sono fortunatamente eccezioni, forse piu' numerose tra le
donne) non sembrano mossi da grandi ideali, ne' interessati ad un'ideocrazia
(piuttosto al suo rovescio che e' la videocrazia) ne' al formarsi di un
consenso informato e di un'opinione pubblica, potenzialmente scomodi. Stanno
piuttosto bene nei loro privilegi. Qualcuno, incontentabile, li chiama pane
e cicoria. Sono privilegi minimi, d'accordo, se paragonati a quelli di chi
condanna il teatrino della politica, quando rilutta a rappresentare il suo
musical preferito. La politica immota, richiusa su se stessa, marcisce.
Occorre altro.
Il centro e' aperto al mondo circostante, non delimita e chiude la sua
azione, non registra cio' che riceve, va oltre gli iscritti, gli iniziati, i
battezzati, gli aderenti, i fruenti delle stesse idee e degli stessi beni.
Al posto della societa' circoscritta che esclude trova posto il centro che
da' e non sa piu' dove arriveranno le onde che partono da esso. Il pensiero
torna ai Centri di orientamento sociale, all'esperienza consiliare, dove
potere e sapere stanno assieme. E' un'indicazione che puo' dar vita a
strutture non effimere, articolarsi in procedure. E' avvenuto in passato,
quando ancora i sindacati non fornivano magari sindaci e presidenti, ma
cercavano nuovi istituti, sperimentavano lotte ed organizzazione, partendo
dai gruppi omogenei di base. E' la condizione per affrontare il mare di
incertezza nel quale ci troviamo (un altro dei saperi indispensabili secondo
Morin). Vi sono donne e uomini, nei partiti, nelle istituzioni che avvertono
tutta la pochezza di una visione aziendale, che ha conquistato ogni luogo e
che al piu' si ripromette di fare del cittadino un cliente, che ha sempre
ragione (di quella ragione che si concede, appunto, a chi non ragiona). Vi
sono donne e uomini impegnati, come si dice, nel sociale che ne avvertono i
limiti. Vi sono ancora cittadini che sentono l'incompletezza di una vita,
che non passi per la vita pubblica, che non si rassegnano ad essere clienti.
I clienti sono persone che dipendono e sono controllate da chi li aiuta e li
guida. I clienti sono persone che concepiscono la propria esistenza in
funzione delle proprie carenze, persone che aspettano che altri agiscano per
loro conto. I cittadini sono invece persone che capiscono i propri problemi.
I cittadini avvertono che esiste un legame tra loro e credono nella loro
capacita' di agire. I buoni clienti sono cattivi cittadini, scrivono Osborne
e Gaebler in Dirigere e governare.
*
5 Nuova socialita' per la comunita' aperta
"L'apertura alla compresenza, la persuasione di un'interdipendenza infinita,
eterna perche' crescente tra tutti gli esseri che mai sono stati, che sono e
che saranno" (Aldo Capitini).
L'ultimo dei saperi, che Morin indica come indispensabili per entrare nel
XXI secolo, e' l'etica del genere umano, che non si insegna con lezioni di
morale. Muove dalla coscienza di essere sia individuo, che parte di una
societa', che di una specie. Promuove le azioni politiche e le forme
giuridiche che mirano alla realizzazione della cittadinanza terrestre. Segni
di quanto questa necessita' sia avvertita non mancano. I vari Forum, piu' o
meno sociali, che si svolgono in giro per il mondo (con tutti i loro
limiti), lo testimoniano. Ma e' importante anche rispondere in modo adeguato
alla frana delle istituzioni democratiche, che da vicino ci minaccia. Il
pensiero va al referendum costituzionale che deve bocciare l'attacco portato
alla Costituzione. Anche in questo caso si tratta dell'esito ultimo di un
processo le cui responsabilita' riguardano l'intero ceto politico e una
popolazione priva di una decente educazione civica. Si inscrive in un
mutamento epocale, del quale Marco Revelli ci parla ne La politica perduta.
Meglio di molti politologi ha descritto questo tipo di processi Emily
Dickinson:
"Sgretolarsi non e' un evento istantaneo
o una cesura fondamentale
i processi di dilapidazione
sono deperimenti sistematici.
E' dapprima una ragnatela dell'anima
una pellicola di polvere
un insetto che scava nella trave
una ruggine degli elementi.
La rovina e' metodica - consecutivo
e lento e' il lavoro del diavolo -
cadere in un istante, a nessuno e' successo
scivolare - e' la legge del crollo.
Gli strumenti tradizionali della politica non hanno saputo vedere i segnali
di questa frana, tuttora in corso a vari livelli (statale, infrastatale e
sovrastatale). Occorre una nuova socialita', capace di cogliere per tempo i
segni delle crisi e di affrontarle, ai livelli e nei campi in cui si
manifestano. Questa socialita' non si produce spontaneamente. Va alimentata
quotidianamente facendosi Centro, come suggeriva Capitini, a partire dalla
singola persona, dal piccolo gruppo, per giungere ai contatti piu' vasti.
L'attenzione va alle forme istituzionali, alle attivita' produttive,
all'ambiente, in cui si scarica l'incapacita' di dare soluzioni non
distruttive ai nostri conflitti, alla soddisfazione dei nostri bisogni, al
nostro vivere associato. "L'individuo si trova in gruppi di condizionamenti,
che per semplificazione abbiamo ridotto a tre: lo Stato, l'Impresa, la
Natura", scriveva Capitini. La costruzione del potere di tutti si confronta
con questi ambiti, a tutti i livelli, per farne luoghi di liberazione e non
di oppressione. Si misura quindi nella capacita' di trasformare i conflitti,
nelle esperienze di pianificazione dal basso, nelle varie forme di
democrazia inclusiva, nel dare dignita' e sicurezza a chi lavora e a chi
lavorare non puo' ancora o piu', nell'impostare un rapporto con la Natura
piu' maturo e responsabile...
Non mancano, nel mondo e nel nostro paese, persone che su questa strada si
sono messi e, fortunatamente, ci precedono. Non e' persa la speranza che
qualcuno un giorno dica, come Capitini si augurava, "Ieri eravamo violenti".

4. INCONTRI. MARCO PALOMBO: UN CONVEGNO A FIRENZE
[Ringraziamo Marco Palombo (per contatti: tabaccheriapalombo at tiscali.it) per
questo intervento. Marco Palombo, amico della nonviolenza, e' tra i
promotori dell'appello di Verona dell'8 novembre 2003 per un'Europa neutrale
e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta]

Sabato 6 maggio si e' svolto a Firenze l'incontro nazionale su "Nonviolenza
e politica". L'assemblea e' stata vivace e piena di spunti, molti dei quali
meriterebbero di essere ulteriormente approfonditi. Tra gli argomenti
trattati: La Pira, servizio civile, difesa popolare nonviolenta, picco
petrolifero, editoria nonviolenta, minaccia atomica ed altri ancora.
Tra tutti gli interventi vorrei sottolineare soprattutto quanto e' stato
detto da Nanni Salio, che non ha svolto un intervento rituale ma ha fatto un
forte richiamo a comprendere e non sottovalutare i rischi del momento
storico che stiamo vivendo.
Gli elementi sui quali Nanni Salio ha basato la sua riflessione sono: il
picco petrolifero ineluttabile con i problemi ancora irrisolti di
sostituzione del greggio soprattutto nei trasporti e nella catena
agroalimentare, il nuovo aumento delle spese militari che erano calate dopo
il 1989, la forte opposizione Usa all'ipotesi che il dollaro perda il
monopolio come moneta degli scambi petroliferi, la minaccia atomica sempre
presente.
Sarebbe bello e utile avere un testo o alcuni testi di Nanni Salio su questi
temi e impostarci una discussione; e poi magari, partendo da alcuni punti di
analisi condivisi, programmare anche azioni comuni da parte della galassia
nonviolenta e pacifista. Sulla necessita' di azioni e posizioni comuni su
alcuni temi centrali si e' espresso anche Alfonso Navarra, riferendosi
soprattutto alla difesa popolare nonviolenta. Perplessita' le ha espresse
invece Lidia Menapace che vede nella ricerca di sintesi un rischio che
limita le differenze di approccio alle questioni.
Concludo queste brevi note con l'auspicio che la bella discussione di sabato
continui su questo giornale e in altre sedi, i temi trattati sono stati
molti e rilevanti, e che alle analisi  seguano anche azioni concrete,
perche' le guerre si evitano lavorando in tempi di pace e, come ho sentito
una volta dire a Pietro Pinna, "fermare una guerra quando e' gia' cominciata
e' come fermare un uragano con un retino per acchiappare farfalle".

5. RIFLESSIONE. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: VIA LE BOMBE ATOMICHE DALL'ITALIA
[Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it)
per questo intervento. Angela Dogliotti Marasso, rappresentante
autorevolissima del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del
Movimento Nonviolento, svolge attivita' di ricerca e formazione presso il
Centro studi "Sereno Regis" di Torino e fa parte della Commissione di
educazione alla pace dell'International peace research association; studiosa
e testimone, educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della
nonviolenza in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente
Aggressivita' e violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su
Domenico Sereno Regis, in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia -
Movimento Nonviolento, Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia
storia, la tua storia, il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003;
Con Elena Camino (a cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni
Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2004]

La proposta di Zanotelli e' essenziale, importante, da sostenere.
Tra le cose che suggerisce come iniziative da prendere, al fine di
promuovere una rete attiva dei movimenti nonviolenti e per la pace contro il
nucleare, mi sembra particolarmente opportuna quella di convocare un
incontro all'Arena di Verona, che riprenderebbe quelli passati organizzati
dai Beati.
Cosi' come mi sembra di particolare concretezza ed efficacia, e dunque da
sostenere, l'azione del comitato "Via le bombe", per l'eliminazione degli
ordigni nucleari da Aviano e dall'Italia, comitato che sara' costituito
domenica 28 maggio (www.vialebombe.org).

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ECO DEL SALMO 22
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Il salmo 22 (21 nella numerazione della Vulgata) e' uno dei piu' noti,
perche' si apre con l'urlo che - come narrano i vangeli di Marco e di
Matteo - Gesu' lancio' sulla croce prima di morire: "Dio mio, Dio mio,
perche' mi hai abbandonato?". Lo seguiamo nella traduzione di Gianfranco
Ravasi (I Salmi, Rizzoli, Milano 1996).
Per gli ebrei, citare il primo versetto di un salmo significava richiamare
il salmo intero. Questo salmo 22 comincia con quel grido, ma comprende anche
toni ben diversi. E' un lamento del misero colpito, un doloroso rimprovero a
Dio che resta assente, e poi diventa improvvisamente un ringraziamento a Dio
che ascolta, un inno a Dio re universale.
Possiamo darne una sintesi schematica: all'urlo dell'abbandonato (vv. 2-3)
segue un canto di richiamo, un doloroso rimprovero al Dio assente (vv.
4-22), del quale l'orante riconosce le opere compiute nel passato (vv. 4-6),
ma per me - gli dice - non fai nulla! (vv. 7-9), eppure tu mi hai creato e
protetto (v. 10), io ho avuto sempre fede in te (v. 11), ora ti invoco, non
restare lontano! (v. 12). Quindi il salmista tormentato canta il proprio
sfacelo (vv. 13-22), la sua dignita' calpestata (vv. 13-19) e insiste
nell'invocazione (vv. 20-22). Improvviso e breve come un lampo, l'ultimo
stico del v. 22 grida che Dio ha risposto all'appello! Segue l'annuncio
universale (vv. 23-32) - nello spazio di tutti i viventi e persino dei morti
(vv. 23-30), e nel tempo delle generazioni venture (vv. 31-32) - che Dio
presta attenzione, che il suo potere salva, e dunque merita di essere
riconosciuto e ringraziato.
*
Ripercorriamo questa esperienza. Il derelitto grida a Dio un duro
interrogativo, ma il suo lamento ricade impotente, resta lontano dalla
salvezza. Di giorno e di notte grida, ma Dio tace, non risponde. Dopo il
rimprovero audace e accorato, l'orante ricorda a Dio cio' che Dio dimentica:
tu sei attorniato dalle lodi di Israele per la tua santita' e per cio' che
facesti nella liberazione dei padri antichi. Anch'essi gridarono, come lui
ora grida, ebbero fiducia e non furono delusi. Ma ora, per lui disprezzato e
rifiutato, deriso perche' confida inutilmente in Dio, per lui che Dio ha
creato e protetto fin dalla nascita, che fino dalle viscere materne si e'
appoggiato con fede al suo Dio, per lui Dio resta lontano, gli e' vicina
solo l'angoscia, e nessuno che lo aiuti. Egli e' allo sfacelo: come belve
numerose e variamente terribili, i nemici lo assediano, minacciano di
divorarlo. Si sente dissolto nella debolezza, ossa cuore e viscere sono fusi
come cera, e' legato mani e piedi, stretto tra i malvagi, che sono una
banda. Ha tutti gli occhi addosso, le ossa a pezzi, tutte le sue cose,
persino le vesti, se le spartiscono i nemici, lasciandolo nudo e ferito. Di
nuovo grida a Dio: non restare lontano, tu sei la mia forza, affrettati in
mio aiuto! Che Dio liberi la sua vita, l'unico bene che gli e' rimasto,
dalla spada e dalle fauci dei divoratori!
In questa situazione, dopo il lamento senza fiato, scoppia un nuovo diverso
grido: mi hai esaudito! E' tanto sincero e drammatico l'urlo iniziale che
questa non puo' essere l'appiccicatura di un lieto fine, ma un'esperienza
irrompente, o emergente, egualmente autentica. Il salmista non si sofferma
sul momento della liberazione, o illuminazione, ma lo sorpassa subito, ne
tralascia i particolari, mentre prima aveva descritto in dettaglio la sua
disgrazia, e guarda avanti. I verbi, che erano inchiodati al presente e
rivolti tristemente al passato, ora saltano al futuro.  Egli parlera' di Dio
a tutti, lo ringraziera' e invitera' tutti a lodarlo, perche' non ha
sdegnato la miseria del povero, ha ascoltato la sua invocazione, non gli ha
piu' nascosto come prima il suo volto. Si rivolge direttamente a Dio: tu sei
la mia lode, davanti a tutti mi ricordero' sempre di te! I poveri, come era
lui stesso fino a poco fa, saranno saziati. I cercatori di Dio lo
riconosceranno, e il loro cuore sara' pieno di vita, per sempre. Tutti i
popoli, in ogni terra, lo sappiano e si rivolgano a Dio, che tutti governa
con regale giustizia. Persino i morti, che dormono laggiu', fuori da questa
vita, si inchinino a lui. Lo faranno anche i nostri discendenti, che
parleranno di lui ai loro figli, annunceranno la sua salvezza a chi non e'
ancora in questa vita. Ecco cio' che Dio opera!
Ci sono, nel salmo, parole e idee scandite e modulate, affini e opposte,
come le note di un canto veritiero sulla vita: abbandono, lontananza, grido,
rispondere, lodare, confidare, affidarsi, assediare, sbranare, proteggere,
aiutare, vigore, sfinitezza, esaudire, salvare, annunciare, i poveri, i
padri, la terra, i popoli, i morti, i posteri, il tempo, l'attesa.
Che cosa e' cambiato, a meta' del salmo? La seconda parte e' una profezia,
lanciata nel futuro, che chiama qui il futuro intravisto. Non e' un
bollettino di vittoria piantato nel presente, come i monumenti di pietra dei
vincitori. Forse la soluzione improvvisa e' soltanto un cambio di visuale,
una diversa luce sulle stesse cose, come quando il sole fora le nubi, ma non
le scaccia. Ci sono ancora i malvagi, belve che assediano il povero. Ancora
il perseguitato e' sfiancato nelle ossa e nell'anima. Dio tace ancora. Ma la
memoria di qualche bene, venuto una volta, diventa risposta e promessa: un
bene piu' forte resiste sotto la tempesta del male, un soffio sottile nel
silenzio - la dumija' udita da Elia dopo i fragori delle potenze - e'
risposta esaudimento e vicinanza. La piccola voce ha colmato la distanza,
nell'intimo.
*
In generale, i salmi sono uno specchio della vita, prima che della fede. I
vari tempi del nostro vivere, le oscurita' e le luci, sono esperienza di
tutti, tutti le viviamo e conosciamo. I salmi non sono chiusi nella libreria
religiosa, se non per ignoranza e pregiudizio. Essi stanno a buon diritto
nella grande letteratura morale, in quella drammatica poesia e narrazione
del profondo, modulazioni della lingua umana universale, atmosfera del
nostro respiro, voce che percorre senza rumore le carni, le anime, i giorni
di chi vive, e tenta di vivere; voce di voci della nostra umanita', che
avvolge la terra umana, che accompagna il corteo delle generazioni, che
conforta, interpreta, orienta la fatica di vivere, e accoglie la sorpresa
attesa - o non piu' attesa; voce che puo' riconoscere chiunque ha un cuore
pensante e interrogante, un cuore che sa soffrire, cercare, attendere.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1294 del 13 maggio 2006

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