Nonviolenza. Femminile plurale. 63



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 63 dell'11 maggio 2006

In questo numero:
Carla Bausone e Grazia Corrente: Virginia Woolf, Simone Weil, Etty Hillesum.
Estranee o in prima linea? (parte prima)

STUDI. CARLA BAUSONE E GRAZIA CORRENTE: VIRGINIA WOOLF, SIMONE WEIL, ETTY
HILLESUM. ESTRANEE O IN PRIMA LINEA? (PARTE PRIMA)
[Ringraziamo di cuore Grazia Corrente (per contatti: mauotti at libero.it), la
casa editrice Seb 27 (per contatti: e-mail: edizioni at seb27.it, sito:
www.seb27.it), Istoreto e Irri Piemonte, per averci messo a disposizione
questo capitolo "Virginia Woolf, Simone Weil, Etty Hillesum. Estranee o in
prima linea?" di Carla Bausone e Grazia Corrente (1) apparso nel bel libro
promosso da Istoreto (Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e
della Societa' Contemporanea "Giorgio Agosti" e da Irre Piemonte (Istituto
Regionale di Ricerca Educativa) a cura di Carla Colombelli, La guerra non ci
da' pace. Donne e guerre contemporanee, Edizioni Seb 27, Torino 2005 (oltre
a quello della curatrice Carla Colombelli il volume - che si apre con una
presentazione di Roberto Alonge e Claudio Dellavalle - raccoglie testi di
Carla Bausone, Giorgio Belli, Grazia Corrente, Graziella Gaballo, Cristina
Giudice, Franca Miglietta, Enrica Panero, Marisa Peisino, Laura Poli, Paola
Porceddu, Emma Schiavon; hano inoltre contribuito alla sua realizzazione
Ersilia Alessandrone Perona, Loredana Truffo, Margherita Granero, le Donne
in Nero e la Casa delle Donne di Torino, Marina Abramovic, Maja Bajevic,
Lala Meredith-Vula, Shirin Neshat, Galleria Massimo Minini, Galleria Marco
Noire, Galleria Alberto Peola).
Carla Bausone, docente e saggista, collaboratrice dell'Istituto piemontese
per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea "Giorgio
Agosti", dell'Istituto regionale di ricerca educativa del Piemonte e di
altre istituzioni culturali, e' autrice di vari interventi su temi di storia
delle donne e questioni educative.
Grazia Corrente, storica, docente e saggista, collaboratrice dell'Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea
"Giorgio Agosti" e dell'Istituto regionale di ricerca educativa del
Piemonte, e' autrice di vari studi sulla storia e il pensiero delle donne.
Carla Colombelli collabora con l'Irre del Piemonte e con l'Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea.
Tra le opere di Carla Colombelli: (a cura di, con Laura Derossi), Genere,
storia, scuola: sei percorsi didattici, Edizione Irrsae Piemonte - Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea,
Torino 1999; (a cura di), La guerra non ci da' pace, Edizioni Seb 27, Torino
2005.
Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra
nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande
rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi,
di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida
nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti
delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue
opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi
(in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di
Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un
atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana
ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia
delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini
nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai
quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono
particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per
se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma
ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono
le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf,
Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova
Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980.
Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto
marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977.
Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa,
militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria,
operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti,
lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a
lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione,
sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna
come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della
Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici
(e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti
le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione
italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La
condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita',
SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni
precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994.
Etty Hillesum e' nata a Middelburg nel 1914 e deceduta ad Auschwitz nel
1943, il suo diario e le sue lettere costituiscono documenti di altissimo
valore e in questi ultimi anni sempre di piu' la sua figura e la sua
meditazione diventano oggetto di studio e punto di riferimento per la
riflessione. Opere di Etty Hillesum: Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985,
1996; Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001. Opere su Etty Hillesum:
AA. VV., La resistenza esistenziale di Etty Hillesum, fascicolo di
"Alfazeta", n. 60, novembre-dicembre 1996, Parma; Nadia Neri, Un'estrema
compassione, Bruno Mondadori Editore, Milano 1999; Pascal Dreyer, Etty
Hillesum. Una testimone del Novecento, Edizioni Lavoro, Roma 2000; Sylvie
Germain, Etty Hillesum. Una coscienza ispirata, Edizioni Lavoro, Roma 2000;
Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero,
Padova 2002; Maria Pia Mazziotti, Gerrit Van Oord (a cura di), Etty
Hillesum. Diario 1941-1943. Un mondo 'altro' e' possibile, Apeiron,
Sant'Oreste (Roma) 2002; Maria Giovanna Noccelli, Oltre la ragione, Apeiron,
Sant'Oreste (Roma) 2004]

Si possono evitare le guerre? E' legittima la guerra contro chi priva gli
esseri umani dei loro diritti? E' giustificabile l'uso delle armi in caso di
resistenza o di lotta rivoluzionaria? Si possono arginare la violenza e
l'odio? E' necessario usare la forza per realizzare l'ordine e la
convivenza? E' possibile porre le basi per un mondo altro?
Queste e altre domande, che noi oggi ci poniamo, erano quelle che non
poche/i gia' si facevano nel periodo tra il 1933 e il 1943. Nell'ambito di
quel dibattito emergono per incisivita', originalita' e umanita' i testi di
Virginia Woolf, Simone Weil e Etty Hillesum. A fronte dell'importanza del
loro pensiero, si constata pero' l'assenza quasi totale di queste pensatrici
nei libri indirizzati alla scuola. Non c'e' da stupirsi, se teniamo presente
che, non solo nei testi scolastici, ma in generale nei libri di storia e di
letteratura e' molto limitata la presenza delle donne nel corso dei secoli.
In un intervento sul tema della guerra e della politica, a proposito di
questa assenza Luisa Muraro usa l'espressione "silenzio delle donne", ma poi
sottolinea la diversita' e, proprio per questo, l'importanza di una presenza
femminile: "C'e' un filo di autorita' femminile che percorre la storia
politica dell'occidente. Intendo: autorita' di donne dotate di indipendenza
simbolica dal sistema del potere. Questo filo corre dall'antichita' fino ai
nostri giorni" (2). E' appunto l'aver trovato in queste pensatrici
l'indipendenza simbolica dal potere che ci ha spinte ad approfondire il loro
pensiero e a proporre spunti di lettura per un lavoro didattico, incalzate
dagli eventi dell'ultimo decennio del secolo scorso e dei primi anni del
nuovo millennio.
Piu' o meno consapevolmente, e in modi differenti, le tre scrittrici non
accettano la logica di un mondo strutturato in modo tale da generare
ingiustizie e discriminazioni, massacri e campi di sterminio (dalla guerra
di Spagna, alle persecuzioni staliniane, alla soluzione finale). Tutte e tre
si sforzano di liberarsi dai luoghi comuni, analizzano lucidamente forme di
espressione e miti, mettendo in discussione parole come patria, onore,
obbedienza, liberta', nazione, diritti, consapevoli della complessita' delle
cause dei conflitti. Nelle foto e nei bollettini di guerra, nell'esperienza
diretta in Spagna o nei campi di sterminio esse avvertono che la guerra e'
qualcosa di orribilmente fisico e individuano nelle semplificazioni,
nell'astrattezza e nell'inadeguatezza delle parole, o addirittura nelle
menzogne, il segno dell'incapacita' degli uomini di calarsi nella realta',
di pensare al di la' degli stereotipi, delle cristallizzazioni, dei grandi
sistemi astratti che, come fantasmi, guidano l'umanita' verso i massacri.
Spesso i loro scritti sono provocatori, sgradevoli o irritanti; forse e'
questo il segno in qualche misura della loro "estraneita'" rispetto al mondo
in cui vivono ed e' quello che le rende per noi oggi particolarmente
interessanti, se non vogliamo cessare di metterci in discussione.
Trasformare prima di tutto se stesse per trasformare il mondo; educare e
formare se stesse per formare gli altri; porre alla base dell'azione
politica un cambiamento educativo, una specie di capovolgimento rispetto al
passato; dare una testimonianza in prima persona; essere "lievito" per
trasformare la massa: sono questi alcuni degli elementi che emergono dalla
loro insoddisfazione e dalla loro estraneita' e sono anche un invito ad
andare oltre le semplificazioni che vorrebbero farci credere il bene e il
male nettamente divisi dietro ogni azione umana, dietro ogni dichiarazione
di guerra, un forte richiamo a rivedere i parametri stessi su cui si e'
costruita la politica del mondo moderno. Nelle loro analisi esse non si
fermano alle pure constatazioni, ma prospettano nuove linee costruttive,
percorsi per uscire dagli orrori e dalle divisioni, per non soccombere
all'odio, per inventare un mondo sottratto finalmente alla logica della
forza. Verrebbe voglia di dire: in "prima linea" proprio perche' "estranee",
capaci di dire basta alle menzogne e all'immaginario produttore di
sofferenze che c'e' dietro ogni conflitto ieri come oggi.
Smontare, svuotare e capovolgere per ricominciare tutto da capo, questo in
sostanza il messaggio che emerge dai loro testi; vale la pena leggerli o
rileggerli, proporli anche nel mondo della scuola, in tempi in cui il
modello politico che ha creduto nel monopolio dell'uso della forza viene
messo in discussione.
Al di la' degli atteggiamenti comuni, troviamo nei loro scritti personalita'
e toni diversi. I testi di Virginia Woolf permettono un discorso sulla
diversita', sull'estraneita' e l'impegno, sullo svelamento della complicita'
rispetto al mondo in cui si vive e prospettano la liberta' delle donne
attraverso il pensiero della differenza sessuale. Simone Weil,
particolarmente lucida sul piano dell'analisi critica, al di la'
dell'importanza e dell'originalita' dei contenuti, che mirano a una vera e
propria teoria filosofica e politica, ci indica un metodo di lavoro, una
testimonianza di vita basata sul continuo, ininterrotto interrogare se
stessa. I due soli testi pervenutici di Etty Hillesum, il diario e le
lettere, per il tono intimo e personale e l'assenza di un pensiero
organicamente strutturato, costituiscono piuttosto, nella lettura diretta
delle sue parole, un'occasione di incontro con una personalita' ricca e
complessa, una traccia per un lavoro su di se', per un percorso di
riflessione e di relazione con gli altri, vera e propria via per un mondo
altro.
Di ognuna presentiamo tracce biografiche introduttive e cenni generali alle
opere. In una scheda conclusiva indichiamo alcuni passi dei loro testi per
una lettura diretta, la sola che puo' dare l'idea dell'articolazione del
dibattito sull'argomento e, permettendo di avvertire il fascino e la
bellezza delle loro pagine, puo' essere uno stimolo alla conoscenza delle
opere per intero in prima persona. L'indicazione antologica permette inoltre
la costruzione di percorsi a livelli diversi e per linee tematiche.
*
Virginia Woolf
Immagini di guerra
In un ambiente familiare di agiatezza e raffinata cultura - il padre Leslie
Stephen era storico e critico letterario - si svolgono l'infanzia e la
giovinezza di Virginia Woolf, nata a Londra nel 1882; ma la morte della
madre, avvenuta quando Virginia aveva appena tredici anni, il rapporto
conflittuale con il padre e la successiva morte della sorella Stella,
costituiscono momenti di dolore e infelicita' destinati a segnare la sua
vita futura. Si lega sempre di piu' a Vanessa, la sorella artista e
pittrice, insieme alla quale frequenta attivamente il circolo di Bloomsbury,
composto da giovani intellettuali anticonformisti.
La partecipazione al gruppo e la fondazione insieme al marito, Leonard
Woolf, di una propria casa editrice, la Hogart Press, caratterizzano il suo
impegno sociale e professionale, ma l'attivita' principale, verso cui sempre
dimostrera' grande passione e dedizione totale, e' costituita dalla
scrittura, a proposito della quale in Momenti di essere, esplicitamente
dira': "Sento che scrivendo faccio qualcosa di gran lunga piu' necessario di
tutto il resto" (3).
La scrittura con le sue difficolta', le sue soddisfazioni e le sue ansie
sara' sempre al centro della sua esistenza e si intreccera' strettamente
alla vita quotidiana e alle sempre piu' frequenti crisi depressive, quasi,
come afferma Nadia Fusini, la malattia le donasse "accesso a qualcosa ad
avvicinare il quale la salute non basta" (4). La dedizione allo scrivere la
accompagnera' fino agli ultimi suoi giorni quando, nel 1941, colpita dalla
tragedia della guerra e dalle crisi depressive, si lascera' annegare nel
fiume Ouse.
Per Virginia, testimone del primo conflitto mondiale, pacifista come tutti i
componenti di Bloomsbury, la guerra e' stata sempre una realta'
drammaticamente sentita e considerata in stretta relazione a quella societa'
patriarcale piu' volte da lei analizzata e messa in discussione. L'opera che
in modo piu' ampio e articolato tratta questo tema e' il saggio Le tre
ghinee, a volte interpretato come un testo nettamente distinto dalla sua
produzione letteraria, da alcuni giudicato quasi un po' anomalo e bizzarro,
dalle femministe considerato documento fondamentale del pensiero della
dferenza sessuale. Un legame non esplicito ma profondo unisce invece Le tre
ghinee alla produzione narrativa precedente e, considerandolo in un'ottica
di continuita', se ne possono meglio cogliere la complessita' e la
ricchezza. Secondo Ginevra Bompiani "e' forse piu' utile alla sua
comprensione non considerarlo semplicemente un testo a se', scritto sotto
l'urgenza della catastrofe, ma come forma politica di un programma che
investe tutta la sua opera, che getta luce su tutta la sua scrittura" (5).
Il tema della guerra e' infatti gia' presente in alcuni romanzi degli anni
Venti e, anche se soltanto evocato, e' fondamentale per la vita dei
personaggi, quasi che drammaticamente l'esistenza dei giovani inglesi,
l'impegno dei loro studi e delle loro professioni fossero destinati a
terminare nella tragedia della violenza e della morte.
*
E' questo il caso de La stanza di Jacob in cui il protagonista evoca la
generazione dei giovani inglesi morta durante la prima guerra mondiale.
Mentre Jacob realizza la sua formazione intellettuale, gli studi a
Cambridge, i viaggi a Parigi, in Italia e in Grecia, nella realta' che lo
circonda il benessere e il progresso coesistono con le violenze della
guerra.
Contemporaneamente all'"incessante commercio delle banche, dei laboratori,
delle cancellerie, delle aziende industriali... che, dicono, spingono avanti
il mondo", si profilano le immagini di navi da battaglia che "dardeggiano
sul mare del nord" e si delineano volti di "una dozzina di giovani nel fiore
dell'eta' [che] scendono a viso tranquillo nelle profondita' del mare e li'
impassibili... affogano insieme, senza un lamento" (6). "Gli uomini dei club
e dei Ministeri" scrivono dunque una storia che si esprime con grandiosita'
e magniloquenza ma che non portera' altro che distruzione e morte. La
societa' inglese e' una realta' in cui la guerra e' voluta da chi ha il
potere, quel potere da cui le donne sono escluse, ma il frastuono di una
attivita' economica e politica frenetica e incessante sara' destinato a
perdersi nel silenzio della morte.
Il cammino esistenziale di Jacob viene descritto attraverso sensazioni e
frammenti, in modo impressionistico, cosi' come anche la guerra viene
evocata solo attraverso cenni e richiami, a cominciare dal cognome stesso di
Jacob, Flander (Fiandra) che, secondo Nadia Fusini, "nell'Inghilterra di
quegli anni non puo' che evocare la morte in battaglia" (7).
Nelle pagine del diario del 26 gennaio del 1920, proprio a proposito di
quest'opera, Virginia, rifiutando il realismo, parla di "una nuova forma per
un nuovo romanzo" (8) e ribadisce, come aveva gia' precedentemente
affermato, che se "la vita e' un alone luminoso, un involucro
semitrasparente... compito dello scrittore [e'] rappresentare questo spirito
mutevole, sconosciuto, illimitato" (9). Nelle pagine del romanzo il rumore
del mare e quello della guerra si potranno quindi quasi confondere e la
madre di Jacob potra' scambiare il frangersi delle onde per i colpi del
cannone.
Mentre nel romanzo ampio spazio viene dato agli studi di Jacob, ai suoi
sentimenti e ai suoi viaggi, alla sua morte sul campo di battaglia si
accenna soltanto e la notizia viene unicamente affidata al gesto della madre
che, trovandosi nella stanza vuota del figlio "che aveva lasciato tutto
com'era", solleva un paio di sue vecchie scarpe e chiede all'amico: "Che
debbo fare di queste, Bonany?" (10). A questa immagine finale viene affidata
la coscienza dell'assenza, della perdita e del dolore. La morte di Jacob e'
suggerita soltanto dagli oggetti abbandonati e le scarpe, che sono e saranno
per sempre vuote, diventano il simbolo di una presenza che non c'e' piu' e
di una morte inutile e vana.
*
La tragedia della guerra caratterizza ne La signora Dalloway il personaggio
di Septimus, il reduce che era stato tra i primi a partire volontario, la
cui vita e' collegata a quella della protagonista, Clarissa. Anche in questo
caso si nota una stretta relazione tra l'organizzazione della societa' e
l'esistenza della guerra, tra i valori che vengono presentati ed esaltati
dall'ordine simbolico dominante e la partecipazione alla guerra come
realizzazione delle virtu' virili (11).
L'iter di Septimus e', infatti, quale la buona societa' inglese si aspetta:
Septimus "divento' un uomo, fu promosso di grado, si conquisto'
l'attenzione, addirittura l'affetto del suo ufficiale, Evans si chiamava"
(12), ma proprio l'indifferenza provata di fronte alla morte dell'amico ("si
congratulo' con se stesso per non aver sentito quasi nulla, per aver reagito
con tanto buon senso") (13), non sara' priva di conseguenze e creera' in lui
un profondo senso di colpa. Ma un ulteriore senso di colpa, piu' intenso e
devastante, si impossessera' di Septimus per la consapevolezza di essere
stato tanto vicino alla morte ma di essere ancora vivo, mentre gli altri
hanno avuto la vita stroncata ("le ultime bombe lo mancarono. Le osservo'
esplodere con indifferenza") (14).
Il presente si confonde con il passato, il movimento della coscienza esprime
il fluire di un tempo interiore che si traduce a volte nel delirio. Sovente
nel momento delle allucinazioni vedra' ripresentarsi Evans: "Una voce usci'
da dietro il paravento. Era Evans che parlava. I morti stavano dalla sua
parte. 'Evans Evans' grido'" (15). L'orrore, la morte, l'atrocita' della
guerra non potranno essere dimenticate "perche' anche se ormai era tutto
finito, l'armistizio firmato, i morti sepolti, specialmente di sera, lo
prendevano d'improvviso quegli attacchi di paura. Non sentiva piu' nulla"
(16).
La societa', cosi' ipocrita e repressiva, e la guerra che e' parte di essa,
non potranno piu' essere tollerate e il suicidio si presentera' come scelta
conclusiva e definitiva. Nemmeno l'amore della moglie e la sua visione
positiva del reale, potra' distoglierlo dalla morte dal momento che la
percezione del mondo e' cosi' profondamente cambiata dopo l'esperienza della
guerra.
Il desiderio che Virginia indica nel diario del 30 agosto 1923, di volere
scavare "caverne dietro i [suoi] personaggi" (17), nel caso di Septimus si
tradurra' in una verita' di angoscia e di morte come unica possibile
realta'.
*
Anche nel romanzo Al faro, la presenza della guerra aleggia in tutta la
vicenda, si intreccia alle storie dei personaggi e in alcuni punti si fonde
simbolicamente con gli spazi del racconto. L'Inghilterra e l'importanza del
suo impero si collegano alla guerra, necessaria per accrescere e mantenere
un ruolo dominante. Il cenno all'India, in un primo momento evocata come
base dell'impero, riferimento degli "uomini [che] negoziavano trattati,
governavano l'India, controllavano le finanze" (18), richiama in seguito
immagini di morte, e i simboli di gloria e di potere si tramutano in oggetti
di rovina e distruzione: "stendardi a brandelli che bucano l'oscurita' delle
cripte di fredde cattedrali dove... si racconta di morti in battaglia e di
ossa sbiancate e riarse sulle remote sabbie dell'India" (19). Anche un puro
pensiero razionale, scisso dalla quotidianita', puo' diventare follia e
richiamare la guerra e non a caso il filosofo Mr Ramsay si fantastica al
contempo condottiero di una spedizione. Secondo Anna Brawer, "la guerra
diviene la realizzazione concreta del binomio filosofo condottiero" (20).
Nella seconda parte del romanzo, "Il tempo passa", la presenza di chi
passeggia sulla spiaggia, a cui appaiono "immagini le piu' strane - carni
trasformate in atomi che il vento trasportava" (21), richiama nello spazio
deserto dell'isola l'eco della guerra. Cominciano a delinearsi visioni
inquietanti: "Ci fu l'apparizione silenziosa di una nave color cenere,
apparve e scomparve; una macchia rosso porpora galleggio' sulla superficie
indifferente del mare, come se qualcosa di invisibile ribollisse nel fondo,
e sanguinasse" (22). In una casa ormai abbandonata e desolata dopo la morte
della signora Ramsay, mentre i deboli cenni di vita che ancora aleggiano
("il lungo drappo ondulo' lievemente ondulo' a caso... il sole rigava,
striava le stanze") (23) sono segnali inquietanti e premonitori, si
inserisce la presenza della guerra, come eco lontana ma ormai
angosciosamente vicina: "ma fosse sonno o dormiveglia, con la fine
dell'estate vennero dei suoni premonitori come i colpi ritmici dei
martelli... Piu' volte si udi' un tintinnio di vetri nella credenza come se
una voce da titano agonizzante avesse urlato... sembro' che in questo
silenzio, in questa indifferenza, in questa integrita' rimbombasse il tonfo
di qualcosa che cade" (24).
L'eco della guerra richiama il destino di Andrea, uno dei figli della
signora Ramsay, la cui morte viene indicata in parentesi, con scarne
notizie: "aveva saputo della morte di Andrea Ramsay (ucciso in un secondo da
una bomba, sarebbe diventato un grande matematico)" (25).
Nell'uso delle parentesi si ribalta la gerarchia tradizionale, le parole in
parentesi diventano le piu' significative e proprio la morte viene piu'
volte indicata con questa modalita'. Ancora una volta, quasi un testo di un
telegramma ufficiale e burocratico, si suggerisce come la morte in guerra,
colta nella sua inutilita' e vanita', sia il destino dei giovani inglesi
come Andrew: "Esplose una bomba in Francia. Saltarono in aria venti o trenta
giovani tra cui Andrew Ramsay, la cui morte, grazie a Dio, fu istantanea"
(26).
La desolazione e l'abbandono della casa si uniscono alla presenza della
guerra: la signora Ramsay non puo' piu' proteggere i suoi figli.
*
Una falena che danza sopra il falo'
Mentre una nuova guerra si avvicina, Virginia scrive nel suo diario il 13
marzo 1936: "Ma e' strano come i cannoni si sono di nuovo avvicinati alla
nostra vita privata. Li vedo con estrema chiarezza e sento il rombo".
L'isolamento viene sentito quasi come una prigione e la violenza delle
circostanze tocca anche la scrittura che diventa un "rosicchiare, come un
topo condannato, la... pagina quotidiana" (27). Alla volonta' di esprimere
ri.essioni e un pensiero piu' organico sulla guerra, di formulare un
discorso piu' articolato che in qualche modo desse ordine e sistematicita'
alle intuizioni, alle sensazioni e alle emozioni evocate nei romanzi,
concorrono eventi personali come la morte del nipote Julian Bell, partito
volontario per la Spagna (28), e la presenza in Europa della guerra ormai
incombente che suscita numerosi dibattiti e polemiche da parte di molti
intellettuali. In queste circostanze Virginia scrive Le tre ghinee
impegnandosi a fondo nella stesura dell'opera senza riuscire a smettere di
pensarci: "Sono cosi' completamente presa da Tre ghinee che quasi non riesco
a staccarmene" (29).
*
Virginia immagina di ricevere una lettera da un rispettabile avvocato che le
chiede di iscriversi a un comitato contro la guerra e di offrire un
contributo per questa associazione, ma nella risposta alla domanda che le
viene posta: "Secondo lei come si puo' evitare la guerra?" tocca temi piu'
vasti quali la discriminazione delle donne e la differenza, collegandosi
idealmente a quelli evocati in Una stanza tutta per se'.
Risulta cosi' un discorso teorico sulle donne e la guerra, che tiene pero'
ben presente la realta' del corpo (30) e dell'esperienza tragica della
morte, anche attraverso un continuo richiamo alle fotografie inviate dal
governo spagnolo: "Si vede un corpo di un uomo, o forse di una donna, non si
capisce bene; e' cosi' mutilato che potrebbe benissimo essere anche il corpo
di un maiale. Ma non c'e' dubbio che quelli laggiu' sono corpi di bambini
morti e quella e' la sezione di una casa spaccata a meta' da una bomba; in
quello che doveva essere un salotto sta ancora appesa la gabbia degli
uccelli" (31).
Le immagini di distruzione e morte vengono piu' volte ricordate nel corso
dell'opera, quasi che i corpi sfigurati o le case squarciate volessero
sempre farci ricordare, al di la' di tutti i ragionamenti e le riflessioni,
la realta' di una guerra che, come sottolinea Susan Sontag, "svuota,
frantuma, spacca, abbatte il mondo costruito" (32).
Parallelamente al richiamo a fotografie di cadaveri e macerie Virginia, nel
rispondere alla domanda che l'uomo colto le pone su come si possa prevenire
la guerra, fa ricorso alla narrazione di biografie. Ancora una volta viene
messa in primo piano la singolarita' della vita, la particolare esistenza di
ognuno/a, e il ricorso alla biografia diviene quello che Adriana Cavarero
definisce "un atto squisitamente politico" (33). L'idea di pacifismo che si
basa sulla considerazione dell'unicita' insostituibile dell'essere umano,
risulta cosi' piu' profonda e articolata rispetto a quella che semplicemente
considera il genere femminile, per la maternita' e l'abitudine alla cura,
necessariamente e naturalmente contrario alla violenza (34).
Come afferma ancora Adriana Cavarero: "La singolarita' umana,
necessariamente incarnata, se adottata come valore primario del senso e
dello stare in relazione nel mondo, permette infatti non soltanto di trovare
un criterio per giudicare - e non solo aborrire - la barbarie della guerra,
ma anche di scovare e denunciare il principio secondo il quale la guerra e'
un aspetto inscindibile della politica" (35).
Le donne appartenenti alle classi medie, figlie degli uomini colti, non
possono intervenire per evitare la guerra ne' attraverso il potere ne'
attraverso la forza, ma potranno far pesare la loro influenza tramite
l'istruzione quando avranno compiutamente realizzato l'indipendenza
economica. L'ingresso delle donne nelle istituzioni culturali non deve pero'
condizionarle e le parole e i metodi dovranno essere nuovi e diversi.
*
Virginia sottolinea la sua qualita' di outsider e sembra affacciarsi al
mondo maschile con curiosita' e stupore. L'ironia diventa strumento
privilegiato per descrivere il mondo degli uomini: strani appaiono gli abiti
del potere ("Gli abiti innanzi tutto ci lasciano a bocca aperta dalla
meraviglia. Come sono vari, sontuosi e ricchi di ornamenti gli abiti
indossati dagli uomini colti nella loro funzione di uomini pubblici") (36),
e le divise oggetto di ironia ("ogni bottone, ogni fiocco, ogni nastro
sembra possedere un significato simbolico") (37).
Diverso e' il punto di vista culturale delle donne, ma anche diversa
l'esperienza stessa della vita in relazione alla guerra: "combattere e'
sempre stata un'abitudine dell'uomo non della donna" cosi' come
l'"esaltazione", e la "soddisfazione di un bisogno" che gli uomini traggono
dal combattimento, alle donne "sono sempre rimaste estranee" (38), ma questa
estraneita', lungi dall'essere sentita come limite, dovra' invece sempre
essere conservata e difesa, nella consapevolezza della propria differenza.
Mentre gli uomini chiedono il contributo delle donne per prevenire la
guerra, Virginia dimostra che la guerra fa parte integrante del loro mondo
come estrema conseguenza di una logica di potere e di discriminazione
esercitata nei confronti delle donne. Per scongiurarla bisogna cambiare il
sistema che la incoraggia, aiutare i collegi femminili affinche' educhino la
gioventu' a "sentire la disumanita', la bestialita', l'insopportabilita'
della guerra" (39), non ricreino ne' tramandino i valori della societa'
maschile ma "inventino modi per far lavorare insieme la mente e il corpo"
(40).
A un fondo per la ricostruzione di un collegio femminile sara' quindi
offerta la prima ghinea.
*
Contributo concreto alla prevenzione della guerra potra' essere inoltre una
maggiore presenza femminile nella societa', che esprima valori alternativi e
integrita' intellettuale. "Aiutare le donne a guadagnarsi da vivere con le
libere professioni equivale ad aiutarle a ottenere l'arma dell'indipendenza
di pensiero" (41) e quindi a prevenire la guerra, ma le libere professioni
devono essere svolte con criteri diversi, le donne non devono unirsi al
corteo dei figli degli uomini colti, al desiderio e alla consuetudine di
potere e onori, ma devono pensare una civilta' diversa (´Pensare, pensare
dobbiamo... Non dobbiamo mai smettere di pensare - che civilta'e' questa in
cui ci troviamo a vivere?") (42).
A un'associazione che aiuta le figlie degli uomini colti a trovare lavoro
nelle libere professioni viene dunque offerta la seconda ghinea anche se e'
presente il timore che quando si entra in un ambito prima privilegio
maschile, si possa perdere la propria integrita': "Non abbiamo dunque
ragione di pensare che se anche noi eserciteremo le stesse professioni
acquisteremo le stesse qualita'? E non sono proprio queste qualita' a
provocare la guerra? Tra un paio di secoli, se eserciteremo le professioni
allo stesso modo, non saremo anche noi possessive, gelose, aggressive?"
(43).
Virginia prende quindi le distanze dal femminismo emancipazionista e rifiuta
con estrema chiarezza e determinazione l'idea di un'emancipazione pagata al
prezzo dell'omologazione. Le sue argomentazioni si inscrivono cosi' nel
pensiero della differenza sessuale e ne diventano punto di riferimento,
richiamo a quello che Ida Dominijanni definisce "un movimento della liberta'
femminile" che "al centro non mette la garanzia dei diritti, ma il rischio
di pensare se stesse e il mondo in autonomia dall'altro sesso" (44).
*
Ne Le tre ghinee l'ironia diventa ancora una volta, per le donne, una
modalita' fondamentale per guardare il mondo, per evitare il pericolo di
farsi attrarre dal prestigio e dagli onori, e alla risata viene affidato il
messaggio di stare lontane dal girotondo del potere ("Ma non appena vi
sentite attirare nel vortice del girotondo, smettete subito. Spezzate il
cerchio con una risata") (45). Come afferma Paola Cenzon, "l'ironia
femminile e' proposta come sguardo consapevole che le donne lanciano al
potere maschile dominante per impedirne la riconferma" (46).
*
Pur condividendo con alcuni uomini gli stessi scopi come il rifiuto della
guerra, Virginia auspica che le donne non si uniscano nella stessa
associazione, a cui peraltro dona la terza ghinea, ma ne fondino
eventualmente una nuova che potra' prendere il nome di Societa' delle
Estranee (47). Sara' un'associazione anomala, senza giuramenti ne'
cerimonie, accogliera' le donne che intendono, con propri metodi, difendere
la liberta' e la pace, mettera' in discussione e rifiutera' anche il
patriottismo.
Su questo tema particolarmente dibattuto in quel momento storico, e oggi
nuovamente cosi' attuale, Virginia si esprime in modo chiaro e netto: "In
quanto donna non ho patria. In quanto donna la mia patria e' il mondo
intero" (48). Anche molti uomini, e in particolare i giovani, possono avere
queste posizioni ma per le donne si tratta di una caratteristica della loro
differenza, non importa se innata o frutto di educazione e cultura. Se le
donne non si possono identificare in una patria che ha loro negato
storicamente "l'istruzione e qualunque partecipazione alle sue ricchezze"
(49), il nesso strettissimo tra politica, patria e guerra spiega come
l'estraneita' delle donne alla guerra si colleghi alla loro esclusione dal
potere e dalla politica.
Ma esiste un altro tipo di politica e cosi' come nei romanzi Virginia
ricercava una realta' "dietro l'ovatta della vita quotidiana" (50) e il non
essere diventava "l'origine del senso, la sede della rivelazione e della
novita'" (51), anche per quanto riguarda la sfera politica, solo
l'estraneita' e la coscienza della differenza permettono di elaborare
pensieri e idee diverse.
Proprio a questo aspetto del suo pensiero guardera' il movimento femminista
degli anni Settanta (52) e, come nota Luisa Muraro, "questo non essere, non
ritrovarsi, non starci che mai prende la figura del rifiuto, diventera' il
fondamento della politica delle donne" (53). A loro infatti, non compromesse
con il potere, Virginia demanda il compito di "trovare nuove parole e
inventare nuovi metodi", e affida l'unica speranza di cambiamento della
societa'.
Gia' in Una stanza tutta per se' aveva affermato che le donne non devono
essere complici ma libere dai ricatti affettivi, non devono piu' essere "gli
specchi magici e deliziosi in cui si rifletteva la figura dell'uomo,
raddoppiata". Proprio questa modalita' che oggi sembra tristemente
ripresentarsi, e' fondamentale per creare consenso e accettazione nei
confronti della guerra, infatti, dice ancora Virginia, "senza questa
facolta'... tutte le glorie delle nostre guerre non sarebbero esistite"
(54).
*
Nell'ultima parte de Le tre ghinee il richiamo al pianto di un bambino, "un
pianto senza parole" nella "notte nera che copre oggi l'Europa", richiama la
memoria di un altro pianto antichissimo, quello di Antigone (55).
Con questa immagine si delinea un altrove femminile che evoca l'esistenza di
leggi non scritte, di estraneita' alla guerra, di rifiuto dell'ordine
costituito. "Le voci del passato" sembrano nuovamente risuonare, unirsi e
quasi confondersi con le "fotografie di cadaveri e macerie" che dalla Spagna
indicano la realta' di una guerra tragicamente vicina.
Soltanto una societa' in cui il mondo pubblico e quello privato siano
inseparabilmente collegati puo' essere equilibrata, altrimenti, afferma
Virginia, "cadaveri e macerie saranno il nostro destino se voi (uomini)
nell'immensita' delle vostre astrazioni pubbliche dimenticate l'immagine
privata e noi (donne) nell'intensita' delle nostre emozioni private,
dimentichiamo il mondo pubblico" (56).
Sembra quasi che questo pensiero si rifletta, per quanto riguarda Le tre
ghinee, anche nelle scelte stilistiche, dove il procedere argomentativo
tipico del saggio si esprime attraverso un "noi" che indica il costante
riferimento a una dimensione esistenziale. A uno stretto intreccio tra mondo
privato e mondo pubblico viene quindi affidata la speranza di una realta'
diversa in cui mente e corpo possano esprimersi nella loro unita'.
*
Al termine della stesura de Le tre ghinee Virginia dira' di credere
profondamente nel suo valore pratico e ancora notera' nel suo diario:
"Volevo (e non so dire con quanta insistenza, perseveranza, violenza lo
volevo) scrivere questo libro... come se avessi detto la mia parola:
prendere o lasciare" (57). La sua fiducia non esclude pero' il senso della
realta', la coscienza della fragilita' di un discorso rispetto alla forza
del potere e della violenza, la consapevolezza che il suo libro "mentre
l'intera Europa puo' andare a fuoco" e "tutto trema", "puo' essere una
falena che danza sopra un falo', bruciato in meno di un attimo" (58).
Nelle notazioni del diario, dal 1938 in poi, il timore della guerra e'
sempre piu' presente e quello che prima era un "brontolio inarticolato"
diventa "tenebre, tensione, morte" (59); la realta' appare sempre piu'
insensata e assurda: "Tutti questi uomini cupi mi sembrano adulti che
contemplano increduli il castello di sabbia di un bambino, castello che per
qualche inesplicabile ragione e' diventato vero e enorme e per distruggerlo
ci vuole la dinamite e la polvere" (60).
In un articolo del 1940, Pensieri di pace durante un'incursione aerea,
Virginia riprende i temi de Le tre ghinee e puntualizza ulteriormente il
rapporto tra le donne e la guerra.
Si raffigura sdraiata nel buio mentre cadono le bombe e nel cielo combattono
giovani inglesi contro giovani tedeschi, ma malgrado la tragicita' del
presente, pensa che l'unica possibilita', "il solo rifugio antiaereo
efficace" sia credere nella pace, "lottare con la mente, fabbricare delle
idee" (61).
Pur in una situazione disperata, quando l'occupazione tedesca
dell'Inghilterra sembrava ormai imminente, ribadisce la fiducia nel pensiero
e nella forza delle idee e, ancora una volta, proprio al pensiero delle
donne affida la speranza di un cambiamento radicale della societa' e quindi
la possibilita' di una pace reale e duratura. Le donne non devono rinunciare
al "pensiero privato", a quanto hanno elaborato, ma devono aver fiducia
nelle proprie capacita' anche se questo "espone forse all'insulto e al
disprezzo", nella convinzione che "se noi (donne) potessimo liberarci dalla
schiavitu', avremo liberato gli uomini dalla tirannia" (62).
Luisa Muraro sottolinea come il richiamo a lottare con la mente senza
rinunciare, ma anzi valorizzando la propria diffeerenza, esprima "l'idea di
una politica dell'agire simbolico, la politica dell'estraneita' che inventa
nuovi metodi e nuove parole e apre il cielo troppo basso, allarga
l'orizzonte troppo stretto" (63).
Le parole della propaganda che affermano che l'Inghilterra combatte per
difendere la liberta' sono "palloni d'aria", in realta' gli inglesi non sono
liberi ("questa sera siamo tutti prigionieri: gli inglesi nei loro aerei, le
inglesi nei loro letti") (64). E' nell'organizzazione stessa della societa',
nei rapporti tra i sessi, nel desiderio di dominare e di rendere schiavi,
l'origine dell'oppressione e della violenza e quindi della guerra. E' tutta
una tradizione, un'educazione e una cultura riferita alla guerra che devono
essere rifiutate e sono proprio le donne che possono "aiutare i giovani
inglesi a togliere dai loro cuori l'amore delle medaglie e delle
decorazioni" (65).
All'immagine finale di un giovane tedesco atterrato in un campo vicino, a
cui un'inglese offre una tazza di te', e alle sue parole di contentezza che
la lotta sia finita, viene affidato l'auspicio di un mondo diverso.
Quando "tutti i cannoni hanno smesso di sparare" e "il buio naturale della
notte ritorna", Virginia decide di spedire le sue "note frammentarie" e le
accompagna "con la speranza che vengano ripensate, generosamente e
caritatevolmente, e forse rimaneggiate fino a diventare qualcosa di utile".
E questa e', oggi piu' che mai, anche la nostra speranza.
*
Note
1. Il testo e' frutto della collaborazione fra le autrici. In particolare la
parte su Virginia Woolf e' stata scritta da Grazia Corrente e la parte su
Simone Weil e Etty Hillesum da Carla Bausone.
2. Luisa Muraro, Se la politica vince sulla guerra, in Guerre che ho visto,
"Quaderni di Via Dogana", Milano 1999, p. 15.
3. Virginia Woolf, Momenti di essere, in Saggi prose racconti, Mondadori,
Milano 1988, p. 1107.
4. Nadia Fusini, Nomi, Feltrinelli, Milano 1996, p. 83.
5. Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare di Virginia Woolf, in "Alfabeta",
novembre 1979.
6. Virginia Woolf, La stanza di Jacob, in Romanzi, Mondadori, Milano 2002,
pp. 170-171.
7. Nadia Fusini, Commento e note ai testi, in Virginia Woolf, Romanzi, cit.,
p. 1286. Afferma ancora Nadia Fusini che "secondo fonti ufficiali, quasi un
terzo dei caduti inglesi della prima guerra mondiale morirono li'. E le
perdite piu' alte furono tra i giovani della classe di Jacob".
8. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, Mondadori, Milano 1959, p. 43.
Il romanzo si delinea come un continuo intreccio di sequenze separate che ha
fatto pensare a Anna Banti a "un lucidissimo specchio che un sasso lanciato
violentemente riduca in innumerevoli frammenti. In ciascuno si riflette e si
isola un'immagine (o un discorso o un paesaggio o una riflessione) che il
lettore collaboratore si impegna a riconoscere ricomponendo l'insieme della
pagina" (Virginia Woolf, La Camera di Jacob, Introduzione di Anna Banti,
Mondadori, Milano 1983, p. 8).
9. Nadia Fusini, Commento e note ai testi, in Vrginia Woolf, Romanzi, cit.,
p. 1271.
10. Virginia Woolf, La stanza di Jacob cit., p. 195.
11. Sul rapporto tra gli uomini e la guerra si veda Joanna Bourke, Le
seduzioni della guerra, Carocci, Roma 2001.
12. Virginia Woolf, La signora Dalloway in Romanzi, cit., p. 286.
13. Ibidem.
14. Ibidem.
15. Ibidem, p. 293.
16. Ibidem, p. 286.
17. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 91.
18. Virginia Woolf, Al Faro, in Romanzi, cit., p. 406.
19. Ibidem, p. 529.
20. Anna Brawer, Ritratto come autoritratto. Al faro, Tirrenia Stampatori,
Torino 1987, p. 91.
21. Virginia Woolf, Al faro, cit., p. 534.
22. Ibidem, p. 536.
23. Ibidem, p. 535.
24. Ibidem.
25. Ibidem, p. 595.
26. Ibidem, p. 535.
27. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 347.
28. Alla morte del nipote Virginia Woolf dira' di aver sentito una "frattura
totale, un vuoto, un colpo alla testa" (lettera del 6 agosto 1937 riportata
in Virginia Woolf, Saggi prose racconti, Mondadori, Milano 1998, p. 1381).
29. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 361.
30. Si veda a questo proposito Cristina Faccincani, Il pensiero
dell'esperienza, in Diotima (a cura di), Il profumo della maestra, Liguori
Editore, Napoli 2004.
31. Virginia Woolf, Le tre ghinee, in Saggi prose racconti, cit., p. 438.
32. Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003, p.
7. Le immagini a cui si e' accennato sono oggetto di una puntuale analisi da
parte di Susan Sontag che ne riscontra pero' anche alcuni limiti.
33. Adriana Cavarero, Nel nome di Antigone, in "Micromega", supplemento n.
1, 2003, p. 28.
34. Cfr. Joanna Bourke, Le seduzioni della guerra, Carocci, Roma 2001, p.
272.
35. Adriana Cavarero, Nel nome di Antigone, cit, p. 30.
36. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 448.
37. Ibidem, p. 449.
38. Ibidem, p. 433.
39. Ibidem, p. 453.
40. Ibidem, p. 467.
41. Ibidem, p. 498.
42. Ibidem, p. 503.
43. Ibidem, p. 508.
44. Ida Dominijanni, L'eccedenza della liberta' femminile, in Motivi della
liberta', Franco Angeli, Milano 2001, p. 53.
45. Ivi, p. 525. Nelle note al testo Virginia Woolf afferma esplicitamente:
"Forse un antidoto indicato contro il piacere del dominio potrebbe essere la
risata" (Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit. p. 653). Ella stessa rifiuta
proposte prestigiose come la laurea ad honorem offertale dall'universita' di
Manchester o la presidenza del Pen Club come testimoniano le lettere del 26
marzo 1933 al vicecancelliere dell'universita' di Manchester e del 17 luglio
1935 a Vanessa pubblicate in Virginia Woolf, Falce di luna, Einaudi, Torino
2002.
46. Paola Cenzon, Virginia Woolf: la capra che fa la differenza, in "Dwf",
luglio-dicembre 2002, p. 72.
47. Gia' nel racconto La societa' del 1920 Virginia Woolf delineava l'idea
di una associazione di donne che investigasse i campi riservati agli uomini
e indicava il tema dell'insensatezza della guerra e dell'estraneita' delle
donne nei suoi confronti. (Virginia Woolf, La societa', in Tutti i racconti,
La Tartaruga Edizioni, Milano 2003).
48. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 560.
49. Ibidem.
50. Virginia Woolf, Momenti di essere, in Saggi prose racconti, cit., p.
1106.
51. Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare, cit.
52. Nel marzo del 1979 ando' in onda una trasmissione radiofonica su Le tre
ghinee a cui parteciparono Laura Conte, Manuela Fraire e Biancamaria
Frabotta, riportata in Biancamaria Frabotta, Letteratura al femminile, De
Donato, Bari 1980. Sul vivace dibattito seguito alla trasmissione si vedano:
Rossana Rossanda, Le iscrizioni alla Societa' delle Estranee non si sono
chiuse nel 1914?, in "Il Manifesto", 1 aprile 1979; Manuela Fraire, Le
iscrizioni alla societa' delle Estranee sono ancora aperte, in "Il
Manifesto", 15 aprile 1979; Nadia Fusini, Il femminile dell'artista, in
"Rinascita", 27 aprile 1979; Ginevra Bompiani, Il fare e il non fare, cit.
53. Virginia Woolf, Le tre ghinee (introduzione di Luisa Muraro),
Feltrinelli, Milano 1992, p. 21. A proposito della Societa' delle Estranee
Angela Putino scrive che: "sarebbe sbagliato credere che Virginia Woolf
indichi un percorso separato per le donne incapace quindi di incidere
concretamente sui rapporti di forza in gioco tra i due sessi. Virginia
sottolinea invece come il vantaggio della differenza femminile per ognuna
consista nel non sacrificare tale differenza" (Angela Putino, Amiche mie
isteriche, Cronocopio, Napoli 1998, p. 28). Si segnala, a lavoro ultimato,
l'incontro. Il dono della politica. Seminario su Le tre ghinee di Virginia
Woolf, Torino 4 dicembre 2004, Societa' italiana delle Letterate.
54. Virginia Woolf, Una stanza tutta per se', Il Saggiatore, Milano 1980, p.
39.
55. Virginia Woolf, Le tre ghinee, in Saggi prose racconti, cit., p. 599.
Sulla figura di Antigone molte studiose hanno scritto. Si veda in
particolare Maria Zambrano, La tomba di Antigone. Diotima di Mantinea, La
Tartaruga, Milano 1995, e Annarosa Buttarelli, Il gesto politico di
Antigone, in Guerre che ho visto, cit.
56. Virginia Woolf, Le tre ghinee, cit., p. 600.
57. Virginia Woolf, Diario di una scrittrice, cit., p. 375.
58. Ibidem, p. 381.
59. Ibidem, p. 391.
60. Ibidem, p. 392.
61. Virginia Woolf, Pensieri di pace durante un'incursione aerea, in Per la
strade di Londra, Il Saggiatore, Milano 1981, p. 158.
62. Ibidem, pp. 159-60. A proposito del disprezzo si ricorda che Le tre
ghinee avevano non a caso come primo titolo Sull'essere disprezzate.
63. Luisa Muraro, Guerre che ho visto, in Guerre che ho visto, cit., p. 27.
64. Virginia Woolf, Pensieri di pace, cit., p. 159.
65. Ibidem, p. 161.
(Parte prima - Segue)

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 63 dell'11 maggio 2006

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