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Notizie Est #273 - Serbia/Montenegro
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- Subject: Notizie Est #273 - Serbia/Montenegro
- From: "Est" <est@ecn.org>
- Date: Mon, 1 Nov 1999 18:23:57 +0100
- Posted-Date: Mon, 1 Nov 1999 18:36:16 +0100
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NOTIZIE EST #273 - SERBIA/MONTENEGRO
1 novembre 1999
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[Seguono due commenti sulle trattative
recentemente apertesi tra partiti serbi e
montenegrini riguardo al futuro della
federazione jugoslava: il primo e' dal
settimanale montenegrino "Monitor", il secondo
dal quotidiano serbo "Danas"]
LE TRATTATIVE TRA I PARTITI SUL FUTURO DELLA
FEDERAZIONE JUGOSLAVA
di Dragoljub Vukovic - ("Monitor" - Podgorica -
29 ottobre 1999)
Lunedi' 25 ottobre, una delegazione del Partito
Democratico Socialista (DPS) [il partito del
presidente montenegrino Djukanovic - N.d.T.]
guidata dal premier Filip Vujanovic, ha ospitato
a Sveti Stefan una delegazione del Partito
Radicale Serbo (SRS), il cui leader e' Vojislav
Seselj, guidata dal vice di quest'ultimo,
Tomislav Nikolic. Il giorno seguente, importanti
esponenti del Partito Socialista Serbo (SPS) e
della JUL, hanno ospitato a Belgrado, in diversi
luoghi e in diversi momenti, un'altra
delegazione del DPS, guidata da Svetozar
Marovic, vicepresidente del partito e presidente
del parlamento montenegrino. Questi incontri,
svoltisi su iniziativa dei partiti di Belgrado,
sono stati interpretati all'interno del DPS come
un cambiamento della posizione dei partiti di
governo serbi nei confronti del documento del
governo montenegrino relativo ai nuovi rapporti
tra Montenegro e Serbia, e spiegati come un
preludio piu' o meno logico a future trattative
a livello dei governi delle repubbliche. Ma dopo
gli incontri di Sveti Stefan e di Belgrado, si
puo' effettivamente parlare di un cambiamento
delle posizioni di SPS, SRS e JUL? La
prosecuzione logica di questa domanda e' se il
cambiamento ha a tal punto condizionato
l'abbandono della posizione dura da parte della
dirigenza del DPS da fare si' che le trattative
sui destini dello stato federale passino
immediatamente dal livello di incontri tra
partiti, a quello statale? E mentre su una
significativa svolta del triumvirato al governo
in Serbia per ora si possono fare solo
congetture, l'ammorbidimento della posizione
iniziale del DPS e' assolutamente evidente. Non
solo le trattative a livello di partiti
proseguiranno, ma, a giudicare dalle
dichiarazioni di Svetozar Marovic e' imminente
qualche forma di dibattito pubblico sulla
ridefinizione dei rapporti all'interno della
federazione. Si prevede che in tale dibattitvo
verranno coinvolti esponenti dei governi
repubblicani, ma il punto essenziale sta nel
fatto che e' stato abbandonato, o almeno
estremamente relativizzato, tutto quello su cui
nei giorni scorsi aveva ostinatamente insistito
Podgorica. Il fatto che SPS, SRS e JUL abbiano
dato prova di buona volonta' nel discutere con
il DPS i destini dello stato comune, puo' essere
direttamente interpretato come un'evoluzione
positiva. Nulla, tuttavia, dimostra che si
tratti nemmeno di un abbozzo di serio
cambiamento nelle posizioni della Belgrado
ufficiale. Al contrario, molti elementi portano
alla conclusione che si tratti solo di
cambiamenti tattici. Gli interlocutori del
triumvirato al governo in Serbia hanno fatto
chiaramente intendere ai dirigenti del DPS che i
rapporti all'interno della federazione possono
essere ridefiniti unicamente nei modi previsti
dall'attuale Costituzione federale. "Possiamo
cambiare la Costituzione, se ci accordiamo in
merito, ma dobbiamo cambiarla secondo modalita'
previste dalla Costituzione stessa, vale a dire
con una maggioranza dei due terzi dei voti nella
Camera dei cittadini e nella Camera delle
repubbliche", ha detto il radicale Nikolic in
un'intervista concessa a "Glas Crnogoraca"
subito dopo l'incontro sulla nota isola
montenegrina. Gorica Gajevic, segretario
generale del SPS, ha dichiarato, dopo gli
incontri di Belgrado, che le modifiche ai
rapporti interni alla federazione "devono
evolversi in modo legale e attraverso il sistema
delle istituzioni". Goran Matic, membro della
direzione della JUL, e' stato anch'esso preciso
nell'esprimere la posizione secondo cui "tutte
le modifiche verranno apportate in conformita'
alla Costituzione e alle modalita' stabilite
dalla legge". Non ci sono quindi dilemmi: i
radicali di Seselj, i socialisti di Milosevic e
la sinistra unita di Mira Markovic non hanno
cambiato di una virgola la propria posizione. E
non solo, a giudicare dalle loro interpretazioni
delle trattative, hanno anche convinto i
funzionari del DPS che i loro punti di vista
sono giusti. [...] Dopo le trattative tra le
delegazioni di DPS e SRS e' rimasto non chiarito
se i negoziati tra i partiti sarebbero
proseguiti. Dopo quelle di Belgrado, questo
dubbio e' stato cancellato - continueranno. Non
e' vero quindi, quello che ha detto Miodrag
Vukovic, presidente del Comitato Esecutivo del
DPS, secondo cui l'"eventuale offerta di
continuare trattative a livello di partito non
ha senso, perche' questa non e' una Piattaforma
di partito e non possiamo continuare trattative
solo all'interno dei partiti o tra partiti". Se
si tiene conto dell'estensione e,
conseguentemente, del potrarsi dei dibattiti
annunciati da Svetozar Marovic, non vale piu'
nemmeno la posizione di Vukovic secondo cui "sta
per scadere l'ultimatum per una risposta da
parte del governo serbo". Il DPS ha sminuito
anche la propria posizione secondo cui la
Piattaforma del governo montenegrino e' il
minimo sotto il quale non si andra', nonche' il
significato di tale documento. "Non si tratta,
naturalmente, di un documento ideale e
definitivo", ha dichiarato Marovic a Belgrado.
"Si tratta di un documento del quale noi
discuteremo, spero non solo oggi, ma ancora
svariate volte - intendo sia i rappresentanti
del governo che i rappresentanti dei nostri
gruppi parlamentari, cosi' come i rappresentanti
del mondo economico, quelli della vita pubblica,
e non solo uomini e partiti di governo...", ha
detto il vicepresidente del DPS e presidente del
Parlamento montenegrino. I socialisti
montenegrini, a giudicare dai fatti, non hanno
sofferto di eccessiva coerenza. A Belgrado hanno
dato prova di notevole flessibilita', offrendo,
almeno da quanto si puo' giudicare al momento,
qualcosa in cambio di niente. [...] Il DPS ha
gia' lasciato intendere che non farebbe lo
schifiltoso di fronte ad alcune offerte del
governo serbo. In concreto, accetterebbe di
entrare nella Camera delle repubbliche [causa il
rifiuto di Belgrado di riconoscere le elezioni
del 1997, nella Camera delle repubbliche siedono
ancora i rappresentanti del precedente governo
montenegrino, guidati da Momir Bulatovic,
attuale premier federale e uomo strettamente
legato a Milosevic - N.d.T.] e il posto di
premier federale, con la condizione che "in
Serbia si accetti la necessita' di impostare i
rapporti tra Serbia e Montenegro su una base
come quella proposta dal governo del Montenegro
o simile a essa". Le parole che abbiamo appena
citato sono di Milo Djukanovic, presidente del
Montenegro, che ha espresso tale possibilita' lo
scorso agosto in un'intervista rilasciata al
settimanale di Sarajevo "Dani". Forse il segreto
dell'arrendevolezza del DPS sta proprio nel
fatto che ora a Belgrado gli e' stato offerto
quello a cui e' stato promesso gia' in
precedenza un assenso? Di questa offerta non si
e' parlato pubblicamente, ma vi sono
informazioni secondo cui se ne potrebbe essere
parlato. "Se arriveremo a un accordo, noi di
DPS, SRS, SPS e JUL metteremo in atto tale
decisione anche in presenza della limitata forza
numerica del DPS nel parlamento federale,
perche' possiamo assicurare da soli una
maggioranza dei due terzi", cosi' ha anticipato
la soluzione finale Tomislav Nikolic, numero due
del SRS. Sulla stessa lunghezza d'onda e' anche
la dichiarazione del SNP [il partito di Momir
Bulatovic - N.d.T.] secondo cui quest'ultimo
sarebbe pronto a rinunciare al posto di premier
federale, se lo richiedesse l'interesse supremo
dello stato. Se il DPS si e' lasciato
coinvolgere (o si lascera' coinvolgere) in
questo tipo di accordi, dove tutto dipende da
belle frasi, si e' coscientemente esposto al
rischio di possibili raggiri. Cio' non sarebbe
un problema se fossero in gioco solo interessi
di partito, di qualsiasi genere. Ma quando si
tratta delle "Basi per nuovi rapporti tra il
Montenegro e la Serbia", in nessun modo si
tratta di qualcosa che riguarda unicamente il
DPS. Il documento e' stato approvato dal governo
montenegrino, del quale il DPS e' il membro piu'
forte e dalle maggiori responsabilita', ma ci
sono anche i popolari e i socialdemocratici. E'
in gioco quindi anche l'interesse degli altri
partner politici e, nel complesso, della
maggioranza del Montenegro. I socialisti di
Djukanovic hanno gia' dato prova di sufficiente
scorrettezza escludendo fin dall'inizio i propri
partner di coalizione dalle trattative su un
documento unitario dei governi delle due
repubbliche. Tali partner, naturalmente, non se
la sono presa piu' di tanto, poiche' ritenevano
che le trattative a livello di partito fossero
solo preliminari o, come assicurava Miodrag
Vukovic, "una fase intermedia, la verifica delle
posizioni dei partiti che formano i due
governi". Ma cosa succedera' se verra' fuori che
il risultato delle trattative tra il DPS e i
partiti di governo serbi sono molto piu' di una
"verifica delle posizioni"? Il DPS non ha forse
cosi' fin dall'inizio indebolito la posizione
contrattuale del Montenegro, scuotendo con dubbi
e diffedenza i rapporti all'interno della
coalizione di governo? Le prime reazioni dei
socialdemocratici alle trattative di Belgrado e
di Sveti Stefan confermano direttamente questa
ipotesi. [...] E' stato il governo, e non il
DPS, a chiedere poco tempo fa al parlamento di
appoggiare le sue attivita' "relative alla
Piattaforma proposta per risolvere in maniera
democratica i rapporti tra il Montenegro e la
Serbia". Il futuro della Jugoslavia, dello stato
comune serbo-montenegrino, non sembra certo piu'
roseo dopo la prima tornata di incontri tra gli
alti funzionari del DPS e i colleghi dei partiti
che governano la Serbia. Il ghiaccio della
diffidenza, forse, ha cominciato a sciogliersi,
le dichiarazioni dei relativi attori sono tali
da dare l'impressione che sia possibile un
accordo su una nuova forma di convivenza tra
Montenegro e Serbia, ma tutto, pero', ricorda
irresistibilmente qualcosa di gia' visto. In
questa fase, fa pensare anche a un'"inutile
umiliazione del DPS", come, in via non
ufficiale, ha commentato di fronte ai
giornalisti un ministro montenegrino. Chissa' se
e' proprio per questo che gli alti funzionari
del DPS, il giorno dopo le trattative di
Belgrado, hanno evitato i giornalisti,
spiegando, attraverso un rappresentante, che
devono prima concordare le posizione al vertice
del partito.
L'AVVIO DELLE TRATTATIVE TRA I PARTITI SERBI E
MONTENEGRINI
di Ivan Torov - ("Danas", 30-31 ottobre 1999)
[...] Anche se nelle numerose reazioni sono
state date le interpretazioni piu' svariate, da
quelle secondo cui le trattative sono fallite
fin dallo stesso inizio, a quelle secondo cui si
e' trattato solo di un tastare il polso o ancora
a quelle secondo cui coloro che fino a poco fa
erano "compagni ideologici di partito" si
accorderanno facilmente in merito a una
spartizione del potere, domina la sensazione che
entrambe le parti in questa fase abbiano
ottenuto quello che volevano - guadagnare tempo.
E' una cosa, in particolare, di cui hanno
direttamente bisogno Milosevic e Djukanovic per
consolidarsi nelle proprie poltrone e nei propri
ambienti, attendendo lo sviluppo della
situazione, soprattutto in Serbia, determinando
la strategia e la tattica future per
un'eventuale proseguimento delle trattative
sulla base dei nuovi elementi che emergeranno.
E' evidente che a nessuna delle parti in questo
momento conviene un accordo, soprattutto non un
accordo che comporti un radicale allontanamento
dalla propria piattaforma e concessioni
all'altra parte. Cercando di dare l'impressione
di essere disponibili a dialogare su ogni
opzione, Belgrado e Podgorica cercano di
continuare a dare ciascuna l'impressione di
essere in vantaggio e di attendere che "gli
altri" facciano un primo segno di
arrendevolezza. In realta', Milosevic in questo
momento si trova in una situazione estremamente
delicata. Lo stato alla cui guida e' giunto
grazie al benestare assolutamente (in)aspettato
di Djukanovic di due anni fa, nei fatti non
esiste piu' e nella stessa Serbia si sono aperti
per lui molti focolai che mettono seriamente in
discussione la stabilita' del suo potere:
l'economia e' in rovina, l'iperinflazione bussa
alle porte, i fondi di bilancio si sono
esauriti, l'insoddisfazine sociale e' sempre
piu' esplicita, il Kosovo e' sulla via per
diventare in primavera un discorso
definitivamente terminato. Anche se con le sue
mosse, e grazie all'incapacita' congenita
dell'opposizione serba di opporsi unita al
regime, ha ammortizzato la nuova ondata di
dimostrazioni e di proteste di strada nelle
citta' serbe, per Milosevic i nemici politici
interni continuano a essere una preoccupazione
fortissima, almeno fino alla primavera, quando
potra' essere piu' chiaro se dovra' fare delle
serie concessioni all'opposizione (che chiede
l'apertura di una tavola rotonda e libere
elezioni anticipate), oppure se sara' nella
posizione di determinare da solo la direzione in
cui si risolveranno i fatti oppure si
sviluppera' un nuovo nodo di crisi profonda in
Serbia. Anche se sono girate voci secondo cui -
al fine di distrarre l'attenzione dell'opinione
pubblica serba - egli si muovera' verso un
radicale regolamento dei conti con Djukanovic, e
forse con le forze della KFOR in Kosovo, alla
fine non si puo' che concludere che tali mosse
per il regime serbo sarebbero una catastrofe. Le
ultime dichiarazioni di un generale
dell'Esercito jugoslavo, secondo cui
quest'ultimo tornera' in Kosovo quando l'UNMIK
avra' terminato il suo mandato, cosi' come
quelle di vari politici (Dacic, Seselj,
Nikolic), secondo cui la Serbia non impedira'
con la forza un'eventuale secessione del
Montenegro, sono indicatori dell'intenzione di
Milosevic, tuttavia, di orientarsi a impedire
che l'opposizione serba si unisca e proceda a
una nuova offensiva contro il suo potere. E di
tempo ha bisogno anche per le sue aspettative di
un allentamento delle pressioni delle grandi
potenze su di lui, soprattutto se riguardo al
Kosovo, e in particolare al Montenegro,
dimostrera' un alto grado di cooperativita',
ignorando il fatto che questa volta la comunita'
internazionale ha definitivamente rinunciato ai
suoi servizi.
L'IMBARAZZO DI DJUKANOVIC
Ma anche Djukanovic non si sente assolutamente a
suo agio, sebbene, non vi e' dubbio, si trovi in
una posizione decisamente migliore di quella di
Milosevic, se non altro perche' su di lui non
pesa la minaccia del Tribunale dell'Aja, perche'
il Montenegro poco a poco si sta liberando dalle
sanzioni e, infine, il suo rating internazionale
e' continuamente in ascesa. Il suo imbarazzo
viene dal fatto che le grandi potenze non sono
favorevoli alla secessione statale del
Montenegro, un fatto che gli lega in grande
misura le mani. Sempre che l'opzione
dell'indipendenza sia veramente un'intenzione
seria, e non una vuota minaccia propagandistica
indirizzata contro Milosevic per ottenere il suo
accordo al fine di stabilire dei nuovi rapporti
confederali tra la Serbia e il Montenegro. Il
capo di stato montenegrino in questo momento si
trova ad affrontare alcuni ostacoli a livello
interno, che limitano il suo spazio di manovra:
non e' sicuro di ottenere il sostegno della
popolazione in un eventuale referendum per
l'indipendenza, da una parte e, dall'altra, se
sara' troppo arrendevole nei confronti di
Belgrado, rischiera' che la sua coalizione di
governo "Viviamo meglio" si disintegri
rapidamente. Inoltre, egli e' esposto alla forte
pressione della lobby politica serba in
Montenegro, alle difficolta' di una situazione
economica e sociale certo non invidiabile, e al
forte influsso dell'instabilita' monetaria in
Serbia sulla situazione montenegrina. Per questo
molti osservatori ritengono che la notizia
secondo cui il Montenegro starebbe per
introdurre, anche se temporaneamente, una valuta
straniera come mezzo parallelo di pagamento al
fine di difendersi dall'"aggressione" monetaria
del dinaro jugoslavo, sara' il test in base al
quale si potra' giudicare se Djukanovic
effettivamente vuole andare verso un ulteriore
allontanamento di Podgorica da Belgrado, oppure
se tutto finira' con le minacce.
Indipendentemente dal fatto che il sostegno
internazionale gli da' una sufficiente sicurezza
e fiducia, al presidente montenegrino e' chiaro
che non deve sopravvalutare le proprie forze e
sottovalutare quelle di Milosevic. Tanto piu'
che ha potuto vedere che la collaborazione con
una parte dell'opposizione serba non lo ha
affatto aiutato e che tale opposizione non e'
riuscita a scuotere la decisione con cui
Milosevic difende a tutti i costi il proprio
potere. A tale proposito, alcuni osservatori ed
esperti montenegrini della tecnologia di governo
di Djukanovic non escludono la possibilita' di
un nuovo avvicinamento interessato degli ex
compagni di partito Milosevic e Djukanovic, per
il semplice motivo che i politici montenegrini
fanno sapere che per loro la cosa piu'
importante e' assicurare alla loro repubblica
uno status piu' vantaggioso e che la sorte del
regime e dell'opposizione serbi ha ai loro occhi
un'importanza marginale. Un fatto confermato
dalla rassegnazione con cui a Podgorica si
afferma che il potere ufficiale a Belgrado e'
piu' benevolente nei confronti della piattaforma
proposta dai montenegrini di quanto non lo siano
gli "alleati" dell'opposizione serba.
D'altronde, Djukanovic ha gia' vinto una
battaglia - e' riuscito a ottenere con questa
apertura di trattattive che Milosevic nei fatti
abbia riconosciuto il suo governo, da
quest'ultimo fino ad ora contestato con l'accusa
al presidente montenegrino di avere falsificato
le elezioni. Tenendo presente tutto questo, e'
del tutto naturale che l'avvio delle trattative
tra i partiti serbi e quelli montenegrini si sia
svolto all'insegna del reciproco accordo di rito
tra ex amici e che lo scontro tra i due
"montoni" sia stato rimandato a tempo
indeterminato. Se mai ci sara'!
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