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Belgrado: Stevan Lilic
Di seguito riportiamo un'intervista realizzata lo scorso venerdì 29 dicembre
2000 all'interno di "Ostavka!" sulle frequenze di radio "Onda d'Urto" (in
onda tutti i venerdì dalle 18.20 alle 19.20 - Brescia 106.5, Milano 98.00)
con il professore , docente di diritto presso l'Università di legge di
Belgrado e membro dell'organizzazione non governativa YUCOM. Di recente
Lilic è stato eletto al parlamento serbo all'interno del partito denominato
Centro Democratico e facente parte della coalizione DOS (Opposizione
Democratica della Serbia).
Cogliamo l'occasione per anticipare a tutti/e gli/le ascoltatori/trici di
"Ostavka!" e a tutti quanti sono soliti seguire le traduzioni delle nostre
interviste su internet, che tutto il mese di gennaio 2001 sarà dedicato
all'approfondimento dei movimenti anarchici, libertari e dei lavoratori
presenti in Jugoslavia, frutto del lavoro di ricerca e di contatti svolto
durante il nostro ultimo soggiorno a Belgrado e in Jugoslavia trascorso tra
il 6 e il 20 dicembre. L'approfondimento sarà realizzato attraverso la
riproposizione di materiale raccolto durante il suddetto viaggio e
interviste come sempre in diretta ad esponenti di movimento.
D- Con la salita al potere della nuova classe politica, quale situazione si
è venuta a creare nell'universo istituzionale e legislativo jugoslavo?
I cambiamenti avvenuti in Jugoslavia, con le elezioni lo scorso 24 settembre
e poi con la manifestazione di popolo del 5 ottobre, rappresentano una
grande speranza per il nostro paese. A loro volta importanti sono state le
ultime elezioni per il parlamento serbo avvenute lo scorso 23 dicembre. Nel
nostro gergo abbiamo chiamato il successo avvenuto lo scorso ottobre come
fase "0", mentre con la recente vittoria al parlamento serbo siamo passati
alla fase "+1". Attualmente il paese è a tutti gli effetti entrato in una
fase di transizione, e quindi si trova a dover far fronte ad anomalie,
incongruenze, discrepanze. Mi riferisco quindi anche a tutto il sistema
legislativo e di giustizia. In questo momento è ancora in vigore un
grandissimo numero di leggi che si caratterizzano per la loro natura
tirannica e che sono servite come strumenti al regime di Milosevic. D'altra
parte però ogni stato che si vuole definire democratico deve trovare la
propria legittimità attraverso il rispetto delle leggi esistenti e vigenti.
Il primo compito quindi è restituire credibilità alle istituzioni, ma sempre
attraverso il rispetto delle procedure legislative. Questo vale per il
governo, per il parlamento e per i tribunali. All'ordine del giorno del
parlamento federale e tra pochi giorni in occasione della prima seduta del
parlamento serbo verrà presentata la lista delle leggi che vanno stralciate
per far sì che il nostro ordinamento politico ritrovi legittimità
democratica.
D- Riportiamo un esempio concreto. Esiste una sentenza emanata lo scorso 21
settembre con la quale il Tribunale di Belgrado ha condannato a 20 anni di
detenzione 14 tra capi di stato e diplomatici dei paesi della Alleanza
Atlantica per i crimini commessi con i bombardamenti nella primavera del
1999. Circa un mese dopo l'emanazione della sentenza, uno dei condannati
(Hubert Vedrine, ministro francese) si è recato personalmente a Belgrado
ospite della nuovo presidente Kostunica. Come deve essere considerato questo
fatto?
Questo è uno dei punti fondamentali del dilemma di questa transizione. Ad
esempio è in corso il processo alla Commissione elettorale per la truffa che
ha tentato di costruire a discapito del volere della maggioranza dei
cittadini jugoslavi. Prossimamente saranno sottoposti a processo lo stesso
Milosevic e suoi collaboratori per essersi concessi numerosi privilegi
ingiustificati mentre erano al potere, tra i quali quello di svendere a se
stessi a costi irrisori parti della proprietà pubblica dello stato. D'altro
canto la sentenza che tu citavi ha valore, anche se io sono convinto che a
spingere quei magistrati ad istituire quel processo siano stati più motivi
di propaganda elettorale che reale senso di giustizia. Non è un caso che la
sentenza sia arrivata solo a pochi giorni dalla scadenza elettorale del 24
settembre scorso. Nonostante questo però, quella sentenza si fonda su alcuni
fatti e capi di accusa che realmente sussistono. Dal mio punto di vista
quindi, io sarei per una revisione di quel processo, in quanto in questo
momento le alternative sono o quella di annullarlo o di renderlo valido e
quindi di applicarne le sentenze. In ogni caso non reputo questa una delle
priorità alle quali dobbiamo far fronte. L'attuale governo è contrario alle
vendette, ma occorrono vie legali per risolvere queste situazioni. Quindi,
una volta rimesso in sesto il corretto funzionamento democratico dello
stato, verrà anche il tempo per occuparsi di quelle che sono state le
responsabilità della NATO con i bombardamenti e quindi di sottoporle a
giudizio. Mi ripeto quindi, anche se Milosevic è stato spinto da motivi di
propaganda ad istituire quel processo, esistono gli estremi per processare
la NATO. Penso ad esempio all'utilizzo di armi bandite dai trattati
internazionali, quali i proiettili all'uranio impoverito e le cluster bombs,
bombe a frammentazione. Queste armi hanno finito per compromettere gli
equilibri naturali, contaminando il terreno, ma anche le acque dei fiumi e
dell'Adriatico, per non parlare delle numerose morti provocate tra i civili.
D- Durante il nostro ultimo soggiorno a Belgrado abbiamo avuto modo di
leggere un interessante libro scritto dal professore intitolato "Prigovor
savesti" ("Obiezione di coscienza"). A che punto si trova il disegno di
legge sull'introduzione del servizio civile in Jugoslavia? Ci pare comunque
che, perché la legge venga approvata, sia necessaria anche una maggioranza
al parlamento federale, cosa che attualmente non esiste in attesa delle
prossime elezioni federali in programma tra qualche mese....
La nostra organizzazione chiamata "Comitato Jugoslavo per i Diritti Umani"
(YUCOM) sta conducendo due battaglie, una per la concessione dell'amnistia
ai disertori, l'altra per l'introduzione dell'obiezione di coscienza.
Esistono due gruppi di persone per le quali noi proponiamo l'amnistia: il
primo è definito "politico", ossia per tutti i prigionieri politici
rinchiusi in carcere, la maggioranza dei quali albanesi del Kosovo; l'altro
è definito "militare", ossia sono tutti coloro che non hanno risposto alla
chiamata alle armi oppure si sono dati alla fuga durante le operazioni
militari e questi sono ora considerati disertori. Per quanto riguarda
l'introduzione del servizio civile abbiamo istituito un campagna chiamata
"Iniziativa cittadina per l'obiezione di coscienza". Si tratta di una
petizione che si prefigge di raccogliere 30mila firme con le quali si ha il
diritto di pretendere che tale disegno di legge venga preso in
considerazione dal parlamento. Parallelamente ci battiamo anche perché il
servizio di leva venga ridotto dagli attuali 12 mesi a soli 7 mesi, in
conformità con le tendenze europee. In seguito alle ultime elezioni del 23
dicembre ho ottenuto anche la possibilità di difendere e promuovere queste
iniziative direttamente in sede parlamentare, in quanto eletto membro del
parlamento serbo. Considero questo anche un requisito indispensabile per
poter fare richiesta di ingresso nel Consiglio d'Europa un domani, ma al di
là di questo i benefici per tutta la società saranno incontestabili. Tant'è
vero che queste idee attualmente incontrano lo scetticismo ancora della
maggioranza della popolazione serba a causa di una tradizione militarista
molto radicata nel costume delle persone soprattutto nelle zone rurali, per
le quali spesso il fatto che un ragazzo non presti servizio militare
corrisponde a motivo di biasimo. C'è bisogno quindi di un enorme sforzo di
sensibilizzazione per la diffusione di una mentalità pacifista.
D- In conclusione, vorremmo che ci aiutassi a chiarire un dubbio. Qualora,
come si va dicendo, il Montenegro arrivasse ad indire il referendum per
l'indipendenza il prossimo marzo e qualora prevalessero i voti a favore di
questa, cosa ne sarà della carica attualmente rivestita da Kostunica di
presidente federale?
Questa è una domanda legittima e l'ipotesi è plausibile. D'altro canto anche
la risposta è scontata: senza una federazione, niente presidente federale.
In ogni caso posso testimoniare che gli sforzi perché il Montenegro rimanga
all'interno della Federazione Jugoslava sono notevoli ed io mi auguro che
possa essere trovata una soluzione accettabile per entrambe le parti.
A cura di Michelangelo Severgnini e Dusko Djordjevic.
la trasmissione "Ostavka!" va in onda tutti i venerdì dalle 18.20
sulle frequenze di Radio Onda d'Urto
(FM 98.0 per Milano, 106.5 per Brescia)
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