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Per Andrea: perche' desideri tanto che io mi arrabbi? :-)



>Resta il fatto che la pace dovrebbe passare attraverso il
>confronto di tutte le "campane", e non attraverso le demonizzazioni,
>soprattutto quando ci sono elementi piuttosto evidenti che consentono di
>dire che la disinformazione e' stata un'arma di guerra in questi anni,
>cosa della quale non si prende mai coscienza abbastanza.


Beh, sto scrivendo romanzi di messaggi annoiando tutti proprio su questo
punto :-)

Mi inquieta un po' che tu mi accusi di "demonizzare" (chi?!?): sei sicuro
di riferirti alle cose che scrivo?

Andrea, perche' non ci racconti qualcosa di te? Di Lisa so tante cose e ci
siamo parlate piu' volte, non credo proprio che abbia alcun concetto
preconfezionato sulle cose in Jugoslavia, specialmente visto che ha passato
tanti anni sul campo.

Tu suoni molto offeso, e mi piacerebbe capire perche'. Ognuno di noi ha
ragioni personali ed e' coinvolto emotivamente, cosa che puo' essere una
gran forza positiva quando ci spinge continuamente ad agire per cambiare le
cose, ma rischia di diventare un ostacolo se ci rende "antagonisti" (credo
sia un termine di moda) in modo automatico.

Sempre in quella famosa estate del '91, un mio conoscente disse una cosa
che mi e' sempre rimasta impressa. Un regista croato, Bruno Gamulin. La
guerra stava esplodendo, arrivavano le prime notizie di massacri, eravamo
con un gruppo di gente a commentare le notizie e lui disse qualcosa del
tipo: "E' inutile che continuiamo a stupirci e scandalizzarci di certe
cose, per noi sembrano impossibili, con le nostre abitudini, la nostra
civilita' urbana. Ma dobbiamo renderci conto che esistono".

Esiste gente che massacra altri esseri umani con la facilita' con cui altri
giocano con un videogame.

Punto.

Esiste.

Che la NATO sia un'associazione a delinquere con quel che ha fatto e che lo
abbia fatto per tutti altri motivi da quelli che ha cercato di farci bere,
non cancella il fatto che esiste un livello di barbarie in certe persone
che per noi e' difficile da mandar giu'.

Non e' "politically correct" in certi ambienti dire certe cose, meglio
mettere la testa sotto la sabbia. Ma cosi' non andiamo da nessuna parte.

Ieri leggevo una notizia dal Kosovo che parlava di 3000 insegnanti di
scuola disoccupati, e del fatto che non ci sono servizi di assistenza
psichiatrica mentre buona parte di quei ragazzini sono reduci da gravi
traumi.

Queste non sono balle della CIA, Andrea! Bambini che si son visti fare il
padre a pezzi sotto gli occhi, o violentare le madri davanti a tutti. E'
successo, com'era successo in Croazia e in Bosnia, inutile mettere la testa
sotto la sabbia.

Ora cosa pensi che accadra' a questi bambini? Come cresceranno?

Ci sono alte chance che crescano portandosi dietro questa paura, l'odio e
il desiderio di vendetta che certi adulti intorno a loro baderanno a tener
ben vivo, o nel migliore dei casi un disgusto profondo per quell'altro
popolo che per loro sara' sempre colpevole della loro tragedia.

Una cosa della quale non si parla molto e' la paura dei Serbi. Questa la
conosco  da fonti riportate, io nel '91 ero dall'altra parte del fronte, e
in Bosnia non c'ero proprio perche' ho avuto due bimbi nel giro di diciotto
mesi e non ero proprio in condizioni di girare per i fronti :-)

Quando l'UNHCR entro' a Knin, all'inizio del '92, dopo la tregua di
Sarajevo, delle due persone che per prime ci misero piede una era una
funzionaria italiana, Annamaria (? non ricordo il cognome). Ci parlai a
lungo, a Zagabria. Lei adorava i Serbi, si era trovata benissimo  con loro
e mi raccontava della sua vita nelle case dei contadini che le cucinavano
il pane caldo di forno.... Beh, detto tra noi, tipica reazione di chi viene
da una cultura cittadina e si trova immerso in quella rurale, il piu' delle
volte resta affascinato dalla semplicita' e gentilezza della gente, dalla
loro ospitalita', dai ritmi di vita piu' rilassati (oltretutto, questo lo
riscontri in qualsiasi gruppo  etnico, te lo posso assicurare per
esperienza diretta).

Il fatto sconvolgente pero' resta la paura che a Knin e dintorni si
sentiva. Annamaria mi diceva, turbata: "non e' una commedia, sono davvero
terrorizzati". Altra cosa riscontrata da lei come da molti altri che
frequentavano le Kraijne era la mancanza di senso del tempo: per quella
gente, che fosse la seconda guerra mondiale oppure oggi non faceva alcuna
differenza, erano fuori dal tempo.

Ora, se uno ha sotto gli occhi le immagini dei cadaveri massacrati..... non
dei Serbi! dell'altra parte, dei loro vicini Croati fatti a pezzi (Lisa ti
parlava degli Albanesi, stesso schema, e lo stesso avveniva in Bosnia), e
la cronologia degli avvenimenti in cui sono sempre queste formazioni
paramilitari importate da Belgrado e sostenute dalla JNA ad attaccare per
prime.... La prima reazione a sentir parlare delle paure dei Serbi e'
rabbia.

Rabbia si', ti viene spontaneo. Ma come, avete fatto tutto questo macello,
e siete voi quelli che hanno paura?

Ma arrabbiarsi, lo dicevo gia', non serve a niente.

Anche perche' Annamaria aveva ragione. La paura e' reale. Qui parliamo
della gente dei villaggi, non di quelli di Belgrado che tutte le guerre
(fino a che non sono arrivate le bombe della NATO) le hanno vissute solo
come storie lontane.

Allora, la paura e' un fattore chiave per comprendere quello che e' accaduto.

Tu hai scritto:

<<Personalmente credo che la paura venga spesso indotta proprio per dividere
le genti.>>

C'e' molto di vero in questo. Infatti, un problema micidiale in questa
vignetta e' che ci sono aluni slogan storici della politica serba che hanno
deliberatamente allevato generazioni intere nella paura. Ma una paura
aggressiva. Del tipo: "i Serbi sono sempre stati vincitori in guerra, ma
sconfitti in pace". Mai sentito questo slogan?

Questa gente e' stata veramente indotta a credere di poter sopravvivere - e
intendo davvero sopravvivere, fisicamente - solo in uno stato dove
comandano i loro "fratelli".

Non e' un'esclusiva dei Serbi, questa. Oggi la trovi molto forte in tutti i
gruppi. La differenza e' che nel loro caso e' stata usata per spingere una
logica di: "ammazziamoli prima che ci ammazzino".

Il lavoro sporco poi, l'effettiva violenza, e' stata fisicamente commessa
da una minoranza di fuori di testa, mercenari, criminali comuni ed altro.

Pero' questa logica disperata, questo pessimismo e sfiducia nei confronti
di chiunque sia al di fuori del tuo gruppo, sono un patrimonio collettivo.
La gente da' per scontato di essere automaticamente minacciata a meno di
non essere una maggioranza oppure di avere in mano le leve del potere
laddove si trova in minoranza (come infatti era la situazione di fatto in
Croazia, Bosnia e Kosovo). E' difficile da comprendere, e da credere se non
ci sei dentro e non tocchi con mano, quanto profonda e devastante sia
questa paura.

Ora, Andrea, il problema e' che sostenere gli amici Serbi rafforzando una
logica di "noi contro loro" e' veleno puro in questa situazione. Non e' di
questo che hanno bisogno, non fa che rafforzare il loro dramma.

Vorrei che te ne rendessi conto tu, come chiunque altro ingenuamente pensa
che l'eroica lotta del muro contro muro porti da qualche parte.

Questa gente e' stata imbrogliata e mandata al macello facendo leva sulla
parte piu' oscura dell'animo umano:le loro paure.

Oggi tutti i gruppi sono in queste condizioni, perche' avranno anche
iniziato i Serbi (e ti garantisco che non era per difendere la sacralita'
della Jugoslavia,paradiso del socialismo ideale e della fratellanza fra i
popoli, ma perche settecento generali rischiavano paghe, pensioni,
appartamenti statali ed altri optional per se', mogli amanti, figli e
quant'altro, per non parlare di tutta la burocrazia di partito con le mani
su aziende statali, sindacati, banche), ma oggi lo schema funziona per
tutti.

La strategia del terrore ha funzionato benissimo, perche' quando stai in
mezzo alle bombe fra pallottole che fischiano (ci hai provato? io si'),
desideri avere vicino qualcuno di grande e grosso con un fucile in mano che
ti protegga. Quindi tutti i gruppi si sono scelti i capi che ritenevano in
grado di proteggerli. Ovvero non le persone piu' civili, intelligenti,
qualificate per gestire una societa' civile, ma quelli coi "muscoli" piu'
grossi.

Questa storia finira' solo se sara' possibile aiutare queste persone a
fidarsi le une delle altre.

In questo momento, tutti loro danno per scontato che quelli dell'altro
gruppo non aspettino altro che di tagliar loro la gola.

Negare che in molto casi e' vero non serve a nulla.

Mi rattrista - non mi fa arrabbiare, insisti a cercar di convincermi che
devo arrabbiarmi con te, perche'? - il tono dei tuoi messaggi perche' e'
proprio quel che lamentavo nel modo di discutere su queste cose qui da noi:
muro contro muro. Cerchi in tutti i modi di vedere una linea di scontro
fra di noi, perche'? Che te ne viene?

Proprio in Jugoslavia le sto vedendo da tanti anni, queste cose. Finche'
restano dibattiti - anche baruffe - fra le mura di casa o al bar, ok. Ma
la' ci hanno rimesso la pelle in tanti. E anche chi e' ancora vivo in
milioni di casi e' via da casa sua, ne sa se mai ci tornera'. Non ha
lavoro, o magari genitori.

In queste condizioni di enorme frustrazione, continua a dar piu'
soddisfazione prendersela con quelli dell'altro gruppo e rivangare le
ferite, le mille ragioni di divisione e scontro invece che quelle di
collaborazione.

Pero' non sara' possibile lavorare sulla fiducia se tutti non avranno
ascoltato tutti.

Ma te l'immagini tu un Kosovaro disposto a far pace con i Serbi fintanto
che questi continuano a negare che migliaia di persone sono state fatte a
pezzi in Kosovo? Ma te l'immagini la rabbia, il risentimento, la
frustrazione, del non avere almeno un riconoscimento morale di cio' che e'
accaduto? Te l'immagini la gente di Vukovar, di Srebrenica, disposta a
ricominciare a vivere insieme senza aver avuto la soddisfazione di sentirsi
almeno chiedere scusa?

Sono tutti incazzati neri, altroche', e poco disposti ad avere comprensione
per la sofferenza di chi si e' preso in testa le bombe della NATO.

Cosi', nessuno ascolta nessuno, nessuno si fida di nessuno.

Non c'e' bisogno che andiamo a dare una mano anche noi con ulteriori
polemiche, Andrea. Quel che dobbiamo fare e' ascoltare molto, e cercare di
inventare qualche modo in cui aiutare anche loro ad ascoltarsi fra di loro.

La cazzata piu' grossa che possiamo fare e schierarci - su cosa, poi? su
tesi che il piu' delle volte sono motlo sballate, raccogliticce - e andare
ad ingrossare questo fiume di rabbie e frustrazioni.

Chiudo come ho incominciato - con l'ennesima scusa per la mia lingua lunga
- pregandoti di parlare un po' di te e dei tuoi legami affettivi con questa
storia. Io i miei li tiro fuori sempre, non perche' credo di essere
particolarmente importante, ma perche' il nostro lato personale spiega
molte cose del nostro modo di pensare.


paola