[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]
Noi non festeggiamo
Comunicato di Voce Operaia
C'è disordine sotto il cielo, la situazione è pessima.
Clinton e si suoi satrapi europei esultano, ritenendo che l'eventuale
uscita di scena di Milosevic consentira' loro di prendersi Belgrado e di
avere cosi' via libera al pieno dominio sui Balcani.
Si sbagliano. Non basta cacciare Milosevic per espugnare Belgrado. Per
questo occorrerebbe che il popolo serbo si arrenda, bisognerebbe demolire
l'Esercito federale e decapitarlo, sfasciare gli apparati dello Stato per
sostituirli con dei nuovi ligi agli interessi occidentali. Perche' cio'
avvenga quanto accaduto non basta, ci vuole molto di piu', ci vuole che la
NATO trovi in Jugoslavia qualcosa come l'UCK, un popolo disposto a
diventare schiavo.
Si chiude solo una fase delle turbolenze balcaniche, non le turbolenze in
quanto tali -che furono e sono determinate dalla politica imperialistica
occidentale la quale, volendo spazzare via tutti gli ostacoli che si
frappongono alla sua supremazia, e' destinata a riprodurre, su scala piu'
ampia, i fattori di nuove e piu' devastanti crisi.
Si devono analizzare le vicende jugoslave da due punti di vista, da quello
geopolitico e da quello di classe. Per quanto connessi e' bene tenerli
separati.
Dal punto di vista della geopolitica dubitiamo che una Jugoslavia ad
egemonia serba possa mai diventare un protettorato NATO come lo sono
diventate le altre repubblichette balcaniche. Tutta la storia ci dice che
questo e' improbabile. Lo stesso Kustunica, per ottenere il consenso
popolare, ha dovuto smarcarsi nettamente dalla tutela che la NATO gli
offriva.
ll regime di Milosevic ha rifiutato di consegnare la Jugoslavia alla NATO,
per questo, e solo per questo, le forze sinceramente antimperialiste e
rivoluzionarie del mondo intero lo hanno sostenuto. Non hanno infatti mai
appoggiato la sua politica interna la quale, per quanto mai neoliberista,
non e' stata dettata da principi socialisti o di difesa degli interessi
della classe operaia e dei settori piu' poveri della popolazione.
Qui sta la ragione, se questo fosse vero, dello squagliamento del regime di
fronte all'urto di un movimento di massa come quello capeggiato da
Kustunica. Se il regime non riesce a schierare le sue truppe davanti a
rivoltosi che incendiano Parlamento e Televisione, vuol dire che ha perso
il consenso sociale di cui godeva, vuol dire che il suo predominio poggiava
a da tempo sulla sabbia e che era assicurato anzitutto dal monopolio della
forza.
Quella di poter reggere l'assalto dell'imperialismo, l'affamamento, le
sanzioni e l'embargo, solo facendo affidamento sui sentimenti nazionalisti
antioccidentali si e' rivelata una catastrofica illusione. E' bastato che
un Kustunica di turno inalberasse anche lui il vessillo patriottico per
rompere l'incantesimo. Il nazionalismo e' un fattore importante ma non
decisivo. Come ogni sentimento esso evapora davanti alle code per la
pagnotta. Decisive, per un paese aggredito, sarebbero state una politica di
severa giustizia sociale, una difesa ad oltranza degli interessi e dei
diritti degli operai. Milosevic invece, mentre avallava le privatizzazioni
e chiedeva inauditi sacrifici ai lavoratori, ha lasciato prosperare e
arricchire una insulsa borghesia mafiosa dedita ai traffici illeciti e al
mercato nero. Mentre il popolo soffriva la fame e mandava i suoi figli a
difendere il paese nel Kosovo, la nomenklatura era sempre piu' corrotta e
imboscava i suoi pupilli per non mandarli alle armi.
Proprio da questo punto di vista -lo diciamo con tutto il rispetto per i
giovani che hanno dato quella che sembra la spallata decisiva al regime
SPS-JUL- il popolo serbo potrebbe passare dalla padella alla brace. Anche
ammesso che Kustunica non sia solo un uomo di paglia, che sia come dicono
un uomo probo, non riuscira' a fermare le forze borghesi che alle sue
spalle premono per il sopravvento pieno del capitalismo neoliberista, per
svolgere lucrosi affari con la ricostruzione e papparsi la parte piu'
cospicua degli aiuti che l'Occidente a parole promette. Al posto di una
"mafia rossa", se gli operai e il polo serbi non vigileranno, verra' una
"camorra democratica" senza scrupoli.
Noi non ci associamo dunque al coro ipocrita dei festeggiamenti per
l'avvenuta "rivoluzione democratica". Non si sono mai visti dei comunisti
che festeggino un evento politico assieme ai loro peggiori nemici. Abbiamo
gia' visto il film di certi "anticapitalisti" che tra il 1989 e il 1991
salutarono il crollo dell'URSS come salutare per accorgersi poi di essere
stati reclutati come forze ausiliarie dall'imperialismo occidentale. Essi
ritennero che si tratasse di "rivoluzioni" solo perche' certi movimenti
erano di massa. Il criterio decisivo per valutare gli avvenimenti non e'
tanto che le masse si mettano in moto, ma il loro senso di marcia, che e'
dettato dai rapporti di forza internazionali e dai gruppi politici che si
pongono alla loro testa.
Diciamo infine di non esserci sbagliati nel nostro strenuo sostegno alla
resistenza del popolo e dell'Esercito jugoslavo contro l'aggressione della
NATO. Certi semi danno frutti solo dopo molto tempo. La piena attuale, la
sbornia democratica, non cancelleranno le tradizioni socialiste profonde
del popolo serbo, ne' le tracce della grande solidarieta' antimperialista
che e' stata fornita ad esso, soprattutto nell'ultimo anno.
I proletari serbi, e tra essi i comunisti autentici, avranno ancora bisogno
del nostro aiuto e della nostra fratellanza.
5 ottobre 2000
http://www.voceoperaia.it