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Serbia - Kosovo libertà fondamentali
alle donne in nero - donne assopace e non solo
ciao,
al parlamento vi è stata una discussione in plenaria sulle libertà
fondamentali in serbia e Kosovo, vi allego il mio intervento. Tenete conto
che i minuti a disposizione erano 2, sono stata costretta alla sinteticità.
Come sapete da Nadia sia come donne in nero che associazione per la pace,
abbiamo aderito alla iniziativa dell'ICS del 24 giugno che si terrà in
diverse città. Le din di roma manifesteranno il 23.
un abbraccio
luisa
Sessione plenaria del 15 giugno 2000 Intervento di Luisa Morgantini
sulla Proposta di risoluzione sulle libertà fondamentali in Serbia e in Kosovo
Ad un anno dalla fine dei bombardamenti della nato sulla Repubblica
Federazione Yugoslava, la situazione nell'area è estremamente instabile e
sempre più preoccupanti si fanno le condizioni della forze di opposizione
in Serbia. Le notizie che ci giungono quotidianamente testimoniano di una
scelta maggiormente repressiva del governo Yugoslavo. Vengono colpite o
intimidite le opposizioni nei tipici modi dei regimi che si sentono in
pericolo: chiusi giornali, radio, sequestrate attrezzature, indagini
intimidatorie sui diversi gruppi e ong. Arresti indiscriminati e processi
e condanne senza prove di cui Flora Brovina è solo un esempio.
>Molte uomini e donne che oggi subiscono la repressione sono gli stessi che
in questi anni hanno fatto sentire con coraggio la propria voce per la
pace, la libertà, il rispetto dei diritti umani.
Ma altrettanto preoccupante la situazione nel Kosovo, dove le forze
oppresse sono diventate oppressori, lo dicono perfino Kofi Annan, Solana,
Kouchner. In un anno 240.000 serbi, rom, goranci ed ebrei sono fuggiti nel
terrore dal Kosovo e quelli che sono rimasti sono quotidianamente aggrediti
e molti uccisi. L'ultimo rapporto Unhcr e Osce, dice chiaramente che non
esistono accessi all'istruzione, alla sanità e ai servizi pubblici, non
esiste libertà di movimento per le minoranze in Kosovo.
Ma non solo le minoranze, anche i kosovari albanesi che si manifestano
contro le vendette o per un espressione democratica del Kosovo, sono
costantemente minacciate ed hanno paura per la loro vita. Ne sanno qualcosa
leader come Rugova ma ne sanno sopratutto qualcosa quelle donne che in
questi anni, insieme a donne serbe bosniache ed europee: la rete delle
donne in nero contro la guerra, hanno voluto e saputo mantere relazioni e
costruito ponti di pace. Alcune hanno dovuto lasciare il Kosovo, altre
costrette a stare nel silenzio e in questi giorni in Serbia temiamo che il
centro delle donne in nero venga chiuso dalle autorità yugoslave.
Ma ritengo che l'Europa, e sopratutto i 19 paesi che fanno parte della
Nato debbano fare un grande sforzo di autocritica e di revisione della
propria politica: i crimini e le illegalità commessi dalla Nato contro i
civili sono ormai riconosciuti da tutti. In nome della difesa dei diritti
umani non si possono violare le regole internazionali a partire da quella
di Ginevra, come usare qrmi ad uranio impoverito contro la popolazione civile.
Ma oggi parliamo di libertà fondamentali, riguardano anche noi, non
facciamo libertà quando si pratica l' embargo. Deve essere revocato, non
possiamo colpire i civili, lo chiedono le opposizioni democratiche serbe
che ancora oggi sono sotto l'incudine di Milosevic e il martello della
Nato, e l'Unione Europea deve fare il massimo per aiutarle.
Lo dobbiamo a noi ma anche ad uno stupendo bambino Kosovaro, Ferit, che
un giorno, dopo la guerra, a Pristina mentre stavamo mangiando un gelato,
mi ha detto: "con questa guerra siamo diventati tutti più cattivi".