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Dragoslav Basic morto per il sogno del Kosovo



Pubblicato Mercoledi 15 Dicembre 1999
Professore dell'Universita' della California morto per il sogno del 
Kosovo
Dragoslav Basic era tornato in patria per "costruire un ponte di 
umanita' ": e' stato ucciso e i suoi familiari gravemente feriti.

Di Tom Lochner
L'uomo Serbo ucciso da un commando nelle strade di Pristina< 
Jugoslavia, due setimane fa, era un ex-residente in Albania e 
professore in visita all'Universita' della California , Berkeley, che 
era tornato in patria per perseguire il suo sogno di un Kosovo in 
armonia.
Amici della baia orientale dicono che Dragoslav Basic, 63 anni, era una 
autorevole voce di pace. Nato a Pristina, capitale del Kosovo, Basic 
era professore di ingegneria civile, specializzatosi nella costruzione 
di ponti ed altri progetti per lavori pubblici in aree ad elevato 
rischio sismico.
Ma quando assunse la sua cattedra all'Universita' del Kosovo nel 1990, 
dopo un anno e mezzo in California, Basic progetto' un diverso tipo di 
ponte.
"Mi disse 'Potrei aiutare la gente a costruire un ponte di umanita' che 
nessun terremoto distrugga mai'" ha detto Nick Tomasevic, residente di 
Berkley, pilota in pensione ed amico di Basic.
LA mattina del 29 Novembre Basic e' stato tirato fuori dalla sua 
macchina con la moglie e la suocera e poi colpito con arma da 
fuoco mentre una folla percoteva e torturava le donne tra i 
festeggiamenti per la Giornata della Bandiera Albanese (commemorata dal 
KLA), la festa che ricorda la nascita del moderno stato Albanese subito 
dopo la I Guerra Mondiale.
L'attacco, ampiamente riportato da televisioni, stampa e radio a 
livello internazionale, e' stato un segnale visibile e un richiamo alla 
rabbia etnica a cui Basic cercava di porre fine.
"Non e' soo stato ucciso a colpi d'arma da fuoco- ha detto Snezana 
Landau di El Cerrito, amica di famiglia - gli e' stato saparato come ad 
un cane rabbioso in strada, con centinaia di persone che guardavano. E 
nessuno ha voluto fare qualcosa".
 Si pensa che Basic e sua moglie  Dragica, 51, stessero portando la 
madre di Dragica, Borka Jovanovic, 74, all'ospedale in seguito ad un 
malore dell'anziana donna.
Le donne hanno riportato molteplici  ferite e sono state ospedalizzate 
a Nis, fuori dal Kosovo, nella Serbia orientale.
"Tomislav, il figlio della coppia, ha visto sua madre a Nis e ha detto 
di non averla riconosciuta; racconta Desa Wakeman di Berkley, una 
impiegata di una compagnia di leasing in pensionee sorella di 
Tomasevic. I parenti di Wakeman hanno parlato con Tomislav per 
telefono. " Ha detto: ' mia madre aveva dei bellissimi capelli neri, ma 
non li ho potuti vedere tanto era l sangue che li copriva'".
Il martedi Dragica Basic era all'ospedale di Belgrado, quando e' stata 
trasferita d'urgenza per un intervento agli occhi. Il giovedi Jovanovic 
era nelo stesso ospedale in condizioni critiche.
Al  momento della morte di Basic, il corpo studentesco dell'universita' 
del Kosovo era diventato prevalentemente di etnia Albanese. Sebbene 
insegnasse in Serbo-Croato e in Inglese, Basic aveva acquisito una 
quasi completa padronanza della lingua Albanese ed aveva esortato altri 
a fare lo stesso. 
Una volta mi disse: "Quasi ogni albanese in Kosovo parla serbo-croato, 
ogni non albanese in Kosovo dovrebbe parlare la sua bellissima lingua"
ha detto Tomasevic.
Basic era orgoglioso delle sue origini Serbe e fiducioso nel proprio 
ruolo nel vecchio e nel nuovo Kosovo.
" questo e' il postoo dove la sua famiglia era vissuta per secoli" 
disse Wakeman " erano persone con poca istruzione, serbi ortodossi, 
portatori della tradizione serba e conoscitori della storia della zona.
Ecco perche' non hanno mai voluto spostarsi".
Basic consegui' un Master all'universita' del Mississippi alla fine 
degli anni 70. Viveva nello University Village, un progetto di 
costruzioni di proprieta' dell'univerista' di Berkley UC in Albania.
La figlia della coppia, Nikoleta, si e' dipomata alla scuola superiore 
Albany nel 1989; Tomislav ha frequentato la scuola elementare Cornell. 
I figli vivono attualmente in Serbia , dove Nikoleta insegna inglese e 
Tomislav studia farmacologia.
Basic era presso l'universita' della California nel 1989 quando il 
Presidente Yugoslavo Slobodan Milosevic, in piena crescita della 
tensione etnica, revoco' lo status del Kosovo come provincia autonoma 
all'interno della Repubblica Serba.

"(Basic) aveva un forte dilemma" ha detto Wakeman " disse: ' se tutti 
scappano chi restera' la'? "
" Senti' che era suo dovere tornare, non solo come Serbo ma anche come 
educatore", ha detto Wakeman " creeva che attraverso l'istruzione 
superiore si potesse ottenere qualcosa di buono tra la gente del 
Kosovo".

E non solo fra Serbi ed Albanesi, ma anche tra le minoranze Turche, 
Greche e Rom della provincia.
In un certo senso Basic stava cercando di reclamare parte della sua 
giovinezza.
" Il problema del Kosovo e della Yugoslavia gli premeva 
particolarmente, non solo perche' era la sua patria ma perche' era un 
esempio del fato che gli esseri umani possono coesistere se ci si mette
una maggior dose di buona volonta' ", ha detto Tomasevic.

I contrasti Cristiano-Musulmani nei Balcani risalgono al 1389, quando 
un esercito Serbo fu sconfitto dai Turchi nella battaglia del Kosovo. 
Basic era convinto, 600 anni dopo, che fosse tempo per rimarginare 
quella ferita. Egli obiettava ai leader politici e religiosi che 
perpetuavano la violenza per quello che non avevano detto quanto per 
quello che avevano detto.

"BAsic fu molto critico quando Milosevic ando' in Kosovo per la 
commemorazione dei 600 anni, per il fatto che non si rivolse alla 
popolazione Albanese. Credeva che Milosevic avrebbe dovuto dire 'Cari 
fratelli Albanesi: 600 anni fa una catastrofe si abbatte' su tutti noi 
ed ora abbiamo un dovere. C'e' abbastanza spazio in Kosovo per tutti 
noi".
Basic era convinto che nella Seconda Guerra Mondiale una semplice 
lettera enciclica a tutte le Chiese Cattoliche Romane nel mondo, con 
un'enfasi sul fatto che Cristo era Ebreo e che la Cristianita' e' una 
branca del Giudaismo, avrebe potuto evitare l'Olocausto.

Dopo il suo ritorno Basic espresse disaccordo su cio' che aveva visto 
come un ncoraggiamento da parte degli USA di una frammentazione della 
Yugoslavia post- Tito. Wakeman e Tomasevic sono tra quelli di etnia 
serba  che nel 1941 furono 'ripuliti' dalla loro terra natia, la 
Croazia, come dice Wakeman.

"BAsic accuso' il governo degli USA di non aver promosso l'idea del 
melting pot", ha detto Tomasevic.

Basic credeva che gli USA aavrebbero dovuto dire ' Ascoltate: siete 
dita di una stessa mano. Noi non tollereremo la disintegrazione del 
vostro paese e vi aiuteremo a riorganizzarlo." ha detto Tomasevic.

Basic aveva una citazione preferita sulla fine della guerra, presa dal 
poeta Ungherese del diaciannovesimo secolo Sandor Petöfy, che pensava 
avrebbe potuto diventare un motto per le Nazioni Unite:
" che cosa e' la gloria su un campo di battaglia rispetto al bellissimo
arcobaleno formato dai raggi di sole che filtrano attraverso una 
pioggia di lacrime? " ha detto Toamsevic.

"Basic era un ingegnere civile- ha detto Tomasevic-ma oltre la sua 
professione, era un grande umanista, un filosofo e un pacifista".



TESTO ORIGINALE (tradotto da Catia Morgetta)

>From: Herman de Tollenaere <hermantl@stad.dsl.nl>
>Subject: pacifist professor died for Kosovo dream [fwd]
>
>Published Wednesday, December 15, 1999 
>
>UC professor died for Kosovo dream
>Dragoslav Basic returned to his homeland to 'build a bridge of humanity'
>over ethnic gulf; he was slain, his family critically injured 
>
>There will be a commemorative service for Dragoslav Basic at noon Jan. 16
>at Holy Trinity Serbian Orthodox Church in Moraga. 
>
>By Tom Lochner
>TIMES STAFF WRITER 
>----------------------------------------------------------------------------
>----
>
>The Serbian man killed by a mob in the streets of Pristina, Yugoslavia, two
>weeks ago was a former Albany resident and visiting professor at
>UC-Berkeley who went home to pursue his dream of a harmonious Kosovo. 
>
>Friends in the East Bay say Dragoslav Basic, 63, was a powerful voice for
>peace. 
>
>A native of Pristina, Kosovo's capital, Basic was a professor of civil
>engineering who specialized in the construction of bridges and other public
>works projects in earthquake-prone areas. 
>
>But when he took a position at the University of Kosovo in 1990 after 11/2
>years at Cal, Basic envisioned a different kind of bridge. 
>
>"He told me 'I could help the people build a bridge of humanity that no
>earthquake could ever destroy,' " said Berkeley resident Nick Tomasevic, a
>retired pilot and friend. 
>
>Early in the morning of Nov. 29, Basic was pulled from his car along with
>his wife and mother-in-law, then shot as a crowd beat and tortured the
>women amid revelry on Albanian Flag Day [as celebrated by the KLA], the
>holiday that commemorates the birth of the modern Albanian state in the
>aftermath of World War I. 
>
>The attack, reported widely on international television, newspapers and
>radio, was a graphic reminder of the ethnic rage Basic sought to quell. 
>
>"It was not like he was just shot and killed," said Snezana Landau of El
>Cerrito, a friend of the family. "He was shot like a mad dog in the street
>with hundreds of people looking on. And nobody wanted to do anything." 
>
>Basic and his wife, Dragica, 51, are believed to have been taking Dragica's
>mother, Borka Jovanovic, 74, to a hospital after the older woman fell ill. 
>
>The women suffered numerous injuries and were hospitalized in Nis, outside
>Kosovo in eastern Serbia. 
>
>"Tomislav (the couple's son) saw his mother in Nis; he said he could not
>recognize her," said Desa Wakeman of Berkeley, a retired executive for a
>leasing company and Tomasevic's sister. 
>
>Wakeman's relatives spoke to Tomislav by phone. 
>
>"He said, 'My mother, you know, had beautiful black hair, but I couldn't
>see it, there was so much blood.' " 
>
>On Tuesday, Dragica Basic was in a Belgrade hospital where she had been
>transferred for emergency eye surgery on Thursday. Jovanovic was in the
>same hospital in critical condition. 
>
>By the time of Basic's death, the student body at the University of Kosovo
>had become overwhelmingly ethnic Albanian. Although he taught in
>Serbo-Croatian and English, Basic had become almost fluent in Albanian and
>advocated that others do the same. 
>
>"He once said to me, 'Almost every Albanian in Kosovo speaks
>Serbo-Croatian; every non-Albanian in Kosovo should speak their beautiful
>language,' " Tomasevic said. 
>
>Basic, a Fulbright scholar, was proud of his Serbian roots and confident of
>his place in the old, and the new, Kosovo. 
>
>"This is where his family had lived for centuries," said Wakeman. "They
>were very literate, Serbian Orthodox people, carriers of the Serbian
>tradition, who knew the history of the area. That is why they did not want
>to move." 
>
>Basic earned a master's degree at the University of Mississippi in the late
>1970s, friends said. Basic lived at University Village, a UC-Berkeley-owned
>housing project in Albany. 
>
>The couple's daughter, Nikoleta, graduated from Albany High School in 1989;
>Tomislav attended Cornell Elementary School. The children live in Serbia
>today, where Nikoleta teaches English and Tomislav studies pharmacology. 
>
>Basic was at Cal in 1989 when Yugoslavian President Slobodan Milosevic,
>with ethnic strife on the rise, revoked Kosovo's status as an autonomous
>province within the Serbian Republic. 
>
>"(Basic) had a tremendous dilemma," said Wakeman. "He said, 'If everybody
>escapes, who is going to remain there?' 
>
>"He felt it was his duty to return, not just as a Serb but as an educator,"
>said Wakeman. "He believed that through higher education, something good
>could be achieved among the people of Kosovo." 
>
>And not just among Serbs and Albanians, but the province's Turkish, Greek
>and Rom minorities as well. 
>
>In a sense, Basic was trying to reclaim a part of his youth. 
>
>"The problem of Kosovo and Yugoslavia affected him terribly, not just
>because it was his homeland but because it was an example that human beings
>could coexist if the good will was applied more often," Tomasevic said. 
>
>Christian-Muslim animosity in the Balkans goes back to 1389, when a Serbian
>army fell to the Turks at the Battle of Kosovo. Basic was determined, 600
>years later, that it was time for that wound to heal. He objected to
>political and religious leaders perpetuating violence, often by what they
>failed to say as much as by what they said. 
>
>"Basic was very critical when Milosevic went to Kosovo on the commemoration
>of 600 years, that he did not address the Albanian people," Tomasevic said.
>"He believed (Milosevic) should have said, 'Dear brother Albanians: 600
>years ago, a catastrophe happened to all of us, and now we have a duty.
>There is enough room in Kosovo for all of us." 
>
>In World War II, Basic believed, "a simple encyclical letter to all the
>Roman Catholic churches in the world, emphasizing that Jesus Christ was
>Jewish, that Christianity is a branch of Judaism, like Islam, too," might
>have staved off the Holocaust, Tomasevic said. 
>
>After Basic returned, he lamented what he saw as U.S. encouragement of
>post-Tito Yugoslavia's fragmentation, said Tomasevic. Wakeman and Tomasevic
>are ethnic Serbs who in 1941 were "cleansed" from their native Croatia, as
>Wakeman puts it. 
>
>"(Basic) accused the U.S. government of not (promoting) the idea of the
>melting pot," Tomasevic said. 
>
>Basic believed the U.S. should have said, "Listen, people: you are fingers
>of the same hand. We ... will not tolerate disintegration of your country.
>We will help you reorganize it," said Tomasevic. 
>
>Basic had a favorite saying about the end of war, by the 19th century
>Hungarian poet Sandor Petöfy, that he thought would make a great motto for
>the United Nations: 
>
>"What is battlefield glory compared to the beautiful rainbow made by
>breaking the sun's rays through the rain of tears?," Tomasevic said. 
>
>"This fellow, Basic, he was a civil engineer," said Tomasevic, "but besides
>his profession, he was a great humanist, a philosopher and a pacifist." 
>
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>Herman de Tollenaere
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>My Internet site on Asian history and "new" religions:
>
>http://stad.dsl.nl/~hermantl/
>
>See also SIMPOS, information on occult tendencies' impact on society:
>
>http://www.stelling.nl/simpos/simpoeng.htm
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