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Notizie Est #300 (2) - Kosovo
- To: "Notizie Est" <est@ecn.org>
- Subject: Notizie Est #300 (2) - Kosovo
- From: "Est" <est@ecn.org>
- Date: Tue, 18 Jan 2000 19:45:53 +0100
- Posted-Date: Tue, 18 Jan 2000 19:56:03 +0100
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NOTIZIE EST #300 (2) - KOSOVO
18 gennaio 2000
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COSA BOLLE NEL CALDERONE DEL KOSOVO (2)
(rassegna di notizie in breve, da fonti varie)
Il vescovo serbo del Kosovo Artemije ha concesso
nei giorni scorsi un'intervista al quotidiano
"Danas". Ne riportiamo qui sotto alcuni brani:
DANAS: Fonti dell'UNMIK affermano che le
posizioni dei suoi funzionari e quelle dei
rappresentanti dei serbi del Kosovo riguardo al
ritorno dei serbi e agli organismi temporanei
del Kosovo "poco a poco si stanno avvicinando".
In cosa consiste questo avvicinamento?
ARTEMIJE: Con Kouchner, dopo il suo ritorno da
Bruxelles e da Berlino, abbiamo discusso gia'
tre volte nel corso degli ultimi 20 giorni. Nel
corso del primo incontro, abbiamo preso una
posizione abbastanza dura, indicando i motivi
per i quali non accettiamo l'amministrazione
temporanea del Kosovo, creata senza che noi ne
fossimo a conoscenza e senza che fossimo
consultati. Ma abbiamo detto anche che e'
necessario fare qualcosa anche per la comunita'
serba in Kosovo e Metohija e che potremmo
collaborare. Abbiamo chiesto, e Kouchner lo
aveva promesso gia' piu' di due mesi fa, un
certo livello di autogoverno locale nelle
enclaves serbe, che comprenda l'amministrazione,
il sistema giudiziario e la polizia. Riteniamo
che siano tre elementi fondamentali perche' vi
sia la possibilita' che la nostra comunita'
rimanga in Kosovo, nonche' per creare le
condizioni per un ritorno dei serbi che sono
stati scacciati dal Kosovo. Fino a quando queste
condizioni non si realizzeranno, non saremo in
grado di partecipare al lavoro degli organi
temporanei del Kosovo. Kouchner ha considerato
con rispetto le nostre posizioni e si sta gia'
lavorando alla preparazione di documenti per
tale autogoverno locale. Se si arrivera' alla
realizzazione di quest'ultimo, avremo qualche
base materiale di fronte al nostro popolo e
potremo tornare nuovamente a partecipare ai
summenzionati organi della comunita'
internazionale in Kosovo. Ci era chiaro che non
potevamo lavorare all'interno del Consiglio
Temporaneo del Kosovo, una struttura che, alle
nostre spalle, risolve senza di noi alcune
questioni che vanno a detrimento della comunita'
serba in Kosovo, per questo siamo usciti dal
Consiglio Temporaneo del Kosovo. Tuttavia questo
non puo' durare a lungo. Non vi e' dubbio che
"il fiume non puo' arrestare il proprio corso" e
che questa nostra posizione non puo' fermare, e
non lo fara', il lavoro della comunita'
internazionale per un'ulteriore soluzione dei
problemi in Kosovo. Essa li risolvera' senza di
noi e ogni decisione sara' a nostro danno. Non
si sentira' nemmeno alcuna voce contraria. Se vi
prenderemo parte, non significhera' che saremo
d'accordo con tutto e che accetteremo ogni cosa.
Vi parteciperemo per testimoniare, per proporre
la nostra problematica, le nostre
insoddisfazioni, i nostri dolori, la nostra
sofferenza. Che almeno vengano ascoltati. Se non
vi parteciperemo, non potremo fare nemmeno
questo. [...]
DANAS: Molti hanno rimproverato a Kouchner la
dichiarazione da egli rilasciata alla stampa
tedesca, nella quale afferma che il Kosovo fa
parte della Jugoslavia, ma non della Serbia.
ARTEMIJE: E' quanto viene affermato in tutti i
documenti internazionali, firmati anche dai
nostri di Belgrado. Kouchner si attiene a quanto
e' stato firmato. Nella risoluzione del
Consiglio di Sicurezza non si nomina la Serbia,
bensi' la Jugoslavia, la cui sovranita' e
integrita' viene garantita. Kouchner non si e'
preso nessuna liberta'. Se si deve esprimere un
commento, bisogna farlo a danno del governo di
Belgrado, che ha portato il Kosovo e la Serbia
nella posizione di dovere accettare tali
formulazioni.
DANAS: Alcuni hanno affermato che all'inizio
dell'anno una delegazione dei serbi del Kosovo
dovrebbe recarsi negli USA.
ARTEMIJE: E' nostra speranza che quanto e' stato
fatto a Sofia trovera' un suo proseguimento a
Washington, forse gia' alla fine di gennaio o
all'inizio di febbraio. In ogni caso, dovremmo
andare in America per la promozione della
seconda edizione del libro "Il Kosovo
crocifisso". Abbiamo gia' inviato un lotto di
tale libro in America, affinche' l'opinione
pubblica americana possa prendere conoscenza con
quanto e' stato fatto in Kosovo sotto il
protettorato e sotto la difesa della comunita'
internazionale.
(a cura di Jelena Tasic, da "Danas", 13 gennaio
2000)
Il quotidiano albanese in lingua inglese
"Albanian Daily News" ha pubblicato un
editoriale della Kosovapress (l'agenzia stampa
dell'ex UCK) che da' un'idea degli umori che
regnano in Kosovo in ampi settori. Riportiamo
qui sotto il testo, pubblicato dalla Kosovapress
sotto l'eloquente titolo "La KFOR sta cercando
di ottenere quello che la Serbia non e' riuscita
a ottenere".
PRISHTINA - All'inizio di questa settimana,
martedi', un'unita' della KFOR ha circondato la
casa di Metush Mustafa a Verban, nei pressi di
Vitina. Il motivo di tale raid e della brutale
perquisizione era la ricerca, da parte di questa
unita', di armi, rivelatesi poi inesistenti. Per
prima cosa, l'intera famiglia e' stata fatta
uscire dalla casa con urla e minacce. La notte
era gelata, ma i soldati pesantemente armati non
se ne sono preoccupati. Cercavano armi! Non
hanno lasciato nemmeno un mattone non rivoltato
nella casa. Perfino i barattoli delle conserve
di verdura sono stati svuotati nel giardino per
cercare armi nascoste. Ma, sfortunatamente per
loro, non ne e' stata trovata alcuna.
Quanti casi come questi si sono verificati a
Vitina e in Kosovo? La risposta a questa domanda
e' amara. Le operazioni con cui si circondano e
perquisiscono case, quartieri e villaggi sono
cresciute fino a diventare un sistema
repressivo, un programma per disarmare gli
albanesi.
La KFOR sta cercando di fare quello che la
Serbia non e' riuscita a fare. La Serbia
guerrafondaia, assetata di sangue, che ha
causato le piu' terribili guerre nei Balcani, ha
potuto ritirare indisturbata le armi con le
quali ha ucciso, mutilato e devastato un milione
di persone innocenti in Kosovo, Bosnia-
Erzegovina e Croazia! Le e' stato consentito di
ritirare le armi che hanno causato miliardi di
dollari di danni a tali paesi. Qual e' la
logica, qual e' la moralita' dietro i tentativi
di disarmare e sottomettere la vittima e,
dall'altra parte, di consentire al maggiore
omicida di questa fine secolo di tenersi le
proprie armi - e anche di comprarne di nuove?
[...] A sua volta, l'Esercito di Liberazione del
Kosovo ha "accettato" di consegnare le poche
armi di cui disponeva, con le quali aveva
protetto la popolazione disarmata e aveva
combattuto contro gli assassini. Ma la KFOR non
e' ancora soddisfatta. Continua a insistere sul
"disarmo" del popolo albanese! La Turchia ha
mostrato lo stesso zelo durante i cinque secoli
della sua occupazione, e lo stesso vale per la
Serbia. Fortunatamente, non hanno mai avuto
successo. Gli albanesi, di fronte a un
permanente pericolo di annichilamento, gli
albanesi, messi di fronte a nemici molto piu'
forti e meglio armati, si sono affidati
unicamente alle proprie armi. Gli albanesi
circondati e attaccati dai loro vicini armati,
non potevano starsene semplicemente seduti a
guardare. E' stata lasciata loro solo una
scelta: quella di combattere o morire. E' qui
che si intrecciano la parte tragica e quella
splendida della storia albanese.
Che gli albanesi avessero davvero bisogno di
armi lo ha dimostrato anche l'ultima guerra. Se
avessero dovuto affidarsi all'aiuto dall'estero,
gli albanesi sarebbero stati sterminati. Il
Kosovo e' stato salvato con le armi che il
popolo albanese ha comprato con il proprio
sudore, armi che hanno ricevuto dalla loro
madrepatria. Nessuno dei paesi stranieri ha mai
pensato di inviare anche solo un po' di polvere
da sparo o armi a questo popolo che lottava per
la pura sopravvivenza. Il popolo indifeso ha
accettato con favore l'intervento della NATO. Ma
solo l'UCK, con le poche armi che aveva, ha
difeso tale popolo con tutte le proprie forze.
L'intervento della NATO ha accelerato la
vittoria e ha salvato i Balcani (probabilmente
l'intera Europa) da una guerra generale. Ma sono
stati gli albanesi che hanno dovuto pagare il
prezzo di questa pace sanguinosa e sono gli
albanesi quelli che si vedono chiedere di starsene tranquilli e di approvare la
politica che viene condotta nei Balcani!
Ci sono paesi che insistono sfacciatamente sulla conservazione dei confini
"jugoslavi", sul fatto che il Kosovo deve rimanere parte della Serbia e che la
vittima debba continuare a convivere con l'assassino. No, signori! Non
succedera' mai! Il Kosovo si e' separato dalla Serbia una volta per tutte.
Tutti coloro che opprimono o che cercano di fermare questo processo storico
saranno responsabili di una nuova tragedia nei Balcani. Il popolo albanese
rinuncera' alle proprie armi solo quando la sua liberta' e la sua indipendenza
non saranno piu' minacciate.
(da "Albanian Daily News", 15 gennaio 2000)
Vanno riferite altre tre notizie brevissime, ma significative. Il nuovo capo
dell'OSCE, Schuessel, ha dichiarato che in Kosovo "si dovrebbero tenere
elezioni municipali entro l'ottobre di quest'anno", mantenendo un prudente
condizionale. Va notato anche che si parla nuovamente di elezioni solo
municipali. I lavori di preparazione dovrebbero cominciare ad aprile con
l'avvio di un censimento e saranno difficili perche' anagrafi e sistemi di
registrazione sono stati in massima parte distrutti o asportati dalle forze
militari e paramilitari serbe. Inoltre, non e' stato ancora risolto il problema
di come registrare le decine di migliaia di profughi serbi e rom, e le altre
persone fuggite dopo l'ingresso della NATO. Secondo i dati approssimativi
dell'UNMIK, in questo momento in Kosovo ci sono 1,4 milioni di albanesi, 97.000
serbi e 73.000 appartenenti ad altri gruppi etnici. I serbi del Kosovo
rifugiatisi in Serbia, sempre secondo l'UNMIK, sono 150.000 circa (AFP, 13
gennaio 2000; "Danas", 17 gennaio 2000). Il Procuratore capo del Tribunale per
i crimini di guerra, Carla Del Ponte, si rechera' alla sede NATO di Bruxelles
per "verificare le asserzioni secondo cui la NATO durante i bombardamenti della
Jugoslavia ha violato il diritto internazionale". I suoi aiutanti stanno gia'
lavorando alla verifica del dossier di accusa
preparato da Michael Mendel, professore di
Diritto all'Universita' York di Toronto
("Danas", 14 gennaio 2000). Dopo le proteste del
Consiglio Nazionale Serbo di Kosovska Mitrovica,
Bernard Kouchner ha revocato la nomina, fatta
solo qualche giorno prima, di 45 giudici
destinati a quella citta', 42 dei quali di
nazionalita' albanese ("Free B92", 13 gennaio
2000).
Alcuni aggiornamenti sulla campagna di
disinformazione relativa alle vittime in Kosovo,
alla quale avevamo dedicato un dossier in tre
puntate a novembre. Il 3 dicembre al gia'
lunghissimo elenco delle testate che hanno
ripreso passo passo le "rivelazioni" raccolte da
"El Pais" e quelle elaborate dall'agenzia
"Stratfor", si sono aggiunti la "Tageszeitung" e
il "Wall Street Journal". Entrambi riprendono i
passi pubblicati dalle due testate
rispettivamente a settembre e ottobre, senza
aggiungere assolutamente nulla di nuovo.
Entrambi mancano di spiegare perche' pubblicano
soltanto ora queste "rivelazioni" vecchie di
mesi (la "Tageszeitung" le ha rilanciate il 3
dicembre, il "Wall Street Journal" addirittura
il 4 gennaio). La "bibbia" della finanza
mondiale
(il "Wall Street Journal") ci tiene a sottolineare come sia stato dimostrato
che in Kosovo non c'e' stato alcun genocidio ("Politika", 4 dicembre 1999;
"Wall Street Journal", 4 gennaio 2000). Sempre nello stesso ambito retorico va
segnalato anche il virulento attacco di "Radio France International" (RFI)
contro "Le Monde", causato dal fatto che quest'ultimo ha pubblicato un breve
commento in cui si afferma che non solo non e' vero che le operazioni delle
forze serbe in Kosovo non fossero cominciate gia' prima dei bombardamenti NATO,
come chiunque abbia il tempo di ripercorrere quei giorni puo' facilmente
riscontrare, ma che non e' nemmeno vero che, come ha invece asserito la maggior
parte dei media mondiali prima interventisti e
vogliosi ora di una "revisione storica" della
guerra per motivi contingenti, il Rapporto OSCE
affermi che sono stati i bombardamenti
dell'Alleanza a provocare le repressioni di
Belgrado. A riprova "Le Monde", unico tra tutti
i grandi quotidiani mondiali, pubblica la
traduzione dell'introduzione del Rapporto OSCE,
uno "sgarro" che fa infuriare RFI, la quale non
ribatte nulla, a livello fattuale,
sull'argomento in questione, ma non manca di
affermare, tra le altre cose, che "le storie
sulle vittime della guerra sono state gonfiate",
naturalmente, senza fornire alcun dato o
spiegazione (Beta, 13 gennaio 2000).
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