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Notizie Est #300 (2) - Kosovo



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #300 (2) - KOSOVO
18 gennaio 2000
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COSA BOLLE NEL CALDERONE DEL KOSOVO (2)
(rassegna di notizie in breve, da fonti varie)

Il vescovo serbo del Kosovo Artemije ha concesso 
nei giorni scorsi un'intervista al quotidiano 
"Danas". Ne riportiamo qui sotto alcuni brani:

DANAS: Fonti dell'UNMIK affermano che le 
posizioni dei suoi funzionari e quelle dei 
rappresentanti dei serbi del Kosovo riguardo al 
ritorno dei serbi e agli organismi temporanei 
del Kosovo "poco a poco si stanno avvicinando". 
In cosa consiste questo avvicinamento?

ARTEMIJE: Con Kouchner, dopo il suo ritorno da 
Bruxelles e da Berlino, abbiamo discusso gia' 
tre volte nel corso degli ultimi 20 giorni. Nel 
corso del primo incontro, abbiamo preso una 
posizione abbastanza dura, indicando i motivi 
per i quali non accettiamo l'amministrazione 
temporanea del Kosovo, creata senza che noi ne 
fossimo a conoscenza e senza che fossimo 
consultati. Ma abbiamo detto anche che e' 
necessario fare qualcosa anche per la comunita' 
serba in Kosovo e Metohija e che potremmo 
collaborare. Abbiamo chiesto, e Kouchner lo 
aveva promesso gia' piu' di due mesi fa, un 
certo livello di autogoverno locale nelle 
enclaves serbe, che comprenda l'amministrazione, 
il sistema giudiziario e la polizia. Riteniamo 
che siano tre elementi fondamentali perche' vi 
sia la possibilita' che la nostra comunita' 
rimanga in Kosovo, nonche' per creare le 
condizioni per un ritorno dei serbi che sono 
stati scacciati dal Kosovo. Fino a quando queste 
condizioni non si realizzeranno, non saremo in 
grado di partecipare al lavoro degli organi 
temporanei del Kosovo. Kouchner ha considerato 
con rispetto le nostre posizioni e si sta gia' 
lavorando alla preparazione di documenti per 
tale autogoverno locale. Se si arrivera' alla 
realizzazione di quest'ultimo, avremo qualche 
base materiale di fronte al nostro popolo e 
potremo tornare nuovamente a partecipare ai 
summenzionati organi della comunita' 
internazionale in Kosovo. Ci era chiaro che non 
potevamo lavorare all'interno del Consiglio 
Temporaneo del Kosovo, una struttura che, alle 
nostre spalle, risolve senza di noi alcune 
questioni che vanno a detrimento della comunita' 
serba in Kosovo, per questo siamo usciti dal 
Consiglio Temporaneo del Kosovo. Tuttavia questo 
non puo' durare a lungo. Non vi e' dubbio che 
"il fiume non puo' arrestare il proprio corso" e 
che questa nostra posizione non puo' fermare, e 
non lo fara', il lavoro della comunita' 
internazionale per un'ulteriore soluzione dei 
problemi in Kosovo. Essa li risolvera' senza di 
noi e ogni decisione sara' a nostro danno. Non 
si sentira' nemmeno alcuna voce contraria. Se vi 
prenderemo parte, non significhera' che saremo 
d'accordo con tutto e che accetteremo ogni cosa. 
Vi parteciperemo per testimoniare, per proporre 
la nostra problematica, le nostre 
insoddisfazioni, i nostri dolori, la nostra 
sofferenza. Che almeno vengano ascoltati. Se non 
vi parteciperemo, non potremo fare nemmeno 
questo. [...]

DANAS: Molti hanno rimproverato a Kouchner la 
dichiarazione da egli rilasciata alla stampa 
tedesca, nella quale afferma che il Kosovo fa 
parte della Jugoslavia, ma non della Serbia.

ARTEMIJE: E' quanto viene affermato in tutti i 
documenti internazionali, firmati anche dai 
nostri di Belgrado. Kouchner si attiene a quanto 
e' stato firmato. Nella risoluzione del 
Consiglio di Sicurezza non si nomina la Serbia, 
bensi' la Jugoslavia, la cui sovranita' e 
integrita' viene garantita. Kouchner non si e' 
preso nessuna liberta'. Se si deve esprimere un 
commento, bisogna farlo a danno del governo di 
Belgrado, che ha portato il Kosovo e la Serbia 
nella posizione di dovere accettare tali 
formulazioni.

DANAS: Alcuni hanno affermato che all'inizio 
dell'anno una delegazione dei serbi del Kosovo 
dovrebbe recarsi negli USA.

ARTEMIJE: E' nostra speranza che quanto e' stato 
fatto a Sofia trovera' un suo proseguimento a 
Washington, forse gia' alla fine di gennaio o 
all'inizio di febbraio. In ogni caso, dovremmo 
andare in America per la promozione della 
seconda edizione del libro "Il Kosovo 
crocifisso". Abbiamo gia' inviato un lotto di 
tale libro in America, affinche' l'opinione 
pubblica americana possa prendere conoscenza con 
quanto e' stato fatto in Kosovo sotto il 
protettorato e sotto la difesa della comunita' 
internazionale.

(a cura di Jelena Tasic, da "Danas", 13 gennaio 
2000)


Il quotidiano albanese in lingua inglese 
"Albanian Daily News" ha pubblicato un 
editoriale della Kosovapress (l'agenzia stampa 
dell'ex UCK) che da' un'idea degli umori che 
regnano in Kosovo in ampi settori. Riportiamo 
qui sotto il testo, pubblicato dalla Kosovapress 
sotto l'eloquente titolo "La KFOR sta cercando 
di ottenere quello che la Serbia non e' riuscita 
a ottenere".

PRISHTINA - All'inizio di questa settimana, 
martedi', un'unita' della KFOR ha circondato la 
casa di Metush Mustafa a Verban, nei pressi di 
Vitina. Il motivo di tale raid e della brutale 
perquisizione era la ricerca, da parte di questa 
unita', di armi, rivelatesi poi inesistenti. Per 
prima cosa, l'intera famiglia e' stata fatta 
uscire dalla casa con urla e minacce. La notte 
era gelata, ma i soldati pesantemente armati non 
se ne sono preoccupati. Cercavano armi! Non 
hanno lasciato nemmeno un mattone non rivoltato 
nella casa. Perfino i barattoli delle conserve 
di verdura sono stati svuotati nel giardino per 
cercare armi nascoste. Ma, sfortunatamente per 
loro, non ne e' stata trovata alcuna.

Quanti casi come questi si sono verificati a 
Vitina e in Kosovo? La risposta a questa domanda 
e' amara. Le operazioni con cui si circondano e 
perquisiscono case, quartieri e villaggi sono 
cresciute fino a diventare un sistema 
repressivo, un programma per disarmare gli 
albanesi.

La KFOR sta cercando di fare quello che la 
Serbia non e' riuscita a fare. La Serbia 
guerrafondaia, assetata di sangue, che ha 
causato le piu' terribili guerre nei Balcani, ha 
potuto ritirare indisturbata le armi con le 
quali ha ucciso, mutilato e devastato un milione 
di persone innocenti in Kosovo, Bosnia-
Erzegovina e Croazia! Le e' stato consentito di 
ritirare le armi che hanno causato miliardi di 
dollari di danni a tali paesi. Qual e' la 
logica, qual e' la moralita' dietro i tentativi 
di disarmare e sottomettere la vittima e, 
dall'altra parte, di consentire al maggiore 
omicida di questa fine secolo di tenersi le 
proprie armi - e anche di comprarne di nuove?

[...] A sua volta, l'Esercito di Liberazione del 
Kosovo ha "accettato" di consegnare le poche 
armi di cui disponeva, con le quali aveva 
protetto la popolazione disarmata e aveva 
combattuto contro gli assassini. Ma la KFOR non 
e' ancora soddisfatta. Continua a insistere sul 
"disarmo" del popolo albanese! La Turchia ha 
mostrato lo stesso zelo durante i cinque secoli 
della sua occupazione, e lo stesso vale per la 
Serbia. Fortunatamente, non hanno mai avuto 
successo. Gli albanesi, di fronte a un 
permanente pericolo di annichilamento, gli 
albanesi, messi di fronte a nemici molto piu' 
forti e meglio armati, si sono affidati 
unicamente alle proprie armi. Gli albanesi 
circondati e attaccati dai loro vicini armati, 
non potevano starsene semplicemente seduti a 
guardare. E' stata lasciata loro solo una 
scelta: quella di combattere o morire. E' qui 
che si intrecciano la parte tragica e quella 
splendida della storia albanese.

Che gli albanesi avessero davvero bisogno di 
armi lo ha dimostrato anche l'ultima guerra. Se 
avessero dovuto affidarsi all'aiuto dall'estero, 
gli albanesi sarebbero stati sterminati. Il 
Kosovo e' stato salvato con le armi che il 
popolo albanese ha comprato con il proprio 
sudore, armi che hanno ricevuto dalla loro 
madrepatria. Nessuno dei paesi stranieri ha mai 
pensato di inviare anche solo un po' di polvere 
da sparo o armi a questo popolo che lottava per 
la pura sopravvivenza. Il popolo indifeso ha 
accettato con favore l'intervento della NATO. Ma 
solo l'UCK, con le poche armi che aveva, ha 
difeso tale popolo con tutte le proprie forze.

L'intervento della NATO ha accelerato la 
vittoria e ha salvato i Balcani (probabilmente 
l'intera Europa) da una guerra generale. Ma sono 
stati gli albanesi che hanno dovuto pagare il 
prezzo di questa pace sanguinosa e sono gli 
albanesi quelli che si vedono chiedere di starsene tranquilli e di approvare la 
politica che viene condotta nei Balcani!

Ci sono paesi che insistono sfacciatamente sulla conservazione dei confini 
"jugoslavi", sul fatto che il Kosovo deve rimanere parte della Serbia e che la 
vittima debba continuare a convivere con l'assassino. No, signori! Non 
succedera' mai! Il Kosovo si e' separato dalla Serbia una volta per tutte. 
Tutti coloro che opprimono o che cercano di fermare questo processo storico 
saranno responsabili di una nuova tragedia nei Balcani. Il popolo albanese 
rinuncera' alle proprie armi solo quando la sua liberta' e la sua indipendenza 
non saranno piu' minacciate.

(da "Albanian Daily News", 15 gennaio 2000)


Vanno riferite altre tre notizie brevissime, ma significative. Il nuovo capo 
dell'OSCE, Schuessel, ha dichiarato che in Kosovo "si dovrebbero tenere 
elezioni municipali entro l'ottobre di quest'anno", mantenendo un prudente 
condizionale. Va notato anche che si parla nuovamente di elezioni solo 
municipali. I lavori di preparazione dovrebbero cominciare ad aprile con 
l'avvio di un censimento e saranno difficili perche' anagrafi e sistemi di 
registrazione sono stati in massima parte distrutti o asportati dalle forze 
militari e paramilitari serbe. Inoltre, non e' stato ancora risolto il problema 
di come registrare le decine di migliaia di profughi serbi e rom, e le altre 
persone fuggite dopo l'ingresso della NATO. Secondo i dati approssimativi 
dell'UNMIK, in questo momento in Kosovo ci sono 1,4 milioni di albanesi, 97.000 
serbi e 73.000 appartenenti ad altri gruppi etnici. I serbi del Kosovo 
rifugiatisi in Serbia, sempre secondo l'UNMIK, sono 150.000 circa (AFP, 13 
gennaio 2000; "Danas", 17 gennaio 2000). Il Procuratore capo del Tribunale per 
i crimini di guerra, Carla Del Ponte, si rechera' alla sede NATO di Bruxelles 
per "verificare le asserzioni secondo cui la NATO durante i bombardamenti della 
Jugoslavia ha violato il diritto internazionale". I suoi aiutanti stanno gia' 
lavorando alla verifica del dossier di accusa 
preparato da Michael Mendel, professore di 
Diritto all'Universita' York di Toronto 
("Danas", 14 gennaio 2000). Dopo le proteste del 
Consiglio Nazionale Serbo di Kosovska Mitrovica, 
Bernard Kouchner ha revocato la nomina, fatta 
solo qualche giorno prima, di 45 giudici 
destinati a quella citta', 42 dei quali di 
nazionalita' albanese ("Free B92", 13 gennaio 
2000).

Alcuni aggiornamenti sulla campagna di 
disinformazione relativa alle vittime in Kosovo, 
alla quale avevamo dedicato un dossier in tre 
puntate a novembre. Il 3 dicembre al gia' 
lunghissimo elenco delle testate che hanno 
ripreso passo passo le "rivelazioni" raccolte da 
"El Pais" e quelle elaborate dall'agenzia 
"Stratfor", si sono aggiunti la "Tageszeitung" e 
il "Wall Street Journal". Entrambi riprendono i 
passi pubblicati dalle due testate 
rispettivamente a settembre e ottobre, senza 
aggiungere assolutamente nulla di nuovo. 
Entrambi mancano di spiegare perche' pubblicano 
soltanto ora queste "rivelazioni" vecchie di 
mesi (la "Tageszeitung" le ha rilanciate il 3 
dicembre, il "Wall Street Journal" addirittura 
il 4 gennaio). La "bibbia" della finanza 
mondiale 
(il "Wall Street Journal") ci tiene a sottolineare come sia stato dimostrato 
che in Kosovo non c'e' stato alcun genocidio ("Politika", 4 dicembre 1999; 
"Wall Street Journal", 4 gennaio 2000). Sempre nello stesso ambito retorico va 
segnalato anche il virulento attacco di "Radio France International" (RFI) 
contro "Le Monde", causato dal fatto che quest'ultimo ha pubblicato un breve 
commento in cui si afferma che non solo non e' vero che le operazioni delle 
forze serbe in Kosovo non fossero cominciate gia' prima dei bombardamenti NATO, 
come chiunque abbia il tempo di ripercorrere quei giorni puo' facilmente 
riscontrare, ma che non e' nemmeno vero che, come ha invece asserito la maggior 
parte dei media mondiali prima interventisti e 
vogliosi ora di una "revisione storica" della 
guerra per motivi contingenti, il Rapporto OSCE 
affermi che sono stati i bombardamenti 
dell'Alleanza a provocare le repressioni di 
Belgrado. A riprova "Le Monde", unico tra tutti 
i grandi quotidiani mondiali, pubblica la 
traduzione dell'introduzione del Rapporto OSCE, 
uno "sgarro" che fa infuriare RFI, la quale non 
ribatte nulla, a livello fattuale, 
sull'argomento in questione, ma non manca di 
affermare, tra le altre cose, che "le storie 
sulle vittime della guerra sono state gonfiate", 
naturalmente, senza fornire alcun dato o 
spiegazione (Beta, 13 gennaio 2000).


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