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Evelino Loi Dopo l'aggressione di sabato in paese deciso a lasciare Barisardo



dalla  nuovasardegna  del 7\08\2002
 

di Lamberto Cugudda

BARISARDO. La sua non può certo essere definita, parafrasando un successo di Ligabue, "una vita da mediano". Ma una vita da attaccante, a tutti i costi da protagonista. Vulcanico, estroverso, forse anche un po' narcisista, Evelino Loi non ha mai amato stare dietro le quinte. Con le sue iniziative clamorose, ma anche con il suo impegno civile (ha fondato l'Associazione detenuti non violenti) ha sempre cercato i riflettori della ribalta. Insomma, un personaggio. La sera di domenica Evelino Loi ha lasciato l'ospedale di Lanusei, dove era stato ricoverato dopo le sprangate ricevute nella nottata di sabato.
«A ferirmi nel corpo - dice l'ex bersagliere di Barisardo - ci ha pensato l'aggressore che, nella tarda serata di sabato, mi ha colpito al capo e alle braccia con una spranga di ferro. Ma la ferita peggiore è quella che mi ha inferto la comunità bariese: nessuno mi ha espresso un minimo di solidarietà. Gli amministratori comunali, la società civile, la chiesa, le associazioni e la popolazione intera, finora hanno fatto finta di nulla. Sarebbe bastata una sola parola, ma non c'è stata neanche questa. Eppure, ritengo di avere fatto molto per il mio paese».
Di rimando, il sindaco Salvatore Chiai (Alleanza nazionale), sostiene che nessuno è stato di certo contento per le sprangate ricevute da Evelino Loi, ma poi sottolinea: «Se non ha ricevuto alcuna solidarietà, dovrebbe cominciare a chiedersi perché questo è avvenuto e a fare una vera autocritica».
Il guardiano ecologico comunale, a dire il vero, sta già riflettendo sul proprio futuro: «Mi dispiace dirlo perché sono bariese purosangue e alla mia terra sono molto legato, ma non so se resterò qui. Non sono fatto per vivere in posti in cui vige la regola dell'omertà e dove certi atti vengono subito cancellati. Sono sempre stato uno zapatista-cheguevarista e continuerò ad esserlo. Sempre. Mi sono sempre esposto per tutti, per favorire la crescita sociale, culturale ed economica della mia comunità, e ora quel che ricevo in cambio è soltanto un assordante silenzio. Se dovessi decidere di andare via, per tornare a Roma, anche nella capitale continuerei sicuramente le mie battaglie civili».
Dopo 25 anni trascorsi vagabondando da un carcere all'altro (i grandi problemi cominciarono con i blocchi stradali per protesta contro la crisi idrica), un'infanzia e un'adolescenza non certo facili, i primi anni da emigrato a Roma, le clamorose manifestazioni a livello nazionale che portarono a definirlo "Mister stasera mi butto", nel 1995 Evelino Loi fece rientro nel suo paese.
Poco tempo tempo dopo fondò l'associazione "Solidarietà, cultura e sport" e si diede da fare per creare un punto di aggregazione reale per i tanti giovani. Fu uno dei primi a lanciare l'allarme ordine pubblico, quando iniziarono a registrarsi i primi attentati - anche lui e i suoi familiari ne rimasero vittime - e si incatenò anche al Comune per richiamare l'attenzione delle istituzioni su quanto stava accadendo.
Ha pubblicato due libri: "La vera storia di Evelino Loi..." e "Stasera mi butto. Poesie dal carcere", che ha già presentato in numerosi circoli di emigrati sardi in Italia e all'estero. Ma la nuova parte della sua esistenza, Evelino deve ancora scriverla.
«Non so veramente quel che farò - dice -. Sono troppo triste per riuscire a pensare in maniera razionale. Mi vengono in mente le famose parole "Quando uno viene lasciato solo diventa vulnerabile" e allora oggi sono costretto a pensare che quanto ho fatto per il mio paese, sia stato tutto inutile. Devo ancora riflettere a fondo prima di decidere cosa fare: se restare nel mio paese oppure andare via. Costruirmi una nuova vita altrove e ricominciare tutto daccapo».

 LETTERA
«Addio, paese mio amato e perduto»

Evelino Loi

Durante questi anni di permanenza nel mio paese natale, dopo un lungo periodo trascorso nelle patrie galere, ho imparato a conoscere e capire tante cose, osservando la realtà intorno a me. E ho ho imparato a conoscere gli altri, la mia gente. Ma soprattutto ho imparato a conoscere me stesso, a vedermi per quello che sono stato, senza rifugiarmi nel labile regno della fantasia, senza costruire castelli di illusioni, destinati a crollare al primo impatto con la realtà.
Si parla molto dell'utilità del reinserimento di un ex recluso nel contesto sociale. Nel mio caso questo processo è servito a farmi riflettere, a mettere freno alla mia vita frenetica e senza senso che mi stava travolgendo. Qui, nel mio paese, ho potuto ripiegarmi in me stesso, riflettere sulle esperienze passate, rimettendo in discussione i valori e gli ideali in cui credevo. Ho capito la ragione e il fine della mia esistenza e mi sono posto dei traguardi. Ho ritrovato la fiducia in me stesso e nel valore di alcuni ideali di cui avevo scordato l'esistenza. Sono diventato un uomo nuovo. Più completo.
In passato ho attraversato esperienze di lancinante sofferenze e di indicibile solitudine. Devo molto a tutte quelle persone che mi sono state vicine, credendo nel mio cambiamento. E io volevo ricambiare la fiducia datami nel migliore dei modi, lavorando onestamente con i servizi sociali del comune di Barisardo come guardiano ecologico. Una mia idea accolta con entusiasmo dai responsabili dei servizi sociali. Dal 1995 ho portato avanti questa esperienza, ricevendo attestati del mio ottimo lavoro. Ma purtroppo questo mio lavoro di guardiano ecologico dava molto fastidio alle amministrazioni che si sono avvicendate in tutti questi anni in comune. Poi a Barisardo è arrivata la stagione delle bombe e io ne ho pagato e ne sto pagando dure conseguenze.
Oggi tentare una seppur minima analisi della popolazione bariese è impresa difficile e complessa. La gente e le strutture sono un mondo ermetico, immobile, chiuso in se stesso, con regole e codici propri e permeato da un atavico tradizionalismo dove l'ignoranza regna sovrana. E questo stato di cose porta ad esplosioni di violenza, singole e collettive.
C'è poi l'impreparazione di chi dovrebbe fare qualcosa per tutta la popolazione bariese. Mi riferisco a chi ci ha governato in municipio in tutti gli anni passati. Questi problemi altri paesi della Sardegna li hanno risolti perché studiati e capiti come elementi generatori di violenza. Troppi i giovani del paese finiti nel vortice della droga. E questo è uno dei generatori di violenza. Perciò, in certi ambienti, è facile che l'agnello diventi lupo. Solo modificando l'ambiente si potranno aiutare i giovani e migliorare la vita di Barisardo. Certo, le istituzioni, le forze dell'ordine, la magistratura, devono assolutamente fare qualcosa di più, altrimenti Barisardo avrà un futuro buio e incerto.
Io sono costretto a fare una scelta per salvarmi la vita. E la faccio a malincuore. Ma è un passo necessario, anche se mi rendo conto che non servirà a migliorare le condizioni del mio amato paese. So che Barisardo avrà un futuro pieno di incognite che porterà forse altre violenze e morti. Ma questa è solo una mia paura che, mi auguro, venga smentita dai fatti.
Chiudo augurando al mio paese e alla sua popolazione un futuro migliore.
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Se voi avete il diritto di dividere il mondo
in italiani e stranieri
allora vi dirò che
io reclamo il diritto di dividere il mondo
in diseredati ed oppressi da un lato,
privilegiati ed oppressori dall'altro.
Gli uni sono la mia patria,
gli altri i miei stranieri
         don Lorenzo Milani
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