Le banche dei proiettili




 

LE BANCHE DEI PROIETTILI
Le risposte ad un mercato sempre più disponibile verso il commercio delle
armi
I profitti delle banche nascono in misura notevole grazie ad un meccanismo
che si può così semplificare: avendo gli istituti bancari a disposizione la
moneta depositata dalle famiglie nelle loro casse, essi prestano
finanziamenti alle industrie che se ne servono per i loro investimenti.
Il prezzo della moneta prestata è il saggio d'interesse che costituisce
appunto il profitto delle imprese finanziarie. In questo modo guadagnano
denaro dal nostro denaro, aumentando il loro capitale e, con esso, la
possibilità di incrementarlo ulteriormente.
E' questo meccanismo a garantire anche un capitale, sul quale le imprese che
hanno aspettative positive rispetto al futuro possono contare per l'
espansione dei loro mercati.
Questo vale per tute le industrie, indipendentemente dal loro prodotto in
uscita: anche le imprese che fabbricano armamenti possono aspettarsi l'
appoggio di alcune banche, che , nella prospettiva di un guadagno sicuro (
il commercio delle armi è un mercato sempre in espansione. ) non hanno
alcuna esitazione a prestare loro denaro.
Se una banca può finanziare liberamente industrie di questo genere, la
nostra coscienza vorrebbe che l'export di armi sia regolato e controllato
almeno a livello politico.
A svolgere questo compito nel nostro Paese "c'era una volta" la legge 185
del '90, che poneva alcuni fondamentali e necessari vincoli al commercio
delle armi. La legge prevedeva il divieto di esportare armamenti verso paesi
in stato di conflitto armato, verso paesi la cui politica contrasti con l'
articolo 1 della costituzione nel quale è enunciato il principio
democratico,verso nazioni nei cui confronti sia stato dichiarato l'embargo
delle forniture belliche da parte dell'ONU, o paesi nei quali i governi
siano responsabili di violazioni dei diritti fondamentali dell'uomo.
La legge sanciva inoltre l'obbligo di indicare nella relazione governativa
annuale sull'export di armi le banche coinvolte direttamente o meno nel
commercio. A togliere efficacia alla norma sarebbe un'esigenza europeista:
essa è in contrasto con l'accordo di Farborough per la ristrutturazione dell
'industria europea di difesa. Si può anche dire che il governo italiano con
l'alibi dell'europeizzazione del mercato abbia presentato un disegno di
legge, attualmente in studio al Senato ma già approvato dalla Camera,
favorevole alle posizioni e agli interessi dell'industria militare: il
disegno di legge introduce un escamotage, la licenza globale di progetto,
attraverso cui un'industria italiana può scavalcare i controlli e i divieti
governativi semplicemente stringendo un accordo di produzione con un'impresa
estera dell'UE o della NATO, esportando i suoi prodotti sotto la
responsabilità del partner commerciale, secondo i principi di un Codice di
Condotta Europeo non vincolante e che prevede controlli più deboli rispetto
alla185.
Il rischio è quello di consegnare armi e tecnologie a Paesi instabili che
non danno garanzie sul rispetto dei diritti umani e dove sarebbero i civili
a subire le conseguenze di un liberismo economici che non protegge dalle
armi e dalla violenza.
Ma proprio attraverso questo assetto economico si può colpire l'industria
bellica. Torniamo alle banche: sono i nostri risparmi che formano il
capitale attraverso cui le banche finanziano le imprese, tra cui quelle
delle armi.
Noi tutti, in quanto soggetti economici, possiamo condizionare le politiche
delle imprese finanziarie. Perché una banca dovrebbe smettere di finanziare
la produzione di armi? Ciò potrebbe avvenire se tutti i risparmiatori
cominciassero a chiedere alle banche una garanzia in cambio del loro
risparmio: che il proprio denaro non venga impiegato in operazioni che non
condividono.
E' il liberismo che permette la concorrenza tra diversi istituti bancari: se
non apprezziamo le scelte di una banca, possiamo decidere, secondo le regole
del mercato, di optare per un diverso istituto. La scelta può anche
indirizzarsi verso istituti bancari alternativi, come la banca etica, più
sensibili all'affermarsi della giustizia e di un modello di sviluppo dove la
produzione e la distribuzione della ricchezza si fondino sui valori della
solidarietà civile, piuttosto che su quelli dell'efficienza e del massimo
profitto.
Manuela Casiraghi

Tratto da
http://www.dedalus-web.net/modules.php?name=News&file=article&sid=38

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