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LA MAFIA AMA LA MODERNITÀ
- Subject: LA MAFIA AMA LA MODERNITÀ
- From: "giuseppe scano" <giuseppe_scano at hotmail.com>
- Date: Fri, 16 Aug 2002 14:37:10 +0200
http://www.scordiaonline.net/dainews.asp?id=117&tipo=NEWSWIRE Le questioni proposte da Giovanni Fiandaca ai lettori di "Repubblica" inquietano oggi tutti coloro che negli anni passati si sono occupati di mafia a titolo di magistrati, di politici, di studiosi o, semplicemente, di cittadini. Cos'è la mafiaCosa nostra dopo il fallimento della fase stragista? La mafia di oggi è più o meno pericolosa di quella che negli anni tra il 1979 e il 1992 si manifestava in sanguinosissime guerre intestine, che massacrava nelle strade poliziotti, magistrati, uomini d'affari e uomini politici nemici di sempre o amici del giorno prima? Chi insiste a voler mobilitare contro di essa istituzioni e coscienze è vittima di una coazione a ripetere, oppure si attrezza a combattere un nemico più sfuggente, e perciò più insidioso? Le inchieste giudiziarie ci descrivono una mafia "inabissata" nella clandestinità. Se questo è il dato, evidentemente l'allarme sociale non può che essere minore rispetto a quello che si registrava negli anni in cui la mafia era così terribilmente visibile. La stagione dei delitti eccellenti è terminata, speriamo definitivamente. Peraltro, è per ora terminata anche la strage nelle guerre intestine. C'è stato negli ultimi seisette anni un tracollo del numero dei delitti di sangue per cause di criminalità organizzata: a Palermo si è arrivati quasi a zero. Molti, e non a torto, attribuiscono questo risultato a una scelta mimetica dell'organizzazione. Ma evidentemente sono proprio i successi dell'antimafia a obbligare Cosa nostra a una simile strategia. Vogliamo dirlo che tanti sforzi, e tanti sacrifici - anche sanguinosi - sono valsi a qualcosa? Oppure dobbiamo crogiolarci nell'idea di una mafia non solo invincibile ma addirittura infrangibile? C'è poi un altro aspetto: i delitti di sangue sono calati nettamente non solo nel Palermitano o nella Sicilia occidentale ma anche in altre aree di criminalità organizzata (Sicilia orientale, Calabria) nelle quali l'influenza di Cosa nostra è sempre stata inferiore o minima. Non tutto dunque deriva dal decreto di una superorganizzazione. A partire dai primi anni Novanta, con la crisi del vecchio sistema politico, gli sforzi di gestire adeguatamente l'ordine pubblico e il governo delle città hanno evidentemente dato anche questo, per nulla disprezzabile risultato. Il Mezzogiorno non era, come ci era stato descritto, irredimibile. Bastava poco per aumentare la qualità della nostra vita e per indurre i facinorosi a comprendere che il vicendevole scannamento non era il miglior modo per vivere. Ovviamente, questo ci dice poco sulla vitalità dell'organizzazione. D'altronde, prima dell'era corleonese i delitti eccellenti non facevano parte dell'armamentario mafioso; non c'è alcuna ragione perché la mafia non possa oggi e domani prosperare senza ricorrere a essi. Diverso il discorso delle guerre intestine, il cui andamento è sempre stato ciclico e che probabilmente prima o poi si ripresenteranno se la mafia, come credo, continua a seguire una sua continuità. D'altronde, non è del tutto indicativo neanche l'indicatore del (maggiore o minore) coinvolgimento mafioso in traffici grandi e lucrosi. Infatti non sempre risulta conveniente o anche possibile il controllo monopolistico di certi mercati illeciti (quello della droga, come in certi casi quello dei tabacchi) da parte delle grandi organizzazioni criminali. Esse possono anche abbandonare del tutto settori un tempo fruttuosi: si pensi al caso classico degli alcolici dopo la fine del proibizionismo americano. Insomma, per gli affari illeciti, come per quelli leciti, ci sono congiunture positive e congiunture negative. La mafiaCosa nostra è sopravvissuta alle alterne vicende di un secolo e mezzo di storia cogliendo tali occasioni quando erano disponibili e facendo altre scelte quando difettavano. La continuità storica, il radicamento sul territorio, la forza dei legami interni e la ricchezza delle relazioni esterne rappresentano per essa una risorsa, e non certo un vincolo. Proprio per questo, ascolto con fastidio chi profetizza l'esaurimento del fenomeno mafioso, descritto come arcaico e incapace di sopravvivere nel mondo moderno. Si tratta di una pericolosa fola, già raccontata in diverse occasioni, alla fine dell'Ottocento come negli anni Sessanta del Novecento, in Sicilia e in America, generalmente prima di ogni rinnovata escalation del nemico. La mafia un giorno finirà, ma non per mano della modernità, cui in genere essa si è adattata benissimo. La mafia finirà quando non funzionerà più, e quando gli ambiziosi e i facinorosi dovranno prendere atto che essa non funziona. Dopo le discontinuità segnate dall'era Falcone e dall'era Caselli, nonché dal collasso della Prima Repubblica, sarà il contesto esterno, e non tanto la forza dell'organizzazione, a decidere del suo futuro. È proprio qui che le cose prendono una brutta piega. Depone molto male la grande ostilità per il concetto stesso del vincolo legale nutrita da questo governo, e dai gruppi politicoaffaristici che (insieme a un massiccio flusso di opinione pubblica) lo sostengono. Ho l'impressione che qualcuno in quel settore senta un grande bisogno di cose analoghe alla mafia: certo non di stragi, ma di gruppi che facciano girare gli affari, che lavorino alla mediazione tra affari e politica, che riabituino le istituzioni e la società civile all'idea che un "certo" tasso di illegalità sia "necessario". Sul medio periodo, questi apprendisti stregoni potrebbero provocare risultati ben più nefasti di quelli (già deteriori) che oggi auspicano. L'antimafia ha ottenuto grandi risultati; ma proprio per questo è chiaro che l'attenuazione dell'impegno collettivo in questa direzione rischia di riportarci in mari assai perigliosi. La nostra discussione, vorrei dirlo con chiarezza, non è scientifica, ma propriamente politica. Essa mira a preparare l'opinione pubblica agli eventi futuri. Salvatore Lupo http://www.palermo.repubblica.it/archivio/20020804/speciale/014coom.html
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